lunedì 10 gennaio 2011

Le banche italiane sono messe veramente meglio delle altre?

Durante le vacanze natalizie, mentre ero in fila a Parigi – circondato dal vociare di tanti connazionali – al Musée d’Orsay (splendido), ho preso in mano il giornale e ho letto nella pagina dei titoli azionari una sequela di bagni di sangue per i titoli finanziari.

Siccome si continua a leggere che le nostre banche sono le più solide del mondo, ci si potrebbe chiedere il perchè di siffatte performance negative. Leggiamole insieme (dal 1° gennaio al 29 dicembre 2010):

- Unicredito -29%
- Monte dei Paschi (MPS) -30%
- Banco Popolare -32%
- UBI Banca -33%
- Intesa Sanpaolo S.p.A. -34%
- Unipol Banca -45%
- Banca Popolare di Milano -46%

Nello stress test effettuato a giugno dalla Banca centrale europea, MPS, UBI e Banco Popolare erano, rispettivamente, al 79°, 70° e 67° posto per dotazione di capitale nello scenario avverso. Intesa Sanpaolo, la più solida al test, non andava oltre il 49° posto.

L’economista Alessandro Penati scrive con saggezza: “Si dice che il sistema bancario italiano abbia superato la crisi finanziaria meglio degli altri, grazie al maggior radicamento territoriale, meno finanza e più attività tradizionale. Ma la Borsa non sembra apprezzare le apparenti virtù dei nostri banchieri: i nostri maggiori istituti sono tra i più penalizzati proprio dall’inizio della crisi greca: meno 19% in media rispetto all’indice di settore europeo”.

Cosa possiamo aspettarci da parte dei manager dei nostri istituti di credito? Ce lo dice la Banca d’Italia: “In questa fase congiunturale, la capacità di generare flussi di reddito appare compressa, poiché, in un modello di intermediazione incentrato sul credito a imprese e famiglie, essa è fortemente dipendente dal livello dei tassi d’interesse e dalle perdite sulle sofferenze. Nel primo semestre di quest’anno il ROE medio delle prime cinque banche è sceso al 4 per cento, un punto in meno rispetto allo stesso periodo del 2009. Diverse grandi banche europee hanno invece migliorato la redditività. La differenza è riconducibile principalmente a un margine di interesse in ripresa per le banche europee e ancora in flessione per quelle italiane, che hanno risentito della riduzione dei volumi intermediati e dei tassi d’interesse. Sugli utili delle banche italiane continuano inoltre a gravare significative perdite su crediti, ancorché in flessione rispetto all’anno precedente. Nel primo semestre di quest’anno esse hanno assorbito oltre metà del risultato di gestione. Come accennato in precedenza, il profilo temporale dei nuovi requisiti patrimoniali colloca la parte maggiore dello sforzo di adeguamento negli anni successivi al 2015, cioè in una fase congiunturale presumibilmente diversa da quella attuale. Peraltro, va notato, da un lato, che le strategie di molte banche internazionali puntano sulla realizzazione immediata di significativi aumenti di capitale, piuttosto che sul graduale adeguamento del patrimonio attraverso la ritenzione di utili; dall’altro, che difficilmente le banche italiane potranno sottrarsi a una nuova fase di riduzione dei costi, analogamente a quanto sta avvenendo all’estero”(Giovanni Carosio, Vicedirettore della Banca d’Italia, Audizione al Senato della Repubblica- Indagine conoscitiva sui rapporti tra banche e imprese L’effetto delle regole di Basilea 3 sulla patrimonializzazione delle banche e sull’economia, 23 novembre 2010).

Traduciamo il linguaggio forbito del membro del Direttorio: più sofferenze sugli impieghi, più accantonamenti, meno utili, più tagli (compresi quelli del personale). Marco Onado scrive a sostegno della tesi di BI: “Se andiamo a guardare i dati delle banche italiane, vediamo che il livello dei costi sul margine di intermediazione è rimasto invariato rispetto a 25 anni fa”.

Quando al TG1 ci raccontano – storytelling!, vedi post  – che le banche italiane non hanno asset tossici, cambiamo canale. Quando la crisi colpisce duro, gli asset tossici sono gli impieghi!

