lunedì 29 luglio 2013

Il fondo sovrano dell’Alaska, l’ENI e il fondo che non c’è della Regione Basilicata

Nel suo ottimo pamphlet Crescere insieme (Laterza, 2013), l’economista Bernardo Bortolotti spiega in modo chiaro come l’Alaska ha deciso di investire le risorse petrolifere del sottosuolo a favore delle nuove generazioni attraverso la creazione di un fondo sovrano.
Così Bortolotti: “L’Alaska Permanent Fund è un esempio di trust. Introdotto con un emendamento costituzionale nel 1976, il fondo si basa sul principio che le tutte risorse naturali dello Stato, inclusi gli idrocarburi presenti sottosuolo, appartengono al popolo e ogni anno viene alimentato con il 25 per cento degli introiti che lo Stato dell’Alaska riceve dall’estrazione del petrolio. Il board of trustees del Fondo investe in maniera prudente il proprio capitale e distribuisce di dividendi annuali identici a tutta la popolazione residente dello Stato, inclusi i bambini. Avviato con un patrimonio iniziale di circa 700 milioni di dollari che oggi supera i 35 miliardi di dollari, il fondo dello stato dell’Alaska è diventato un modello di riferimento per i fondi sovrani internazionali grazie i suoi elevati standard di trasparenza e di prudenza nella gestione patrimoniale”.


Sono denominati fondi sovrani alcuni speciali veicoli di investimento pubblici controllati direttamente dai governi dei relativi paesi, che vengono utilizzati per investire in strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, immobili) e altre attività i surplus fiscali o le riserve di valuta estera.

Il primo fondo sovrano è nato in Kuwait nel 1953 con la costituzione della Kuwait Investment Authority (entrato nella compagine sociale di Merrill Lynch nel 2008). Altri fondi sovrani sono nati nei paesi esportatori di petrolio: Emirati Arabi Uniti, Qatar (entrato in Porsche nell’agosto 2009), Norvegia (dopo la scoperta nel 1990 di un maxi giacimento di petrolio nel Mare del Nord) ma anche Singapore, dove, grazie al rilevante surplus fiscale, il governo ha costituito il fondo Temasek, uno dei primi nati e uno dei più attivi, soprattutto nelle imprese del Sud-Est asiatico. I fondi sovrani sono fondi di investimento gestiti dagli Stati con obiettivi di rendimento a lunghissimo termine. Il primo fondo sovrano è stato il fondo del Kuwait. Poi altri sono seguiti. In Europa un ottimo esempio è il fondo sovrano della Norvegia.

La ratio della costituzione dei fondi sovrani è trasferire risorse finanziarie alle generazioni successive. Il contrario della creazione di debito pubblico che trasferisce debiti al prossimo, ai nipoti.

L’ENI quando ha scoperto il petrolio in Val D’Agri, in Basilicata, ha dovuto accordarsi con la Regione per poter avere il diritto all’estrazione di petrolio. Nel protocollo d’Intenti tra Eni e Regione Basilicata sulla Val d’Agri, si prevedeva a regime una produzione giornaliera di 104.000 barili al giorno. La Regione Basilicata incassa di diritti/royalties annuali per circa 40 milioni di euro. Avrebbe senso creare un fondo sovrano regionale come ha ben fatto l’Alaska, visto che le risorse energetiche prima o poi si esauriscono.

Sono andato sul web a cercare informazioni sulla destinazione in bilancio delle risorse fornite dall’ENI alla regione. L’ultimo bilancio pubblicato – fino a pochi giorni fa era quello del 2010. Il documento ha 750 pagine. Spesso la miglior censura è l’informazione senza filtri. Come sostiene Umberto Eco, la Pravda e il New York Times domenicale di 250 pagine hanno lo stesso livello di censura.

Nelle prime 50 pagine però ci sono già informazioni che fanno capire come la Regione Basilicata sta letteralmente buttando via le risorse “donate” dalla natura.

Ecco tre esempi di spesa senza senso:

- Art. 17 – Contributo ai maestri di sci, quantificato in 20.000 €; Come è noto in Basilicata si scia tutto l’anno e nascono campioni nazionali, come Gustavo Thoni, Piero Gross e il compianto Leonardo David.

