Gli ultimi dati pubblicati dall’ISTAT ci dicono che la disoccupazione dei giovani in Italia ha superato ogni record, portandosi al 29,6%, con un picco del 46,1% per le donne nel Sud Italia.
Aggiungiamo ai dati grezzi e asettici alcune considerazioni tratti dall’intervento “La generazione esclusa: il contributo dei giovani alla crescita economica” di Fabrizio Saccomanni – direttore generale di Banca d’Italia – al Convegno dei Giovani di Confindustria: “In seguito alla crisi, tra il 2008 e il 2010 l’occupazione in Italia è diminuita del 2,2 per cento; più che in Francia e in Germania, dove la flessione è stata pari, rispettivamente, allo 0,8 e allo 0,4 per cento. Le differenze si accentuano con riferimento alla sola occupazione giovanile.
Il divario conferma, pur nel quadro di fattori comuni a tutti i paesi europei, l’esistenza di un problema italiano, che ha le sue radici principali nelle cause che frenano la crescita nel nostro paese da un quindicennio.
Nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni il tasso di disoccupazione nel 2010 è stato del 20,2 per cento, quasi 4 punti in più della media europea, 11 punti in più che in Germania. Solo il 35 per cento di coloro che si trovavano nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni risultava occupato: erano poco meno della metà nell’Unione Europea, il 57 per cento in Germania.
I tassi di occupazione giovanile sono più bassi nel Mezzogiorno, in particolare tra le donne. Significativamente più elevata che nel resto d’Europa è anche la quota di giovani non occupati e non coinvolti in attività educative o formative. Tale condizione, particolarmente grave per il progressivo impoverimento del capitale umano delle persone coinvolte, riflette nel nostro paese più che negli altri lo scoraggiamento rispetto alle difficoltà di occupazione”.
Visto che Fabrizio Saccomanni - che spero vivamente possa essere il prossimo Governatore di Bankitalia – parla di scoraggiamento, come si fa a uscire dallo stato di abulia e depressione, che spesso vedo tra i banchi dell’Università?
Tornano utili le parole dell’economista Luca Meldolesi che recentemente ha scritto: “Vedo giovani più intenti a collezionare “pezzi di carta” che ad affrontare le asperità della vita professionale ed a coltivare la passione del cambiamento – in modo da accrescere così, sull’uno e sull’altro versante, le loro capacità effettive.
Mi pare che la differenza rispetto al passato risieda nel numero: un tempo si parlava del “prendersi il pezzo di carta” (la laurea), ora invece i “pezzi di carta” (diploma, laurea breve e lunga, master, dottorato, stage, collaborazioni, partecipazioni ecc.) sono numerosi, e “fanno curriculum”. Ma nel primo caso, come nel secondo, gran parte dell’esercizio corrente poggiava (e poggia) sulla speranza di “poter vivere” (di rendita) su quanto si è appreso in un campo specialistico determinato, una volta per tutte - in un certo momento della propria formazione ufficiale.
E’ un atteggiamento mentale disdicevole che riflette un’origine storica di lunghissimo periodo (il desiderio delle classi subordinate di condurre una vita comoda, oziosa, come quella “del signore”) e che è in rotta di collisione con le esigenze cognitive della modernità. Quest’ultima, infatti, richiede l’apprendimento continuo e una specializzazione di partenza; ma anche consiglia una grande curiosità, un’ingordigia di conoscenza, in campi limitrofi, fino a suggerire urbi et orbi di esercitarsi nell’imparare ad imparare... Il mio consiglio ai giovani è dunque di lacerare l’involucro entro cui essi stessi (insieme alle rispettive famiglie) tendono a collocarsi – un quotidianità pigra che sfocia immancabilmente nella delusione e persino nella perdita di fiducia nelle proprie forze – per affrontare, invece, la vita a viso aperto, mettendo in moto le straordinarie energie che possiedono; e ricercando esplicitamente, e senza remora alcuna, i punti d’incontro tra l’interesse personale e l’interesse collettivo”.
A lezioni ai miei studenti dico sempre: "Approfondite, andate in profondità, non limitatevi a surfare su google, siate curiosi, coltivate il desiderio di sapere, non accontentatevi delle dispense, andate in biblioteca a leggere i libri extra curriculari".
Marco Vitale, nel lontano 1979 scriveva su Panorama: “Coraggio giovani!
Il mestiere di giovane non è, oggi, un mestiere facile. Cadono tanti miti, cadono tante illusioni. Da una parte vi si preconizza un nuovo Rinascimento economico e culturale. Dall’altra vi si offre l’immagine di una società dove una cittadella chiusa di privilegiati, tutta intenta a conservare i propri privilegi, respinge ai margini le giovani generazioni. Senza occupazione. Senza speranza.
Giocando a bocce ferme, chi vi fornisce questo messaggio della disoccupazione giovanile ha perfettamente ragione. Ma la storia e l’economia ci insegnano che nella vita non si gioca mai a bocce ferme. Le bocce corrono, e in che direzione correranno dipenderà anche da voi.
