mercoledì 29 agosto 2018

Omaggio a Marina Camatini, scienziata tenace

Bisogna avere un grande rispetto per gli scienziati, per coloro che studiano tutta la vita alla ricerca del vero (che è sempre parziale, come ci insegna l'epistemologia, fino a che un nuovo studio dimostra la falsità delle affermazioni precedenti). Lo studio è incessante, fino alla fine della propria vita. La passione è così forte che tutto passa in secondo piano.
Credo che il degrado italiano sia iniziato quando Beppe Grillo, comico, già condannato in via definitiva per omicidio colposo, abbia potuto dare della "puttana" a Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina, nonché senatrice a vita.
E' per questa stima che nutro verso i ricercatori che dedico questo post alla prof.ssa Marina Camatini, scomparsa qualche giorno fa, scienziata tenace, donna esigente e volitiva, severa (anche con se stessa), con grandi risorse cognitive, già docente ordinario di biologa cellulare, tra le fondatrici dell'Università degli Studi Milano Bicocca, già primo direttore del Dipartimento di Scienze dell'Ambiente e della Terra.
Tra i necrologi sul "Corriere della Sera", uno mi ha colpito in particolare, di Paolo Galli: "Oggi in Bicocca è come se mancasse un edificio, ci mancheranno i suoi giudizi taglienti". Il suo Dipartimento ha scritto: "La prof.ssa Camatini è stata un personaggio di grande rilievo nell'ambito della didattica e della ricerca...Oltre al suo grande valore scientifico, era anche una donna di rigore, di pragmatismo e di forti opinioni".
Marina è stata pioniera nella ricerca sugli effetti dell'inquinamento dell'aria, ha fondato il centro di ricerca Polaris, Polveri in Ambiente e Rischio per la Salute ed il suo contributo è stato fondamentale allo sviluppo dell'iniziativa BASE (Bicocca Ambiente Società Economia). Il Centro di Ricerca POLARIS studia impatti di diversa origine su ambiente e salute, propone criteri di gestione sostenibile di tematiche ambientali e fornisce strumenti utili ad orientare le politiche di governo del territorio. Collabora con aziende ed enti di ricerca per agevolare il trasferimento tecnologico tra Università e Impresa.
Il consiglio scientifico di Polaris nell'esprimere profondo cordoglio per la scomparsa della prof.ssa Camatini, ha scritto che "il suo entusiasmo e la capacità di innovare rimarranno di esempio". Ecco di cosa abbiamo bisogno. Di esempi. Positivi.
In Lombardia la battaglia contro l'inquinamento dell'aria è sempre stata vista come ancillare. La sensibilità è mancata, anche da parte della popolazione. La politica ha sempre visto i ricercatori come dei nemici, in combutta con i funzionari dell'Unione Europea, intenti a multare le regioni inadempienti ai progetti diretti a migliorare la qualità dell'aria.
Quando nel 2012 mi candidai come consigliere regionale nella Lista Civica "Per Ambrosoli Presidente" in Lombardia, ebbi modo di confrontarmi con la prof.ssa Camatini, la quale mi illustrò come la politica cercasse di mitigare la misurazione corretta dei livelli di inquinamento. Se si istalla un rilevatore in viale Abruzzi ad "altezza passeggino", è ben diverso da metterlo alla montagnetta di San Siro.
Con il presidente di Regione Lombardia Roberto Formigoni, il "Celeste", colui che ha fatto il bello e il cattivo tempo per vent'anni, i rapporti non devono essere stati facili, anche perché Marina, era una scienziata "ricca di personalità e di obiettivi" (Rettore di Milano Bicocca, cit.)
I suoi giudizi - al telefono con me - erano sferzanti, ma sempre venati da un tratto di ironia.
Io che l'ho conosciuta grazie al figlio Alessandro - amico di una vita - posso dire che fosse una donna speciale, che ha dedicato la sua vita alla famiglia e alla ricerca. Come ha detto Alessandro stamane in chiesa, trattenendo a fatica l'emozione, "è stata sia un'esploratrice che una docente appassionata, sempre caratterizzata da una spasmodica curiosità".
Fuori dalla chiesa si formano i capannelli, dove ognuno porta il suo ricordo. Marco esprime il suo plauso per la capacità di Marina di esprimere sempre la sua opinione con franchezza, senza giri di parole, ma senza giudicare. Allora mi permetto di citare un aforisma di Eleanor Roosevelt, la moglie di Franklin Delano, il promotore del "New Deal" dopo la crisi seguita al "Great Crash" del 1929: "Grandi menti parlano di idee, menti mediocri parlano di fatti, menti piccole parlano di persone". Marina, by far, si concentrava sulle idee, e con la dovuta energia, promuoveva iniziative dense di senso. Pensiero e azione mazziniani.
Al termine della sua carriera quarantennale in Banca d'Italia, Paolo Baffi scrisse a un suo corrispondente quanto gli mancarono, da direttore generale e da governatore, "le verdi pasture della ricerca". Chi ama lo studio, è ossessionato ("Only the paranoids survive", scriveva il fondatore di Intel Andy Grove). Non si accontenta mai. E' il bello del life long learning.
 
