martedì 28 giugno 2011

Il tributo di Mario Draghi a Paolo Baffi, Governatore integerrimo

Mario Draghi
Abbiamo letto nel week-end elogi sperticati della stampa internazionale per Mario Draghi, definito "Prussiano", "SuperMario" e "Unitalian". Ottimo. Buon per noi - onore all'Italia - e per lui.

Prima di partire per Francoforte sul Meno, Mario Draghi ha sentito il dovere di rendere ancora una volta onore al Governatore della Vigilanza, Paolo Baffi, a lui presentato dal suo Maestro, Federico Caffé, a cui abbiamo dedicato un post, Omaggio a Federico Caffè , che vi invitiamo a leggere.

Nel suo Intervento del 13 giugno all'Accademia dei Lincei Draghi si focalizza su quattro punti:

Paolo Baffi
1. Il ruolo di Paolo Baffi nella crescita del Centro Studi di Banca d’Italia: “Quando il venticinquenne Paolo Baffi fu assunto in Banca, nel 1936, i ricercatori dell’Ufficio Studi erano 6, e la figura stessa del funzionario-economista, dello specialista in seno a una amministrazione, era una novità. Quei pochi dovevano soddisfare una fame formidabile di conoscenze economiche da parte dei policy makers: temi quali la regolazione finanziaria, il controllo del ciclo, l’ordine economico internazionale, l’assetto strutturale dell’economia richiedevano l’apporto professionale dell’economista, la capacità di guardare ai fenomeni economici come a un insieme strutturato e coerente”.

2. Il Governatorato Baffi in un periodo turbolento della storia italiana. Così Draghi: “Paolo Baffi fu governatore della Banca centrale in un momento difficile della storia italiana. L’improvviso aumento del prezzo del petrolio aveva provocato un impoverimento di tutti i Paesi industriali, che subivano insieme l’inflazione dei prezzi e la deflazione della domanda. In Italia si aggiungevano due fattori aggravanti il disequilibrio: un deficit pubblico crescente e un sistema di indicizzazione dei salari troppo sensibile.


Nelle sue prime Considerazioni finali, lette all’indomani della crisi valutaria scoppiata all’inizio del 1976, Baffi propose due misure volte a fronteggiare l’emergenza: un “patto sociale” con le confederazioni sindacali per controllare la crescita del costo del lavoro, e un razionamento del credito al settore produttivo qualora l’evoluzione della finanza pubblica portasse a situazioni di “eccesso monetario rispetto alle linee di tendenza prevalenti nel resto del mondo interessato al nostro commercio”.

Lo stesso Baffi definì il periodo 1975-1979 “il mio quinquennio di fuoco”.

3. Le trattative guidate da Baffi per l’ingresso della lira nel Sistema Monetario Europeo (SME): “Nelle trattative per l’adesione al Sistema monetario europeo, svoltesi nel 1978, egli fu molto cauto, preoccupandosi di garantire al sistema coesione nel lungo periodo: “E’ presumibile che le disparità di andamento delle variabili economiche e monetarie nei paesi della Comunità non permetteranno di evitare il ricorso ad aggiustamenti reciproci nei rapporti di cambio. A questo fine, margini di fluttuazione bilaterale relativamente ampi svolgono l’utile funzione di consentire la modifica dei tassi centrali senza quelle discontinuità nelle quotazioni di mercato che renderebbero il sistema prono alla speculazione”.

La cautela di Baffi si estrinsecò nella trattativa volta a ottenere la banda larga del 6% per l’Italia. Storiche furono le negoziazioni tra Baffi e il Governatore della Bundesbank Emminger. In un articolo del 12 settembre 1988 – “Così conquistammo Emminger” sul Sole 24 Ore Baffi scrisse: “Mi angosciava l’idea che risultati tanto apprezzabili potessero venire compromessi della partecipazione a un accordo di cambio rigoroso, che legando strettamente la lira all’area del marco la costringesse in una situazione sistematica di apprezzamento del cambio reale, penalizzante per l’esportazione. A questa preoccupazione si riconduce l’insistenza usata per ottenere una banda larga, che rendesse meno acuto il dilemma tra l’accettazione di periodi ricorrenti di sovravalutazione del cambio reale e la richiesta di aggiustamenti frequenti del tasso centrale, ognuno dei quali avrebbe potuto essere causa di attriti e suscitatore di ondate speculative”.

4. L’attacco al Governatore e all’autonomia di Banca d’Italia nel 1979. Così il futuro Governatore della BCE: “Il fatto che la legge sancisca, come oggi avviene in ambito europeo, l’autonomia della Banca centrale non è tutto: per essere piena e operante, l’autonomia abbisogna di un retroterra culturale e morale che si chiama indipendenza di giudizio, rigore analitico, impegno civile.


L’incriminazione subita da Baffi nel 1979 nel quadro di un attacco intimidatorio all’autonomia della Banca d’Italia, seguita a due anni di distanza dal pieno proscioglimento, lo indusse alle dimissioni ma non intaccò minimamente una reputazione costruita in oltre quarant’anni di dedizione al bene pubblico.


Gli scritti raccolti negli Studi sulla moneta e nei Nuovi studi sulla moneta, non meno delle Considerazioni finali pronunciate in qualità di Governatore, testimoniano l’impegno di Baffi per difendere e coltivare un patrimonio ideale che la Banca d’Italia mette al servizio della collettività”.

Io consiglio di rileggere i miei post dedicati a Paolo Baffi, affinchè la memoria labile di questo Paese si rafforzi attorno a personaggi di altissima levatura.

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