giovedì 28 marzo 2013

Napolitano e il Governo del Presidente. Ci vorrebbe Ugo La Malfa

Siamo in un'empasse politico post-elettorale. Nessuno ha voglia di tornare a votare, men che meno al seggio a partecipare alle primarie. Probabilmente Napolitano  -Presidente eccezionale - darà un incarico a una personalità al di sopra delle parti, che si prenderà la responsabilità di un cosiddetto governo di scopo.

Qual è il mio ideale di Presidente del Consiglio? Ugo La Malfa. formidabile politico italiano. Allora ricordiamolo perchè l'altro ieri - 26 marzo - è ricorso l’anniversario della morte di Ugo La Malfa, che della libertà aveva fatto la sua bandiera. Un’emorragia cerebrale lo colpì , il 24 marzo 1979, proprio il giorno dell’attacco politico-giudiziario alla Banca d’Italia.

Ricordiamolo come merita. La politica di oggi ci delude per la pochezza e l'incompetenza crassa dei suoi protagonisti. Avercene oggi di Ugo La Malfa!

Ugo La Malfa nasce a Palermo il 16 maggio 1903. Si trasferì a Venezia dopo aver completato gli studi secondari, iscrivendosi a Ca' Foscari alla Facoltà di Scienze politiche. Così ricorda: “Avevo pochi soldi e la sera mangiavo fichi secchi. La mia cena era di fichi secchi”(Intervista sul non-governo, a cura di Alberto Ronchey, Laterza, 1977, p. 2).

Così Wikipedia: “Nel 1934 viene assunto da Raffaele Mattioli a Milano, nell'ufficio studi della Banca Commerciale Italiana del quale diviene direttore nel 1938, in sostituzione di Antonello Gerbi, mandato da Mattioli in Perù per sottrarlo alle leggi razziali. In questi anni lavora intensamente, soprattutto con funzioni di raccordo fra i vari gruppi dell'antifascismo, per costituire una rete che confluisce nel Partito d'Azione, di cui egli sarà uno dei fondatori. Il 1 gennaio 1943 La Malfa e l'avvocato Adolfo Tino riescono a pubblicare il primo numero clandestino de Italia Libera; nello stesso anno La Malfa deve lasciare l'Italia per sfuggire ad un arresto della polizia fascista. Trasferitosi a Roma, prende parte alla Resistenza e rappresenta il PdA in seno al CLN, insieme con Emilio Lussu.

Raffaele Mattioli
Nel 1945 assume il dicastero dei Trasporti nel governo guidato da Ferruccio Parri. Nel seguente governo di Alcide De Gasperi, è nominato ministro per la Ricostruzione e in seguito ministro per il Commercio con l'estero. Nel febbraio del 1946 si tiene il primo congresso del Partito d'Azione, nel quale prevale la corrente filosocialista facente capo a Emilio Lussu: La Malfa e Parri lasciano il partito. A marzo, La Malfa partecipa alla costituzione della Concentrazione democratica repubblicana che si presenta alle elezioni per la Costituente del giugno 1946: La Malfa risulta eletto insieme a Parri. Nel settembre dello stesso anno, incoraggiato da Pacciardi, La Malfa aderisce al Partito Repubblicano Italiano (Pri).

