martedì 31 maggio 2016

Un Paese nella palude come Michele Strogoff, nelle Considerazioni finali del governatore Visco

Ignazio Visco
E' da oltre vent'anni che l'economia italiana cresce meno degli altri Paesi europei. Siamo bloccati. Il Belpaese si è rotto. La rabbia monta, mentre chi sta meglio è colui che non lavora più e si gode la (spesso) non meritata pensioni calcolata col metodo retributivo (alias, sussidio dai lavoratori ai rentier).
Il governatore Ignazio Visco nelle consuete Considerazioni finali del 31 maggio non ci porta tanto conforto sul futuro. Infatti sottolinea cosa sarebbe successo in assenza di politiche monetarie ultraespansive portate avanti dalla Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi.

Scrive Visco: "In assenza di misure di politica monetaria introdotte tra la metà del 2014 e la fine del 2015 il tasso di crescita annuo del prodotto sarebbe inferiore, nell'area euro, di circa mezzo punto percentuale nel triennio 2015-17. Per l'Italia, gli effetti stimati sono più pronunciati".
Quindi in presenza di circostanze favorevoli come il petrolio dimezzato, i tassi di interesse negativi, il dollaro che si mantiene forte (dopo anni sopra 1,40 contro euro), l'economia italiana riuscirà forse quest'anno a crescere poco sopra l'1%. Un po' pochino.

Cosa sarebbe successo in tempi normali? Il buio. Nero.

Viviamo però nella palude, come Michele Strogoff, corriere dello zar di Russia Alessandro II Romanov, nel romanzo di Jules Verne del 1876.

"Il 30 luglio, alle 9 del mattino, Michele Strogoff abbandonava la stazione di Turumoff e si gettava nella contrada paludosa della Baraba. In quella regione si potevano incontrare difficoltà naturali estremamente gravi (...) Il suolo di questa vasta depressione è interamente argilloso, e perciò impermeabile a tal punto che le acque vi stagnano. (...) In mezzo a pozzi, stagni, laghi, paludi, che nella calda stagione esalano al sole miasmi pestiferi".

Ciò che manca all'Italia sono buon governo e istituzioni funzionanti, anche a livello di pensiero. Abbiamo bisogno di:
- assenza di corruzione;
- tutela della proprietà privata;
- rispetto della legalità e dei contratti;
- istituzioni più inclusive e meno estrattive (Acemoglu/Robinson, cit.);
- classi dirigenti adeguate (Raffaele Mattioli, cit.).

Con altre parole Visco dice: "L’obiettivo di innalzare la capacità di crescita dell’economia è imprescindibile. (...) Le priorità di riforma sono chiaramente individuate: consistono innanzitutto nella rimozione degli ostacoli all’attività d’impresa derivanti dai fenomeni di illegalità, da inefficienze delle amministrazioni pubbliche e della giustizia civile, da inadeguatezze nella regolamentazione dell’entrata e dell’uscita delle imprese dal mercato, da limitazioni alla concorrenza, da disponibilità e incentivi insufficienti per gli investimenti nell’innovazione, nella ricerca e nel capitale umano. I risultati ottenuti sul mercato del lavoro, la diminuzione degli arretrati nella giustizia civile, dovuta soprattutto alle misure di riduzione del contenzioso adottate in questi anni, sono esempi che segnalano come le riforme intraprese possano essere efficaci anche se i loro effetti si esplicano soprattutto nel medio periodo".

Michele Strogoff riuscì ad avvertire il fratello dello zar dell'imminente arrivo dei Tartari. Ce la farà il calabrone italiano a uscire dalla palude? Fino a che il cittadino reclamerà prebende, sussidi (improduttivi) pensioni a retributivo per tutti, cancellazione dell'IMU sulla prima casa (senza senso), non ne verremo fuori.

Non diamo sempre la colpa ai governi. Guardiamo dentro noi stessi.

lunedì 23 maggio 2016

Le promesse di Parisi sul calo delle tasse non sono credibili

Il candidato sindaco di Milano del centro destra Stefano Parisi, alla ricerca di consenso, è uscito con un’affermazione netta: “Se sarò sindaco entro fine mandato ridurremo le tasse al livello di cinque anni fa (epoca Letizia Moratti, ndr)”.

Che bella cosa! Chi non vorrebbe pagare meno tasse? Ci ricordiamo quanti insulti si prese Tommaso Padoa-Schioppa quando osò dire che “le tasse sono bellissime”, nel senso che con gli introiti tributari si possono pagare insegnanti, costruire marciapiedi, far funzionare la giustizia...
Spesso in Italia si tende a dimenticare il passato. Nel caso del Comune di Milano è vero che le aliquote sull’IMU (che poi allora si chiamava ICI) erano più basse. Ma siccome i costi del Comune con Letizia Moratti non scesero, chi arrivò dopo, Giuliano Pisapia, dovette ingaggiare l’ottimo Bruno Tabacci per metterci una pezza e trovare le risorse per coprire il buco.

