lunedì 13 giugno 2011

Il caso Madoff, il mastino Irving, Unicredito e il rischio reputazionale

Il 12 Marzo 2009 Bernard Madoff - il finanziere di New York, ex presidente del Nasdaq - si è dichiarato colpevole di tutti gli 11 capi d'accusa a lui ascritti ed è stato condannato a 150 anni di carcere.

Rispetto agli altri hedge fund Madoff non vantava profitti del 20-30% ma si attestava su un più ragionevole rendimento del 10% annuo che però rimaneva costante a prescindere dall'andamento del mercato. Il Financial Times ha scritto: “The returns on Madoff’s funds were not extraordinarily high, running at about 10 %; however they were steady, which appealed to conservative European investors. Clients were also reassured by apparently close ties that Madoff enjoyed to respected French and swiss banks, such as Union Bank Privée” (Madoff spins his story, 9 April 2011)

La truffa consisteva nel fatto che Madoff versava l'ammontare degli interessi pagandoli con il capitale dei nuovi clienti. Il sistema è saltato nel momento in cui i rimborsi richiesti superarono i nuovi investimenti. L'inganno è stato smascherato in quanto nell'ultimo periodo le richieste di disinvestimento avevano raggiunto una cifra - circa 7 miliardi di dollari - che Madoff non è stato in grado di onorare con le risorse finanziarie disponibili.

La truffa complessiva si aggira sui 20 miliardi di dollari, quindi simile a quella perpetrata da Calisto Tanzi patron di Parmalat – il quale però condannato in primo grado a 14 anni, è ancora in libertà o agli arresti domiciliari, Madoff ha subito una condanna a 150 di carcere.

Si è parlato a tal proposito di Ponzi Scheme. Lo schema di Ponzi è un modello economico di vendita truffaldino che promette forti guadagni alle vittime a patto che queste reclutino nuovi investitori, a loro volta vittime della truffa. Lo schema di Ponzi permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote. I guadagni derivano infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie. Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi "investiti" non danno alcuna vera rendita né interesse, essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse.

Le caratteristiche tipiche sono:

• Promessa di alti guadagni a breve termine
• Ottenimento dei guadagni da escamotage finanziari o da investimenti di "alta finanza" documentati in modo poco chiaro
• Offerta rivolta, all'epoca in cui fu architettata la truffa, ad un pubblico non competente in materia finanziaria
• Investimento legato ad un solo promotore

La tecnica prende il nome da Charles Ponzi, un immigrato italiano – nato a Parma come Calisto Tanzi, oh! gli scherzi della storia - che divenne noto per avere applicato nei primi anni del ‘900 una simile truffa su larga scala nei confronti della comunità di immigrati prima e poi in tutta la nazione. Ponzi non fu il primo ad usare questa tecnica, ma ebbe tanto successo da legarvi il suo nome coinvolgendo 40.000 persone e raccogliendo oltre 15 milioni di dollari.

La stampa internazionale ha dato grande risalto alle azioni intentate dal curatore fallimentare – trustee of the liquidation - di Madoff, Irving Picard, che si è rivalso con prontezza sugli intermediari – secondo l’accusa - compiacenti con la truffa. Picard ha intentato cause nei confronti di JP Morgan, HSBC.
In particolare, abbiamo letto settimana scorsa su Business Week che il mastino Picard ha convinto il giudice distrettuale di New York Jed Rakoff a prendere in considerazione in un tribunale ordinario l'accusa di racketeering. Il ricorso sulla base del Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act (RICO) mira a ottenere da Unicredit - coinvolta attraverso l'austriaca Bank Medici AG - l'indennizzo di 59 miliardi di dollari, cioè il triplo del danno subito.

Irving Picard e il suo team di avvocati dello studio Baker Hostetler - che lavorano au na tariffa di 747 dollari l'ora - hanno già recuperato 9 miliardi di dollari, una somma spaventosa. 7,2 miliardi $ derivano dall’intera restituzione delle plusvalenze realizzate da Jeffry Picower – storico amico e investitore nei fondi di Madoff - i cui eredi hanno preferito uscirne in modo esemplare.