Nell'aprile del 1947 La Malfa viene designato a rappresentare l'Italia al Fondo Monetario Internazionale. L'anno seguente è nominato vicepresidente dell'Istituto. Ma non lascia la politica attiva. Nel 1962 è nominato ministro del Bilancio in un governo Fanfani. Nel mese di maggio presenta la Nota aggiuntiva, che fornisce una visione generale dell'economia italiana e degli squilibri da cui è caratterizzata, delineando inoltre gli strumenti e gli obiettivi della programmazione democratica attraverso la politica dei redditi. Deve affrontare l'ostilità dei sindacati e di Confindustria. Nel marzo del 1965 è eletto segretario del Partito Repubblicano Italiano. Si avvede immediatamente delle insufficienze della coalizione di centrosinistra. Nel 1966, La Malfa apre un dibattito con il PCI che coinvolge Pietro Ingrao e Giorgio Amendola, col quale aveva condiviso le prime esperienze antifasciste, comunista, figlio di Giovanni: il leader repubblicano invita la sinistra a lasciare la sua vecchia ortodossia, ponendosi come forza in grado di sviluppare un approccio riformatore, consonante con la complessità di un paese radicato nell'Occidente. Nel quarto governo Rumor (1973), La Malfa assume l'incarico di ministro del Tesoro. Tra il 1976 e il 1979 è il maggiore sostenitore della politica di "solidarietà nazionale" tesa a condurre il PCI nell'area della legittimità. La Malfa ha presente con una lucidità che non ha eguali le difficoltà crescenti del sistema democratico e giudica positivamente la revisione ideologica e politica che Enrico Berlinguer imprime al PCI. Nel 1978 la sua azione risulta determinante nella decisione italiana di aderire al Sistema monetario europeo (SME), nel quale entrammo con una banda larga del 6% grazie alla tenacia nelle trattative dimostrata da Paolo Baffi”. Memorabili fu il serrato contraddittorio con il Governatore della deutsche Bundesbank Emminger.

La sua carriera politica fu segnata da quattro momenti particolari:

1) 1943, quando La Malfa abbandonò l’Italia per sfuggire all’arresto dopo la pubblicazione clandestina del giornale Italia Libera. Rientrò successivamente prendendo parte alla Resistenza e rappresentando il Partito d’Azione in seno al Comitato di Liberazione Nazionale;

2) Sequestro di Aldo Moro – segretario della Democrazia Cristiana - 1978, quando La Malfa fu uno dei più convinti sostenitori del “partito della fermezza”, ostile ad ogni trattativa con le Brigate Rosse;

3) 1974, quando le banche di Michele Sindona – Banca Privata Finanziaria e Banca Unione, poi oggetto di fusione nella Banca Privata Italiana - crollano, a fronte delle continue proposte di salvataggio (definite da Enrico Cuccia “un papocchio” a danno dei contribuenti) – portate avanti da Giulio Andreotti tramite il fidato Evangelisti (di cui ricordiamo il celebre ritornello a Fra’, che te serve?), l’unico che si oppone con tutte le sue forze è Ugo La Malfa, che da Ministro del Tesoro si rifiuta categoricamente di convocare il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, organo che avrebbe dovuto dare l’ok a un colossale aumento di capitale per 160 miliardi di lire (una somma enorme all’epoca) della Finambro di Sindona.

Così La Malfa (Intervista sul non-governo, p. 87): “Avevo notizia del suo gioco sui cambi e sulla svalutazione della lira, che aveva già determinato forti perdite. Quindi, avuta l’impressione di una certa politica che prevedeva un processo inflazionistico, la fermai come era mio dovere. Credo che se fosse stato accettato l’aumento di capitale della Finambro, molti avrebbero perso parecchi soldi. Su quel punto dovevo essere intransigente”.

4) Luglio 1978, quando La Malfa contribuì in modo determinante all’elezione alla Presidenza della Repubblica di Sandro Pertini.

La Malfa fu sostenitore del liberalismo democratico - sempre schiacciato tra i due blocchi dei cattolici e dei comunisti – della possibile “terza via” che l’Italia non ha mai avuto la lucidità di prendere.

Sappiamo che in Italia domina l’ideologia. Non si discute dei problemi e delle soluzioni, ma solo di chi ha detto che cosa. Allora citiamo La Malfa che era tutto l’opposto, razionale e alla ricerca dei modi per far crescere l’Italia in modo sostenibile. Leggiamo insieme un passo della sua intervista ad Alberto Ronchey: “Del resto, la assoluta trascuratezza degli impegni che si assumono è tipica della sinistra italiana (attualissimo!, ndr) E ne è prova esemplare l’esperienza dell’Enel. La nazionalizzazione fu voluta e fortemente voluta, perchè avrebbe consentito di destinare i profitti privati, e le economie di energia, conseguenti alla gestione unica, alla riduzione del prezzo dell’energia e all’aiuto delle zone sottosviluppate. Nessuna corrente della cosiddetta sinistra si è più preoccupata se la gestione dell’Enel garantisse la soddisfazione degli impegni assunti o se la nazionalizzazione non fosse puramente servita a creare posizioni di privilegio all’interno dell’azienda. Ma questa disinvolta trascuratezza, è una delle ragioni per cui la sinistra non acquista credito, come forza dirigente di una società o di uno Stato”.

