mercoledì 1 giugno 2011

Il boicottaggio senza senso dei test INVALSI

Mia figlia Allegra è tornata a casa felice e mi ha detto: “Papi, domani ci saranno i test INVALSI”. Per i profani INVALSI sta per Istituto nazionale del sistema educativo di istruzione e formazione
L’obiettivo è di misurare - con test standardizzati predisposti dal Ministero - il livello di preparazione degli studenti italiani, in due aree: Lettura e Matematica.

Io ero preoccupato del buon esito delle prove perchè molti professori hanno boicottato i test, soprattutto nel Sud Italia. Il mondo della scuola ha paura dei test. Ma non è una novità. Il sistema Italia è abituato agli automatismi di carriera e all’appiattimento dei reward. Ma chi valuta non può non farsi giudicare.

Ascoltiamo il delirio dei Cobas contrari ai Test INVALSI, partendo dalle loro dichiarazioni: “Sono la premessa – spiega Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas – alla valutazione e gerarchizzazione retributiva dei docenti, esasperano la competizione e non servono neppure a migliorare la qualità della scuola....Le prove non sono affatto anonime e permetteranno una tracciabilità delle performance dai 7 anni in su: di fatto una schedatura delle competenze di massa e prolungata nel tempo”. Ma come parli, direbbe Nanni Moretti. Le parole sono importanti. Non siamo negli anni ’70!

Possono essere discutibili nei contenuti – per approfondimenti si rimanda a A. Martini, lavoce.info I test standardizzati presi tra due fuochi – ma sono utili perchè consentono confronti, nel tempo, tra scuole e aree geografiche, tra gruppi sociali. I test scolastici servono a identificare patologie, debolezze, carenze. Dovrebbero servire per capire cosa funziona e cosa non funziona per poi tentare di migliorare ciò che non funziona.

Come ben tramanda la saggezza popolare, se non ti poni il problema di misurare una cosa, significa che quella cosa per te non ha nessun valore.

Le critiche costruttive sono ben accette. Tutti i test sono perfettibili, compresi i test Invalsi. Vediamo cosa si potrebbe migliorare. Luca Ricolfi – Troppi test banalizzano la scuola, La Stampa, 10.5.11  – illustra lucidamente 4 punti deboli.

1. Il Ministero non ha mai chiarito fino a che punto i risultati degli allievi ai test saranno usati per premiare in termini economici le singole scuole e i singoli insegnanti.
2. Per mancanza di risorse (in Olanda l’organismo che valuta il sistema scolastico è composto da 300 persone, in Italia 12 a tempo indeterminato più i soliti stagisti, cocopro, dottorandi, ndr) il Ministero ha scelto di far somministrare la stragrande maggioranza delle prove direttamente agli insegnanti, anziché a personale specializzato dell'Invalsi. L'esperienza passata ha mostrato in modo incontrovertibile che questa pratica produce risultati distorti, perché una parte degli insegnanti aiuta gli allievi a compilare il test, con la conseguenza di assegnare vantaggi e svantaggi indebiti agli allievi, non tutti così fortunati da avere un insegnante complice.

3. I test, non solo in Italia ma in tutta Europa, tendono a valutare capacità diverse da quelle che una buona scuola dovrebbe fornire, e comunque non corrispondenti a ciò che gli insegnanti trasmettono. Nel successo ai test oggi in voga pesano troppo la velocità mentale e troppo poco capacità come ragionamento, astrazione, organizzazione mentale, sensibilità estetica, senso critico.
 4. L'introduzione massiccia dei test produce una gravissima distorsione nel comportamento degli insegnanti, nonché differenze ingiustificate fra gli allievi. Alcuni insegnanti rinunciano a importanti contenuti del loro insegnamento per concentrarsi nella preparazione ai test, divenendo allenatori dei propri studenti. Altri insegnanti si rifiutano di fare gli allenatori, ma in questo modo mettono a rischio la prestazione dei loro allievi ai test, con conseguenze paradossali: tendenzialmente un allievo di un insegnante «normale» saprà più matematica e italiano dell'allievo di un insegnante-allenatore, ma in compenso andrà peggio ai test.


Torniamo sugli aspetti positivi dei test. Battistin e Schizzerotto in modo magistrale – L’Invalsi è democratico, lavoce.info – spiegano come la raccolta sistematica di basi informative sule competenze scolastiche è uno strumento necessario per calibrare politiche scolastiche in grado di garantire una maggiore efficacia dei processi di apprendimento e una riduzione delle disuguaglianze sociali: “Fornire un'immagine obiettiva della nostra scuola permette di ignorare il chiacchiericcio generato da narrazioni aneddotiche e consente la progettazione di interventi mirati, evitando sentenziosità arbitrarie. Del resto, ciò già avviene in molte società avanzate”.
La ricerca ha evidenziato grazie ai test che - nelle scuole della provincia di Trento - la reintroduzione degli esami di riparazione ha moderatamente accentuato le disuguaglianze cognitive già esistenti tra studenti liceali e degli istituti tecnici/professionali e, dunque, tra studenti di origine sociale diversa. È noto, infatti, che i liceali provengono per lo più da famiglie di ceto sociale superiore e che l'opposto vale per gli studenti degli istituti tecnici e professionali.

Chiudo con il parere di un amico imprenditore ed editore: “Il problema è che ci vorrebbero 1000 Roger Abravanel per ribattere alle continue critiche ai test e spiegare agli italiani che i test sono lo strumento che ha portato la meritocrazia negli USA, di cui l'Italia ha tanto bisogno!”

1 commento:

  1. Beniamino, il boicottaggio ha MOLTO senso nell'ottica dei sindacati. Vorrai mica che si possa SURRETIZIAMENTE introdurre dei meccanismi di accountability e magari pure della meritocrazia, VERO? Sei EVERSIVO!

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