giovedì 28 giugno 2012

28 giugno 1985, Consiglio Europeo di Milano. 28 giugno 2012 Consiglio di Bruxelles. Speriamo in bene

Siamo tutti in ansia per il Consiglio Europeo che è appena iniziato a Bruxelles. Il Consiglio Europeo è il Consiglio dei Capi e di Governo dell'Unione Europa, il più importante organo politico dell'Unione.

Per un'astuzia della storia, nello stesso giorno di 27 anni fa si tenne un Consiglio Europeo determinante.

Cade oggi l’anniversario del Consiglio Europeo. Il 28 giugno del 1985 nella prestigiosa sede del Castello Sforzesco di Milano si tenne il Consiglio Europeo di Milano, tappa storica dell’Unione Europea.

L’Italia era guidata da Bettino Craxi, presidente del Consiglio. Il secondo primo ministro non democristiano dopo l’esperienza Spadolini.

Italia, Francia e Germania si accordarono per dare il via a un nuovo Trattato con l’obiettivo un rafforzamento della CEE. La Gran Bretagna guidata da Margaret Thatcher - vedi post su di lei - era contraria a qualsiasi riforma dei Trattati si oppose duramente – inutilmente – alla convocazione di una conferenza intergovernativa che avrebbe fissato le tappe successive della costruzione europea.

Torna alla mente un commento caustico di Lord Pearson, che riassume efficiamente cosa pensa il Regno Unito dell’Europa: “Temo che in avvenire continueremo ad aggirarci come sonnambuli, addentrandoci nell’arroccata economia socialista sul punto di sprofondare che si chiama Europa”.

Il Castello Sforzesco di Milano
Craxi riuscì coagulare il consenso per votare a maggioranza la convocazione di una Conferenza InterGovernativa (CIG) per la riforma del Trattato. La Thatcher, sconfitta, era furibonda. Il Consiglio europeo inoltre accolse le proposte del Libro Bianco di Delors sul completamento del mercato interno.

L’ordine del giorno della CIG sarebbe stato il seguente:

- il miglioramento delle procedure di decisione del Consiglio (più decisioni possono passare a maggioranza);

- il rafforzamento del potere di esecuzione della Commissione;

- l’aumento dei poteri del Parlamento Europeo;

- l’estensione delle politiche comunitarie a nuovi campi d’azione (politica sociale e di sicurezza, politica di difesa).

Il Presidente della Commissione propose che i risultati della Conferenza fossero integrati in un unico atto giuridico: l’Atto Unico Europeo (firmato il 27 gennaio 1986).

L’Atto Unico Europeo è il risultato del primoo grande tentativo di riforma del Trattato di Roma. Con l’Atto Unico, il completamento del mercato interno diventava formalmente un obiettivo della CEE.

Qualche settimana fa l’oncologo Umberto Veronesi ha scritto sulla Stampa Il sogno tradito dell’Europa dei cittadini: “Come medico e ricercatore ho partecipato con entusiasmo negli Anni '80 all’ideazione dell’Europa dei Cittadini, mettendo in atto i primi programmi coordinati di protezione della salute.
Il principale è stato «L’Europa contro il cancro», che ho voluto fortemente insieme a 11 oncologi europei e che nacque ufficialmente proprio in Italia, a Milano, nel 1985, in occasione di un Consiglio Europeo. Il programma ha avuto un successo forte e tangibile: integrando le politiche europee di prevenzione ed educazione alla salute dei cittadini, per la prima volta, negli Anni 90 la mortalità per cancro in Europa ha iniziato a diminuire, dando il via ad un trend in atto ancora oggi. Fummo soddisfatti, ma il nostro sogno, di cui la scienza medica era parte integrante e motore, era la creazione degli Stati Uniti d’Europa: un Paese federale unito nella cultura, nell’arte, nella musica, nello sport, oltre che nella ricerca scientifica. Oggi con l’ipotesi di esclusione della Grecia dall’Unione Europea, per ragioni finanziarie, noi dell’Europa dei Cittadini vediamo il sogno tradito".

Alesina ha più volte ribadito di non pretendere troppo dalla Merkel. Però in questo Consiglio Europeo di oggi e domani, i politici hanno creato aspettative così forti che la probabilità di un successo è elevata.

Palazzo dei Normanni
E' notizia di oggi che un certo Felice Crosta, gran commis della Regione Sicilia - vedasi post I sultani della Regione Sicilia - si fa beffe della spending review e porta a casa 41.600 Euro al mese, 500.000 Euro l'anno. Tutti meritati, dice lui.

Tutta colpa della Merkel? o #austeritytuttavita?

mercoledì 27 giugno 2012

27 giugno 1980, abbattuto sul Tirreno l’aereo Itavia. A distanza di 32 anni aspettiamo ancora la verità

Quando risento la voce di Davide Paolini che grida le richieste di contatto, una volta perso il segnale radar, della Torre di Controllo di Ciampino al DC-9 Itavia, ho i brividi: “India Hotel 870, rispondete, India Hotel 870 rispondete”. Ma l’aereo Itavia con codice di volo IH870 partito da Bologna e diretto a Palermo è già inabissato in mare colpito nella parte anteriore destra da un caccia francese in manovra di attacco, con l’obiettivo di centrare l'aereo - nascosto sotto la pancia del DC-9 - del Colonnello Gheddafi, capo supremo della Libia e osteggiato dalle potenze occidentali.

Gheddafi riuscì – avvertito dal controspionaggio italiano – a virare verso Malta. Un suo aereo della scorta, un MIG-23MS, venne colpito e cadde sulla Sila.

Tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio – 81 persone - morirono.

Il fantastico giornalista Andrea Purgatori ha dedicato gran parte della sua vita a svelare i misteri della battaglia aerea sul Tirreno di 32 anni fa.

Nell’ultimo suo articolo sul Corriere della Sera su queste vicende, il giornalista ripercorre con meticolosità i fatti: “La vera «bomba» della strage di Ustica sono le tracce radar di quattro aerei militari ancora formalmente «sconosciuti» - due/tre caccia e un Awacs - su cui la Nato, dopo una rogatoria avanzata un anno fa dalla Procura della Repubblica di Roma (con il sostegno operativo ma silenzioso dell'ufficio del consigliere giuridico del capo dello Stato), sta decidendo in questi giorni se apporre le bandierine d'identificazione. Tutti gli indizi portano allo stormo dell'Armée de l'air che nel 1980 operava dalla base corsa di Solenzara. Lo stesso contro cui puntò il dito pubblicamente (poi anche a verbale) Francesco Cossiga. Forse dopo aver saputo che i caccia francesi avevano lasciato le loro impronte su un tabulato del centro radar di Poggio Ballone (Grosseto), miracolosamente non risucchiato dal buco nero che dalla sera dell'esplosione del DC-9 Itavia aveva ingoiato nastri, registri e persino la memoria di tanti testimoni”.

Prosegue Purgatori: “Ma il radar di Poggio Ballone (Grosseto), all'epoca uno tra i più efficienti, aveva visto che tre di quegli aerei provenivano da Solenzara e a Solenzara erano rientrati dopo l'esplosione del DC9 Itavia. E il quarto - un aereo radar Awacs - era rimasto in volo sopra l'isola d'Elba registrando tutto ciò che era accaduto nel raggio di centinaia di chilometri, quindi anche a Ustica. Sarà un caso che il registro della sala radar con cui si sarebbero potuti incrociare i dati del tabulato non fu trovato durante il sequestro ordinato dal giudice istruttore Rosario Priore e che l'Aeronautica lo consegnò cinque giorni dopo senza il foglio di servizio del 27 giugno 1980? Sarà un caso che Mario Dettori, uno dei controllori, dichiarò a moglie e cognata che si era arrivati «a un passo dalla guerra» e poi fu trovato impiccato a un albero? Sarà un caso che il capitano Maurizio Gari, responsabile del turno in sala radar e perfettamente in salute, sia morto stroncato da un infarto a soli 32 anni? Sarà un caso che i capitani Nutarelli e Naldini, morti anche loro nella disastrosa esibizione delle Frecce tricolori nel 1988 a Ramstein, con il loro TF 104 abbiano incrociato quella sera tra Siena e Firenze il DC9 sotto cui si nascondeva un aereo militare sconosciuto e siano rientrati alla base di Grosseto segnalando per tre volte e in due modi diversi l'allarme massimo come da manuale (codice 73)?”

Ritengo importante ricordare anche le battaglie del senatore - un galantuomo - Libero Gualtieri, che ebbe a dire (aprile 1992): "Come i magistrati assegnati all'inchiesta hanno potuto accusare, ancor prima di attendere l'accertamento definitivo sulla meccanica dell'incidente, numerosi alti ufficiali dell'Aeronautica e dei Servizi di aver depistato le indagini e ostacolato l'attività dei vari organi inquirenti, così per la Commissione è possibile indicare al Parlamento le responsabilità dei poteri pubblici e delle istituzioni militari per avere trasformato una "normale" inchiesta sulla perdita di un aereo civile, con tutti i suoi 81 passeggeri, in un insieme di menzogne, di reticenze, di deviazioni, al termine del quale, alle 81 vittime, se ne è aggiunta un'altra: quell'Aeronautica militare che, per quello che ha rappresentato e rappresenta, non meritava certo di essere trascinata nella sua interezza in questa avventura".

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione del “Giorno della memoria” del 2010 dedicato alle vittime del terrorismo, affermò che “intrecci eversivi”, “forse anche intrighi internazionali, opacità di comportamenti da parte dei corpi dello Stato e inefficienza di apparati, hanno allontanato la verità sulla strage del DC-9”.

Visto che sono tanti gli studenti che seguono questo blog, consiglio loro di recuperare in cassetta/dvd il film “Muro di gomma”, diretto da Marco Risi , che descrive in modo commovente come le istituzioni, i militari, i Capi di Stato Maggiore dell’Aeronautica osteggiano ogni giorno la ricerca della verità.

I militari hanno sempre sostenuto la tesi del cedimento strutturale dell’aereo, contro ogni logica e contro una marea di prove. Ma tant’è, l’opacità è il maggior riferimento culturale di questo Paese.

La compagnia aerea Itavia, incalzata dalle accuse, nonostante il battagliero presidente Davanzali, venne costretta a chiudere. "Una compagnia distrutta da una menzogna", dirà più tardi Giuliano Amato, in commissione Stragi.

Nel film una bravissima Angela Finocchiaro ricorda la figura di Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime della Strage Ustica, che anche in Parlamento si è battuta per la verità. E l’attore purtroppo scomparso Corso Salani interpreta un giornalista investigativo, Rocco Ferrante (alias Andrea Purgatori), che non si arrende davanti alle menzogne del potere.