Paolo Baffi
Al funerale di Ugo La Malfa, il 26 marzo 1979 - due giorni dopo l’arresto del vidirettore generale di Banca d’Italia Mario Sarcinelli e l’incriminazione del Governatore Baffi, vedi post "Il duo inafferrabile Baffi-Sarcinelli" - un appoggio clamoroso arrivò dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini che volle accanto a sè Baffi di fronte alla salma di La Malfa.

Nell’intervista a Ronchey del 1977 - La Malfa ripercorrendo la sua vita - chiude così: “Rivivo la mia vita come guardando un film. La giovinezza difficile in un’isola deserta. L’evasione verso il Nord, Ca’ Foscari, l’antifascismo e il fascismo a Venezia. L’incontro a Roma con Giovanni Amendola...il trasferimento a Milano e casa Mattioli (mitico presidente della Banca Commerciale Italiana, ndr), L’amicizia e la frequentazione continua di Ferruccio Parri...Uno straordinario viaggio con Mattioli, da Milano attraverso Tornio distrutta dai bombardamenti fino a Dogliani per vedere Einaudi. La costituzione del Partito d’Azione, l’uscita clandestina del primo numero dell’”Italia Libera” a Milano Il Governo Parri e la scissione del Partito d’Azione. La milizia nel Partito repubblicano. l governi De Gasperi e le visite al “Mondo”, il ricordo di Mario Pannunzio, la battaglia per il centro-sinistra e le delusioni. La crisi, i comunisti e il compromesso storico. Alla fine una grande amarezza. Ora osservo che non c’è quell’Italia che avevamo in mente”.

Tornano in mente a distanza di tempo le parole di Carlo Azeglio Ciampi: "Non è il paese che sognavo" (Il Saggiatore, 2010).

Buona Pasqua a tutti i miei lettori.

lunedì 25 marzo 2013

Parola di Governatore - Il meglio di Paolo Baffi, Governatore integerrimo


Ebbene sì, dopo tanto tempo, studi "matti e disperatissimi", ricerche di archivio, confronto con i più grandi studiosi italiani, è in libreria - lo potete trovare alla Libreria Hoepli - il volume di Paolo Baffi, Parola di Governatore, curato da Sandro Gerbi e Beniamino A. Piccone, Nino Aragno Editore.

Paolo Baffi (1911-1989), Governatore della Banca d’Italia dal ’75 al ’79, è stato una figura di spicco nella storia economica del Paese e, allo stesso tempo, una delle tante vittime ‘eccellenti’ del nostro secondo Novecento.

Il libro vuole documentare entrambi questi aspetti della sua biografia. Nella prima sezione, infatti, si possono leggere le sue quattro Considerazioni finali; nella seconda, il suo diario del 1978-81 (Cronaca breve di una vicenda giudiziaria), pubblicato integralmente per la prima volta nel 1990.Come scrisse uno dei suoi ‘allievi’ prediletti, Tommaso Padoa-Schioppa, il governatorato di Baffi «si svolse in anni che sono tra i più duri e più disgraziati nella storia della Repubblica italiana. Furono anni segnati dall’inflazione, dallo shock petrolifero, da un’indicizzazione forsennata dei redditi, dal dominio di idee balorde (il salario variabile indipendente, l’indicizzazione come antidoto all’inflazione, la parità salariale Nord-Sud imposta dall’alto, e via dicendo), da un’ennesima abdicazione di responsabilità delle nostre classi dirigenti, da tardive riforme sociali mal progettate e ignare delle effettive risorse del Paese. Furono gli anni terribili del terrorismo, di delitti oscuri, della messa a morte di Aldo Moro».

