domenica 12 settembre 2010

Sindona, i depositanti, i cambi, il suo suicidio



Michele Sindona, bancarottiere corrotto, iscritto alla P2 di Licio Gelli, e mandante dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli - che da commissario liquidatore della Banca Privata Italiana si oppose con fermezza al salvataggio della banca a spese dello Stato Italiano e dei contribuenti - è ancora oggi percepito dai più un personaggio intriso di misteri. Ma non è così: misteri non ce ne sono.
Viceversa ci sono delle certezze. Spiegamole a beneficio dei lettori:
1. Le banche di Sindona distraevano sistematicamente i denari dei depositanti. Attraverso il meccanismo dei depositi fiduciari - disciplinati dall'ordinamento svizzero - in valuta, Sindona finanziava società del suo gruppo. Premesso che i depositi dei clienti si collocano contabilmente nel passivo dello stato patrimoniale di un intermediario creditizio, le operazioni fiduciarie funzionano così: il cliente - in questo caso la banca di Sindona - affida valori (del proprio attivo) a una banca estera perché li utilizzi in nome proprio, ma per conto e a rischio del cliente. Apparentemente nei bilanci della Banca Privata Italiana apparivano nell’attivo dei depositi a vista in valuta straniera, ma quando Ambrosoli li richiese, le banche estere gli rispondono che quegli importi sono diversamente impegnati. Le somme non erano affatto liquide, ma immobilizzate e impiegate in modo distorto per finanziare altre società di Sindona. Nelle parole di Ambrosoli: “Il denaro dei depositanti terzi era utilizzato più che per l’economia generale, per quella del gruppo Sindona”.
Dalle risultanze processuali e dalla analisi della Banca d’Italia è risultato evidente che la bancarotta della Banca Privata Italiana è dovuta proprio al mancato rientro dei depositi fiduciari.
Sembra superfluo dirlo ma lo rimarchiamo. La legge bancaria italiana vieta l’utilizzo di depositi delle proprie banche per finanziare società dello stesso gruppo.

2. Sindona operava pesantemente sul mercato dei cambi attraverso il suo fidato collaboratore Bordoni. L’ammontare delle operazioni era ingentissimo. Spesso le operazioni in valuta non venivano neanche registrate nei libri contabili, a conferma che il Sindona ha sempre gestito le banche con gravi irregolarità.
Nel 1973-4 Sindona decise di assumere posizioni long (alias rialziste) sul dollaro statunitense. Sbagliando clamorosamente. Sindona - al contrario di quello che pensa Andreotti - aveva una conoscenza scarsa dei mercati finanziari. In particolare era affetto dalla sindrome tipicamente italiana che ritiene il dollaro una valuta forte (ciò è dovuto al fatto che la lira italiana era così strutturalmente debole che rendeva forte qualsiasi valuta). Il dollaro è invece una valuta strutturalmente debole (nel caso del 1974 anche congiunturalmente debole) principalmente per la posizione cronicamente deficitaria delle partite correnti all‘interno della bilancia commerciale. Per maggiore chiarezza, in alto trovate il grafico del dollaro contro yen - simbolo JPY -dal 1971 (Bretton Woods) ad oggi: da 335 yen per comprare un dollaro del 1971, a soli 84 di oggi (75% di deprezzamento!), una debacle vertiginosa. Le banche di Sindona, sia la Banca Privata Italiana che la Franklin National Bank (dichiarata insolvente dalla Federal Reserve il 3 ottobre 1974), sostennero perdite ingenti.

3. Sindona era legatissimo a Cosa Nostra. I rapporti tra Sindona e la mafia sembrano risalire addirittura alla fine degli anni Cinquanta, quando Sindona avrebbe partecipato a un summit - Grand Hotel delle Palme a Palermo 2 ottobre 1957 - della mafia italoamericana dedicata proprio alla gestione del mercato della droga
Secondo diversi collaboratori di giustizia, Sindona aveva svolto attività di riciclaggio nell’interesse di massimi esponenti come Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo, John Gambino. Sindona investiva per conto della mafia i proventi del traffico internazionale di droga in società finanziarie, immobili e alberghi siti in Florida e nell’isola di Aruba.

