lunedì 27 settembre 2010

Franco Modigliani, avventure di un economista

7 anni fa, il 25 settembre 2003 moriva l’economista Franco Modigliani – Premio Nobel per l’economia nel 1985. La sua vita è stata in modo suggestivo raccontata con l’aiuto di Paolo Peluffo – biografo di Carlo A. Ciampi - in Avventure di un economista, Laterza, 1999.


Sono andato a rileggerlo così da poter mettere in luce alcuni passaggi interessanti.

Modigliani nel corso dei suoi studi – ci permettiamo di riassumere, beninteso – ha sviluppato due temi, che gli hanno consentito di vincere il Premio Nobel:

1) La teoria del ciclo vitale del risparmio (CVR)
2) Il Teorema Modigliani-Miller (Mo-Mi)

Vediamole:

1) “Non avevo mai digerito la teoria che il risparmio fosse il privilegio dei ricchi e che fosse destino dei poveri consumare più del reddito...La mia idea fin dalla fine degli anni Quaranta era che la variabile da osservare fosse non il reddito assoluto, ma piuttosto il rapporto tra il reddito corrente e il reddito normale che una persona poteva attendersi. Risparmia molto (o poco) non chi è ricco (o povero), ma chi è transitoriamente ricco (o povero)”.

In sostanza Modigliani ha dimostrato che l’età centrale della vita di un uomo è il periodo di vacche grasse, cui segue un ridursi notevole della capacità di guadaganre (il pensionamento), quando il risparmio diventa negativo.

L’entità del consumo scelto in un particolare periodo della vita dipendeva dal totale delle risorse disponibili durante l’intera vita e non dal reddito disponibile in quel determinato periodo.

Il CVR implica quindi che: a) il risparmio nazionale dipende dal tasso di crescita del reddito (e non dal suo livello); b) il saggio di risparmio di un dato Paese è del tutto indipendente dal reddito pro capite (ecco una delle ragioni per cui in Cina la propensione al risparmio è intorno al 45% del reddito).

2) “Nel 1957, Merton Miller e io producemmo due articoli, uno firmato Modigliani-Miller, e l’altro Miller-Modigliani – da cui il nomignolo Mo-Mi e Mi-Mo.
Mo-Mi sostiene che in un mercato dei capitali perfetto, la struttura finanziaria dell’impresa – ovvero il rapporto fra indebitamento e capitale azionario – non influisce sulla valutazione di mercato dell’impresa intera...Mo-Mi dimostrava infatti che, con mercati ben funzionanti e non distorti, la struttura finanziaria non dovrebbe influenzare il valore di mercato dell’impresa...Quindi sostituire il capitale azionario con il debito può sì aumentare il tasso di rendimento atteso del capitale di rischio, ma a costo di aumentarne il rischio. Come si può affermare, allora, che un aumento di profitto atteso, in cambio di maggior rischio, è davvero vantaggioso per gli azionisti?”. Questa ultima affermazione è attualissima se pensiamo alle numerose operazioni di private equity compiute negli anni di bonanza prima della crisi con una leva finanziaria elevatissima. “Anche la massimizzazione del profitto atteso è un precetto del tutto insoddisfacente, in quanto non tiene conto del rischio”.

Franco, we miss you.

2 commenti:

  1. Premetto che parlo da "profana", non conoscendo i lavori di Modigliani.. Però leggendo questo intervento ho fatto una riflessione..

    Una delle caratteristiche dell'economia italiana che le ha permesso di reagire meglio di altri alla crisi (per quanto riguarda l'impatto sui consumi delle famiglie) è l'alto tasso di risparmio privato (alto in relazione agli altri paesi di vecchia industrializzazione, non certo in confronto ai BRIC). Modigliani, però, ci spiega che il tasso di risparmio dell'individuo varia nel corso della sua vita; in particolare si risparmia meno quando si va in pensione (e qui i motivi sono almeno due: un minor reddito ed una minore necessità di accumulare risorse per il proprio futuro, che ovviamente occupa, in prospettiva, sempre minore spazio temporale)..
    Ora, è evidente a tutti l'andamento della demografia italiana: siamo un paese che invecchia sempre più inesorabilmente.. Se leggiamo questa situazione alla luce della teoria CVR, è evidente che il tasso di risparmio del Bel Paese è destinato a diminuire.. Di questo passo, se nel prossimo secolo dovessero verificarsi altre crisi come quella attuale, l'Italia avrà un "cuscinetto" in meno, e molte preoccupazioni in più... Penso che questo sia un ulteriore motivo per cominciare a preoccuparsi di politiche demografiche (e anche di immigrazione), se non vogliamo ritrovarci in un Italia di pensionati che consumano le ultime risorse rimaste al paese..

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  2. Modigliani spiega successivamente che nel mondo reale la leva finanziaria aumenta il valore dell'azienda, a causa del diverso trattamento fiscale degli interessi rispetto ai dividendi, riducendo il costo del capitale dopo imposte. Una leva moderata non fa male..tra l'altro impedisce al management di sprecare risorse in investimenti dal ritorno incerto/troppo basso per il rischio e lo spinge a mantenere una struttura dei costi efficiente. Peraltro l'eccesso di leva finanziaria così come quello delle medicine uccide.
    marco

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