- Art. 45 – Contributo ai Comuni per la gestione dei canili, quantificato in 600.000 €;

- Art. 48 – Processo completamento sisma ’80. “Al fine di sostenere il processo di completamento delle ricostruzione post sisma ’80, la Regione Basilicata si impegna a contratte un mutuo decennale da destinare ai comuni per far fronte alle esidenze di cui all’art. 3 dela legge n. 32/1992”.
Sono esterreffatto. A 33 anni dal terremoto in Irpinia, peraltro, siamo ancora a finanziare la ricostruzione! Rob de matt.

Nei Paesi seri si investono le risorse – per definizione scarse e in via di progressivo esaurimento – derivanti dall’estrazione del petrolio in attività di lungo termine. In Italia si finanziano a pioggia progetti obsoleti o ricostruzioni a 30 anni dal terremoto. Serve altro?

Ignazio Visco

Cadono nel vuoto assoluto le Considerazioni Finali del Governatore Visco, lette il 31 maggio scorso, in cui si legge in chiusura: “Le riforme non possono essere chieste sempre a chi è altro da noi; tutti dobbiamo impegnarci....Non bisogna avere paura del futuro, del cambiamento. Non si costruisce niente sulla difesa delle rendite e del proprio particolare, si arretra tutti”.
Prediche inutili (Einaudi, cit.).

lunedì 22 luglio 2013

La sconfitta cocente del sindacato

Dopo aver letto il bel libro di Luca Tarantelli Il sogno che ha ucciso mio padre. Storia di Ezio Tarantelli che voleva lavoro per tutti (Rizzoli, 2013), mi è sembrato giusto esprimere qualche idea sulla cocente sconfitta storica dei sindacati italiani.

Ezio Tarantelli credeva nella forza riformatrice del sindacato. Nel 1978 scrisse Il ruolo economico del sindacato. Il caso italiano (Laterza). Tarantelli desiderava mettere al servizio del sindacato le sue competenze economiche ed econometriche acquisite al Mit (Massachussets Institute of Technology di Boston) e alla Banca d’Italia. Avrebbe voluto che il sindacato rappresentasse il fulcro di un progetto di trasformazione degli equilibri economici e sociali. Non ci riuscì e come tutti i riformisti veri fu osteggiato. Il leader della Cgil Luciano Lama non lo ascoltò. Lo stesso Lama che firmò nel 1975 con Agnelli il disatroso accordo sul punto unico di contingenza.
Il Patto firmato all'Eur tra Lama e Agnelli ci portò a uno spread di inflazione verso la Germania di 17 punti percentuali.

Il 27 marzo 1985, nel cortile della Sapienza di Roma, le Brigate Rosse uccisero Tarantelli mentre saliva in macchina. Lo reputarono il responsabile del decreto di San Valentino, voluto – correttamente – dal presidente del Consiglio Craxi per fermare la spirale inflazionistica.

Ci sono voluti altri lustri per vedere il sindacato firmare un accordo dove vengono applicate le idee di Tarantelli sull'inflazione programmata. Era il 1993, Accordo Amato-Ciampi-Trentin, con Trentin poi costretto a dimettersi.

Il dramma dell’Italia è l’attualità di libri scritti 35 anni fa. Non abbiamo fatto se non pochi passi avanti. E chi sta fermo, in un mondo di cambiamenti vorticosi, va indietro in modo perenne.

E’ notizia di qualche settimana fa che la Joint & Welding – 30 addetti - di Sedico in provincia di Belluno, al fine di superare una fase durissima di congiuntura economica e di produttività, ha proposto ai lavoratori di rinunciare gratuitamente a due pause di 15 minuti ciascuna. I lavoratori hanno aderito per il bene dell’impresa ma i sindacati Fiom-Cgil provinciale hanno tuonato contro l’accordo definendolo illegale.

A fronte di un costo per unità di prodotto – il CLUP italiano – sempre crescente a fronte di una moderazione nel tempo in Germania, l’unica strategia sensata è fare accordi di questo tipo con i lavoratori, i quali sanno benissimo che il loro “padrone”, l’imprenditore, di pause non ne fa e lavora fino a mezzanotte pur di far sopravvivere l’impresa.