L'attualità del pensiero di Paolo Baffi è sconvolgente. Se riprendiamo il suo intervento all'Accademia dei Lincei nel marzo del 1974, leggiamo che ogni volta che il settore pubblico si indebita non per effettuare investimenti, ma per effettuare spesa corrente, "tradisce l'intenzione di risparmio delle famiglie".
E siamo ancora qui quarant'anni dopo a insistere per la mancata azioni incisiva sulle spese correnti, che salgono sempre e sui tagli sbagliati agli investimenti.

E' per questo motivo, che Baffi - molto sensibile alla sorte avversa (il padre tornò da emigrante dall'Argentina "per difetto di fortuna") dei risparmiatori falcidiati dall'inflazione, si impegnò per la creazione di un nuovo titolo indicizzato, il Certificato di Credito del Tesoro, alias CCT, ancora attualissimo.

Il prof. Masciandaro ha definito con saggezza Paolo Baffi il Governatore della Vigilanza. E vediamo dalle ultime vicende del Monte dei Paschi quanto la lezione di Baffi di una Vigilanza attenta, severa, che non guarda in faccia a nessuno sia all'ordine del giorno.
In una lettera a Masciandaro del 2 giugno 1988, Baffi scrive: "La presenza di operatori disonesti impegnò in quel tempo le energie della Banca sul fronte della Vigilanza; è in ragione di quel serio e forse temerario impegno che chi Le scrive e il suo maggiore collaboratore [Mario Sarcinelli] nel campo indicato furono fatti cadere".

Nell'introduzione, ho cercato di concentrarmi sul Baffi economista. Il timore di alcuni era di focalizzarsi eccessivamente sulle vicende giudiziarie, che hanno visto la Banca d'Italia vittima di un attacco politico giudiziario, culminato il 24 marzo 1979 con l'arresto di Mario Sarcinelli e l'incriminazione del Governatore Baffi.

Marco Vitale ha scritto: "Quando Beniamino Andrea Piccone mi parlò del progetto di questo libro, raccomandai di non restringere la storia alla vicenda giudiziaria, sacrificando la figura di Baffi, grande economista ed operatore economico. Basta pensare ai 12 anni decisivi per la ricostruzione dal 1944 al 1956 nei quali Baffi diresse l’ufficio studi di Banca d’Italia. Ed i quindici anni di fuoco dal 1960 al 1975, nei quali Baffi resse la Direzione Generale della Banca.

Il pericolo che temevo non si è concretizzato. Pur costretto al periodo del governatorato 1975-79, il libro ci offre un profilo di Baffi completo e preciso".

Paolo Baffi
Come scrisse Luigi Spaventa, fu troppo onesto per piacere ai politici: "A maestro di vita lo hanno promosso la sua opera in vita, l'insegnamento che ha dato in parole e in azioni, i suoi scritti, il suo dubitare laico e la sua laica tolleranza".   Chi vuole, può passare a salutarmi in ufficio. Gli farò una dedica personale.  

Caro Paolo Baffi, siamo ormai in tanti a rimembrarti. I maestri non muoiono mai. Sono sempre con noi.

La terra ti sia lieve.

mercoledì 20 marzo 2013

Renzi, il PD e la leggerezza di Italo Calvino


L’intervista rilasciata da Renzi all’Espresso  è fonte di riflessioni. In particolare alla domanda se il PD va rottamato, Renzi risponde così: «Il partito solido non si muove. E' un partito fermo, in terra. Un partito in cui si fanno primarie dove il responsabile organizzazione chiede la giustificazione a Margherita Hack per votare. E' un modello che non funziona. Io spero che le prossime primarie, si facciano tra un mese o tra un anno, siano davvero aperte. Senza scomodare Calvino, la leggerezza non è evanescenza, è la capacità di vivere tempi diversi rispetto al passato. Sono per un'Italia leggera, non posso pensare a un partito pesante. Io però non faccio politica per cambiare il partito, ma per cambiare il Paese».