Intervistato in carcere dagli inviati del FT, Madoff ha detto: “If Picard is successful, he may get $50bn. That means that there will be $30bn profits to go around, which would make me one f the greatest money managers in modern history”. Ha ancora voglia di scherzare!

La truffa di Madoff per ora lascia sul terreno solo 10 miliardi di dollari, inferiore quindi alla truffa del nostro Tanzi, che rimane saldamente in testa come il più grande truffatore di tutti i tempi.

Come ben ha scritto John Gapper sul Financial Times: “Wall Street’s involvement with Mr Madoff was a spectacular example of a bigger failure of ethics and risk management in the bull market. Too often, banks were over-eager to take fees for what they wrongly regarded as low-risk activities that would not absorb regulatory capital

In relazione al tema della custodia e delle banche depositarie, Gapper magistralmente scrive: Other people’s money (dal titolo del grandissimo Louis Brandeis, giudice della Corte Suprema Americana) would become other’s people’s problem”.

In un altro intervento sull’FT, il chairman dell’autorità di vigilanza inglese - Lord Turner dell’FSA – ha invitato i regolatori introdurre incentivi ai banchieri affinchè prendano meno rischi con il capitale a disposizione (We need new rules to keep bankers honest”, 7 dicembre 2010)”.

Le banche non possono più sottovalutare il rischio reputazionale. “Reputation risk-taking can also costly, as Mr Picard is demonstrating”. Come sostiene il mitico Warren Buffett, “Ci vogliono vent'anni per farsi una reputazione, e cinque minuti per rovinarla”.

Un’ultima battuta. Colui che per anni ha denunciato le truffe di Madoff – con la SEC dormiente – si chiama Harry Markopolos, grandissimo whistleblower (o spione secondo la pessima accezione italica, ci abbiamo dedicato un post Spione o whistleblower?), dal cognome un grande erede del mitico viaggiatore e mercante veneziano.

6 commenti:

  1. Beniamino, il rivalersi sulle banche è del tutto corretto. Te lo spiego in prima persona: anni prima che saltasse ero investito in un feeder europeo di Madoff. Il custodian era HSBC. TUTTA la documentazione sull'andamento del fondo era erogata da HSBC: poisizioni, transazioni del trimestre, etc... (come peraltro succedeva con altri feeder che avevano come custodian Santander, UBS e altre banche). Ergo, la MIA controparte era HSBC, non Madoff.
    Ora, è autoevidente che ci sono solo DUE possibilità:
    i) negligenza nell'effettuare i controlli (il custodian accettava ciecamente i report delle transazioni da Madoff, replicandoli, e dunque non svolgendo il proprio mestiere. In sostanza forniva documentazione falsa);
    ii) connivenza.
    In entrambi i casi, le banche sono tenute a rispondere di truffa, come e quanto Madoff. Ed è esattamente quanto sta accadendo nelle varie cause collettive.

    Altro appunto: moltissimi investitori in feeder di Madoff non erano "pubblico non competente in materia finanziaria" bensì professionisti, proprio per le performance regolari ma non particolarmente elevate che si ottenevano (nel mio portafoglio hedge, per dire, era uno di quelli che performava peggio). E' vero che giravano voci che fosse una black box impermeabile alle due diligence, ma non era l'unico a comportarsi così (e dovresti saperlo bene).

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  2. Sono d'accordo sulle banche depositarie, che non potevano non sapere. Se Madoff NON ha mai comprato alcunchè, come ptevano i custodian non vedere che non c'era niente da custodire?
    Bank Medici part of Unicredit comunque non era custodian.
    B. Piccone

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  3. Bank Medici gestiva direttamente uno o più feeder, se non ricordo male.
    Comunque non sono sicuro che Madoff non operasse su asset reali, qualcosa c'era.

