Lunedì scorso Fincantieri ha annunciato la chiusura degli impianti di Genova e Napoli, con conseguente tagli di 2.511 dipendenti. Ed è successo il finimondo. Come al solito ci si focalizza sul posto di lavoro e non sulla tutela del lavoratore. Di gran lunga meglio tutelare il lavoratore. Ma parlare di riforme in Italia è impossibile. Il Ministro Sacconi sostiene che non ci sia nulla da cambiare. Beato lui.
I fatti. La crisi internazionale ma soprattutto la concorrenza asiatica hanno avuto un forte impatto sul business di Fincantieri, la cantieristica navale sia per il trasporto merci che passeggeri (shipping). Come ha lucidamente scritto Gros-Pietro sul Sole 24 Ore , “Il primato mondiale di Fincantieri nelle navi da crociera si è basato su un affinamento delle tecniche manageriali che ha consentito una rigorosa programmazione dei tempi di consegna, elemento competitivo determinante in questo mercato. Ma si è avvalso anche di una filiera esterna al cantiere vero e proprio che ha trovato nella struttura produttiva italiana l’ambiente ideale”.
Ma è dagli anni ‘70 che la produzione di navi mercantili ha cominciato a spostarsi verso Oriente, prima in Giappone, poi in Corea negli anni ’80 e poi in Cina. L’Europa ha cercato di difendere le imprese europee concedendo contributi pubblici ai cantieri navali europei in modo decrescente (fino al 30% del prezzo di una nave) fino al 2000, poi ha chiuso i rubinetti. Quindi si è imposta la libera concorrenza – finally.
Oggi Cina e Corea hanno conquistato il 72% delle quote di mercato.
Il presidente di Fincantieri Corrado Antonini sintetizza così il quadro della situazione: “Oggi la capacità produttiva dei cantieri navali è doppia rispetto al previsto sviluppo della domanda di commesse. Per questo occorre un riequilibrio perchè sulla scena si trova lo stesso numero di player del periodo pre-crisi”.
Dal momento che il quadro era noto, il management di Fincantieri fin dal 2004 ha cercato di creare le condizioni per la quotazione di Fincantieri, così da poter raccogliere le risorse finanziarie sul mercato, necessarie per affrontare la competizione internazionale e dare all'azienda una migliore struttura finanziaria. Ma i sindacati, la FIOM in testa, si sono opposti, con una miopia allucinante.
Quindi Fincantieri deve affrontare gli agguerriti coreani e cinesi con una gamba sola, perchè il sindacato è contro la quotazione in borsa. Siamo andati sul web a cercare qualche titolo di giornale. Eccone qualcuno.
“Quotazione Fincantieri, i sindacati contro Prodi” (novembre 2007). Nel libro bianco sulla cantieristica sul sito http://www.fiom.cgil.it/ se ne leggono di tutti i colori: “Piano industriale debole, progetto “cartolarizzazione”....
Nell'appello all'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, i lavoratori ribadirono: «Noi le chiediamo di non dare corso al progetto di privatizzazione e di quotazione in Borsa di Fincantieri. Lo facciamo oggi perché non vorremmo trovarci domani a protestare inutilmente contro le delocalizzazioni, gli smembramenti, i tagli all'occupazione, le chiusure che abbiamo subìto in tante altre aziende. Non faccia fare a Fincantieri la stessa fine di Telecom o di Alitalia. Noi costruiamo navi. Siamo operai, impiegati, tecnici, ingegneri e gli invisibili delle ditte di appalto senza diritti e senza tutele. Insieme siamo una delle più importanti industrie manifatturiere del nostro Paese. Siamo la Fincantieri e lavoriamo in 13 unità produttive situate in 7 regioni diverse. Quindici anni fa ci dissero che la cantieristica non aveva futuro. Ci ribellammo e riuscimmo a difendere i cantieri e il nostro lavoro. Abbiamo avuto ragione noi. Noi vogliamo che la Fincantieri non affondi. Costruiamo belle navi. Lasciateci continuare”.
Prodi – in qualità di economista di imprese industriali – si limitava a sensibilizzare i lavoratori sul prossimo consolidamento del settore, che avrebbe visto vincente il mondo asiatico – competitivo e largamente sussidiato dallo Stato - a meno che Fincantieri si fosse quotata e avesse ottenuto dal mercato le risorse per effettuare investimenti - acquisizione di alcuni concorrenti, partnership, joint venture. Invece il gruppo cantieristico norvegese Aker Yards, diretto concorrente, è stato acquisito dal gruppo coreano Stx Shipbuilding, quotato, che ha potuto scambiare carta quotata come contropartita.
Prima di chiudere, una nota. L’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono ha di recente affermato che a Monfalcone vi sono "soglie di assenteismo superiore al 16%, con un totale di ore lavorate annue intorno alle 1.400 procapite; in pratica - aggiunge - è come se si lavorasse per nove mesi all'anno, a fronte di una retribuzione di 13 mensilità". I sindacati non hanno nulla da dire. I sindacati difendono i lavoratori o i fannuloni?
Faccio mie le considerazioni di Gros-Pietro : “Non c’è speranza di successo se si pretende che l’azienda si faccia carico di tutte le inefficienze ambientali; che rinunci alla flessibilità del lavoro di cui godono i concorrenti europei, in un mercato che la richiede; che subisca forme di assenteismo imprevedibili e incontrollabili; che rinunci, come le è stato imposto quando ce n'era la possibilità, a trovare sul mercato capitali privati”.
Quando ho visto gli operai protestare contro i tagli annunciati da Fincantieri, mi è venuto da dire: “Ma andate a protestare sotto la sede della FIOM! E’ lì che dovete andare!”
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