Mentre Renzi non vuole, io Calvino lo scomodo con piacere. Il 6 giugno 1984 Italo Calvino fu invitato da Harvard University a tenere un ciclo di lezioni, Six memos for the next millenium, pubblicate poi postume da Garzanti nel 1988 con il titolo - scelto da Esther Calvino - Lezioni Americane. Sono affezionato a questa prima edizione perchè è sottolineata con note a margine da parte di mio padre.

La prima lezione è dedicata alla leggerezza: “Dopo quarant’anni che scrivo fiction è venuta l’ora che io cerchi una definizione complessiva del mio lavoro; proporrei questa: la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso..., soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio.

La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso...

Leopardi, nel suo ininterrotto ragionamento sull'insostenibile peso del vivere, dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza: gli uccelli, una voce famminile che canta da una finestra, la trasparenza dell'aria, e soprattutto la luna...Perchè il miracolo di Leopardi è stato di togliere al linguaggio ogni peso fino a farlo assomigliare  alla luce lunare.

Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
contemplando i deserti, indi ti posi.

Alla leggerezza invocata da Calvino, si contrappone un partito - il PD - piuttosto pesante. Baricco lo definisce sordo: "Sì, sordo alla rabbia che c'è anche nella sua gente, e al senso di sfinimento per un certo modo di far politica".

La scelta di candidare Boldrini e Grasso come presidente di Camera e Senato va nella giusta direzione.

Volete un riferimento di leggerezza? Eccolo pronto. Il silenzio di Papa Francesco, una volta eletto. Gramellini, superbo, ha scritto:Di sicuro uno che al suo primo affaccio dal balcone si mette in ginocchio e riesce a fare tacere per quasi mezzo minuto la folla di Roma può essere capace di qualsiasi impresa. Mezzo minuto di silenzio, cioè di spiritualità, qualcosa di molto più ampio della religiosità. Le parole trasmettono emozioni e pensieri. Il silenzio, sentimenti. Erano anni che lo aspettavamo. Anni orribili di applausi ai funerali e di minuti di silenzio inquinati da coretti da stadio non solo negli stadi. Questo terrore di entrare in contatto con se stessi, contrabbandato per empatia ed espansività. Questo bisogno di buttare sempre tutto fuori, per paura di sentire che cosa c’è dentro, fra la pancia e la testa. Il cuore”.

Al prossimo presidente del consiglio, Bersani, Barca, Cancellieri, chi lo sa, quando riceverà l'incarico pieno da Napolitano, raccomandiamo di ricordarsi di Calvino. Urge proporre come ministri persone leggere, con pochi tabù, riformiste, disposte a mettersi in discussione, pronte a trovare soluzioni vere ai problemi della gente.

venerdì 15 marzo 2013

Tortora e Portobello, che bell'amarcord

Un'amica per il mio compleanno - 43 primavere - mi ha regalato un libro di Daniele Biacchessi "Enzo Tortora. Dalla luce del successo al buio del labirinto" (Aliberti, 2013).
Un libro è un regalo molto apprezzato. Io uso citare Marguerite Yourcenar: "Fondare biblioteche e' come costruire granai pubblici: ammassare riserve contro l'inverno dello spirito".

In questo caso il regalo è ancora più gradito perchè Tortora mi ricorda momenti belli della mia infanzia. In casa mia io e mio fratello aspettavamo con ansia il venerdì quando Enzo Tortora, grande talento della radio e della televisione, uno sperimentatore di nuovi linguaggi di comunicazione, conduceva Portobello, tramissione cult dell'epoca, il programma più visto della storia della televisione italiana,

Mi ricordo ancora quando un ospite presentò la sua proposta per demolire e spianare il Turchino al fine di eliminare la nebbia in Val Padana. O quando Paola Borboni riuscì a far parlare il pappagallo Portobello. E subito Tortora esclamò: "L'ha detto!". O la rubrica "Fiori d'arancio".

