Enrico Finzi |
Il tema della Lectio Magistralis era “Assaporare o ingurgitare la vita. In questi tempi di elogio della lentezza scopriamo come in realtà il segreto della felicità sia poter vivere a due velocità”.
Esistono due tipologie di povertà. Di reddito e di tempo. Concentriamoci sulla seconda.
1. Il 42% degli italiani (dai 18 anni in su) denota un peggioramento della salute negli ultimi 5 anni. Ma è solo una percezione soggettiva. Perchè? Hanno risposto che la causa di tutto è lo stress, la mancanza di tempo.
Ma gli italiani vorrebbero veramente rallentare?
2. il 7% non sa rispondere: una fetta degli italiani non è in grado di comprendere frasi semplici. Non è analfabetismo di ritorno. E’ analfabetismo e basta.
3. il 18% vuol vivere più velocemente. Le donne in particolare – soprattutto al Sud - vorrebbero una vita meno ripetitiva, più eccitante, meno soffocata dalla famiglia e dall’ambiente sociale. Al "padre padrone" in alcuni casi si sostituisce il "marito padrone". La lentezza della vita è sofferta. Allora ci si concentra sui nipoti.
4. il 2% sono handicappati provvisori; se uno si rompe la gamba sciando, impazzisce a stare in casa e quindi vorrebbe accelerare, e di molto;
5. l’11% vivono sempre di fretta – i milanesi, per esempio – drogati, addicted dalla fretta, ma non saprebbero vivere altrimenti. Sono sempre connessi, always on, con il blackberry o l’I-phone in mano. La vera amante spesso è l’azienda;
Chiara Saraceno |
Poi ci si domanda perchè noi italiani facciamo pochi figli! Le donne sono sole. Se al Centro-Nord i servizi per le famiglie sono insufficienti, al Sud semplicemente non ci sono. Punto. Non esistono servizi, consultori, voucher per baby-sitter (come in Francia).
La natalità in Italia ha toccato il punto massimo nel lontano 1964 con 1.065.000 bambini nati. Nel 2010 saremo nell’intorno del 550.000, grazie all’apporto significativo degli immigrati;
Fausto Coppi |
Fausto Coppi a riposo |
8. Il 10% non si pronuncia o non dà alcuna importanza alla questione del tempo.
Finzi fa una pausa, si concentra e torna a spiegare: “Non è vero che la lentezza è felicità. E’ vero piuttosto che la felicità è basata sull’alternarsi tra tempo veloce e tempo lento, sull’equilibrio tra la corsa e la riflessione”.
Le pause sono molto importanti. Gli italiani – anche con il famoso invito “Vieni a bere un caffè ?” – sono i più grandi consumatori di pause.
Viviamo di pause. E poi ripartiamo. Guai a stare “always connected” con il palmare in mano. Rischiamo di sbarellare.
La felicità è alternanza, tra momenti vissuti di corsa e momenti assaporati con calma, tra “pieno” e “vuoto”.
Il gioioso succedersi di sprint e stasi ci regala:
- flessibilità;
- momenti di relax;
- una vità più intensa: ti godi di più la partita allo stadio se dopo leggi un bel libro davanti al camino acceso; si frequentano persone diverse nella loro varietà;
- l’autonomia personale. E’ noto come potere significa controllo del tempo degli altri;
- l'allenamento per il prossimo invecchiamento.
Felicità è poter scegliere. E’ essere liberi. O come dice Layard – Felicità, la nuova scienza del benessere comune (Rizzoli, 2005) – “La felicità inizia dove finisce l’infelicità”.
Chiudiamo con il poeta W.H. Davies (Leisure, 1911): “Che cosa è mai questa vita se, pieni di preoccupazioni, non troviamo il tempo di fermarci a contemplare”.
Il tempo è la risorsa più scarsa con cui abbiamo a che fare, su questo non ci piove.
RispondiEliminaTuttavia, "ricerche" come queste hanno IMHO poco o nessun significato. Potrebbero avere valore se confrontate con analoghe iniziative in altri paesi. Ad es., gli italiani hanno troppi giorni di vacanza se confrontati con gli anglosassoni (gli americani hanno mediamente 10gg/anno), e nonostante ciò la produttività è di gran lunga inferiore. Come coniugare questo dato con quello della "ricerca" di cui sopra? La sola risposta che mi viene in mente è che una piccola percentuale di italiani ha elevatissima produttività (10-15% degli attivi, a naso), mentre il restante è sostanzialmente improduttivo/lavativo. E questo è comprensibile, considerando che oltre 50% del GDP viene intermediato da un soggetto per il fattore tempo non ha alcun valore, ovvero lo stato.
In sostanza, la quantità di criceti che girano a vuoto sulla ruota è molto elevata.