mercoledì 30 maggio 2012

Il disastro della giustizia civile italiana. Come uscirne? L’esempio di Mario Barbuto nell’ultimo libro di Roger Abravanel

Uno dei maggiori problemi a cui dobbiamo al più presto porre rimedio è il mancato funzionamento della giustizia civile.

Le ricerche di numerosi economisti e giuristi hanno dimostrato la correlazione diretta tra Investimenti Diretti Esteri (IDE) ed enforcement delle regole.

Il primo che vogliamo citare è Pietro Ichino – a cui va tutta la nostra solidarietà per i deliranti e minacciosi discorsi del brigatista Davanzo.

Qui allego una presentazione svolta da Ichino per Confindustria.

Così Ichino : “Dopo la Grecia, l’Italia è il Paese europeo meno capace di attirare investimenti stranieri. Secondo il Comitato Investitori Esteri di Confindustria, se il nostro Paese riuscisse ad allinearsi per questo aspetto con la media europea, ne risulterebbe un flusso di investimenti in entrata pari a circa 30-35 miliardi l’anno.


Pietro Ichino
Ma ho calcolato che se negli ultimi cinque anni precedenti alla grande crisi noi avessimo avuto la stessa capacità di attrazione dell’Olanda, che occupa una posizione mediana in questa classifica europea, avremmo registrato un maggior flusso annuo di investimenti in entrata pari al 3,6 per cento del nostro prodotto interno lordo. Questo vorrebbe dire circa 57 miliardi in più investiti ogni anno in Italia”.

L’economista Barba Navaretti ha scritto: “Durante la crisi del 2008 e 2009 gli investimenti diretti esteri (Ide) sono crollati dal 3,5% del Pil globale al 1,8% nel 2010. Nell’area dell’euro sono addirittura scesi dal 5% all’1,8%. Non abbiamo ancora dati per valutare gli effetti della crisi del debito sovrano, ma molto probabilmente vanno nella stessa direzione.


Se va male per tutti, per l’Italia va peggio. Nel 2008 ci sono stati addirittura più disinvestimenti che nuovi investimenti e nel 2010 il saldo era positivo per un misero 0,46% del Pil".

Nel suo ultimo libro Roger Abravanel – coadiuvato da Luca D’Agnese – torna dopo i precedenti volumi Meritocrazia – vedi post La battaglia di Roger Abravanel per un’Italia più meritocratica - e Regole – vedi post Le regole e la felicità - sul tema della giustizia civile.

Negli scorsi anni - complice anche l’ex Presidente del Consiglio – l’interesse è stato concentrato sulla giustizia penale. Ma è la giustizia civile la piaga biblica dell'Italia.

Così Abravanel: “L’amministrazione della giustizia civile è la funzione dello stato di gran lunga più fallimentare del nostro paese. I tempi di un processo sono interminabili, i tribunali ingolfati, veder ristabilite le proprie ragioni per chi ha subito un torto resta spesso una chimera.


Nelle classifiche internazionali sull’efficiacia della gisutizia civile l’Italia è al centoventiseiesimo posto, lontanissimo dal resto dell’Occidente. La giustizia civile è lenta come quella del Gabon. L’economia paga un prezzo enorme per il fallimento della giustizia

Mario Draghi
Nelle sue ultime Considerazioni Finali , il 31 maggio 2011, Mario Draghi, prima di partire per la BCE a Francoforte, scrisse: “Va affrontato alla radice il problema di efficienza della giustizia civile: la durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i 1.000 giorni e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie stilate dalla Banca Mondiale; l’incertezza che ne deriva è un fattore potente di attrito nel
funzionamento dell’economia, oltre che di ingiustizia. Nostre stime indicano che la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustizia civile potrebbe giungere a un punto percentuale”.

La macchina della giustizia italiana ha accumulato modelli organizzativi, cultura, leadership da terzo mondo: per molti magistrati “giudicare velocemente” è sinonimo di “giudicare male” e quindi la qualità della sentenza diviene sinonimo di tempi lunghi.

Nel libro Abravanel dà giustamente molto spazio a Mario Barbuto, tostissimo presidente della Corte d’Appello di Torino, che è riuscito a ridurre drasticamente i tempi delle cause civili e a dimezzare l’arretrato con un semplice doppio decalogo – 20 regole – e metodi manageriali per misurare il tempo delle cause - targando l'anno di inizio del processo.

Mario Barbuto
Barbuto – rispetto al pervicace rifiuto del corpo dei magistrati alla maggior efficienza - ha chiuso così: “Se non sapremo creare dei magistrati dirigenti, avremo dei dirigenti non magistrati”.

Estendere il successo torinese sarebbe ovvio ma in Italia le cose che funzionano sembrano non piacere. Il vero cambiamento deve avvenire nella mentalità dei magistrati, che devono capire l’essenzialità della velocità. Fare giustizia a distanza di lustri non è giustizia.

Ben ci ricordiamo del giudice di Gela che impiegò 8 otta otto per scrivere le motivazioni di una sentenza. E i boss mafiosi ovviamente in libertà. Meglio una sentenza di tre pagine pronta subito che una sentenza scritta benissimo, pubblicata sulle riviste di diritto e i delinquenti in libertà.
Chiudo con un punto importante sottolineato da Roger Abravanel: la necessità dei cittadini di tornare a interessarsi della cosa pubblica. Abbiamo visto che la delega in bianco, l’illusione che qualcuno venga dal cielo a risolvere i nostri problemi non è nelle cose.

Urge quindi una reazione dei cittadini italiani.

La crisi fa scoprire il valore della cittadinanza. Il cittadino deve uscire dalla sudditanza, farsi sentire e dare il suo contributo.

venerdì 25 maggio 2012

Cosa c'è dietro il licenziamento del presidente dello Ior, la banca del Vaticano? Le norme antiriciclaggio

Così l'attacco fulminante di Massimo Franco sulla prima pagina del Corriere della Sera di oggi: "Raccontano che sia l'ultima vendetta di Tarcisio Bertone, il controverso Segretario di Stato Vaticano. Il licenziamento di Ettore Gotti Tedeschi, economista e banchiere, è il frutto marcio di uno scontro nei meandri più segreti e torbidi del potere finanziario di Oltretevere".