4. La morte di Sindona non è un mistero. Sindona si è suicidato. Punto. Senza discussioni. E’ provato. Ne Il caffè di Sindona (Garzanti, 2009) G. Simoni e G. Turone spiegano con dovizia di particolari che Sindona ha voluto - lui stesso - mettere fine alla sua vita. Non esiste più alcun dubbio sul suicidio. Siccome Sindona è un autentico esteta della simulazione, sono state fatte diverse congetture sulla sua morte.
Torniamo indietro. Sindona viene processato e condannato per bancarotta fraudolenta sia negli Stati uniti sia Italia e successivamente fu condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio Ambrosoli.
Un paio di giorni dopo la condanna - il 20 marzo 1986 - unico ospite di un’ala super sorvegliata del carcere di Voghera, Sindona si accascia dopo aver bevuto un caffè pieno di cianuro.
Le misure di sicurezza, la somministrazione del cibo al detenuto, il fatto che nel thermos il residuo di caffè trovato era assolutamente genuino, la perizia chimica-tossicologica non hanno che una sola conclusione: Michele Sindona ha volontariamente bevuto il caffè aggiungendo lui stesso del cianuro (aggiungendolo in bagno nell’unico punto non inquadrato dalla telecamera. Tutti noi, infatti, alla mattina appena è pronto, ci versiamo il caffè e andiamo a berlo sul water!) a sua disposizione. La prova regina è che il cianuro imprime un odore pungente e sgradevole a distanza. E Sindona il caffè nella tazzina l’ha bevuto fino all’ultimo sorso, nonostante l’odore e il sapore ripugnanti. Chiunque l’avesse ingerito, si sarebbe fermato ben prima del sorso iniziale. Nelle parole di Simoni-Turone: “I magistrati verificarono di persona le conclusioni dei periti offrendo un caffè con del cianuro - dose minima non letale, e con l‘avvertenza di bloccarlo qualora lo avesse bevuto - a un maresciallo inconsapevole. Il graduato si portò la tazzina ad alcuni centimetri dalla bocca, si fermò bruscamente, disse che quel caffè puzzava a tal punto da non sentirsi in grado di berlo (p. 87)”.
A parte la sofferenza per la carcerazione, i problemi di carattere economico, in Sindona il pensiero della morte ricorre con insistenza. In una intervista a Biagi - nel 1982 disse: “Ma in Italia una pillola di cianuro si compra quando si vuole e si può morire subito senza soffrire”. E così è stato. Probabilmente una persona a lui vicina glielo ha consegnato durante i due pubblici processi - nei quali attorno alla sua gabbia si formava spesso un capannello - a cui il finanziere venne sottoposto in Italia.

L’Italia è il Paese dei misteri, delle stragi senza colpevoli, dei reati compiuti da ignoti. Ma quando le certezze ci sono, non lasciamocele sfuggire.

3 commenti:

  1. Sindona è morto nel 1986, ed ancora oggi ci sono dubbi sulla sua storia?? Cosa bisogna fare per togliere le fette di salame dagli occhi della gente??

    Certo, la cosa non dovrebbe stupire troppo se è vero, come dice Bocca nel suo editoriale della scorsa settimana (http://espresso.repubblica.it/dettaglio/credetemi-ci-sono-due-italie/2133578), che ci sono due Italie: una degli onesti ed una dei ladri.. E la cosa che più mi preoccupa è che raramente il cittadino onesto si accorge della vera natura dei ladri, che anzi vengono esaltati come ottimi politici, imprenditori, banchieri (immagino non sia necessario fare nomi).. Ma cosa dovrei aspettarmi in un paese dove l'informazione pubblica (i tg da raiuno a canale 5) è ormai controllata da chi detiene il potere politico? Quando l'italiano medio è troppo pigro o ha troppo poco tempo per informarsi, per cercare di andare a fondo alle questioni (l'informazione libera esiste, grazie a quel fantastico strumento che è internet). Quanti anni dovremo aspettare perché si possano avere le certezze che abbiamo oggi riguardo a Sindona in relazione a chi ha, oggi, il potere economico e politico del paese nelle sue mani?
    Quanto tempo passerà prima che gli italiani si sveglino da questo torpore e comincino a chiedere un governo più giusto e democratico?

    Fortuna che c'è ancora qualcuno che ha voglia di informare, di dire come stanno le cose a quei pochi che hanno voglia di ascoltare.. Speriamo che non siano parole al vento..

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  2. Come al solito molto ben scritto e condivisibile. Condivido tutti i punti e penso anch'io che Sindona si sia ucciso anche se non ne ho le prove. Per quanto riguarda la speculazione al rialzo del dollaro, la sfortuna volle che poco dopo la chiusura forzata delle posizioni a causa della crisi delle sue banche il dollaro si rinforzasse significativamente (si vede anche nel grafico dell yen e penso che contro lira sia ancora più evidente). Per quanto riguarda la debolezza del dollaro pur condividendo in generale la tesi di una debolezza strutturale della valuta mi chiedo se ai tempi di Sindona il deficit delle partite correnti non fosse più che bilanciato dai flussi positivi di capitali sugli investimenti esteri degli USA contribuendo a rafforzare la valuta. La posizine lunga dollari contro lira era probabilmente corretta ( anche se andava contro la logica del "salvatore della lira") ma molto costosa da tener aperta a causa del differenziale di interessi. Ci voleva un rapido apprezzamneto del dollaro per poter guadagnare.
    Marco

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  3. queste parole rappresentano ancora adesso una delle verità nascoste di questo paese. Rappresentano solo uno degli innumerevoli esempi di buchi di democrazia presenti nella nostra storia. Secondo me la differenza tra prima e seconda repubblica non esiste. Il caso sindona viene ancora attuato e in maniera sistematica anche nel cosidetto terzo millenio..Solo che adesso le persone chiamate "imprenditori" e "finanzieri" trovate a compiere questi tipi di frodi riescono in maniera sempre più sfrontata ad evitare il carcere, rientrando spesso in possesso di quanto avevano indebitamente sottratto..Questa è l'Italia dei "furbetti del quartierino" o della "cricca sui generis"..Questà e l'Italia di ieri ma purtroppo anche quella di oggi. Sinceramente non so quale sia la peggiore..Forse questa dove tutto passa e viene fatto passare per normale: tanto siamo nella seconda repubblica (volutamente con la r minuscola).
    Sandro

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