Rita Levi Montalcini
In un frangente triste della storia italiana, in cui "uno vale uno", chi ha un Phd deve subire gli attacchi di un non-laureato neanche troppo intelligente, l'Italia ha bisogno come il pane di scienziati, di persone che ragionino in modo logico, che sappiano quanto lo studio sia fonte di grandi soddisfazioni e di grande progresso economico e civile. Chi non rispetta gli studiosi, è destinato (forse, purtroppo, in là nel tempo) a soccombere.

Ai figli Alessandro e Stefano e al marito Paolo (avversario in tante partite al Fantacalcio), che per tanti anni ha vissuto con gioia al fianco di Marina, "donna eccezionale", il mio forte e sincero abbraccio.

Cara Marina, ti sia lieve la terra.

giovedì 2 agosto 2018

Un libro per l'estate: "Marchionne lo straniero" di Paolo Bricco


La morte improvvisa di Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles (FCA) il 25 luglio scorso ha colpito moltissimo gli italiani, che hanno visto la scomparsa del manager-imprenditore (Dopo la «distruzione creativa» schumpeteriana compiuta in Fiat, ha senso definirlo imprenditore) come un'ingiustizia nei confronti di una persona che non ha avuto tempo di "godersi la vita".
Niente di più sbagliato. Marchionne amava il suo lavoro, non lo mollava mai, solo un week-end negli ultimi 3 anni, era la sua vita, il suo riscatto.
Un profilo notevole, frutto di un lavoro di tre anni (altro che instant book!), ce lo porge il giornalista e storico Paolo Bricco nel volume "Marchionne lo straniero" (Rizzoli, 2018), già autore di un volume pregevole: "L'Olivetti dell'Ingegnere" (il Mulino, 2014). Sono passati al microscopio i quattordici anni di Marchionne in Fiat, i nove in Chrysler: "Anni di confronto costante e duro, vitale e feroce con la morte e con la vita. Essere o non essere".
Si parte dalla negoziazione con General Motors nel 2004 per arrivare alla trattativa diretta con Barack Obama per salvare Chrysler per arrivare alla quotazioni di Ferrari. Oggi FCA capitalizza 10 volte tanto dall'arrivo di Marchionne, nato a Chieti, figlio di un carabiniere (Concezio) e di un'esule istriana (Maria Zuccon).
Io che ho sempre tifato per Marchionne, non ho potuto che apprezzare. Credo anche che gli italiani non abbiamo capito quanto sia stato rivoluzionario Marchionne (vedi Fabiano Schiavardi su lavoce.info, che lo definisce "l'incompreso"). E' corretto definirlo "marziano" (Sandro Trento, cit.) o "straniero".
Ho trovato decisive le parole scritte su Marchionne dal direttore di Repubblica Mario Calabresi: «Marchionne aveva fame, quella voglia di rivalsa e di affermazione che nasce dalla fatica e dall’emigrazione», per anni - una volta trasferitosi in Canada - non aveva il coraggio di parlare in inglese con le ragazze. Questo fatto ha creato le condizioni per la successiva rivincita. E che rivalsa!

Così chiude Bricco il suo pregevole volume:

Enzo Ferrari
"La caduta e l'ascesa. La vita e la morte. Chissà che cosa avrebbe pensato di tutto questo - non fra la via Emilia e il West, ma fra l'Italia e il Midwest - un altro grande giocatore assimilabile in qualche odo a Marchionne. Quell'Enzo Ferrari che così Enzo Biagi descriveva nella sua biografia pubblicata da Rizzoli nel 1980:"Mi sembra uno di quei personaggi del West, avventurosi, forti prepotenti, drammatici, che allevavano bestiame, costruivano ferrovie, scoprivano il petrolio, e portavano in sé, fino all'epilogo, visioni di conquiste e struggenti passioni". E' in fondo il ritratto di Sergio Marchionne, l'uomo che ha cambiato l'industria internazionale dell'auto e che, da poco più di niente, ha fondato e costruito Fca.
Fino all'epilogo della morte. Triste, solitario y final". Più volte Marchionne ha dichiarato di sentirsi solo nelle scelte decisive: "La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La collective guilt, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo“.

Così chiude Bricco, con una citazione del bellissimo romanzo di Osvaldo Soriano

Cari lettori, trovate il tempo di comprare (si trova anche in edicola con il Corriere della Sera) il volume su Marchionne, una storia affascinante che merita di essere conosciuta.
Buona estate e arrivederci a settembre.