Nel giugno 2011 Tabacci e Pisapia denunciarono la cosa: "Siamo davanti a un disavanzo potenziale  di 186 milioni di euro, la nostra è un'analisi che si basa su documenti che erano già in possesso dell'amministrazione comunale, quindi noti anche alla passata giunta. (...) La Moratti e tutta la amministrazione lo sapeva benissimo che i 48 milioni di avanzo non c'erano, esistono documenti che lo provano e di cui lei era a conoscenza, tra cui una lettera dell'assessore Beretta che mette le mani avanti proponendo azioni correttive tra cui quella di rallentare i pagamenti a danno delle societa' controllate".
Marco Vitale scrisse nel giugno 2011, dopo l'elezione di Pisapia: "Basandoci sulla relazione dei revisori del Comune emerge una situazione molto critica. Il bilancio comunale non è in equilibrio. E' in grave perdita, compensate da cession e da dividendi molto stressati dalle participate, costrette ad indebitarsi gravemente per pagare degli esosi dividendi. L'operazione di riassetto e riequilibrio finanziario non sarà nè breve, nè facile".

Nell’alternanza destra-sinistra governativa è successa la stessa cosa. Berlusconi prometteva di abbassare le tasse. Quando vinceva le elezioni cercava di abbassarle (diminuendo i trasferimenti agli enti locali, così che la tassazione complessiva per il contribuente non si modificava), la spesa corrente volava e chi arrivava dopo doveva ri-aumentare le tasse e/o imposte.
Ha senso abbassare le tasse? Sì, certamente. Per poterlo fare, il candidato Parisi deve prometterci cosa andrà a tagliare, dove andrà a trovare le risorse, dove troverà il consenso per farlo. Altrimenti sono solo “chiacchiere e distintivo”, parole in libertà.

lunedì 16 maggio 2016

L'economista italiano fermato in aereo, Trump e l'ignoranza crassa della Bible Belt. Vincerà "The Donald"? Sperem de no

Donald Trump
Ha destato interesse la notizia che l'economista torinese Guido Menzio - che insegna alla University of Pennsylvania nonchè vincitore nel 2015 della Medaglia Carlo Alberto come miglior economista italiano sotto i 40 anni - è stato fermato in aereo poichè sospettato di essere un terrorista.
La signora americana seduta vicina a Menzio si è letteralmente spaventata dopo aver visto l'economista concentrato a scrivere "strane" formule di matematica. Dopo aver visto questo alfabeto sconosciuto, la signora ottusa ha pensato di avere a fianco un terrorista arabo. Ha quindi avvertito le hostess e l'equipaggio, i quali hanno scelto la via dell'atterraggio improvviso a causa di un finto malore della passeggera.
Quando l'aereo è atterrato, il prof. Menzio è stato fatto scendere. Come ha scritto Piergiorgio Odifreddi su Repubblica: "La signora aveva scambiato la matematica per una lingua semitica, un piemontese per un arabo e la concentrazione per una precauzione".


Guido Menzio
Due riflessioni sono d'obbligo:
1) La paura ormai si è presa gioco di noi. Chi governa la paura ha un grande potere. Soprattutto in epoca di isteria collettica. Poi si scopre che l'Old Trafford di Manchester è stato evacuato perchè le squadre di emergenza avevano dimenticato una valigia usata in un'esercitazione;
2) l'ignoranza dell'americano medio spesso è abissale. Noi siamo subito pronti a criticare le nostre scuole e i nostri insegnanti. Ma non abbiamo idea di quanta ignoranza ci sia nelle High School americane. Solo all'Università colmano i gap con la Vecchia Europa.

Sono persone come la signora vicina di posto di Menzio che decideranno le elezioni americane nel prossimo novembre.

Avete presente cosa pensano gli statunitensi che vivono nella Bible Belt?
Il racconto di 50 donne intervistate dal New York Times fermerà Trump? Speriamo di sì.



martedì 10 maggio 2016

Mentre a Londra viene eletto un sindaco musulmano di origini pachistane, a Milano si nega una moschea

Sadiq Khan
Una delle più belle notizie degli ultimi mesi è senz'altro l'elezione del laburista Sadiq Khan sindaco di Londra. Khan ha 45 anni ed è figlio di due immigrati pachistani. È nato a Tooting, nel sud di Londra, ed è cresciuto con sette fratelli in una casa popolare con tre stanze. Il padre lavorava come autista di autobus, la madre come sarta. I suoi genitori – che prima del 1947 erano indiani musulmani – si rifugiarono in Pakistan dopo la partizione dell’India nel 1947, da cui nacque lo stato pachistano. 

Per sancire il fatto che sarà il sindaco di tutti, il primo giorno dopo l'elezione Khan è andato a commemorare l'Olocausto con il rabbino di Londra Ephraim Mirvis. "Mi ha commosso incontrare i sopravvissuti agli inimmaginabili orrori dell'Olocausto così come i loro figli, nipoti e anche i pronipoti", ha detto Khan al termine della cerimonia.