Nei lontani anni ’90 l’inascoltato Franco Modigliani dagli Stati Uniti scrisse: “Occorre accettare che per un certo periodo di tempo l’aumento dei prezzi sia superiore all’aumento dei salari, in modo da consentire alle imprese la ricostituzione dei profitti e dare quindi l’incentivo necessario agli investimenti”.

E non si può dimenticare l’ammonimento ai sindacati del 1962 da parte di Ugo La Malfa, il quale nella Nota Aggiuntiva ammonì le forze politiche e sindacali sul rischio derivante dallo spendere gran parte delle risorse dell’Italia nell’aumento indiscriminato dei consumi individuali, sacrificando invece gli investimenti in infrastrutture e nella scuola che avrebbero dovuto colmare il divario con le altre nazioni europee. E infatti la “Nota” fu accolta dai sindacati con un silenzio glaciale.

I sindacati negli ultimi 30 anni hanno cercato di tutelare gli insiders, ossia coloro che il lavoro già ce l’hanno, ma nessuna parola o atto è stato mai speso per tutelare gli outsiders, coloro che il lavoro lo cercano. Talvolta i sindacati hanno difeso i fannulloni, coloro che il posto di lavoro ce l’hanno ma il cui rendimento è zero virgola zero, dove magari il tasso di assenteismo è stellare.

Conclusione. In Italia abbiamo il mercato del lavoro più rigido del mondo, gli stipendi più bassi d’Europa e il tasso di occupazione più basso. Complimenti.

venerdì 19 luglio 2013

Omaggio a Paolo Borsellino, magistrato straordinario

Nel duro e struggente romanzo di Cormac McCarthy, La strada, Einaudi, 2008, il padre trasmette al figlio una testimonianza di cosa puo' fare un legame in un'epoca di pura violenza e di assenza di legami umani.

Al figlio risponde cosi': "E' cosi' che fanno I buoni. Continuano a provarci, non si arrendono mai".

Ecco, Paolo Borsellino era cosi'. Sapeva di dover morire. Dopo la morte del suo migliore amico, il giudice Giovanni Falcone, trucidato il 23 maggio 1992, si autodefiniva "Un morto che cammina". Ma fino all'ultimo giorno agì senza arrendersi mai, con una determinazione pazzesca. Che solo la morte violenta poteva interrompere.

Il 19 luglio del 1992 una autobomba in Via D’Amelio a Palermo annientò Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. Borsellino tutte le domeniche andava a trovare - in Via D'Amelio - la madre. Cosa Nostra mise sotto controllo il telefono di casa Borsellino così da sapere con certezza quando il magistrato si sarebbe recato in Via D'Amelio.

Sul sedile posteriore della macchina di Borsellino è stata trovata intatta la sua borsa di pelle. Dentro però non si è trovata l'agenda rossa, da cui non si separava mai.

Io mi ricordo ancora i funerali di Paolo Borsellino. Non fu un funerale, ma una rivolta. Migliaia di carabinieri cercarono di tenere lontano la gente dalla chiesa. Ma non ce la fecero. La rabbia della gente era così forte che si passò agli spintoni, agli insulti verso la classe politica romana che scende a Palermo solo per i funerali.

Borsellino – dopo l’assassinio del suo amico e collega Giovanni Falcone (vedi post Omaggio a Falcone) il 23 maggio 1992 – fino alla fine restò coerente con il suo motto: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.

In tempi come gli attuali in cui per essere considerati colpevoli, la politica ci propina in continuazione la necessità della condanna definitiva, ricordiamo il pensiero di Borsellino:

L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati”.


Via D'Amelio dopo l'esplosione
 Protagonista del Pool di Palermo negli Anni ’80 – costituito dal giudice Chinnici insieme a Falcone, Di Lello, Borsellino, Guarnotta - Paolo Borsellino costituì il cuore pulsante della Procura di Palermo: insieme a Giovanni Falcone scrisse dentro le strutture del carcere dell’Asinara – per evitare attentati – la requisitoria al maxi-processo. Il processo si concluse con l'accoglimento delle tesi investigative del pool e l'irrogazione di 19 ergastoli e 2.665 anni di pena.