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  4. Madoff in audizione ha detto testuali parole: "I have never bought anything".bp

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  5. Beniamino anche a me risulta (da fonti attendibili anche se non ho verificato direttamente) che Madoff effettuasse agli inizi (fine anni 80) l'operazione che vendeva ai suoi "investitori (che erano in buona parte sofisticati finaziariamente, molti parte dell'intelligenzia e finanza ebrei) i.e l'acquisto di un paniere significativo di titoli che compongono l'indice S&P 100, la vendita di una call di poco "out of the money" col cui ricavato acquistava una put "at the money". Riusciva ad effettuare tale arbitraggio avendo un'ottima visibilità dei flussi di mercato, essendone uno dei principali broker/dealer, e sfruttando le imperfezioni del sistema di formazione dei prezzi (non c'era il livello di automazione attuale) dell'epoca. Detto questo non c'è dubbio che a partire da un certo punto (molti anni fà) non abbia più effettuato operazioni sul mercato. Condivido quindi pienamente i punti della tua nota, in particolare il diverso trattamento giudiziale di Madoff e Tanzi (un vero scandalo), la responsabilità oggettiva delle Banche che avrebbero dovuto per lo meno controllare (bastava verificare i volumi del mercato, quasi sempre inferiori a quelli impliciti nell'operazioni "dichiarate" da Madoff). Aggiungerei che il maggior/peggior responsabile è la SEC che aveva il compito di vigilare l'attività di broker/dealer di Madoff e che ha ignorato i ripetuti avvertimenti molto circostanziati fatti da Markopoulos a partire da alcuni anni prima del crack. PS Le vignette sono fantastiche, quella sui sistemi pensionistici anche molto amara (fà pensare all'Inps prima della recente modifica del sistema "pay as you go")

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  6. Perdonate il ritardo, leggo questo post solo oggi.
    1. Non conosco il caso specifico poiche' analizzo altri tipi di fondi hedge, ma in alcuni casi la custodian del feeder 'vede' solo il master fund, prendendo per buono il fatto che la depositaria del master ha sott'occhio l'attivita' del gestore. Questo per rispondere alla domanda 'ma la depositaria non vedeva che non c'era attivita'?'. Rimane il fatto che per lo meno di negligenza puo' essere accusata. Se in uno scenario ideale anche una tale negligenza andrebbe paragonata ad una frode e punita come tale, nel nostro mondo e' ahinoi un po' eccessivo, poiche' di simili colpe si macchiano tutte o quasi le banche del mondo, che si sono lasciate guidare dalla raccolta e dai profitti, e han dimenticato la diligente analisi di cosa stavano facendo. Cio' e' molto grave, e sta alla base della scelta di usare troppa leva finanziaria sugli asset reali, e ha portato i debiti bancari e sovrani dove sono. Ma e' una successione di eventi in parte ignorante, non cosi' volontaria come molti pensano, pertanto non puo' essere paragonata alla pari all'atto di frodare; sta un paio di gradini sotto. Non va sottovalutato, ci arriveremo, e le autorita' di regolamentazione stanno avanzando a grandi passi; ma partire da quello e' pretendere troppo, e' un po' come partire da dare le multe a chi attraversa a piedi non sulle strisce prima di punire chi accoltella.
    2. Su una linea simile va la valutazione di coloro che hanno abboccato pur essendo professionisti; qui c'e' da perdonare l'innata attrazione per la magia e la genialita', ma altresi' riconosciuto l'errore di valutazione commesso. Un fondo di fondi hedge con un processo di due diligence approfondito e la giusta etica del lavoro non ha comprato il fondo di Madoff, poiche' non poteva soddisfare i suoi requisiti. Chi lo ha fatto, ha dimenticato la propria procedura. Per questo dico, non fatevi illudere dalla performance mostrata o dagli effetti speciali di una presentazione, cercate di capire se il gestore, consulente, analista, utilizza con serenita' e continuita' un processo di lavoro solido, che includa il buon senso, cercate la qualita' eserieta' del lavoro, non le dimensioni o l'estetica di cio' che viene offerto.

    Giovanni P.

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