La sua collega Paola Pica scrive: "Clamoroso scontro al vertice dello Ior, la Banca Vaticana. Il presidente Ettore Gotti Tedeschi è stato sfiduciato dal Consiglio dei laici, il Consiglio di Sovrintendenza, appena prima di presentare egli stesso le dimissioni. L'applicazione della legge sulla trasparenza e il riciclaggio, lo scandalo «Vitileaks» (l'uscita di documenti riservati dalla Santa Sede) e l'inchiesta della Procura sul San Raffaele e don Verzè sono gli ingredienti di questa defenestrazione che avrà conseguenze pesanti. Prima fra tutte il possibile mancato ingresso del Vaticano nella White List dei Paesi più virtuosi sull'anti-riciclaggio. Il Consiglio, in un comunicato di inusuale durezza, ha definito insoddisfacente dal gestione Gotti Tedeschi. Lui, raggiunto dall'Agenzia Ansa, ha preferito non replicare: «Meglio tacere, dovrei dire solo brutte parole»

Ma cosa significa "mancato ingresso del Vaticano nella White List" (decisione prevista per luglio 2012) dell'Ocse (Organizzazione per la cooperazioine e lo Sviluppo economico con sede a Parigi)? Facciamo un passo indietro e contestualizziamo.

Ettore Gotti Tedeschi
La sfiducia è clamorosa. Ettore Gotti Tedeschi è stato uno dei consulenti del Papa per l'Enciclica Caritas in Veritate, un editorialista di punta dell'Osservatore Romano. Proprio il Papa lo aveva voluto allo Ior nel 2009 per dare il via a un nuovo corso basato sulla trasparenza.

In un precedente post - Lo Ior e il purgatorio dei conti off-shore - abbiamo parlato delle disavventure giudiziarie dello IOR (Istituto per le Opere di Religione, la Banca Vaticana), che - secondo la magistratura e la Banca d’Italia - non rispetta le disposizioni previste dalla Legge 231/2007 sul riciclaggio.


In otto cartelle intestate “Banca d’Italia” e depositate nel procedimento in corso a Roma nei confronti del Presidente Ettore Gotti Tedeschi e del direttore generale dello IOR Roberto Cipriani, si spiega lucidamente la violazione da parte dello IOR degli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa antiriciclaggio del 2007.

Secondo la Banca d’Italia, lo IOR è una “Banca insediata in un paese extracomunitario a regime antiriciclaggio equivalente”. Ma c’è un ma. Lo IOR si comporta ora come ente ecclesiastico, ora come banca, poi ancora come ente ecclesiastico. Esiste quindi una discontinuità che non consente di risolvere le criticità emerse nelle ispezioni – la prima nell’ottobre 2008 – presso vari istituti di credito aventi rapporti con lo IOR.

A fronte del rapporto di Bankitalia, gli inquirenti non possono che scrivere che questa discontinuità sulla natura giuridica dell’Istituto, lo IOR continua ad essere uno “schermo opaco” per alcuni titolari di conti “protetti”.

Lo IOR promette, ma non rispetta le scadenze. Bankitalia chiede tempi rapidi, mentre quelli dello IOR sembrano biblici.

Entriamo nel dettaglio e ripercorriamo i fatti, leggendo insieme la relazione di Palazzo Koch.

In una prima fase gli esponenti dello IOR hanno sostenuto la natura di ente ecclesiastico dell’Istituto, ma poi “sembravano riconoscere, nelle modalità di svolgimento delle operazioni, la natura di soggetto bancario”. Infatti il 18 gennaio 2010 Bankitalia diramò uno schema per allineare l’operatività dello IOR – banca di un paese extracomunitario a regime antiriciclaggio non “equivalente” - alle norme antiricilaggio valide per le banche italiane.

Successivamente lo IOR dichiara di voler regolarizzare la propria posizione, ma ha nuovamente sostenuto di essere un ente ecclesiastico, appartenente alla Santa Sede, ente centrale della Chiesa cattolica, autonomo rispetto allo stato Città del Vaticano. Nel marzo 2010 il Presidente Gotti tedeschi trasmette una memoria secondo la quale lo IOR non può considerarsi una banca in quanto non esercita attività creditizia. Bensì “provvede alla custodia e all’amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati all’Istituto medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e di carità”.

Il 12 maggio 2010 la Banca d’Italia scrive che la qualifica di ente ecclesiastico “muterebbe drasticamente” il regime dei rapporti con lo IOR, in quanto l’assoggettamento alle disposizioni antiricilaggio avverrebbe solo su base volontaria, senza controlli.

Il 25 maggio 2010 lo IOR scrive a Bankitalia e fa sapere di aver avviato la procedura di inserimento della Santa Sede – non dello Stato Città del Vaticano – nella White List (comprende gli Stati rispettosi delle norme sulla trasparenza; si parla di black list per i Paesi esclusi dalla White List), ma la lista è quella dell’OCSE sullo scambio di informazioni a fini fiscali, NON quella comunitaria prevista dalle norme antiriciclaggio.

Di fronte a questa discontinuità – se il grande Ugo Tognazzi fosse ancora vivo direbbe “Come fosse Antani supercazzola a sinistra, con scappellamento a destra” – il 9 settembre 2010 Bankitalia ribadisce che, nei rapporti con lo IOR, si applicano gli obblighi “rafforzati” di adeguata verifica previsti dal decreto 231/2007. Va acquisito l’impegno dello IOR a identificare i clienti e a fornire un flusso informativo periodico che consenta di associare alla clientela le seguenti operazioni:

1. movimentazione di assegni;
2. esecuzione di bonifici;
3. operazioni in contanti.