Così si chiude il film, con Ferrante che zuppo d’acqua trasmette ai dimafoni il suo articolo: “Ci sono voluti dieci anni, dieci anni di bugie, dieci anni di perché senza risposta. Perché chi sapeva è stato zitto? Perché chi poteva scoprire non si è mosso? Perché questa verità era così inconfessabile da richiedere il silenzio, l'omertà, l'occultamento delle prove? C'era la guerra quella notte del 27 giugno 1980: c'erano 69 adulti e 12 bambini che tornavano a casa, che andavano in vacanza, che leggevano il giornale, o giocavano con una bambola. Quelli che sapevano hanno deciso che i cittadini, la gente, noi non dovevamo sapere: hanno manomesso le registrazioni, cancellato i tracciati radar, bruciato i registri, hanno inventato esercitazioni che non sono mai avvenute, intimidito i giudici, colpevolizzato i periti. E poi, hanno fatto la cosa più grave di tutte: hanno costretto i deboli a partecipare alla menzogna, trasformando l'onestà in viltà, la difesa disperata del piccolo privilegio del posto di lavoro in mediocrità, in bassezza. Ora, finalmente, mentre fuori da questo palazzo, dove lo Stato interroga lo Stato, piove, a molti sembra di vedere un po' di sole. Aspetta. Queste ultime tre righe non mi piacciono. Aggiungi soltanto... Perché?”

P.S.: stamane @liaceli su twitter ha scritto: "Oggi avrebbe 32 anni e 8 mesi Giuseppe Deodato, morto nella Strage di #Ustica il 27 giugno 1980".

P.S./2: Io su Ustica ho letto l’inverosimile. Per ulteriori approfondimenti vi consiglio:

Blog sulla Strage di Ustica: http://blog.libero.it/ustica/2648703.html
http://www.comune.bologna.it/iperbole/ustica/
http://www.stragediustica.info/
A. Purgatori, D. Bonfietti e M. Serra, Com’è profondo il mare, Cuore, 1994
Claudio Gatti, Gail Hammer, Il quinto scenario, Rizzoli, 1994
D. Lucca, P. Miggiano, A. Purgatori, A un passo dalla guerra. Storia di un segreto inconfessabile, Sperling & Kupfer, 1995
D. Biacchessi e F. Colarieti, Punto Condor. Ustica il processo, Pendragon, Itavia, 2002
E. Amelio, A. Benedetti, IH870. Il volo spezzato. Strage di Ustica: le storie, i misteri, i depistaggi, il processo, Edito da Editori Riuniti, 2005
D. Del Giudice e M. Paolini, I-TIGI Canto per Ustica (libro + DVD), Einaudi, 2009
G. Fasanella, R. Priore, Intrigo internazionale, Chiarelettere, 2010

lunedì 25 giugno 2012

Djokovic entra sul Campo Centrale, effetto Wimbledon e concorrenza

Un'ora fa è iniziato sul Campo Centrale il Torneo di Wimbledon. Si stanno sfidando il detentore del titolo Novak Djokovic, che l'anno scorso ha battuto in finale Rafa Nadal,  e lo spagnolo Ferrero.

Sono quindi sono partiti The 126th Championships del più affascinante e antico (1877) torneo di tennis del mondo che ha sede presso l’All England Lawn Tennis and Croquet Club, a un’ora dal centro di Londra.

Un momento magico. Per chi - come è - stato più volte sul Campo Centrale, sa di cosa sto parlando. Il manto erboso curato dai migliori giardinieri del mondo, gli inchini al Royal Box, le code all’alba, gli Honorary Stewart con il cappello ornato di verde e viola - i colori del Club - le fragole con panna, l’educazione del pubblico e dei giocatori in campo, con le dovute eccezioni per miti assoluti come John McEnroe, The Genius. Stiamo parlando dei Gesti Bianchi (Baldini e Castoldi, 1995), libro meraviglioso del nostro amato Gianni Clerici.

In onore di Wimbledon, ho ripreso in mano l’indimenticato Tommaso Padoa-Schioppa (TPS) – vedi post In memoria di Tommaso Padoa-Schioppa, splendido civil servant – che nel febbraio 2005 scrisse un articolo memorabile dal titolo Il patriottismo economico oggi. L’effetto Wimbledon . Così TPS: “Tra le cose di cui gli inglesi vanno fieri vi è il loro torneo di tennis. Nessun grande giocatore l’ha mai snobbato; il lungo elenco di chi l’ha vinto coincide con quello dei grandi dell’intera era del tennis. Ma che cos'ha Wimbledon di veramente inglese? Solo il luogo...”

Tommaso Padoa-Schioppa (TPS
Certo i britannici esulterebbero se a Wimbledon vincesse di nuovo un inglese, dopo decenni; ed esulterebbero i produttori britannici di racchette (se ve ne fossero) se tutti i partecipanti al torneo usassero solo racchette made in England. Ma qualora il Club o il governo britannico manovrassero a tali fini premi d’ingaggio ai giocatori, scelta degli arbitri, sorteggio dei turni, tifo del pubblico, il torneo scomparirebbe dal calendario dei veri campioni, dai programmi televisivi e dai bilanci pubblicitari. Una perdita netta per la Gran Bretagna. Così è accaduto per altri tornei, anche italiani”.

Nel sintetizzare tutti i commenti successivi al suo pezzo, TPS rispose così: “Che metro usare per misurare il successo? Nel vecchio manuale il metro era l’autosufficienza, posta al servizio della sicurezza nazionale. Nel nuovo la misura è semplice, numerica e prettamente economica: il prodotto nazionale, cioè l’incremento di ricchezza. Vince il Paese più bravo a produrre ricchezza.