Nel libro di Biacchessi il racconto si intreccia con la storia giudiziaria, iniziata il 17 giugno 1983 con il suo arresto e terminata il 13 giugno 1987 con la sentenza di assoluzione con formula piena della Corte di Cassazione. Tortora fu accusato di  essere un uomo della camorra e viene accusato di associazione a delinquere di stampo camorristico finalizzata al traffico d'armi e di stupefacenti.

I pentiti - Barra e Pandico in primo luogo, coadiuvati da magistrati non all'altezza, misero sotto accusa Tortora senza alcun riscontro documentale o prova logica. Arrivarono alla condanna di Tortora a 10 anni in primo grado. Un'aberrazione. Fortunatamente con l'appello e la Cassazione venne fuori che Tortora non solo era innocente ma proprio estraneo alla vicenda.

Io mi ricordo ancora l'arringa dell'avvocato Dall'Ora, che vidi nella trasmissione "Un giorno in pretura". Memorabile, tanto quanto quella dell'avvocato Della Valle, componenti del collegio difensivo di Tortora. Con quale passione smontarono le tesi dell'accusa!

Che commozione quando Tortora tornò in tv il 20 febbraio 1987 dopo l'assoluzione! Trattenne a stento le lacrime. E disse "Dove eravamo rimasti?". Io me lo ricordo chiaramente come fosse oggi.

Enzo Tortora muore di tumore il 18 maggio 1988. Alcuni hanno persino dubitato che avesse il cancro. Enzo Biagi ha scritto: "C'è forse un prezzo giusto per rimediare a a un'esistenza distrutta? Non so se esiste una relazione diretta tra il cancro e una tremenda accusa, e una sentenza immotivata. Gli scienziati non lo confermano. So che dal Palazzo di giustizia di Napoli, con un mandato di cattura, che poi è risultato non motivato dai fatti, una personalità è stata demolita".

Nel libro di Biacchessi si legge: "Ai suoi funerali, celebrati nella basilica di Sant'Ambrogio, partecipano migliaia di cittadini, i suoi fedeli spettatori, quelli che non lo hanno mai tradito". Tra questi c'ero anch'io. Il preside Basile entrò in aula e disse: "Chi vuol venire ai funerali di Tortora?". Io alzai prontamente la mano. E dentro la basilica sentii una tensione fortissima, perchè Milano aveva capito che il caso Tortora non era una barzelletta, una finzione, ma la storia di un uomo innocente rimasto imbrigliato nelle pieghe di una giustizia ingiusta.

Giorgio Bocca definì la storia di Enzo Tortora "il più grande esempio di macelleria giudiziaria all'ingrosso effettuato nel nostro Paese".

E' una storia che vale per tutti, ancora oggi. Perchè nulla vada dimenticato.

Chiudo con un'opinione interessante di Enzo Tortora del 1983: "In Italia però è possibile corrompere tutti, tranne un pappagallo. E' una cosa che dovrebbe farci riflettere".

P.S.: vi consiglio di vedere questo video:  http://www.youtube.com/watch?v=wqsvYoANk7s&feature=endscreen&NR=1

lunedì 11 marzo 2013

La finanza brutta e cattiva

L'altro giorno mia moglie mi ha informato dell'uscita a breve di un film americano sul mondo della finanza. Il titolo originale è "Arbitrage", ossia arbitraggio, operazione finanziaria che consiste nel comprare e vendere un'attività finanziaria su mercati diversi (o geografici, o a pronti/termine), al fine di ottenere un profitto modesto ma senza rischio.
Il film uscirà in Italia - con attori star quali Richard Gere e Susan Sarandon - con il titolo di "La Frode. Sesso potere e denaro sono il tuo miglior alibi". Eh, che palle! La finanza è sempre rappresentata come brutta e cattiva. Ma non è sempre vero. e soprattutto, fino a quando in Italia la finanza verrà considerata il male assoluto, le banche brutte e cattive perchè non prestano alle imprese (e le sofferenze per miliardi di euro chi le paga?), non andremo da nessuna parte.