In caso di mancato rispetto delle norme antiriciclaggio, le banche italiane devono astenersi dal dare seguito e segnalare le operazioni sospette. Che l’UIF segnala alle Procure. Che nel nostro caso hanno proceduto al sequestro delle somme – diversi milioni di euro - presso il Credito Artigiano di Roma.

La Santa Sede in due interventi - aprile 2011 (decreto n. 127) e gennaio 2012 (decreto n. 129) - è intervenuta approvando due versioni delle norme antiriciclaggio. Quest'ultima versione è apparsa un passo indietro, non coerente con gli annunci di maggior trasparenza.
I funzionari del Consiglio d'Europa di Strasburgo - esattamente il Committee of Experts on the Evaluation of  Anti-Money Laundering Measures and the Financing of Terrorism - Moneyval - hanno avuto le loro perplessità nella visita del marzo scorso, vedasi Vatican Insider.

Visto che ho il vizio della memoria, ricordo una cosa piccola piccola. E’ notizia del 28 ottobre 2010 – , Il Sole 24 Ore 28 ottobre 2010, Così il prete riciclava sul conto dello Ior - che a Catania la Procura distrettuale antimafia sta indagando dal 2006 su un’operazione di riciclaggio della famiglia Bonaccorsi, che attraverso Orazio Bonaccorsi – sacerdote – “ha ripulito” 250mila Euro.

I fatti. Nel 2006 Vincenzo (condannato in Cassazione per associazione mafiosa) e il fratello Antonino Bonaccorsi organizzano una truffa ai danni della Regione Sicilia (dove regnano complicità perchè tra la data di presentazione della richiesta e il rilascio del finanziamento - a fronte di fatture marcatamente false – passa un giorno), che finanzia con i Fondi strutturali europei un allevamento di trote e di pesca sportiva, che naturalmente non verrà mai costituito.

Il 3 gennaio 2006 la Regione Sicilia bonifica una prima tranche del finanziamento pari a 300mila euro a favore del conto n. 1511 della filiale di Catania della Banca Popolare di Novara, intestato a Antonino Bonaccorsi. Il 18 gennaio 250mila euro vengono bonificati alla filiale n. 15 della BNL di Roma dove il nipote “padre” Orazio Bonaccorsi ha un conto personale, n. 12138. Causale del bonifico? Indovinate un po’: “Beneficienza”. Il sacerdote emette un assegno di 245mila euro intestato a sè stesso, lo presenta all’incasso alla Banca di Roma, dove lo IOR ha un conto, il n. 2838150, su cui ha la delega ad operare. Il gioco è fatto. Nelle parole del procuratore capo di Catania Vincenzo D’Agata: “Lo Ior non ha sportelli in Italia e opera aprendo conti bancari come se fosse un singolo cliente e tutto quanto arriva sul suo conto si confonde e non dà la possibilità di essere ricondotto ai singoli soggetti che hanno operato. E questo rappresenta una violazione delle norme bancarie e delle leggi antiriciclaggio”.

L’Unità di Informazione Finanziaria (UIF) di Banca d’Italia non crede alla causale. E segnala l’operazione sospetta alla Procura di Catania. Che scopre che dei 245mila arrivati, Antonino – con i codici avuti dal figlio Orazio – bonifica in tranche diverse un totale di 225mila euro a favore del conto aperto alla Banca Popolare di Novara di Catania, punto di partenza dell’operazione di riciclaggio. Poco dopo il pregiudicato mafioso Vincenzo Bonaccorsi passa in banca e preleva in contanti. Tutto in famiglia.

Porgiamo un quesito al portavoce dello IOR Federico Lombardi, che in una lettera al Financial Times – in relazione ad un articolo di prima pagina del 22 settembre 2010 “Vatican bankers in laundering inquiry” – rispondeva il giorno dopo parlando di "misunderstandings between the IOR and the bank which receives the transfer order". Incomprensioni. Suvvia, ne è ancora convinto?

E ancora. Cosa aspetta l’Università Gregoriana - frequentata da padre Orazio Bonaccorsi – a espellere un così bravo discepolo di Gesù, che aiuta i mafiosi a riciclare il denaro frutto di truffe?

Se Gotti Tedeschi è stato licenziato in modo così brutale, lo scontro ai massimi livelli deve essere stato durissimo. E' chiaro che l'immagine del Vaticano in vista della decisione dell'Ocse sulla White List peggiora drasticamente e riporta la memoria indietro nel tempo ai torbidi affari del Cardinal Marcinkus, coinvolto nel fallimento del Banco Ambrosiano.

P.S.: per approfondimenti sul Banco Ambrosiano, rimando al post Andreatta, lo IOR e il Banco Ambrosiano

mercoledì 23 maggio 2012

Omaggio a Giovanni Falcone, magistrato insuperabile

Giovanni Falcone
Ieri sera prima di mettere a letto Chicco e Alli, ho raccolto dal comodino di mio figlio "Per questo mi chiamo Giovanni" di Luigi Garlando e ho iniziato a leggere. Il giornalista della Gazzetta dello Sport da anni scrive libri di successo per ragazzi. E questo è veramente da leggere ai vostri figli.

Giovanni è un bambino di Palermo. Per il suo decimo compleanno, il papà gli regala una gita attraverso la città, per spiegargli come mai, di tutti i nomi possibili, per lui è stato scelto proprio Giovanni. Nel racconto prendono vita i momenti chiave della storia di Giovanni Falcone, il suo impegno, le vittorie e le sconfitte, l'epilogo.

Come sapete - vedasi blog Mio padre, i miei figli, il desiderio di sapere, la forza della lettura - , io racconto e leggo spesso ai miei figli le storie dell'Italia migliore. E Giovanni Falcone ne fa parte di diritto.

Raccontiamo i fatti.