Nel mondo dell’autosufficienza, il popolo- produttore estrae carbone dal Sulcis, vola Alitalia e strapaga banche ed energia. Lo «stra» è una tassa per la difesa nazionale. Ma il dividendo della pace libera il popolo da quella tassa: specializzarsi in ciò che si produce meglio e venderlo all’estero in cambio di ciò che l’estero produce meglio. Il minatore del Sulcis diverrà informatico di Tiscali, il bravissimo pilota di Alitalia volerà tra Linate e Fiumicino per British Airways. Il dividendo della pace va a tutto il popolo.

Diventare più bravi significa anche, forse soprattutto, risolvere meglio i conflitti tra interessi contrapposti; conflitti che sempre abbondano all’interno di una comunità pur unita da uno stesso senso di appartenenza. L'interesse generale, o nazionale, è sì un concetto unitario, ma non c’è un solo modo d’intenderlo. E ognuno di solito l’invoca per trovare alleati al proprio interesse. La lista è lunghissima: piccoli commercianti, banchieri autoctoni, stanchi industriali di terza generazione, dirigenti di sindacati cui nessun giovane s’iscrive, detentori di licenze di taxi, ordini professionali, farmacisti, tabaccai. Ognuno reclama protezione del proprio interesse particolare in nome di quello generale.

Giavazzi non esagera quando osserva che «televisioni, banche, autostrade, il gas dell’Eni (ma anche gli edicolanti e i notai) guadagnano solo perché sono blindati da una regolamentazione scritta per proteggerli ai danni dei consumatori». Se è vero che la misura del successo è la crescita del prodotto nazionale, non è meno vero che di solito i provvedimenti capaci di rafforzare quella crescita giovano ad alcuni e nuocciono ad altri. Wimbledon rimane il torneo più affascinante perché produttori di racchette inglesi, vivaisti d’erba cattiva, federazione dei tennisti britannici e via dicendo non sono riusciti a prenderlo in ostaggio. Certo che l’Italia non è l’Inghilterra. Ma l’esempio di Wimbledon illustra soprattutto l’importanza di scegliere l’obiettivo giusto nel coacervo degli interessi eterogenei che ruotano intorno a uno stesso evento. E «giusto» (da un punto di vista economico, s’intende) è quello che fa crescere il prodotto nazionale”.

Roger Federer
Qualcuno ha voglia di ascoltare TPS, almeno la prima settimana di Wimbledon?

P.S.: io tifo per Roger Federer, naturalmente, la classe fatta persona

giovedì 21 giugno 2012

La fantastica storia - fuori dall'Italia - di Stefano Pessina, formidabile imprenditore

Nella mia consueta preghiera laica del mattino (Hegel, cit.), ieri, ho preso in mano il miglior quotidiano del mondo, il Financial Times, che in prima pagina titolava: "Walgreens pays $6,5bn for Boots stake".

Per chi ha vissuto a Londra come me, Boots è nota per la sua eccezionale capillarità e l'alto livello di servizio. Stiamo parlando della distribuzione di prodotti farmaceutici, cosmetici, sanitari, in gergo drugstore.
Walgreens, the US's biggest drugstore by sales, ha acquisito il 45% di Alliance Boots per circa 6,5 miliardi di dollari. E chi controlla Alliance Boots? Stefano Pessina, insieme alla compagna di vita e di affari Ornella Barra.

Stefano Pessina, dopo aver fondato Alliance Santè nel 1977, ha capito che in Italia non avrebbe potuto crescere e allora ha scelto saggiamente la via dell'espansione internazionale, prima con la fusione Alliance-Unichem, e successivamente con l'acquisizione di Boots. E poi ancora il delisting, in partnership con il private equity KKR, la più grande operazione - 12 miliardi di $ - di buyout del 2007.

Nel 2007, ai massimi del mercato, il deal con KKR era fondato su un Enterprise Value (EV=debito+equity, ndr) di £12,2bn. "The first stage of this Walgreens deal suggests an EV of £17bn" (Lex Column, FT, June 20). Le vendite negli ultimi 5 anni sono salite del 60% e l'EBITDA del 60%. Chapeau.

Ma Stefano Pessina non si vuole fermare, ha il chill in the belly. Infatti ha dichiarato: "We will have so much money that we'll have to buy something and expand rapidly". Un fenomeno, vuole andare in Cina e in Oriente, con la forza del marchio americano Walgreens.

Ugo Fantozzi
Ma perchè in Italia non esiste Boots? Perchè siamo nel Medioevo distributivo, in mano a corporazioni, perchè per avere una licenza bisogna pregare in giapponese (sui ceci, come Fantozzi) 

Il mio amico Roger Abravanel, nel suo Regole. Perchè tutti gli italiani devono sviluppare quelle giuste e rispettarle per rilanciare il Paese (con Luca, D'Agnese, Rizzoli, 2010) scrive: "In Italia la distribuzione moderna è stata osteggiata per anni dalla difficoltà di ottenere licenze di apertura per formati moderni e innovativi, oltre a una spaventosa rigidità sul costo e sulla flessibilità del lavoro e sugli orari di apertura.
La regolazione per le licenze è la più rigida d'Europa...I nemici di una maggiore liberalizzazione sono stati tanti e formidabili. In prima linea la Confcommercio, che per anni ha rappresentato le lobby dei piccoli negozi e si è sempre opposta alla liberalizzazione".

Abravanel definisce le farmacie le "riserve indiane" della distribuzione italiana: "La distribuzione farmaceutica (grossisti più farmacie) è incredibilmente efficiente perchè la regolazione protegge le singole farmacie e scoraggia le catene...E' una situazione assurda, in una società che si dovrebbe preoccupare di chi sta male e non dei farmacisti".

Cosa ha detto Pessina sull'Italia?: "L'Italia non è la mia priorità perchè cambiare l'attuale costoso sistema di distribuzione è praticamente impossibile".