5 commenti:

  1. La situazione è evidentemente molto più seria di quella propagandata. Mi chiedo però se in una situazione precaria e tragica come quella dell'attuale economia mondiale (europea ed americana "in primis"), non sia più sensato raccontare mezze verità come stanno facendo alcune Istituzioni (italiane) invece di dichiarare la nuda verità; Se lo stesso panico che ha colto gli investitori sui mercati è stata una deflagrante concausa della attuale crisi, chissà quale potrebbe essere l'effetto sull'economia reale (e non) di un panico diffuso del "vulgus" alla notizia che il sistema bancario italiano è a rischio. Il "vulgus" non ha alcuna conoscenza superficiale dell'argomento e sarebbe totalmente in balia della propaganda partitica e giornalistica, nonchè preda di comportamente isterici nemmeno immaginabili all'interno di un conflitto sociale già altissimo...

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  2. "chi ga mia antadur i se anta des per lur"... si dice a Bergamo "chi non ha estimatori si stima da solo"
    E' il solito auto incensamento all'italiana, stessa scena vista a proposito del caso Diossina, "state tranquilli che in Italia ci sono più controlli!". Ma chi l'ha detto? Mi piacerebbe far analizzare i prodotti agricoli nell'area di Taranto per vedere i bassissimi livelli di diossina presenti...
    Andreas Copper

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  3. Più passano gli anni e più evito di dare peso a ciò che viene pubblicato sui quotidiani, a ciò che viene comunicato dagli analisti finanziari e, principalmente, a ciò che ci viene detto dagli organismi nazionali e sovranazionali.
    L'avidità crescente degli ultimi vent'anni ha snaturato ed esasperato il concetto di consumismo, l'etica è diventata quasi un difetto ed il normale rallentamento economico, sana medicina per ripulire il mondo dalle attività non sane e non solide, è visto come uno spettro a cui si deve immolare qualunque sforzo pur di evitare la sua comparsa.
    Per restare in tema, non so se le le banche italiane siano meno a rischio poichè hanno sempre fatto meno finanza, non per scelta ma per fortuita arretratezza, e sono rimaste più sul business tradizionale bancario, ma so che non possono essere considerate avulse da una crisi finanziaria ed economica globale.
    Nel 2008 il mondo ha perso un'occasione d'oro di fare un po' di pulizia. Si è fatto di tutto per non pagare un conto in sospeso. Il conto è ancora in sospeso ed è paurosamente aumentato.
    Ma non fa nulla, il GDP mondiale sale per cui non c'è nulla di cui preoccuparsi, vero?

    Giovanni Sada

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  4. Giovanni, mi trovo d'accordo su tutta la linea (tranne che io io giornali li leggo, e anche tanto). Ti riporto un passo dell'introduzione di Cipolletta al suo "Banchieri, politici e militari", già recensito sul blog: "E la recessione è sempre un male? Cominciamo a dire che una recessione non è una malattia, semmai è il prodotto di una malattia. Anzi, specie in passato essa rappresentava la cura della malattia, come una purga dopo che si è mangiato troppo. Quando un sistema economico cresceva troppo e viveva al di sopra delle proprie possibilità, allora si generavano squilibri e bisognava arrestare la crescita....La recessione , con la caduta della domanda e della produzione, contribuiva a ristabilire un migliore equilibrio, dal quale ripartire per una nuova crescita". Chi rompe, paga, ma queta volta i banchieri non hanno pagato per nulla e sono pronti a comprarsi l'ennesima Ferrari. I cocci? Al parco buoi.

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  5. Caro Beniamino, non fraintendere. I giornali li leggo ma do sempre meno peso a ciò che sta scritto. Diciamo che ciò che leggo lo uso come spunto di riflessione personale.
    Scioccato dalla reazione del mercato dopo l'asta dei titoli portoghesi, il settore bancario a mediamente +10% solo perchè finalmente abbiamo convinto anche il Giappone a comprare la rumenta europea così adesso ce l'hanno proprio tutti, proseguiamo come se nulla fosse.
    Non sono preoccupato del futuro: sono terrorizzato, non tanto per me che ho più di 50 anni, ma per i miei figli. Se continuiamo a stabilire la crescita economica usando il vecchio GDP abbiamo veramente un serio problema. Un terremoto con 1.000.000 di vittime crea GDP! Dovremmo forse augurarci che accada?
    Il GDP è solo il fatturato di un'azienda, ma nulla dice sulla salute della stessa.
    La chiudo qui, sto andando fuori tema del post.
    Un caro saluto a tutti.

    Giovanni Sada

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