Il 23 maggio del 1992 una carica di cinque quintali di tritolo - posizionata in una galleria scavata sotto la sede stradale nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine viene azionata per telecomando da Giovanni Brusca, il sicario incaricato da Totò Riina - pose fine alla vita di un valorosissimo magistrato, Giovanni Falcone, giudice istruttore e procuratore della Repubblica aggiunto a Palermo e successivamente direttore generale degli Affari penali del Ministero di Grazie e Giustizia. Nell'attentato persero la vita anche la moglie Francesca Morvillo e diversi uomini della scorta.

Falcone è stato l’unico magistrato che si sia occupato in modo continuo e con impegno assoluto di Cosa Nostra. Ha spiegato ampiamente perchè la mafia italiana costituisca un mondo logico, razionale, funzionale e implacabile: “Cosa Nostra è un’organizzazione, il cui regolamento, per essere rispettato e applicato, necessita di meccanismi effettivi di sanzioni. Dal momento che all’interno dello Stato-mafia non esistono né tribunali né forze dell’ordine, è indispensabile che ciascuno dei suoi “cittadini” sappia che il castigo è inevitabile. Chi viola le regole sa che pagherà con le vita”.

Siccome ho il vizio della memoria, sono andato nei miei scaffali densi di libri e ho ripreso in mano Cose di cosa nostra (Rizzoli, 1991), l’intervista che la giornalista francese Marcelle Padovani fece a Falcone 20 anni fa.

Come avviene per i Maestri, le parole di Falcone non hanno perso nulla a distanza di tempo. Ci parlano come fossero di oggi.

Cerchiamo di trarne un profilo: “Sono semplicemente un servitore dello Stato in terra infidelium...Il mio conto con Cosa Nostra resta aperto. Lo salderò solo con la mia morte, naturale o meno”. Quando parla del padre, Falcone ne sottolinea la grande austerità: “Si vantava di non aver mai messo piede in un bar in tutta la vita”.

A fronte di una mole di processi di mafia azzerati dalla Cassazione, Falcone introdusse un metodo perchè “senza un metodo non si capisce niente”. L'architrave di Falcone era: “Segui il denaro”: “Se hanno venduto droga in America del nord, nelle banche siciliane saranno rimaste tracce delle operazioni realizzate. Così hanno avuto inizio le prime indagini bancarie (processo Spatola, 1979). Accumulare dati, informazioni, fatti fino a quando la testa ti scoppia, permette di valutate razionalmente e serenamente gli elementi necessari a sostenere una accusa. Il resto sono chiacchiere, ipotesi di lavoro, supposizioni, semplici divagazioni”.

Il pubblico ministero milanese Ilda Boccassini – che si trasferì da Milano a Caltanissetta per scoprire gli assassini di Giovanni Falcone – segue lo stesso metodo: follow the money. E i risultati si sono visti.

Falcone dava fastidio e creava invidie. Un alto magistrato disse a Rocco Chinnici, capo dell'ufficio istruzione di Palermo: “Seppelliscilo sotto una montagna di piccoli processi, almeno ci lascerà in pace”. I meritevoli in Italia hanno vita dura, vedi post Generazioni perdute.

Capaci, il luogo dell'agguato
La stessa Boccassini anni fa così si espresse: "Né il Paese né la magistratura né il potere, quale ne sia il segno politico, hanno saputo accettare le idee di Falcone, in vita, e più che comprenderle, in morte, se ne appropriano a piene mani, deformandole secondo la convenienza del momento.[...] Non c'è stato uomo la cui fiducia e amicizia è stata tradita con più determinazione e malignità. Eppure le cattedrali e i convegni, anno dopo anno, sono sempre affollati di "amici" che magari, con Falcone vivo, sono stati i burattinai o i burattini di qualche indegna campagna di calunnie e insinuazioni che lo ha colpito".

Cosa significa mafia e lotta alla mafia? Sentiamo Falcone: “Cosa Nostra non è un anti-Stato, ma piuttosto una organizzazione parallela che vuole approfittare delle storture dello sviluppo economico, agendo nell’illegalità e che, appena di sente veramente contestata e in difficoltà, reagisce come può, abbassando la schiena. La mafia è l’organizzazione più agile, duttile e pragmatica che si possa immaginare, rispetto alle istituzioni e alla società nel suo insieme....Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una priovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia. La mafia non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, gente intimidita e ricattata che appartiene a tutti gli strati della società.


La mafia non è una società di servizi che opera a favore della collettività, bensì un’associazione di mutuo soccorso che agisce a spese della società civile e a vantaggio solo dei suoi membri.


La mafia si caratterizza per la sua rapidità nell’adeguare valori arcaici alle esigenze del presente, per la sua abilità nel confondersi con la società civile, per l’uso dell’intimidazione e della violenza, per il numero e la statura criminale dei suoi adepti, per la sua capacità ad essere sempre diversa e sempre uguale a se stessa”.

Con quali strumenti affrontiamo oggi la mafia? In un modo tipicamente italiano, attraverso una proliferazione incontrollata di leggi ispirate alla logica dell’emergenza....Le leggi non servono se non sono sorrette da una forte e precisa volontà politica, se non sono in grado di funzionare per carenza di strutture adeguate e soprattutto se le strutture non sono dotate di uomini professionalmente qualificati.


Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Professionalità significa adottare iniziative quando si è sicuri dei risultati ottenibili. Perseguire qualcuno per un delitto senza disporre di elementi irrefutabili a sostegno della sua colpevolezza significa fare un pessimo servizio. Il mafioso verrà rimesso in libertà, la credibilità del magistrato ne uscirà compromessa e quella dello Stato peggio ancora”. Parole sante, vista la quantità di processi che vengono intentati senza disporre di elementi irrefutabili.

Chiudo con una frase di Giovanni Falcone, che mi colpì particolarmente quando avevo 22 anni nel 1992. Falcone non volle dei figli per non lasciarli orfani: “Si muore generalmente perchè si è soli o perchè si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perchè non si dispone delle necessarie alleanze, perchè si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”.