E' utile quindi riprendere l'opinione di Ignazio Visco, Governatore della Banca d'Italia, che venerdì scorso a Roma è intervenuto all'Accademia dei Lincei.
Riprendo un passaggio chiave del suo intervento: "Lo sviluppo della finanza, consentendo una maggiore diversificazione del rischio e rendendo i servizi finanziari accessibili a un maggior numero di paesi e di imprese, può essere un importante strumento di sviluppo economico (...).
La finanza è stata a lungo considerata come un’attività moralmente dubbia. Amartya Sen, nell’intervento tenuto oltre venti anni fa per la prima Lezione Paolo Baffi di Moneta e Finanza in Banca d’Italia, si chiedeva: “come è possibile che un’attività tanto utile sia stata giudicata così dubbia sotto il profilo etico?”. Sen ricordava una serie di episodi della storia antica: Gesù che caccia i mercanti di denaro dal tempio, Solone che cancella i debiti e vieta molte forme di credito nell’antica Grecia, Aristotele che definisce l’interesse come un’innaturale e ingiustificata riproduzione del denaro dal denaro".

L'atteggiamento di sfiducia in Italia verso la finanza è strutturale. Oscilla ma il dato di fondo è che la finanza è il male.
Nel corso delle prime lezioni all'Università di Castellanza, ho consigliato agli studenti di leggere con attenzione la prefazione dell'aureo libro di testo Mottura/Forestieri "Sistema Finanziario", dove si legge: "Il sistema finanziario è una struttura fondamentale dell'economia reale poichè ne migliora sostanzialmente il funzionamento, l'efficienza e la capacità di produrre ricchezza". Alla fine ho detto: "Fate delle belle fotocopie così alla prima occasione, quando sentite delle castronerie sulla finanza brutta e cattiva, la tirate fuori e la lasciate al vostro interlocutore".

Sempre Visco scrive con saggezza: "Come ricorda Amartya Sen, la finanza “svolge un ruolo importante per la prosperità e il benessere delle nazioni”3. È fondamentale per la condivisione e l’allocazione dei rischi, specie per le società e gli individui meno abbienti, poiché l’avversione al rischio diminuisce all’aumentare della ricchezza. È fondamentale per trasferire le risorse nel tempo e rimuovere i vincoli di liquidità che ostacolano lo svolgimento dell’attività economica e la messa a frutto delle idee, per promuovere lo sviluppo, specie favorendo l’innovazione.
Ignazio Visco

In effetti, la storia offre innumerevoli esempi di “buone” innovazioni finanziarie. Si pensi alle “lettere di cambio” introdotte dai mercanti italiani nel Medioevo: furono probabilmente la prima fattispecie di moneta fiduciaria e diedero ampio impulso al commercio. Più di recente, si consideri lo sviluppo del “microcredito” dagli anni Settanta del secolo scorso, un’innovazione che ha aumentato l’inclusione finanziaria, consentendo ai più poveri di ottenere credito per far fronte a malattie o altri shock temporanei. Si ricordi, infine, il ruolo svolto, negli ultimi vent’anni, dal “venture capital” nella promozione di imprese innovative di successo come Apple, Intel e Google".

Google l'anno scorso ha assunto nella sola New York 2.000 ingegneri. E noi siamo qui con più di 2 milioni giovani tra 15 e 29 anni nullafacenti - definiti Neet, not in employment, noti in education or training - e ci divertiamo a dare addosso alla finanza. Continuamo a bastonarci le palle come Tafazzi, perseguiamo nella strategia bashing finance. La disoccupazione aumenterà.

lunedì 4 marzo 2013

Krugman, l'austerity e le priorità di Quintino Sella

Non se ne può  più dei pianti sull'austerity. Abbiamo vissuto sopra i nostri mezzi per decenni. Abbiamo regalato pensioni col metodo retributivo a tutti i nostri genitori/nonni, i quali si lamentano di avere pensioni basse, ma pochi di loro sono consapevoli di ricevere un sussidio da noi giovani, tramite la fiscalità generale.