Se facciamo scappare all'estero le migliori teste del Paese, non lamentiamoci poi dello sviluppo anemico (siamo ottimisti) della nostra economica. Le nostre piaghe bibliche le conosciamo benissimo, ma non vogliamo affontarle. L'italiano rinvia, rimanda. In questo è bravissimo.

Il Corriere della Sera oggi dedica a Ornella Barra una lunga intervista. Mi hanno colpito due affermazioni:
1. L'azienda è vita;
2. I rapporti nascono sul fare

Mi è tornato in mente - ancora una volta - Carlo Azeglio Ciampi, che in Da Livorno al Quirinale (Il Mulino, 2010, p. 120) dice: "Io non ho mai fatto parte di correnti. Io lavoravo".

lunedì 18 giugno 2012

L'Italia si gioca l'Europeo stasera: il "biscotto" e la cultura dell'alibi #Euro2012

Da diversi giorni in Italia non si parla d'altro. Il "biscotto" è ormai sulla bocca di tutti. Siccome non sappiamo battere gli avversari, elaboriamo teorie complottiste.

Stasera c'è la sfida decisiva con l'Eire guidata dal mitico Trapattoni. Ma il tema dominante è il "biscotto".

Il termine "biscotto" indica quella sorta di accordo tacito tra due squadre che crea vantaggio per entrambe a discapito di una terza squadra. Quindi “fare il biscotto” significa combinare un avvenimento tra due squadre di calcio, che ne traggono reciproco beneficio, a scapito di un’altra squadra.

Il termine biscotto deriva dall’ippica, dalla tecnica usata da chi voleva truccare le corse. In pratica veniva dato da mangiare al cavallo uno biscotto in cui erano state inserite sostanze proibite o doping che ne avrebbero alterato le prestazioni (sia in positivo che in negativo). In questo modo il “dopaggio” sarebbe passato inosservato, con la certezza che il cavallo avrebbe ingerito le sostanze proibite.

Invece di fare affidamento sui nostri mezzi, sulle nostre possibilità, escogitiamo la classica cultura italiana dell'alibi. La colpa non è nostra, giammai, ma degli altri.

Ma come dice il sempiterno Carlo Azeglio Ciampi, "Sta in noi".

Se l'indolente Balotelli, non la mette neanche a porta vuota, la colpa è della Spagna? Suvvia.

Valgono le parole efficaci di Massimo Gramellini: "Passiamo la vita ad aspettare chi non arriva mai. Da anni leggo articoli che auspicano la maturazione di Sua Indolenza Balotelli e la annunciano come imminente, sicura o altamente probabile. Ogni volta che segna uno dei suoi rari ma bellissimi gol c’è qualcuno che dice: ci siamo. Ogni volta che sfascia l’auto in un fosso o si addormenta davanti al portiere c’è qualcuno, magari lo stesso, che si contraddice: non ci siamo, ma ci saremo. Pochi hanno il coraggio di ammettere che Balotelli resterà sempre quello che è: un talento senza carattere, un eterno immaturo, una magnifica occasione perduta".


E' opportuno rifarsi a Julio Velasco, allenatore di origine argentina, con un palmares nella pallavolo invidiabile: 2 Campionati del mondo, 3 Campionati europei, 5 World League, 1 Coppa del Mondo, 1 Argento Olimpico.


Così Velasco. "L'alibi, oltre a distruggere l'armonia, impedisce di progredire, di imparare. E' una situazione che nella mia esperienza ho trovato ovunque. L'errore segnala la necessità di apportare modifiche, la scusa, invece, impedisce di mettere in moto delle risorse che, a volte, non si sa neppure di avere".

Basta parlare di biscotto. Sta in noi.

venerdì 15 giugno 2012

Leopardi, l'Infinito e la speculazione "brutta e cattiva"

Giacomo Leopardi
Ieri cadeva l'anniversario della morte del poeta Giacomo Leopardi, scomparso a Napoli il 14 giugno 1837. La mia professoressa di lettere - vedi post "I Maestri esistono ancora?" - me lo ha fatto amare.

In particolare l'Infinito, 1819:

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
De l'ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminato
Spazio di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo, ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,


E le morte stagioni, e la presente
E viva, e 'l suon di lei. Così tra questa
Infinità s'annega il pensier mio:
E 'l naufragar m'è dolce in questo mare

Quando leggo e rileggo L'Infinito penso al ruolo fondamentale di disciplina della speculazione, che è dipinta dai giornalisti come un mostro infingardo pronto a colpire indiscriminatamente i Paesi europei.
Ma non è vero!

Come Leopardi ci invita a guardare al di là della siepe, ad alzare lo sguardo sul mondo, così la cosiddetta speculazione, i mercati, sono un formidabile incentivo alla disciplina per Paesi e persone che non sanno darsi dei limiti.
Ricordo il titolo di un paper fondamentale di Giavazzi-Pagano del 1988: "The advantage of tying one's hand: EMS Discipline and Central bank credibility", la politica delle mani legate. La politica del vincolo esterno (copyright Guido Carli).
Un popolo indisciplinato come il nostro deve avere vincoli e mani legate, altrimenti facciamo disastri.

L’origine etimologica di speculare è decisamente positiva: dal latino specula, che significa luogo dal quale si osserva”, esplorare, fare progetti, tentare imprese commerciali. Il termine speculazione nasce dalla voce latina specula (vedetta), da specere (osservare, scrutare), ovvero colui che compiva l'attività di guardia dei legionari. Da qui deriva il senso etimologico di "guardare lontano" e "guardare in profondità con attenzione", e così in senso traslato "guardare nel futuro" o "prevedere il futuro".