Caro Giovanni Falcone, ti sia lieve la terra.

giovedì 17 maggio 2012

In Molise il TAR annulla le elezioni regionali. Noi riproponiamo il quesito: guadagna di più il Presidente del Molise Michele Iorio o il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama?

Michele Iorio
Con grande sorpresa - notizia di poche ore fa - il Tribunale Amministrativo Regionale ha annullato le elezioni regionali dell'ottobre scorso (campa cavallo) e quindi si tornerà a votare per eleggere il Presidente del Molise.
L'attuale Presidente del Molise è Michele Angelo Iorio. La sua storia è il simbolo della crisi di questo Paese.

Nell’ultima prova scritta per i miei studenti dell’Università di Bergamo – dove insegno Economia e Tecnica degli Scambi Internazionali, la domanda per il 30 e lode recitava: “Guadagna di più il presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama o il presidente del Molise, Michele Iorio?”

Voi direte: ma cosa c'entra Iorio con il corso di finanza internazionale? Conta tantissimo invece, perchè se lo spread BTP-Bund - vedi post Lo spread Btp-Bund - si allarga non è certo colpa degli speculatori cattivi. La colpa è nostra che ci teniamo stretta gente come Michele Iorio.

Figuratevi il mio compiacimento quando tempo fa, il Corriere della Sera con due delle sue firme più prestigiose – Stella e Rizzo – ha dedicato due pagine intere alle gesta di Iorio: “Viceré Michele e la Regione “pigliatutto”.

Ma chi è Michele Iorio? "Più che un barone, un viceré".

Michele Iorio è saldamente alla guida del Molise da tempo immemorabile. Prima assessore provinciale di Isernia, poi sindaco della città, poi assessore regionale di centrosinistra, poi candidato (trombato) dell’Ulivo appoggiato da Rifondazione comunista, poi governatore berlusconiano.

Il 20,4% dei molisani lavora nella pubblica amministrazione. Stella e Rizzo: “I soli uffici della Regione pagano un migliaio di dipendenti: con la stessa proporzione, per capirci, la Regione Lombardia dovrebbe avere oltre 30 mila dipendenti anziché quattromila. Con tutti quei dipendenti pubblici, dovrebbe essere un modello di efficienza. Non è così. Prendiamo la spazzatura: la regione è in coda alla classifica della raccolta differenziata con il 4,8%:meno ancora della Sicilia (6,1%), della Calabria (9,1%) e addirittura della Campania (13,5%)....E la sanità? Il deficit 2009 è astronomico:225 euro per abitante. Più pesante, Lazio a parte, di ogni altra regione.

Il vicerè Michele Iorio non si è scomposto....Governatore, leader del Popolo delle libertà, commissario alla sanità, commissario al terremoto, commissario all’alluvione: un patriarca”.

Con il terremoto di Campobasso, la maggior parte dei finanziamenti è finito nella zona di Isernia, il bacino elettorale di Iorio nemmeno sfiorato dal sisma. Un esempio di lucido investimento di ricostruzione? 200mila euro per il Museo del Profumo a Sant’Elena Sannita.

Per dovere di cronaca, segnalo che la sorella di Iorio - Rosa - è candidata sindaco - ma guarda un po', a Isernia - e domenica prossima sapremo l'esito del ballottaggio.

Con il decreto 314 del 2007, Iorio, commissario per il terremoto e l’alluvione (uno dei suoi tanti incarichi), ha destinato 40mila euro quale contributo per la esecuzione di n. 3 serate regionali del concorso Miss Italia.

La parentopoli di Michele Iorio? Ce la raccontano sempre Rizzo e Stella: “Il fratello Nicola Iorio, primario, ha visto il suo reparto ricevere un contributo di un milione di euro a dispetto del buco regionale salito in otto anni a 600 milioni. La sorella Rosa Iorio direttrice del distretto sanitario. Il figlio Luca Iorio medito ospedaliero. L’altro figlio Raffaele Iorio, direttore medico di un centro privato convenzionato con la Regione del papà. Il cognato Sergio Tartaglione, marito di Rosa Iorio, primario di psichiatria e presidente dell’ordine dei medici isernini”.

Aspettiamo con ansia il prossimo editoriale televisivo – TG1 sei pronto? – che – raccontando il “contagio” europeo - accusa la “perfida speculazione internazionale”, il complotto “giudo-plutaico-massonico”, vedi post, che osa vendere i nostri titoli di Stato e quindi contribuisce all’allargamento dello spread Btp-Bund.

Ma non lo vedete che lo spread si allarga perchè in Italia siamo pieni di Michele Iorio? Perchè buttiamo via il denaro dei contribuenti in modo scandaloso e siamo amministrati da viceré senza un minimo di competenza. E poi la colpa è degli speculatori. Ma va là!

Carlo Azeglio Ciampi
Sentiamo cosa dice il nostro miglior riferimento, Carlo Azeglio Ciampi (intervista a Il Sole 24 Ore, 3 dicembre 2010): “Il paese viene giudicato nel suo insieme. I mercati hanno bisogno di messaggi chiari e semplici. La fiducia è la conseguenza di scelte coerenti con gli impegni assunti. Certo vi è il rischio che venga meno la fiducia dei mercati. Ricordo Gerrit Zalm, il ministro delle finanze olandese: fu il più duro di tutti, tra il 1997 e il 1998, nel pretendere che l'Italia assumesse impegni precisi nel risanamento dei conti pubblici. Poi, quando questo impegno venne assunto, divenne uno dei nostri più accesi sostenitori. Ero a una riunione dell'Ecofin a Bruxelles. Un ministro espresse dubbi sull'Italia, e fu proprio Zalm a tacitarlo con queste parole: Carlo ha preso questo impegno e per me è sufficiente”.

