Per i Paesi Emergenti valgono le considerazioni di Stephen Cecchetti - Economic Adviser and Head of Monetary and Economic Department della Banca dei Regolamenti Internazionali - http://www.bis.org/speeches/sp100903.pdf che ha messo in rilievo come overthere la crisi non è mai esistita o quasi - vedi post http://fausteilgovernatore.blogspot.com/2010/10/ma-quali-paesi-emergenti-sono-gia-belli.html -
I dati portati da Raghuram Rajan parlano da soli. In Fault lines (Princeton University Press, 2010) – premiato da Goldman Sachs e dal Financial Times come Book of the Year – nell’introduzione – Rising Inequality and the push for housing credit – i numeri sono tanto impressionanti quanto inconfutabili: “The top 1% of households accounted for only 8,9% of income in 1976, but this share grew to 23,5% of the total income generated in the United States in 2007. Put differently, of every dollar of real income growth that was generated between 1976 and 2007, 58 cents went to the top 1% of households. In 2007 the hedge fund manager John Paulson earned $3,7 billion, about 74.000 times the median household income in the United States.
Since the 1980s, the wages of workers at the 90th percentile (i più agiati, ndr) of the wage distribution in the United States have grown much faster than the wage of the 50th percentile worker (the median worker)”.
Le cause di questo cambiamento drastico nella distribuzione della ricchezza? “Technological progress requires the labor force to have ever greater skills, the education system has been unable to provide enough of the labor force with the necessary education..A mind is a terrible thing to waste, and the United States is wasting too many of them... The every day consequence for the middle class is a stagnant paycheck as well as growing job insecurity”.
Stiglitz – premio Nobel per l’economia nel 2001 – risponde in un’intervista recente: “Il Sogno americano non c’è più, è finito. Basta guardare al reddito di una famiglia media americana: quello del 2009 è inferiore a quello del 1997. Dunque gli americani stanno peggio rispetto a 12 anni fa. L’idea che questa fosse una terrà di opportunità per tutti, che si potesse passare dagli stracci alla ricchezza come nelle novelle di Horatio Alger, è evaporata”.
L'editorialista dell'FT Stephens scrive – “Angry America raises the barricades” November 5 2010: “Globalisation has been goog only for the few. It has enriched bankers and chief executives, but left the middle classes at once no better off today and more insecure about tomorrow”
Qual è stata la risposta della politica alla “rising inequality”? Allargare e favorire la possibilità di indebitarsi, specialmente per i meno fortunati – low income households. Piovono illusioni. Beneficio immediato – più consumi e più lavoro – e le conseguenze a medio termine sono note a tutti dopo l’ultima crisi. Viva il credito facile, che bello potersi comprare una casa senza avere nè redditi, nè attività, nè lavoro! Ecco a voi dunque i mutui NINJA – no income, no asset, no jobs, erogati senza presentare alcun documento!
Rajan ci ricorda – smemorati che siamo! – che non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Nei primi anni del secolo scorso, la deregulation e la rapida espansione del credito facile fu la risposta al successo del Populist Movement, sostenuto dagli agricoltori che vollero correre dietro i successi della prima classe industriale nascente: “Excessive rural credit was one of the important causes of bank failure during the Great Depression”.
Anche l’ultimo libro "Aftershock. The next economy and America’s Future" (Alfred Knopf Editor, 2010) di Robert Reich – Ministro del Lavoro dell’Amministrazione Clinton e docente a Berkeley – è sulla stessa linea.
L’uno per cento degli americani più ricchi negli anni Settanta contava per il 9% del reddito totale; nel 2007 la loro quota era salita al 23%, lo stesso valore del 1928. Mentre il reddito mediano è diminuito in termini reali negli ultimi 30 anni.
Conclusione: la maggior parte della popolazione americana è stata esclusa dalla distribuzione delle risorse generate negli ultimi 30 anni.