In virtù di una promozione di merito quale Procuratore della Repubblica di Marsala – caso raro al Consiglio Superiore della Magistratura, che fonda le sue valutazioni sull’anzianità – Paolo Borsellino fu attaccato dalle colonne del Corriere della Sera da Leonardo Sciascia.

Lo scrittore siciliano si scagliò contro questa nomina invitando il lettore a prendere atto che "nulla vale più, in Sicilia, per far carriera nella magistratura, del prender parte a processi di stampo mafioso".

Borsellino fu definito "professionista dell'antimafia". Borsellino commentò (o lo citò) solo dopo la morte di Falcone: "Tutto incominciò con quell’articolo sui professionisti dell'antimafia". Bella carriera, dico io, ha fatto il povero Borsellino!

All’inizio di luglio 1992, in un’intervista a Lamberto Sposini, Borsellino disse: “Guardi, io ricordo ciò che mi disse Ninnì Cassarà (poliziotto eccezionale ammazzato dalla mafia nel 1985, ndr) - allorché ci stavamo recando assieme sul luogo dove era stato ucciso il dottor Montana alla fine del luglio del 1985. Mi disse: "Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano".

Caro Paolo Borsellino, ti sia lieve la terra.

lunedì 15 luglio 2013

Siete contenti delle pagelle dei vostri figli? L'importanza del contesto e della prospettiva giusta

A fine giugno sono andato a scuola a ritirare le pagelle dei miei due figli, che fanno la seconda e la quarta elementare. Sono bravi, nulla da dire. Bei voti, tutti contenti torniamo a casa a festeggiare la promozione.

Il giorno dopo, nel rimettere ordine nella mia tumultuosa scrivania, ho ritrovato un libro che vi consiglio: "Le armi della persuasione" di Robert Cialdini (Giunti, 1989). Sfoglio il volume e trovo qualche sottolineatura a pagina 28, dove il titolo è "Lettera spedita ai genitori da una studentessa". Leggiamola insieme.

"Cari mamma e papà,
da quando sono partita per il collegio ho trascurato di scrivervi e mi dispiace della mia negligenza per non aver scritto prima d'ora. Adesso voglio informarvi di tutto, ma prima di leggere, per piacere mettetevi a sedere. Non leggete più avanti se non siete seduti, d'accordo?

Bene, allora, sto abbastanza bene ormai. La frattura del cranio con commozione cerebrale che mi sono fatta saltando dalla finestra del dormitorio quando è andato a fuoco, podo dopo il mio arrivo, ora è guarita discretamente. All'ospedale sono rimasta appena due settimane e ora ci vedo quasi normalmente; ho solo mal di testa una volta al giorno. Per fortuna, all'incendio del dormitorio e al mio salto dalla finestra assistè un benzinario che lavora qui accanto: è stato lui a chiamare i pompieri e l'ambulanza. E' venuto anche a trovarmi in ospedale e siccome non sapevo dove andare per via dell'incendio, è stato tanto carino da invitarmi a dividere con lui il suo appartamento. A dire la verità è una stanza nello scantinato, ma è piuttosto graziosa. E' un gran bel ragazzo e ci siamo innamorati alla follia e abbiamo intenzione di sposarci. Non abbiamo ancora deciso il giorno esatto, ma sarà prima che si cominci a vedere la mia gravidanza.
Ebbene sì, mamma e papà, sono incinta. Lo so che non vedete l'ora di diventare nonni e so che avrete per il bambino lo stesso affetto e la stessa tenerezza che avete avuto per me quando ero piccola. La ragione del ritardo del nostro matrimonio è che il mio ragazzo ha una piccola infezione che ci impedisce di fare gli esami del sangue prematrimoniali; per disattenzione l'ha attaccata anche a me. So che lo accoglierete in famiglia a braccia aperte. E' gentile e benchè non sia tanto istruito, ha una grande ambizione. Anche se è di razza e religione diverse dalle nostre, so che la tolleranza che avete manifestato così spesso non vi permetterà di prendervela per questo.