Quando sento parlare di "dittatura dello spread" mi va il sangue alla testa. Ha perfettamente ragione Panunzi che scrive su Lavoce.info : "Lo spread alto riflette solo il rischio che viene percepito dagli investitori per titoli di Stato di paesi che hanno alti deficit (come ad esempio la Spagna) o elevato debito pubblico (come l’Italia). Senza un adeguato compenso, gli investitori non sono disposti a prestare...In realtà, gli Stati hanno una discrezionalità che i soggetti privati non hanno. Possono non ripagare il debito senza che i loro beni vadano in mano ai creditori".

Se non ci fossero i mercati, non avremmo Mario Monti Presidente del Consiglio e saremmo già andati in default.

Guardare al di là della siepe, guardare lontano, immaginare il futuro. Lunga vita alla speculazione!

martedì 12 giugno 2012

Baroni e professori, come reagire al disastro dell’università italiana: speak out, stand up

L’altro giorno una mia attenta studentessa mi scrive una mail che parte così: “Buon giorno, scusi se la disturbo nuovamente, ma la contatto per chiederle un parere...”. Ma quale disturbo - sbotto tra me e me in treno col blackberry in mano - e subito dopo le rispondo d’impeto, così: “Lei e gli altri studenti in generale dovete mettervi in testa - dalle sue parole vedo che non è ancora chiaro - che non disturba affatto. E’ lo studente che non approfondisce (studiare=scavare, copyright C.A. Ciampi), non si appassiona, che disturba il professore".

Siamo nella stessa situazione del magistrato che si dà da fare. Gli romperanno sempre le palle. Al pm nullafacente nessuno intenterà mai procedimenti davanti al CSM per incompatibilità ambientale. Solo tardivamente è stato messo a riposo il giudice di Gela che ha impiegato 8 anni per redigere le motivazioni della sentenza (intanto i mafiosi erano fuori per decorrenza dei termini).

Lo studente deve pretendere, esigere, confrontarsi con i prof, altrimenti si iscrive al Cepu o alla pessime università telematiche italiote.

Invece cosa succede. Siccome l'università costa poco, lo studente non pretende perchè "tanto con quello che pago, cosa vuoi pretendere?".

E’ un modello completamente sbagliato. Uno studente dovrebbe votare con i piedi, ossia cambiare università se quella vicino a casa è piena di professori senza senso, non motivati, distanti anni luce da una didattica di qualità.

Lo studente dovrebbe seguire le indicazioni di Luigi Zingales: “Speak out, stand up (tratto da Strauss-Kahn e il primato dei più deboli, Il Sole 24 Ore), Le regioni d'Europa in cui il principio di obbedienza all'autorità è uno dei primi valori insegnati crescono meno

Bisogna farsi sentire, scrivere lettere ai Dipartimenti, ai giornali sui malfunzionamenti, sui prof. che non sanno fare il loro mestiere (e sarebbero "unfit" anche per le scuole superiori).
Bisogna far sentire il fiato sul collo alle istituzioni pubbliche, come mi ha insegnato Valerio Onida, Presidente di Città Costituzione

Invece vedo troppa timidezza. Se un prof. insegna male, non viene ai ricevimenti, non è disponibile, non risponde alle mail, lo si deve segnalare. Troppo spirito reverenziale. Troppo timore.

Riprendiamo Franco Modigliani, economista di vaglia nonchè Premio Nobel. Nel suo libro Avventure di un economista (Laterza, 1999) racconta episodi emblematici:
“Arrivato negli States mi fu subito evidente come il sistema universitario fosse più umano ed efficiente rispetto alla insopportabile impersonalità delle università italiane: pochi baroni che insegnavano a masse di studenti sconosciuti, attorniati da piccole folle di petulanti e servili assistenti. Il cameratismo e l’amicizia che spesso nascono tra professori e studenti è una delle caratteristiche dell’insegnamento superiore degli Stati Uniti e una delle ragioni del suo indubbio successo”.

“Nel 1955 tornai in Italia come lettore. La mia impressione negativa fu fortissima. Avevo scordato quanto profonde fossero le differenze fra il sistema di educazione universitario negli Stati Uniti e in Italia. Il sistema italiano era una struttura a tre caste, in cui i pochi, e per la maggior parte anziani professori, occupavano la casta superiore, immediatamente inferiore a Dio, mentre un gruppo consistente di speranzosi e servili assistenti rappresentava la seconda casta, lo strato intermedio, e gli studenti, dei quali nessuno si occupava, costituiscono la base della piramide”. Ci chiediamo se sia cambiato qualcosa dal 1955 ad oggi.

“Il Rettore dell’Università di Roma mi definì, mentre ero già full professor, un “giovine promettente”.

Modigliani racconta anche un altro episodio. In occasione di un convegno di economisti a Washington, il professor Corrado Gini – famosissimo statistico, inventore dell’indice di Gini sulla concentrazione del reddito e della ricchezza – tirò fuori l’orologio dal taschino e chiese a Modigliani: “Senta, ieri mi si è rotto l’orologio, me lo potrebbe far accomodare, per cortesia, e poi me lo fa recapitare in albergo?”. Modigliani rispose che la richiesta avrebbe dovuto farla al garzone della portineria dell’albergo. “Così si saggiava di che pasta eri fatto. Quanto eri in grado di subire pur di accattivarti la benevolenza del capo. Questa è una delle origini profonde della crisi italiana. Perchè una classe dirigente che è stata selezionata in base alla sua capacità di subire umiliazioni, di non avere amor proprio, è quella che non è in grado di guidare l’Italia”.

