Ce lo ricordiamo attaccante del Foggia, in forma spumeggiante, allenato dal mitico Zeman, boemo che si è sempre dimenticato di curare la difesa. L’importante era segnare un gol più degli altri, ma i gol servono per la campagna abbonamenti, la difesa per vincere gli scudetti o la Coppa dei Campioni!
Beppe Signori |
Intorcia su Repubblica ne fa un ritratto perfetto: : “La maglia numero 10 del Bologna se la giocò a carte col compagno di squadra Locatelli. Con un altro, Fontolan, la posta divenne un lancio in parapendio. Col medico sociale dei rossoblù, il dottor Nanni, una scalata in bicicletta sull'Appennino. E con l'allenatore Guidolin ogni estate fissava un limite di gol da superare: il tecnico perse e fu costretto a pulirgli le scarpe, poi vinse e se lo portò dietro in bici fino a Cervia. In fondo, a ripensarci adesso, pure la carriera di Beppe Signori è stata una lunga scommessa. Da quando Zeman, al Foggia, lo battezzò "bomber" al primo incontro e gli cambiò la vita, a quando, in età matura, accettò il prestito al Bologna per rigenerarsi e restarci sei stagioni. Una sfida dopo l'altra. Di quelle, non s'è mai saziato.
Padre Pio da Pietrelcina |
Ieri su Repubblica abbiamo letto: "Il perno del sistema delle scommesse era l'asse Bologna-Singapore. Singori, attraverso un intermediario ancora da individuare, faceva da garante per le scommesse sul calcio italiano di tutte le categorie, scommesse che venivano effettuate a Singapore. Dove c'era qualcuno in grado di giocare cifre mostruose sulle partite truccate".
Siamo andati nel nostro studio a recuperare Il Giocatore di Dostoevskij, che meglio di ogni altro ha descritto la compulsione del giocatore. Il Giocatore finge l’attaccamento al lucro ma l’oscuro oggetto del desiderio è un altro: è l’estrema bramosia di rischio, la voglia di stupire gli spettatori rischiando follemente. La dipendenza senza sostanze è così raccontata nelle parole di Ivanovic: “Mi sembra di essermi fatto come di legno, di essermi come impantanato nella melma”.
Non possiamo che trovarci d’accordo con Gianni Rivera che intervistato dal Corriere, dice: “In questa inchiesta ci sono quelli ai quali non basta ciò che hanno, e quelli che invece vogliono ad ogni costo migliorare la loro posizione. Tutti uniti dal rifiuto dell’idea che nella vita si possa star bene anche con meno soldi...ame sembra che questo scandalo dimostri, da parte dei giocatori ancora in attività, la voglia di arraffare il più possibile da una tavola che per loro sarà imbandita ancora per poco”.
Chiudiamo allineandoci all’opinione di Tito Boeri, ideatore del Festival dell’Economia e animatore della voce.info (e mille altre cose): “Il miglior antidoto contro gli illeciti sportivi è la sanzione sociale contro chi viola le regole e la valorizzazione di chi rompe il fronte dell’omertà”.
Possiamo solo augurare a Beppe Signori quello che Dostoevskij immagina per il suo protagonista: "Che cosa sono io adesso? Uno zéro. Che cosa posso essere domani? Domani posso risorgere dai morti e cominciare di nuovo a vivere! Posso ritrovare in me l'uomo, finché non si è ancora perduto".
P.S.: ci permettiamo di consigliare un libro meraviglioso: Sergio Luzzatto, Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia nel Novecento, Einaudi, 2007
Benia,
RispondiEliminadiscorso molto complicato. forse avrei anche sottolineato che quando un giocatore in attività guadagna cifre importanti, di solito, spende cifre altrettanto rilevanti. Smettere di giocare comporta un trauma sociale ed economico. Il primo lo cerchi di superare riciclandoti in qualche club come allenatore, dirigente, osservatore...il secondo cerchi subito la via facile: scommetto e vinco...