Torniamo all’esame:

“Domanda valida per il 30 e lode:

GUADAGNA DI PIU’ IL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA BARACK OBAMA O IL PRESIDENTE DEL MOLISE, MICHELE IORIO?

a) Ovviamente guadagna di più Obama, Iorio non so chi sia

b) Dipende dal cambio del dollaro; se il dollaro raggiungesse la parità con l’euro, come auspicano Giavazzi e Caballero, Obama guadagnerebbe di più

c) Non ho parole, ma guadagna di più Iorio “

Naturalmente la risposta al quesito d’esame è la c) “Non ho parole, ma guadagna di più Iorio” (più di Obama, avete capito bene).
 
Una chiosa: se dovesse rivincere Michele Iorio, gli abitanti del Molise, please, si astengano in eterno dal protestare contro la Casta e contro i politici incapaci. Diano loro il buon esempio.

lunedì 14 maggio 2012

#Austerity tutta la vita

Angela Merkel
Stamattina, dopo aver accompagnato mia figlia a scuola – vedi post Se una scuola funziona perchè smembrarla? - mi sono recato in edicola a comprare la solita mazzetta dei giornali e sono rimasto esterrefatto dai semplicistici titoli di prima pagina susseguenti alla sconfitta dei Angela Merkel alle elezioni regionali della Renania-Westfalia.

Repubblica titola: “Crolla la Merkel , bocciata l’austerity”. Ma che panzana è?

Un arguto lettore del Financial Times – Luis Roja - il 7 maggio scorso ha scritto: “With the advent of the information technology revolution, a private company would have reduced the number of employees rather than multiplying it by more than four times. Thanks to a complete lack of transparency, 30% of public employees make more than €3.000 per month for 40% of the 12m employed in the private sector, and civil servants have a contract for life regardless of productivity”.

Mr Roja parla della Spagna ma le sue considerazione valgono pari pari per l’Italia dove tutti noi siamo consapevoli dell’enorme inefficienza della pubblica amministrazione.

Marco Vitale
Sentiamo un recente intervento del nostro massimo riferimento, Marco Vitale: “Il grosso della burocrazia (non tutta) sembra sia legato al giuramento di impedire, con ogni mezzo possibile, lo sviluppo del paese. Dopo la malavita organizzata e la corruzione, con le quali peraltro molti burocrati coltivano stretti legami, è la più poderosa forza contro la modernizzazione e lo sviluppo del paese. La sua azione è, in negativo, straordinariamente efficace. La burocrazia ha obiettivi perversi, ma nell’ambito di questi obiettivi perversi, è straordinariamente efficiente.

Ci può essere sviluppo, ci può essere incremento dell’occupazione, si possono sviluppare nuovi settori ed attività, pur in presenza di diminuzione dei valori nominali del PIL. Ad esempio: se riuscissimo, ovviamente con tempi e metodi adeguati, e collegandolo con un incremento di produttività, a ridurre il milione circa di esuberi stimato nella PA, il PIL diminuirebbe ma la competitività italiana migliorerebbe”.

Dopo aver letto Nullafacenti di Pietro Ichino, tutti i libri di Stella e Rizzo, Roger Abravanel, visto le inchieste di Report guidate dall’ottima Gabanelli, io dico: #austerity tutta la vita.

Aspettiamo con ansia il solito sindacalista sedicente “keynesiano” chiedere di aumentare la spesa pubblica. Ma non è più tempo di politiche fanfaniane, di scavare buche e riempirle per far salire il PIL.

L’autorevole economista Raghuram Rajan, qualche giorno fa ha scritto:

In fact, today’s economic troubles are not simply the result of inadequate demand but the result, equally, of a distorted supply side. For decades before the financial crisis in 2008, advanced economies were losing their ability to grow by making useful things. But they needed to somehow replace the jobs that had been lost to technology and foreign competition and to pay for the pensions and health care of their aging populations. So in an effort to pump up growth, governments spent more than they could afford and promoted easy credit to get households to do the same. The growth that these countries engineered, with its dependence on borrowing, proved unsustainable”.

Ecco il punto: "Advanced economies were losing their ability to grow by making useful things". L’Occidente deve imparare a spendere meno e meglio. Proprio domenica Andrea Camilleri - lo scrittore a cui dobbiamo la splendida figura del Commissario Montalbano - ha scritto sul Sole 24 Ore: “Forse nessuno si è ricordato che, nell’accezione commune, “fare economia” significa essere parsimoniosi, risparmiare, stare dalla parte della formica e non della cicala”.

In un Paese dove per i Bronzi di Riace ci sono 60 custodi per 100 visite medie giornaliere, dove in Lombardia (10 milioni residenti) ci sono 21 centri di cardiochirurgia contro i 14 di tutta l’Ile de France (11,7 milioni di residenti), dove spuntano come funghi episodi enormi di corruzione nella Sanità, dove il peso del pubblico sul PIL è superiore al 50%, allora altro che spending review, abbiamo bisogno di una cura da cavallo di tagli severi alla spesa pubblica.

Se il contrario dell’austerity sono le spese folli della Regione Lombardia che ha istituito un voucher per coloro che decisono di mandare i figli alle scuole private - dove il reddito massimo per beneficiarne per una famiglia di 4 persone è 160.000 Euro (avete letto bene, sotto i 160, si ha titolo per il sussidio) - #austerity tutta la vita.

P.S.: di Raghuram Rajan si consiglia, appena tradotto, Terremoti finanziari, Einaudi, 2012 (edizione originale Fault Lines)

mercoledì 9 maggio 2012

Se una scuola funziona, perchè smembrarla? Caro Pisapia, finchè non lo vedo, non ci credo

Diversi anni fa in compagnia dei Giovani Imprenditori di Assolombarda siamo andati a visitare Technogym – The Wellness Company – leader mondiale nei prodotti e servizi per il Wellness.

Il fondatore Nerio Alessandri, carismatico romagnolo che ha iniziato in un garage, mi colpì con una frase ad effetto: “Se una cosa funziona, è il momento di cambiarla.