L’economista Marco Onado riassume felicemente così: “Come in una partita di poker in cui le fiches si concentrano nelle mani di pochi giocatori, gli altri potevano continuare a giocare solo a credito. Quando nessuno è stato più disposto a concederne, la partita è finita tragicamente”.
Quando abbiamo letto Alberto Alesina di Harvard University – Una stagione di riforme moderate, http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-11-04/stagione-riforme-moderate-073959.shtml?uuid=AYga8sgC – siamo rimasti basiti. Alesina – nato a Broni (PV) come Paolo Baffi, integerrimo Governatore della Banca d’Italia dal 1975 al 1979, vedi post http://fausteilgovernatore.blogspot.com/2010/09/paolo-baffi-governatore-integerrimo.html – scrive: “In generale gli americani hanno detto no a una filosofia politica che voleva muovere lo stato sociale verso un modello europeo. In questo senso non conta solo quello che Obama ha fatto, ma anche la sua retorica su quello che avrebbe voluto fare, come la sua insistenza sulla redistribuzione della ricchezza. La vasta maggioranza degli americani, a torto o a ragione, non chiede questo. Vuole invece uno stato limitato, crede che gli individui debbano in generale farcela da soli (entro certi limiti ovviamente), non vogliono uno stato paternalista dalla culla alla tomba. E anche molti dei meno abbienti la pensano così. Gli americani vedono la ricchezza come un premio per il proprio lavoro e intelligenza, gli europei la considerano un privilegio ingiusto. Le motivazioni di questa differenza vengono da molto lontano, dalla diversa storia di Europa e America, già Tocqueville lo aveva capito. Non bastano due anni di team Obama-Pelosi per cambiare la storia”.
Michael Bloomberg |
Sapete cosa dice il sindaco di New York Michael Bloomberg dei Tea Party? “Sono ottusi, ignoranti, non sanno nulla del mondo. Scommetto che molti di loro non hanno neppure il passaporto. Se non stiamo attenti, si scatenerà una guerra commerciale con la Cina, anche perchè nessuno di loro sa dove sia la Cina”. La pensiamo come Bloomberg (che, per inciso, quando è entrato in politica, ha affidato il suo patrimonio a un blind trust, che è veramente cieco).
Una corretta e giusta analisi dell'evoluzione del mercato e del modello capitalistico americano. Complimenti come sempre.
RispondiEliminaSandro Bagatti
Gli americani sono esattamente come dice Alesina, è inutile cercare di applicare il modello (fallimentare e fallito) di visione europeo ad un paese che è profondamente diverso, né pensare che Alesina non sappia di cosa parla, perchè, di fatto, lo sa.
RispondiEliminaProvate ad andare in Texas a dire che non si possono possedere armi: ti sparano a vista.
Bene? Male? Irrilevante, è così.
Come d'altronde loro si mettono a ridere perchè noi paghiamo quasi tutto più del doppio di quello che spendono loro (dall'elettricità alle auto ai computer al cibo).
Il potere d'acquisto dell'average american è parecchio superiore a quello dell'average european, con 60'000 dollari in moltissime parti del paese si compra una casa di 200mq con giardino; con 16k euro si porta a casa una Mustang da 300cv mentre un operaio italiano con la stessa cifra riesce a comprare una Punto Evo con 70cv senza volante e ruote... ma di cosa stiamo parlando???
Marcello,
RispondiEliminama il punto non è la parità di potere d'acquisto, quanto un americano è in grado di comprarsi con il suo stipendio: Il fatto è che gli stati uniti hanno un sistema che andava bene un tempo, quando il tasso di disoccupazione era molto più basso di oggi, quando la disoccupazione durava poco. Oggi l"american dream" non esiste più o esiste solo per i ricchi. Da persona agiata hai tutto il diritto di essere conservatore, ma il sistema ISA così non funziona. Se piove sul bagnato per troppo tempo, la macchina va fuori strada. E anche Bernanke è bello che stufo di supplire alle carenze di politica fiscale. Non è che si può pompare denaro ad libitum