mercoledì 24 gennaio 2018

"L'ora più buia", un film da vedere per capire l'Inghilterra, gli inglesi e quello statista di Winston Churchill

Dopo il bellissimo "Dunkerque", uscito qualche tempo fa, al cinema è in programma "L'ora più buia", il racconto dei giorni decisivi del maggio 1940, quando l'Inghilterra non si arrese ad Adolf Hitler e creò le basi per la vittoria dell'Occidente sul nefasto impero nazista.

Nei primi giorni di maggio, oltre trecentomila soldati inglesi sono bloccati in Belgio, a Dunkerque, circondati dai carri armati tedeschi. I belgi e poi i francesi si sono arresi. Manca solo che lo facciano gli inglesi.
Il governo inglese - dal maggio 1937 - è guidato da Neville Chamberlain, membro del partito conservatore e molto vicino al re, Giorgio VI, il re balbuziente, molto amato dagli inglesi.
In politica estera Chamberlain tentò di neutralizzare l'aggressività di Hitler e Mussolini praticando la politica dell'appeasement (pacificazione a prezzo di concessioni) nonostante l'opposizione del suo ministro degli Esteri Anthony Eden, che si dimise il 21 febbraio 1938 e fu sostituito da Edward Wood, I conte di Halifax.

Winston Churchill, non risparmiò le critiche verso l'ottimismo di Chamberlain, commentando gli accordi di Monaco con la celebre frase: "... potevano scegliere tra il disonore e la guerra, hanno scelto il disonore ed avranno la guerra" . Dopo l'annessione dei territori slavi della Cecoslovacchia, in spregio ai patti sottoscritti, divenne chiaro che la Germania nazista si stava prendendo gioco delle diplomazie europee. Ciò nonostante Chamberlain tentò comunque di trovare una linea di dialogo con la Germania, al fine di scongiurare una guerra.

Chamberlain rassegnò le dimissioni il 10 maggio 1940, dopo l'invasione tedesca della Norvegia.
Suo successore divenne Winston Churchill, ma Chamberlain conservò un posto di primo piano sia nel Gabinetto di Guerra, sia nel Partito Conservatore.

Churchill, spendidamente interpretato da Gary Oldman, una volta sulla plancia si trova a dover gestire la possibile disfatta di Dunkerque. Forte della sua esperienza di ammiraglio, Churchill dà l'ordine al comandante della marina inglese di chiedere a tutti i proprietari di barche civili inglesi di andare a recuperare i soldati sulle coste del Belgio.
L'operazione è decisiva. Funziona. Più di trecentomila soldati vengono riportati a casa.

In quei giorni convulsi, Churchill è pressato da Chamberlain, che spinge per un accordo con Hitler. Churchill è contrario: "Come fai ad accordarti con una tigre quando hai la testa nella sua bocca?". Anche il re in un primo momento spinge per avviare le trattative con i tedeschi, tramite l'ambasciatore italiano a Londra.
Churchill entra nella testa degli inglesi, che sono battaglieri, non si arrendono mai. Non vogliono l'appeasement con Hitler. Nel film si vede Churchill - che non è mai stato in metrò prima d'ora, le sue origini nobili glielo impedivano - entrare nel Tube londinese e confrontarsi con i passeggeri, che lo convincono a non mollare (in una sola fermata è difficile!).

Churchill va in Parlamento e promette "lacrime e sangue", battaglie di terra e di mare. E ottiene la fiducia. Pochi mesi dopo, nel settembre 1940, i piloti della Royal Air Force (RAF) si difenderanno alla grande nei cieli di Londra nella famosa Battaglia d'Inghilterra. Più di mille aerei della Luftwaffe lanciarono attacchi devastanti. «Sembrava un’immensa e nera nube di tempesta» narrarono i testimoni. Incursioni notturne, milioni di bombe incendiarie. Londra, in quel momento la più grande città del mondo, era il centro dell’Impero. Hitler la sognava a pezzi. Churchill disse: «La gratitudine di ogni casa della nostra isola, del nostro Impero, e in verità di tutto il mondo, va agli aviatori britannici, che sfidando tutte le probabilità, affrontando instancabilmente una sfida incessante e un estremo pericolo, stanno invertendo le sorti della guerra con la loro prodezza e la loro tenacia. Mai tanti hanno dovuto tanto a così pochi».

Il film "L'ora più buia" merita, va visto. Una cosa che mi è piaciuta in particolare è l'amore per i libri di Churchill. Spesso va alla ricerca della citazione giusta per il prossimo discorso da dettare alla dattilografa (la bella attrice Lily James). Una volta impreca e se la prende con la moglie perchè non trova un volume di Cicerone.

A me è tornata in mente "La meglio gioventù", l'epico film di Marco Tullio Giordana, dove chi fa carriera - in Banca d'Italia, guarda caso - ha una casa piena di libri. La cultura come base del vivere e della civile convivenza. La biblioteca come strumento per abbeverarsi nei momenti importanti, la compagna di vita. "Con la cultura non si mangia", diceva il ministro Tremonti. Sir Winston Churchill la pensava all'opposto, e, grazie a una serie di volumi sulla Seconda Guerra Mondiale, nel 1953 vinse il premio Nobel per la letteratura.


Qualche anno fa il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi rese un tributo a Winston Churchill. Il 25 marzo 2014 tenne una lezione a Parigi a Sciences Po dal titolo "A consistent strategy for a sustained recovery" riproponendo una sua considerazione: "Winston Churchill said that "to achieve great things, two things are needed: a plan, and not quite enough time". Draghi ribadì con ottimismo (con gli occhi di oggi, ne aveva ben donde): "I hope that I have made clear today that we do have a plan. And since we certainly have no time to spare, I trust that, if we remain resolute, great things for the euro area and its citizens can become possible".

Bisogna agire. Alla fine, in mancanza di scelte politiche, la decisione forte l'ha presa il Governing Council della BCE comprando miliardate di titoli obbligazionari, governativi e corporate, sbaragliando al ribasso la curva dei tassi di interesse. Non c'è tempo da perdere, come pensava Churchill.

Tornando a Churchill. Singolare che per raggiungere grandi traguardi dobbiamo avere non troppo tempo a disposizione. Perchè altrimenti lo perdiamo, lo sprechiamo, tendiamo a rimandare. Ci vuole il coraggio di agire subito, senza tentennamenti, perchè il tempo perduto non torna più.

giovedì 11 gennaio 2018

"Democracy dies in darkness", la democrazia muore nelle tenebre, il bellissimo payoff del Washington Post

Se andate sul sito del Washington Post, vedete che sotto la testata vi è un payoff, un motto di colore bianco su fondo nero: "democracy dies in darkness", la democrazia muore nelle tenebre.

Lo ha voluto Jeff Bezos, fondatore di Amazon, l'uomo più ricco del mondo (ha superato con 105 miliardi di dollari Bill Gates, "fermo" a quota 93, oltre ai 65 miliardi donate alla Fondazione Bill e Melinda Gates) dopo aver acquistato nell'agosto 2013 il più grande quotidiano americano (dopo il New York Times), e dopo averne parlato con la direzione.

Secondo Joby Warrick, cronista del Washington Post e vincitore di 2 premi Pulitzer, "è il giornalismo che fa luce nelle tenebre, anche se c'è chi fa di tutto per denigrarlo".

A me è tornato in mente Louis Brandeis, membro della Corte Suprema americana per molti anni (nominato nel 1916) che sosteneva come "la luce del sole e' il miglior disinfettante, la luce elettrica il miglior poliziotto".

P.S.: di Brandeis vi consiglio "Other people's money", attualissimo.