Quanti se, quante grandi sfide ci stanno davanti! E come muterà il vostro tasso di occupazione a seconda di come risponderemo a queste sfide. Nessun fatalismo quindi. Il libro del destino è, come sempre, tutto da scrivere, E’ vero che la cittadella che vi respinge è ancora, in gran parte, piena di cialtroni.
E’ una cittadella che ha tante crepe, dove basta un martello per entrare, purché sia un martello fatto di buon materiale. Non preoccupatevi delle proiezioni sulla disoccupazione. Preoccupatevi piuttosto di capire che nella cittadella i cialtroni non stanno tutti dalla stessa parte....Entrate, infiltratevi nella cittadella, senza partecipare ai suoi riti di violenza, e cercate quelli che, all’interno di essa, si vergognano.
Coraggio, giovani! Non ci sarà disoccupazione. Se sapremo far correre le bocce nella direzione giusta, nel modo giusto”.
Le parole di Marco Vitale del 1979 sono ancora attualissime.
Il discorso dell'accumulare pezzi di carta è verissimo, ma qual'è l'alternativa? Se non hai una laurea puoi giusto fare la cameriera o la cassiera o la commessa (che non c'è nulla di male, ma non è quello che voglio fare nella vita..).. E introdurre la laurea triennale è stata una grandissima cazzata, perchè ti dicono tutti che non è sufficiente, e va a finire che invece che metterci 5 anni come prima ce ne metti almeno 6 per avere in mano un biglietto d'ingresso nel mondo del lavoro (quanti riescono a fare le cose in tempo? ma non dico solo a bergamo, è un problema diffuso)...
RispondiEliminaPoi cosa succede? che finisci anche la specialistica e in Italia non ti assume nessuno se non sei raccomandato, allora certo che te ne vai all'estero, non hai alternative: e il paese si perde i giovani di cui ha pagato l'istruzione a vantaggio dei paesi dove il merito conta davvero, non solo a parole....
E' difficile coltivare ambizioni in un paese dove ti tagliano le gambe prima ancora di partire... E il coraggio di cui parli serve innanzitutto per questo: ci vuole coraggio anche solo per sperare in un futuro diverso.. Coraggio perchè, se non arrivi dalla famiglia giusta, se non hai le giuste raccomandazioni, sai già che troverai decine di muri da abbattere, e dovrai farlo da sola.. Coraggio e pazienza, perchè una volta abbattuti tutti i muri, devi costruirtelo il tuo futuro, e non vedrai subito i risultati, ci vorranno anni probabilmente...
Alla pessima situazione occupazionale si aggiungono a "vantaggio" della nostra fortunata generazione:
RispondiElimina1) sistema pensionistico che prevede il contemporaneo crollo degli assegni e la crescita dell'età pensionabile. Tutto spiegato dall'invecchiamento della società? assolutamente no!. Per ragioni elettorali l'adeguamento del sistema è stato spostato sulle generazioni future invece di essere risolto nell'immediato. Più facile abbassare le pensioni che verranno erogate fra 30-40 anni piuttosto che abbassare quelle attuali.
2) debito pubblico enorme che per forza di cose penderà sulla nostra generazione.
Qui più che coraggio ci vuole una rivoluzione.
Non violenta ovviamente.
Saluti,
Andreas Copper
Rispondo al primo post: sono d'accordo su quasi tutto con te, ma non diciamo assurdità riguardo all'impossibilità di finire in corso l'Università.
RispondiEliminaIo finirò fuori corso di 3 mesi, ma ho lavorato a tempo pieno per tutta la durata del corso di studi.
Dopo questa esperienza non mi spiego come si possa finire fuori corso facendo lo studente a tempo pieno.
Saluti,
Andreas Copper
Non parlavo per me..
RispondiEliminaIo mi laureo nei 3 anni giusti, a pieni voti o quasi e l'anno scorso ho lavorato per 6 mesi quindi so cosa vuol dire..
Il problema è l'organizzazione che rende molto difficile laurearsi nei tempi.. Io per esempio ho dovuto fare 6 esami negli ultimi due mesi (concentrati in 2 settimane), oltre che scrivere la tesi, fare i test di ammissione ad una specialistica e completare tutte le pratiche... Insomma, è stato difficile perché era organizzata proprio male, come se facessero di tutto per farti andar fuori corso...
Il maestro Gandhi diceva:"Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo".
RispondiEliminaNoi giovani è vero abbiamo le gambe "tagliate", ma vediamo il lato positivo della cosa: abbiamo una sfida dinnanzi noi enorme. Possiamo cambiare tantissime cose,dato che altrettante tantissime funzionano malissimo. Coraggio, forza interiore e fame. Questo ci deve spingere.
Federico T.
A proposito di fame, Steve Jobs: "Stay Hungry, Stay Foolish"
RispondiEliminaNon siamo ai livelli di Ghandi, ma di certo è un grande esempio per noi giovani, di come sia possibile cambiare le cose quando tutto sembra andare male...
ISA
"La quotidianità del coraggio"-Umberto Ambrosoli.
RispondiEliminaMettiamoci bene in testa le immagini degli italiani migliori: Ciampi, Draghi, Ambrosoli ecc...prendiamo spunto da loro e andiamo avanti, le cose sono cambiate tante volte in questo paese e non vedo perchè adesso non possono farlo di nuovo!!!
TeoC