George W. Bush |
La seconda guerra mondiale ha sconfitto le dittature in Germania e Italia, ma ne ha favorito la crescita in Unione Sovietica, con Stalin, e in Cina con Mao Zedong.
Cosa si può fare, invece? La scrittrice iraniana Shirin Ebadi – Nobel 2003 per la pace e autrice di La gabbia d’oro. Tre fratelli nell’incubo della rivoluzione iraniana (Rizzoli, 2009) – risponde così: “Ricordare cos’è il governo di Pechino, sempre. Un governo che ha sostenuto i generali in Birmania, che appoggia Ahmadinejad in Iran, Bashir in Sudan, e il cui principale alleato è la Corea del Sud. Non smettere mai di denunciare tutto questo”.
In relazione al rapporto tra democrazia e potere, casca a fagiolo il recente Decision Points (Virgin Books, 2010), libro di memorie di George W. Bush, presidente degli Stati Uniti per due mandati, dal 2000 al 2008.
Questo l’ironico commento del Financial Times (Known knowns, 13.11.10): “As peace activists argue, predictably, that this volume should be classified in the crime section. But Decision Points is no thriller. Mr Bush admits his early life was dominated by booze not books; this volume contains more references to films than to other texts….Decision Points has few political insights. Its personal details are also slight – Mr Bush wears running shorts to bed and gave vodka to his sister’s goldfish”.
Lionel Barber – il giornalista che nel novembre 1996 fece uno splendido ritratto di Carlo Azeglio Ciampi – scrive il 13 novembre scorso sul Financial Times: “Bush uses this promotion of democracy, irrespective of culture, ethnicity and geography, to cast himself on the right side of history…Yet the very concept of the “War on Terror”, was flawed. A quotable slogan to mobilise public opinion turned into open-ended pledge to use force, including questionable interrogation methods (è di recente la notizia che il governo britannico indennizzerà alcuni ex detenuti di Guantanamo, torturati con la collaborazione dei servizi segreti britannici, ndr) bordering on torture against individuals deemed to be terrorists, and armed action against countries harbouring or sponsoring terrorist”.
Rove (consigliere di Bush, ndr) thought Bush as “war president” was the safest ticket to a second term. Yet what played well at home, even at the expense of polarisation, played terribly abroad”.
Siamo completamente d’accordo con il giudizio conclusivo di Barber: “The more likely judgement is that Bush’s two terms marked the moment when US power peaked and he overreached, with execrable consequences”. L’esportazione della democrazia è un fallimento da ogni punto di vista.
Cosa deve fare l’Occidente? La risposta ce la dà Franco Venturini sul Corriere della sera – 11 dicembre 2010: “Chi ha sposato la causa delle liberaldemocrazie ha una convenienza fondamentale: quella di mantenere la propria identità, di difendere e riaffermare i propri valori, non soltanto perchè così dovrebbe consigliarci la nostra coscienza ma anche perchè questa è l’unica via per non essere travolti. Farsi sentire a difesa dei diritti umani pur sapendo che l’obiettivo non sarà raggiunto nella maggioranza dei casi, serve a noi. E non è un esercizio futile o addirittura dannoso”.
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