Abbiamo il sistema pensionistico più generoso al mondo, che infatti pesa il 18% del Pil. E se il Pil continua a calare, il peso aumenta visto che le pensioni sono indicizzate all'inflazione (con il caveat Fornero sopra i 1.500 euro).

Oggi il Financial Times titola a tutta pagina 2 "Voters in south Europe grow weary of austerity". Il racconto si incentra sull'impopolarità del Governo Monti, dell'esperienza greca Papandreu, di Zapatero e di Cowen, primo ministro irlandese, che ha abbandonato la plancia di comando nel novembre 2010.

Quando leggo le sfuriate del premio Nobel Krugman contro l'austerità, vorrei che facesse un bel giro in Italia, magari pagato dal Presidente del Consiglio regionale del Lazio, Mario Abbruzzese, che nel terribile 2011 ha comprato 67 MontBlanc per un totale di 18.660 euro quali spese di rappresentanza. E tante altre belle cose, raggiungendo la somma di quasi 2 milioni di euro. E siccome in Italia siamo dei gonzi, lo stesso Abbruzzese è stato premiato con 15.469 preferenze. Io, nel mio piccolo, ne ho prese solo 545. Si vede che dovevo avere a disposizione un budget a spese della collettività di tenore simile.

Potrei accompagnare Paul Krugman in Eupolis, controllata dala Regione Lombardia, che negli anni scorsi regalato consulenze a gogò, tra le quali una di 30.000 Euro per il "monitoraggio dei vertebrati terrestri di interesse comunitario".

Il punto chiave è la mancata priorità degli investimenti. Le spese correnti vanno decisamente tagliate, perchè le malversazioni, le finte consulenze, le assunzioni degli amici degli amici sono vergognose. Quello che manca è la chiara definizione dell'importanza degli investimenti. Sono gli investimenti che languono. Ce lo dicono tutti, dal Fondo monetario internazionale, alla Banca d'Italia, all'OCSE: senza investimenti non si va da nessuna parte.

Quintino Sella
Come ci ha ricordato l'economista Marco Vitale, quando Quintino Sella - mitico Ministro delle Finanze dei primi Governi post-unitari - tagliò duramente la spesa corrente, nel contempo diede impulso formidabile alle cose che contano, guardò al lungo termine dando peso all'Università e alla scuola.

Citiamo integralmente Vitale perchè merita: "Con l’ingegnere idraulico Quintino Sella noi abbiamo avuto un ministro delle finanze del quale tutti ricordano la rigorosa politica di riduzione del deficit, per il pareggio di bilancio che, raggiunto dopo di lui, da Minghetti, ma grazie alla sua opera, salvò l’Italia dalla temuta e, da molti, sperata disintegrazione finanziaria. Ma pochi ricordano che egli seppe abbinare al rigore nella gestione della spesa corrente, una poderosa politica di investimenti che rappresentarono la base dello sviluppo italiano moderno. Pochi ricordano che fu determinante per la nascita dei politecnici di Torino e di Milano, che rifondò l’Accademia dei Lincei alla quale, dopo gli impegni di governo, dedicò, come presidente, la sua attività, che ebbe grande attenzione all’istruzione pubblica, che riuscì, con selettivo rigore, a finanziare investimenti infrastrutturali fondamentali per la crescita del Paese. Pochi ricordano che nel discorso all’Accademia dei Lincei, questo politico ministro e scienziato disse: la grandezza e la prosperità di un Paese è indubbiamente una conseguenza diretta delle sue capacità intellettuali scientifiche e morali".



Il prossimo che parla di drammatica austerità distingua per favore tra spesa corrente e investimenti, altrimenti come legge del contrappasso, è invitato a relazionarci sui fasti dei bilanci degli ultimi 42 anni della Società Stretto di Messina S.p.A.