Parto da qui per raccontarvi una storia personale.

La scuola dove vanno i miei due figli è l’Istituto comprensivo Giovanni Pascoli , che comprende la scuola primaria di Via Rasori, la scuola primaria di Via Ruffini e la scuola secondaria “Mauri”.

Ieri sera c’è stata una assemblea straordinaria nella quale il Dirigente Scolastico (DS) dott.ssa Croci ha informato i genitori di un progetto potenzialmente destabilizzante per la continuità didattica delle scuole in oggetto.

In relazione al "Dimensionamento del sistema delle autonomie scolastiche milanesi", il Ministero dell’Istruzione (MIUR) ha previsto che gli istituti comprensivi, per acquisire l’autonomia, debbano essere costituiti da almeno 1.000 studenti.

In quest'ottica il comprensivo G. Pascoli risponde in pieno alle richieste ministeriali.

C’è un però.

Per analogo errore
un contadino a Rho
tentava invano di cogliere
le pere da un però (Per colpa di un accento, Gianni Rodari).

L’Amministrazione Comunale ha formulato una proposta di riordino del piano di dimensionamento delle autonomie basata sui criteri della verticalizzazione, dei flussi degli studenti, della coerenza territoriale e di una più armonica distribuzione dimensionale del sistema che intende discutere con i Dirigenti Scolastici e con le Istituzioni coinvolte”.

Traduzione concreta: il Comune di Milano ha predisposto un piano di riordino, per cui ha convocato la DS proponendo lo scorporo  - dall'attuale Istituto comprensivo Pascoli - della scuola primaria Ruffini che passerebbe ad altro plesso, l'Istituto comprensivo Cavalieri.

Procediamo allora ad una valutazione puntuale secondo i criteri – di cui sopra – in base ai quali il Comune basa questo dimensionamento:

1) criterio dei flussi di studenti, ovvero quanti bambini della quinta elementare di Ruffini accedono alla Media Cavalieri. Quest'anno solo tre allievi (pari al 4,5% del totale) sono passati da Ruffini a Cavalieri. Se ne deduce che il 95,5% (dato pazzesco) degli alunni di Ruffini – quattro sezioni delle classi quinte – NON va in Cavalieri #epicfail

2) criterio della coerenza territoriale, ovvero Ruffini e Cavalieri appartengono entrambi alla Zona 1 del Comune di Milano.

Se guardiamo google.map vediamo come i tre Plessi sono tutti raggiungingibili a piedi in cinque minuti perchè situati nello stesso Quartiere. Mentre Cavalieri è molto distante da Ruffini #epicfail

3) criterio della più armonica distribuzione dimensionale: attualmente l’Istituto Cavalieri conta 765 alunni circa, mentre il Pascoli ne ha circa 1.350.

Ecco allora il busillis, il punto centrale del problema. Con l'accorpamento di Ruffini, Cavalieri raggiungerebbe l’agognata quota 1.000 allievi. E voilà ottenuta “l’armonica (sic) distribuzione dimensionale”.

Diego Abatantuono
Conclusione: sui tre criteri presi in considerazione – la verticalizzazione è già presente in Pascoli – solo un criterio su tre prelude a favore della scissione di Ruffini dall’Istituto comprensivo Pascoli.

E solo sulla base di questo – contro gli altri due decisamente a sfavore - il Comune di Milano sembra ragionare - eliminando gli esuberanti sopra 1.000 - solo con i file Excel e non con la “capoccia” o la "melonera" (come direbbe il grande Diego Abatantuono).

Come evidenziato dal DS Croci, lo scorporo della Ruffini avrebbe varie conseguenze, anche su Rasori, tra cui:

1) una discontinuità degli attuali progetti formativi nell'ambito delle scuole primarie;

2) una perdita di coordinamento verso la scuola media Mauri, attualmente la scelta preferita dagli alunni delle due primarie Ruffini e Rasori,

3) la revisione della graduatorie dei docenti, oggi unica nelle due primarie, e quindi la necessità da parte dei docenti nella parte bassa della graduatoria – ancorchè di ruolo - di abbandonare l'istituto di appartenenza. Con un plesso composto da meno classi (Ruffini passa al Cavalieri), ci sarebbe bisogno di meno insegnanti. Quindi alcune sarebbero costrette a cambiare scuola. Quali? Le più giovani, che hanno un più basso punteggio in graduatoria.

Risultato? Conseguente abbandono di diverse Maestre della classe attualmente seguita. I nostri figli, quindi, a metà delle primarie, si vedrebbero cambiate le loro Maestre, così per adeguarsi a un file Excel decisivo per il ribilanciamento.

Allora io – rappresentante di classe e genitore – dico: senza scomodare Martha Nussbaum (di cui si consiglia Non per profitto. Perchè le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino, 2011), la scuola non è un’azienda, non funziona con le logiche di business e di Excel, per cui non valgono per nulla le considerazioni di partenza – se una cosa funziona, si cambi subito - del Cavaliere del Lavoro Nerio Alessandri.

La cosa che più conta è la continuità didattica, è la territorialità – quella vera, non quella definita dalla divisione Circoscrizionale o Zonale - è l’ottimo funzionamento del complesso Pascoli, con un numero altissimo di genitori che si interessano della scuola, con un’Assemblea dei Genitori che è riuscita a raccogliere 15.000 Euro – con numerose attività che vanno da una lotteria a un mercatino alla vendita di torte - per ridipingere interamente la Scuola, per renderla più funzionale e più bella.

Perchè si vuole distruggere tutto questo? Per risparmiare? Neppure, visto che il Dirigente Scolastico in Pascoli è uno e uno rimarebbe anche nell’ipotetetica scissione.

Perchè il Comune di Milano vuole cogliere le pere da un però?

Sarei veramente meravigliato se Giuliano Pisapia e il vicesindaco Maria Grazia Guida - Assessore all’educazione e istruzione – dessero seguito al progetto di scissione dell’Istituto Pascoli in modo così illogico, senza senso, con il file Excel in mano, desiderosi di convergere a quota 1.000.