In relazione al rapporto con gli studenti, Modigliani ricorda: “Negli Stati Uniti professori e studenti hanno sempre ragionato insieme, mangiato insieme, vissuto negli stessi luoghi. Ricordo il silenzio assoluto degli studenti mentre facevo lezione a Roma. A un certo punto mi spazientii e dissi loro: “Ma insomma, non avete proprio niente da criticare delle cose che sto dicendo?”.

Spesso dico ai miei studenti: “Fate domande, cercate di capire veramente le cose. Io non ho delle verità rivelate, pongo delle domande, ma non ho delle risposte certe; l’economia non è una scienza esatta”.

Federico Caffè
Il Maestro di Mario Draghi, l’economista Federico Caffè – vedasi post Omaggio a Federico Caffé, era solito dire: “Un professore non è un conferenziere, non parla occasionalmente a degli sconosciuti che con tutta probabilità non rivedrà più. Un professore dialoga con gli studenti dei quali conosce spesso tutto o quasi tutto: problemi e speranze, capacità e lacune, ansie e incertezze. Li assiste nei loro bisogni. Li segue lungo una strada che può finire il giorno dell'esame ma che può anche andare avanti fino a quello della laurea e oltre”.

Cari studenti, guardate La Meglio Gioventù (1993) di Marco Tullio Giordana e fatevi due risate – amare.

Segnalo il passaggio utile. Si tratta della fine di un esame di medicina. Il dialogo tra il “barone universitario” e Luigi Lo Cascio è memorabile . Cliccate qui per il link a youtube, veramente, fermatevi un attimo, andate a vederlo, ne vale la pena. Ecco la trascrizione.

Prof.: “Lei promette bene, le dicevo, voglio darle un consiglio. Lei ha delle ambizioni? Allora lasci l’Italia finchè è in tempo. Cosa vuol fare? Il chirurgo? Qualsiasi cosa decida, vada a Londra, Parigi, in America se ne ha la possibilità, ma vada via, lasci questo Paese, finchè è in tempo. L’Italia è un paese bello e inutile, destinato a morire. Qui rimane tutto immobile, in mano ai dinosauri. Dia retta, vada via”.

Studente (Lo Cascio): “Ma lei Prof. perchè non va via”?

Prof.: “Perchè io sono uno dei dinosauri da distruggere”.

mercoledì 6 giugno 2012

Il riscatto italiano: l'esempio del sindaco di Salerno Vincenzo De Luca

Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno
Il 22 maggio scorso il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca è stato ospite di Assolombarda. Al piano nobile, in Sala Camerana, il Green Economy Network ha organizzato un incontro che mi ha permesso di conoscere uno degli uomini migliori d’Italia.

E ora ve ne parlo. Con grande orgoglio.

Se si naviga su wikipedia si legge: “Vincenzo De Luca, Sindaco in carica del Comune di Salerno, alle elezioni comunali del 16 maggio 2011 viene rieletto per la quarta volta ottenendo oltre il 74% dei consensi, risultando il sindaco di un comune capoluogo più votato in Italia. Ha ricoperto la carica di sindaco della città campana già da maggio a luglio del 1993, da dicembre 1993 a maggio 2001, e da giugno 2006 a maggio 2011”.

Aggiungo che De Luca ha vinto appoggiato dalle liste di centro-sinistra, ma tutto ciò è irrilevante perchè da come parla e fa ("A causa dei livelli di parassitismo sindacale, non si riesce a licenziare il ladro di turno", De Luca, cit.), potrebbe essere tranquillamente appoggiato dal centro-destra.

Lo storico Presidente della Commissione Europea Jacques Delors ha parlato di De Luca come un simbolo dell’Italia virtuosa.

Laureato in filosofia, De Luca è partito subito dicendo che la cultura è la via maestra per il cambiamento e la crescita economica e civile. Subito mi sono ricordato del Manifesto della Cultura lanciato dal Sole 24 Ore di cui abbiamo parlato del post – Niente cultura. Niente sviluppo De Luca non ama parlare per parlare – talk is cheap, direbbero su a Londra, oppure ricordiamo lo splendido film francese Parole, parole, parole di Resnais – ma parla per i risultati raggiunti – ricordiamolo, in un territorio particolarmente difficile.

Si immagina che la democrazia sia il numero delle parole. Per me democrazia è decidere in condizioni di trasparenza. Le parole ormai non servono più. Ci vogliono i risultati, tangibili. La qualità di una amministrazione si misura sui risultati, sulla concretezza. L’unità di misura è la realtà, i fatti, non c’è altro”.

1,5 miliardi di euro è il valore dei cantieri aperti oggi nel Comune di Salerno: “Nell’immaginario collettivo il Sud è un disastro. E aggiungo giustamente perchè l’80% dei gruppi dirigenti meridionali sono composti da cialtroni e veri e propri delinquenti”.

Cosa regge l’Italia? La sfida; il senso dell’onore; la voglia di combattere in totale solitudine; l’anelito personale; la volontà di non arrendersi

Cosa vogliamo essere noi salernitani?


1. la città dell’accoglienza: siamo capoluogo di un distretto turistico di livello mondiale. Se nomino Amalfi, Ravello, Praiano, Minori, Maiori, Palinuro, Pompei, Paestum uno schianta.


Uno scorcio di Ravello
Siamo un Paese di squinternati, dove si riesce a rovinare anche una delle aree più belle del mondo.