Avere un sindaco musulmano moderato nella città più multiculturale d'Europa è un segnale importantissimo. Solo dimostrando che i musulmani estremisti sono solo una frangia da combattere - dai musulmani stessi - si può vincere la battaglia contro l'ISIS.

Mentre Londra si apre al mondo, qui a Milano Matteo Salvini, Maurizio Lupi e il mondo cattolico bigotto si oppone alla costruzione di una moschea. Anche il candidato sindaco Stefano Parisi non ha mosso un dito per la difesa del diritto di preghiera dei musulmani residenti a Milano (più di 120mila). Ha ragione Fabrizio Ravelli di Repubblica: "“Salvini è d'accordo con me”. Così Stefano Parisi nell'intervista a questo giornale risponde a una domanda sulle moschee a Milano. E spiega: “Prima serve una legge nazionale che aiuti i sindaci a verificare chi sono i finanziatori e per essere sicuri che in quelle moschee i sermoni siano in italiano”. Tradotto: campa cavallo che l'erba cresce".

Caro Parisi, un politico serio dovrebbe fare meno demagogia e non lisciare il pelo all'elettorato più becero.

mercoledì 4 maggio 2016

Le confessioni, con Toni Servillo, un film da vedere

Ho approfittato della giornata nuvolosa di domenica scorsa per andare a vedere al cinema "Le confessioni", film diretto da Roberto Andò, che vede tra i protagonisti Daniel Auteuil e Toni Servillo.

Un film da vedere. I riferimenti sottostanti alla trama sono millanta, e ora provo a riassumerli.

Il presidente del Fondo Monetario Internazionale (nella realtà è la francese Christine Lagarde), interpretato da Daniel Auteuil convoca in Germania i capi di Stato del G7 per affrontare il tema della povertà e della disuguaglianza nel mondo: "Dopo aver defraudato la popolazione con illusioni, almeno non facciamo perdere la speranza nel futuro", così pressapoco le parole espresse.

Tra gli invitati c'è anche il monaco certosino Roberto Salus, che vive di silenzio. L'Ordine certosino è di carattere penitenziale molto severo; esso fonde insieme, come già i Camaldolesi, la vita anacoretica con la vita cenobitica; la base generale è la regola benedettina, resa più aspra.

Il silenzio di Salus diventa rilevante nel momento in cui il presidente del FMI viene trovato morto suicida, dopo aver avuto un dialogo intenso con il Monaco (la confessione non si conclude). Mentre le indagini cercano di capire l'accaduto, non riesce a emergere la verità, ossia che il suicidio è legato alla malattia terminale di colui che può decidere le sorti del mondo.

A sorpresa Salus rivela che, prima di diventare monaco si era laureato in matematica e, in virtù di questo il suicida gli rivela una formula apparentemente (nel senso che neanche chi la propone ci crede) decisiva per risollevare le sorti dell'economia mondiale.
Come si fa a pensare di invertire la rotta del mondo con una formula matematica? Il mondo è fatto di persone! Il regista vuole dirci che siamo arrivati a questa crisi economica seguendo degli algoritmi, delle formule che sono espressione di una devastante crisi di pensiero.
Già in passato abbiamo affrontato questi temi, prendendo come riferimento il volume di Marco Vitale  "Passaggio al futuro" (Egea, 2010).
L’economista d’impresa bresciano ha spiegato con chiarezza perché la crisi finanziaria è una crisi di significato, di senso dell’economia di mercato, che il mondo anglosassone ha spinto verso una separatezza insensata tra lavoro e ricchezza. E‘ necessario riportare il baricentro economico dal capitale al lavoro e scoprire che la vera ricchezza non è fissata dal denaro e dagli interessi di mercato, ma è fondata soprattutto sul lavoro. Le parole di Vitale: “E’ un vero e proprio cambio di paradigma economico quello di cui abbiamo bisogno: al centro il lavoro e non il capital gain…Si è accettato l’imposizione di prelievi per gli amministratori delegati (non compensi che evocano uno scambio che non c’è) oltraggiosi, uno star system grottesco”.

Federico Caffè
Il suicidio del presidente del FMI evoca anche la scomparsa di Federico Caffè dell'aprile 1985, nelle parole di Corrado Stajano “un rompicapo angoscioso la vita e la sparizione di Caffé, un italiano serio che non aveva nulla in comune con l’Italia slabbrata, approssimativa dio quegli anni ‘80”.
Così come interessante è la breve immagine dell'unico libro presente nella valigia del monaco: "L'essenza del Cristianesimo" di Ernesto Buonaiuti, prete "modernista", scomunicato dalla Chiesa, che, tra l'altro, celebrò il matrimonio dell'"insigne maestro di pensiero" Arturo Carlo Jemolo.

P.S.: in un passaggio del film Servillo dice: "La perdita  di tempo non ha mai fatto male a nessuno". Non sono d'accordo. A furia di procrastinare sempre, di rimandare, di non affrontare i problemi, un bel giorno la matassa da sbrogliare diventa così grande che lo sviluppo economico si arresta. Agire è un'azione etica.