Ora che vi ho aggiornati, voglio dirvi che non c'è stato nessun incendio, non ho avuto fratture del cranio o commozioni cerebrali, non sono stata all'ospedale, non sono incinta, non sono fidanzata, non ho preso alcuna infezione non ho nemmeno il ragazzo. Però, ho avuto appena la sufficienza in storia e sono stata bocciata in chimica, ma voglio che questi voti li vediate nella prospettiva giusta.
Con tanto affetto, vostra figlia, Carla".

Meravigliosa. In psicologia la studentessa merita il massimo dei voti.

giovedì 4 luglio 2013

La forza di Israele sta nella Silicon Wadi e nel venture capital: il caso Waze

Nel lontano marzo del 2000, in pieno boom della New Economy, col Nasdaq sui massimi storici, lavoravo come equity sales per Lehman Brothers. Col mercato impazzito alla ricerca di nuove società high tech dove investire, organizzammo un viaggio in Israele con alcuni dei gestori italiani a capo dei fondi azionari azionari europei.
Milano-Tel Aviv volo diretto con Alitalia. Disbrigo complesso delle pratiche doganali - dove veniamo invitati dai funzionari israeliani a documentarci meticolosamente per ragioni di sicurezza in occasione del viaggio di ritorno, dove saremo interrogati per ore.

Il giorno dopo siamo partiti subito di buona lena verso la Silicon Wadi - la Silicon Valley israeliana - per visitare le maggiori società israeliane quotate sui mercati europei o americani.
La forza di Israele sta nella combinazione tra clima favorevole all'impresa, centri di ricerca universitari di livello eccelso e presenza forte dei capitalisti di ventura, alias venture capital. 

L'Economist ha riassunto così: "When it comes to entrepreneurial infrastructure, the similarities between the Valley and the Wadi are certainly striking. In both places corporate hierarchies are despised, risk-taking is rewarded and failure tolerated. Israel also boasts several elite universities, such as Technion in Haifa, and research centres run by big technology firms such as Cisco and Intel. Entrepreneurs have their pick of providers if they need legal or other services. And, as in California, there are plenty of well-funded venture-capital (VC) firms providing cash".

Ogni giorno nascono nuove start-up ch ein poco tempo vengono quotate sul Nasdaq e diventano colossi mondiali. Qualche esempio? Checkpoint Software, colosso della sicurezza dei software; Broadcom, leader nel settore dei semiconduttori; Teva Pharmaceutical, leader mondiale dei farmaci generici.


Pochi giorni fa mi ha colpito la notizia dell'acquisizione da parte di Google di una start-up israeliana, Waze, per un miliardo di dollari. Waze è nata nel 2008, 5 anni fa, e vale 1 miliardo $! Waze ha sviluppato una app che ti dice in tempo reale lo stato del traffico sule strade grazie alle segnalazioni inviate con il telefoninodagli utenti.

Appena si entra sul sito web di Waze, si legge: "Waze è l'applicazione gps per evitare il traffico, basata sulla community più diffusa e in veloce crescita nel mondo! Presto, unisciti agli altri guidatori nel tuo territorio, per condividere in tempo reale informazioni sul traffico e aiutare tutti a risparmiare tempo e benzina, durante la guida di tutti i giorni".

Non per caso Carlo Ratti, direttore del Senseable City Lab del MIt di Boston, uno dei più grandi esperti di smart cities, ha detto: "Ogni volta che mi chiamano per un progetto vedo che sono tutti lì che aspettano un finanziamento di Roma o di Bruxelles per cambiare le cose e invece la storia di Waze dimostra che per migliorare la vita nelle città non bisogna aspettare niente e nessuno. La vera innovazione parte dal basso e non ha bisogno di grandi investimenti, anzi, è un generatore di ricchezza che va attivato nei momenti di crisi come questo". La cultura dell'aiuto pubblico distoglie le energie dal prodotto, dall'innovazione, dal focus sul cliente. Molto meglio il venture capital e l'innovazione dal basso. Il successo dell'economia israeliana parte da qui.