Aggiungo che sono contro la mummificazione del territorio. In Italia siamo malati di conservatorismo. Non possiamo contemplare in eterno. Poi la gente si ammoscia.


I tempi sono determinanti, altrimenti siamo morti”. Proprio settiimana scorsa ho delineato la figura del giudice Mario Barbuto che in un intervento nel gennaio 2010 scrisse: “E’ mai possibile che nel servizio giustizia il “fattore tempo” sia sottovalutato e considerato quasi una variabile indipendente della sentenza?”. Molto bene. Il seme del “valore del tempo” sta facendo proseliti!

2. Abbiamo approvato un Piano Regolatore del Territorio (PGT) con una filosofia completamente diversa (di solito in Italia si studia 13 anni per approvarne uno). Abbiamo utilizzato varianti urbanistiche sulla base delle esigenze imprenditoriali. Procure (nel senso che De Luca è stato oggetto di avvisi di garanzia) o non Procure. Non si ruba e si va avanti, anche se per ogni variante mi sono guadagnato una indagine”.

3. Nella trasformazione urbana abbiamo investito molto attraverso bandi di concorso internazionali. L’obiettivo era ed è una città di assoluta eccellenza. Dipendeva solo da noi (qui De Luca mi ricorda le parole di due eccellenti Governatori di Banca d’Italia, Donato Menichella e Carlo Azeglio Ciampi , il cui motto era ed è “Sta in noi”), dalla nostra capacità organizzativa, amministrativa e gestionale.

Lungomare di Salerno
4. Le principali opere in via di realizzazione sono:

a) La stazione Marittima progettata dall’architetto anglo-iraniana Zaha Hadid
b) La Cittadella giudiziaria progettata dall’architetto inglese David Chipperfield
c) Il Porto turistico, che verrà inaugurato a giorni in giugno col Ministro Barca
d) Un impianto di compostaggio. Mentre i rifiuti di Napoli vanno in Olanda a 160 Euro al quintale, a Salerno la raccolta differenziata è a livelli record intorno al 70%.

In tutta la Regione Campania non esiste un depuratore serio. Una delle coste più belle del mondo non ha un sistema di depuratori. Un delitto.

Miliardi di euro attendono di essere investiti. Ma le amministrazioni non sono in grado di redigere progetti esecutivi. L’Europa ci finanzia e noi non siamo in grado di spenderli”. Pazzesco. “Il passaggio paludoso presso gli uffici della Regione Campania blocca qualsiasi progetto”.

De Luca si agita, si infervora, non lo si contiene. Trasmette una passione pazzesca: “In Italia abbiamo una assoluta mancanza di leadership. Il leader deve possedere capacità organizzativa, di governo; capacità di creare entusiasmo collettivo; prestigio morale. E io chi vedo in Italia nei posti chiave? Narcotizzatori

Roger Abravanel nel suo ultimo libro Italia, cresci o esci! (Garzanti, 2012) - vedi post - ha scritto: “Prima di questa decade perduta, la nostra economia era cresciuta come le altre solo perchè drogata dalla svalutazione della lira e dal deficit pubblico” (pag. 41).

Con le droghe e le illusioni non si va da nessuna parte.

Vincenzo De Luca
De Luca: “Esiste il paradosso dell’efficienza: più sei efficiente, più paghi sulla tua pelle. La vita è gradevolissima se non fai nulla. Se fai, ti fanno il mazzo. Esiste un sistema premiale all’inverso. Più sei imbecille, più vai avanti (capite che la diplomazia non è una mia virtù)”. Applausi.

"Più sei un’anima morta, più hai probabilità di ottenere incarichi a livello nazionale”.

Le condizioni per attrarre investitori esteri sono due:


- sicurezza, bene primario; abbiamo adottato una politica della non tolleranza (tipo Rudy Giuliani, ndr);

- sburocratizzazione. Il Comune di Salerno per realizzare un campo fotovoltaico su un terreno comunale ha dovuto chiedere 62 permessi. Uno anche al Comando Navale di Taranto” (oibò!). Noi abbiamo adottato la soluzione dello Sportello Unico. E’ chiaro che in tutti questi inutili permessi discrezionali è un attimo ricevere richieste di dazioni in denaro”.

Sono emozionato, era da un bel po’ che non sentivo così tanta competenza, passione e risultati concreti realizzati. Una forza della natura. Un esempio tosto di come potremmo realizzare il riscatto italiano. Abbiamo bisogno di tanti Vincenzo de Luca, che chiude il suo intervento dicendo: “Non ci arrendiamo”.

Applausi. Ma veri, non di circostanza.

Ignazio Visco, Governatore di Banca d'Italia
Caro sindaco De Luca, neanche noi ci arrendiamo. E facciamo nostre le parole del Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco scritte nelle Considerazioni finali di qualche giorno fa: "Sono giorni in cui ciascuno – Stato, istituzione o individuo – deve applicarsi a svolgere il proprio compito al meglio delle sue possibilità, perché solo dal generale assolvimento dei doveri di tutti può scaturire la soluzione della crisi che viviamo".

P.S.: l'economista Marco Vitale - una volta letto il mio post - mi ha segnalato che "come tutte le persone eccellenti, è stato duramente combattuto dal suo partito e da Bassolino in particolare".


lunedì 4 giugno 2012

Ma quanto è attuale Paolo Baffi in una sua lettera del 1988? Sarà uno scossone violento...

Paolo Baffi
"Sarà forse uno scossone violento, quello che scuoterà un giorno il Paese dal suo torpore".

Così il Governatore integerrimo della Banca d'Italia Paolo Baffi in una lettera - datata 2 agosto 1988 - al suo predecessore Guido Carli.