Mario Monti |
Dal primo gennaio 2011 è finita l’era del monopolio per Poste Italiane. Grazie alle disposizioni europee – noi da soli facciamo ben poco, ancora una volta ringraziamo il “vincolo esterno” – si apre la completa liberalizzazione del mercato postale italiano.
Ci sarà così concorrenza nei diversi servizi, dalle raccomandate della pubblica amministrazione (251 milioni di euro), alla corrispondenza di contenuto pubblicitario (272 milioni euro), alla posta massiva (845 milioni di euro).
C’è un "ma però", direbbe mia figlia Allegra. A chi spetterà il compito di regolare la concorrenza nel settore? Finora questo delicato compito di regolazione era svolto direttamente dal ministero delle Comunicazioni, oggi dello Sviluppo Economico. Ora quest’anomalia deve finire poichè la UE impone agli stati membri di affidare la regolazione ad autorità indipendenti.
Nel decreto legislativo del 22 dicembre scorso, però, c’è una bella sorpresina. Invece di affidare la ragolazione ad un’Authority indipendente – l’Agcom per esempio – il Governo ha scelto una via diversa e più opaca. Si propone l’istituzione di una nuova Agenzia ad hoc affidando il compito agli uffici del Ministero che finora ha seguito la materia. E che verrebbero trasformati in Agenzia.
Il rischio è che questa Agenzia venga catturata dall’incumbent (Poste Italiane), con cui gli uffici ministeriali hanno maggiore dimestichezza e relazioni di lungo corso.
Pochi giorni fa l’Antitrust – bene! – ha prodotto un articolato parere trasmesso ai Presidenti di Camera e Senato, al capo del governo, al consiglio dei ministri, nel quale viene contestato il modello di Agenzia. L’Authority sostiene che l’apertura del mercato è a rischio: “Senza un Regolatore relamente indipendente e imparziale la completa liberalizzazione rischia di partire con il freno tirato....Il compito di vigilare sul percorso della liberalizzazione del servizio postale viene affidao dal decreto a un organismo, che opera al servizio delle amministrazioni pubbliche ed è sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza di un ministro, il quale ne definisce anche le funzioni, la struttura organizzativa e le modalità di funzionamento”. Poi la stoccata finale: “Il nodo dell’indipendenza e dell’imparzialità è invece cruciale...desta perplessità la mancata previsione si misure fondamentali per consentire una concorrenza effettiva del settore postale”.
Giorgio Napolitano |
Secondo l’Istituto Bruno Leoni – il contenuto minimo di una seria proposta di riforma del settore del recapito non può prescindere – a parte la già citata presenza di un’Authority - da alcuni punti fondamentali:
1) l’armonizzazione del regime tributario del settore attraverso l’applicazione uniforme della medesima aliquota Iva, indipendentemente dall’identità dell’operatore;
2) la drastica riduzione dei trasferimenti monetari dello stato a Poste Italiane e dei ricavi da settore pubblico, a qualsiasi titolo siano ottenuti;
3) l’eliminazione di tutti gli automatismi nell’assegnamento di servizi da parte delle amministrazioni a Poste Italiane, possibilmente con l’introduzione della gara in tutte le situazioni rilevanti;
4) la separazione tra Bancoposta e le altre divisioni di Poste Italiane, con la limitazione rigorosa dei conflitti d’interesse e dei sussidi incrociati tra servizi finanziari e recapito;
5) la predisposizione di un percorso credibile per l’alienazione progressiva di quote dell’azienda – con l’obiettivo di una sua completa privatizzazione – attraverso il collocamento di azioni; o, in alternativa, la vendita diretta della società con il meccanismo dell’asta pubblica.
In queste situazioni, dove l’Unione Europea apre una finestra d’opportunità di maggiore concorrenza, bisognerebbe spingere. E' illuminante una recente uscita di Mario Monti – definito dalla stampa anglosassone SuperMario quando era Commissario alla Concorrenza presso la Commissione Europea: “....In molti casi il potere delle corporazioni ha impedito che le riforme andassero in porto o addirittura venissero intraprese. E lì non si tratta di tenaci fiammelle rivendicative fuori tempo, bensì di corposi interessi privilegiati che, pur di non lasciar toccare le loro rendite, manovrano un polo contro l’altro: veri beneficiari del bipolarismo italiano” (Meno illusioni per dare speranza, 2.1.11, Corsera).
Franco Bruni |
P.S.: per approfondimenti, si rimanda al paper di Massimiliano Trovato dell’Istituto Bruno Leoni
Purtroppo la mancanza di percezione dei valori della concorrenza è sintomo della mancanza di esperienza della concorrenza che ancora in Italia si vive. E' un circolo vizioso: non ce n'è la cultura e tutti i settori in un modo o nel'altro hanno dei protettorati e posizioni di rendita che vengono tutelate e conseguentemente non se ne diffonde la cultura necessaria. Siamo proprio un paese per vecchi!!!!
RispondiEliminaEleonora