Io, da economista, dico: ragioniamo insieme senza pregiudizi. Evitiamo di incaponirci. La determinazione deve essere adottata su progetti condivisi. Invece - in questo caso - sembra di vedere nell'amministrazione comunale milanese la stessa caparbietà di Mussolini quando impose alla lira quota 90 contro la sterlina inglese .

#finchenonlovedononcicredo

lunedì 7 maggio 2012

#Monti, fai presto! Non decidere è decidere. Ascolta JFK

Il 10 novembre 2011 il Sole 24 Ore decise di titolare a tutta pagina “FATE PRESTO”. Il Direttore Roberto Napolitano scrisse: “Oggi il titolo l'ho rubato a Roberto Ciuni e a un quotidiano glorioso, il Mattino di Napoli. “FATE PRESTO” per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla" titolava così, a caratteri cubitali, tre giorni dopo il terremoto del 23 novembre dell'80 che sconvolse l'Irpinia, migliaia di morti e una terra straziata. Le macerie di oggi sono il risparmio e il lavoro degli italiani, il titolo Italia che molti, troppi si ostinano a considerare carta straccia: un «terremoto» finanziario globale scuote le fondamenta del Paese, ne mina pesantemente la tenuta economica e civile; la credibilità perduta ci fa sprofondare in un abisso dove il differenziale dello spread BTp-Bund supera i 550 punti e i titoli pubblici biennali hanno un tasso del 7,25%”.

Il 12 novembre il Presidente del Consiglio sale al Quirinale e rimette il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica.

A tempo di record, il 13 novembre 2011, Napolitano conferisce a Mario Monti l'incarico per la formazione di un nuovo governo. Il 16 novembre Monti scioglie la riserva e propone al Presidente della Repubblica la lista dei Ministri per la nomina, priva di personalità politiche.

Sono passati sei mesi, siamo in maggio e Monti è perfettamente consapevole che bisogna “Fare presto”. Le riforme strutturali non possono attendere.

Il banchiere centrale Lorenzo Bini Smaghi in un recente intervento sul Financial Times ha scritto: “Amid the eurozone cacophony, the growth rhetoric sounds nicer than the austerity refrain. But the challenge is to translate rhetoric into facts, especially in countries where market conditions provide no room for deficit spending. Structural reforms are a well-known recipe. While necessary, they take time to produce their effects on growth and employment. So they might not be sufficient to pull the eurozone economy out of stagnation over the next couple of years and to restore market confidence".

Proprio perchè le riforme strutturali – riduzione dell’abnorme spesa pubblica, riforma per accelerare i tempi della giustizia (enforcement, first!), liberalizzazioni (consiglio di rileggersi Controtempo dell'economista Salvatore Rossi, Laterza) - necessitano di tempi lunghi, è opportuno intervenire al più presto.

Suggeriamo quindi il prof. Monti di rileggere John Fitgerald Kennedy, che in un memorabile discorso disse: “The great French Marshall Lyautey once asked his gardener to plant a tree. The gardener objected that the tree was slow growing and would not reach maturity for 100 years. The Marshall replied, 'In that case, there is no time to lose; plant it this afternoon!'



mercoledì 2 maggio 2012

Caro #Hollande, se vuoi durare, rispetta i mercati finanziari

Domenica sera sapremo se – come dicono i sondaggi e come fa presagire la dichiarazione di Marine Le Pen, che ha invitato i suoi elettori a non schierarsi per Sarkozy – François Hollande sarà il nuovo Presidente francese. Se si dà un’occhiata alla biografia di Hollande su Wikipedia si legge: “François Hollande conseguì la laurea in giurisprudenza presso l'università di Parigi, poi ottenne il diploma dell'Institut d'études politiques de Paris (Sciences-Po) e dell'Ecole des Hautes Etudes Commerciales (HEC). Fu in seguito ammesso all'École nationale d'administration (ENA), da cui si diplomò nel 1980”.

Hollande fa quindi parte dell’elite francese proveniente dall’ENA, la mitica scuola della classe dirigente pubblica francese, fondata nel 1945 da Charles de Gaulle.

Il rischio dei tecnocrati francesi è però la spocchia nei confronti dei mercati finanziari visti spesso come agorà della "speculazione brutta e cattiva" e fonte di ogni male.

Ci ha infatti colpito la dichiarazione di Hollande di settimana scorsa: “The French are free people, we will not allow their future to be determined by the pressure of markets or finance” (in inglese perchè la riporto pari pari dal Financial Times del 24 aprile).

Sappiamo che in campagna elettorale, per ammansire e convincere gli elettori, se ne dicono di ogni. Però in questo caso emerge una cultura sciovinista tipica dei francesi.

Fino a che la Francia avrà un deficit elevato (deficit/pil intorno al 4,5% nel 2012) e un debito pregresso oltre i parametri di Maastricht (nel 2012 le stime dicono rapporto debito/pil intorno all’86%), chiunque vinca domenica, invece di sbraitare contro i mercati brutti e cattivi, dovrebbe cercare di convincere i mercati della sostenibilità del debito.

Gli operatori sui mercati obbligazionari, gli investitori – chiamati bond vigilantes perchè vigilano sui debiti pubblici - non stanno pensando di invadere la Francia, ma dopo queste panzane possono pensarci due volte prima di fungere da fonte di finanziamento dello Stato francese.

Ha buon gioco Gideon Rachman sul FT a scrivere: “Which is all very well (attaccare i mercati, ndr), unless you need to borrow billions from those vile markets to meet your campaign promises, such as the creation of 60.000 new jobs for theachers (a key constituency for the Socialist party).

I mercati non sono crudeli e feroci, non sono un branco di bantu selvaggi. Colpiscono solo la stupidità dei comportamenti degli attori economici e dei politici in carica.

Caro #Hollande, please respect them.