lunedì 27 febbraio 2012

Omaggio ad Adriano Olivetti, imprenditore "sovversivo"

Adriano Olivetti con la figlia Laura
Durante le mie lezioni all’Università, ho l’occasione di parlare degli Italiani con I maiuscola, persone che hanno consentito al nostro Paese di essere il secondo paese industrializzato al mondo pro-capite (fonte Ufficio Studi di Confindustria).

Ciò che mi stupisce è l’ignoranza degli studenti sulla storia del ‘900. Ma di chi è la colpa? Non c’è alcun dubbio: dei professori e delle istituzioni scolastiche che insegnano gli Egizi (30 volte), Gli Assiro-Babilonesi (26 volte), i Promessi Sposi (18 volte), ma NON si parla per nulla di:

- Enrico Mattei – fondatore dell’ENI, vedi post Omaggio a Enrico Mattei, imprenditore formidabile;

- Paolo Baffi – Governatore della Banca d’Italia dal 1975 al 1979 ("Il mio quinquennio di fuoco") – vedi post Onore a Paolo Baffi Governatore integerrimo;

- Carlo Azeglio Ciampi, Presidente emerito della Repubblica e Governatore della Banca d’Italia – vedi post sul cambio lira-euro e l'Ecofin del novembre 1996;

- Beniamino Andreatta – Ministro del Tesoro, vedi post Andreatta e il Banco Ambrosiano (e seguenti) ;

- Tommaso Padoa-Schioppa, padre dell’euro, vedi post La fiducia asset impalpabile;

- Carlo Alberto dalla Chiesa, prefetto di Palermo, ammazzato dalla mafia il 3 settembre 1982, vedi post Omaggio al Generale Dalla Chiesa;

- Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona, vedi Omaggio a Giorgio Ambrosoli, eroe borghese;

- Franco Modigliani, Premio Nobel per l'economia, vedi post Omaggio a Modigliani;

- Ezio Tarantelli, economista grazie al quale siamo riusciti a debellare in Italia l'inflazione galoppante, vedi post Baffi, Modigliani e Tarantelli.

Allora faccio del mio meglio per colmare un po’ di lacune.

Il 27 febbraio del 1960 – giusto 52 anni fa - moriva in treno verso Losanna Adriano Olivetti, imprenditore illuminato. Oggi lo ricordiamo nella convinzione che gli italiani migliori sono un fulgido esempio per l’oggi. Vale ciò che mi dice mia figlia Allegra: “Papi, se lo fai tu, lo faccio anch’io”.

Abbiamo un tremendo bisogno di buoni esempi.

Adriano Olivetti - nato l’11 aprile 1901 a Ivrea - nel 1924 conseguì la laurea in ingegneria chimica e, dopo un soggiorno di studio negli Stati Uniti, durante il quale poté aggiornarsi sulle pratiche di organizzazione aziendale, entrò nel 1926 nella fabbrica paterna ove, per volere del padre Camillo, fece le prime esperienze come operaio. Divenne direttore della Società Olivetti nel 1933 e presidente nel 1938.

Si oppose al regime fascista con momenti di militanza attiva. Infatti partecipò con Carlo Rosselli, Ferruccio Parri, Sandro Pertini alla liberazione di Filippo Turati. Durante gli anni del conflitto bellico, in cui Olivetti era inseguito da mandato di cattura per attività sovversiva, riparò in Svizzera.

Rientrato alla caduta del regime, riprese le redini della azienda. Alle sue capacità manageriali che portarono la Olivetti ad essere la prima azienda del mondo nel settore dei prodotti per ufficio, unì una instancabile sete di ricerca e di sperimentazione su come si potessero armonizzare lo sviluppo industriale con la affermazione dei diritti umani e con la democrazia partecipativa, dentro e fuori la fabbrica.

Sotto l'impulso delle fortune aziendali e dei suoi ideali comunitari, Ivrea negli anni Cinquanta raggruppò una quantità straordinaria di intellettuali che operavano (chi in azienda chi all'interno del Movimento Comunità, fondato da Olivetti) in differenti campi disciplinari, inseguendo il progetto di una sintesi creativa tra cultura tecnico-scientifica e cultura umanistica.

Marco Vitale
Il nostro sempiterno riferimento Marco Vitale – in un magistrale intervento dal titolo Un imprenditore sovversivo – scrisse: <Olivetti Adriano di Camillo. Classifica: Sovversivo>, così sta scritto sulla copertina del dossier che la Pubblica Sicurezza di Aosta apre su Adriano Olivetti nel giugno 1931. Credo che tra le tante definizioni di Adriano Olivetti che mi è capitato di leggere, questa dell’oscuro funzionario della questura di Aosta sia la più centrata. E come può non essere sovversivo un imprenditore che entra nella fabbrica paterna a 23 anni (nel 1924) quando questa produce 4.000 macchine da scrivere all’anno con 400 dipendenti – dunque 10 macchine all’anno per addetto – e che quando muore prematuramente, lascia un gruppo che nel 1958 festeggia il cinquantesimo anniversario con circa 25.000 dipendenti, con cinque stabilimenti in Italia e cinque all’estero, dai quali escono sei macchine al minuto; i cui dipendenti hanno un livello di vita superiore dell’80% a quello dei dipendenti di industrie similari; che si prepara a digerire, sia pure con fatica, l’acquisizione della mitica Underwood americana; che sta già affrontando la nuova sfida dell’elettronica; cha ha saputo imporre al mondo intero uno stile e un design che sono diventati un riferimento per tutti; che ha creato la più ricca e significativa scuola di management della storia italiana?"

Sempre Vitale: “E come può non essere sovversivo un imprenditore che per trent’anni ha sempre spiazzato tutti (i concorrenti, le crisi congiunturali, i parenti ostili, le difficoltà di ogni genere) in avanti, rilanciando sempre l’impresa nella direzione dello sviluppo e dell’innovazione? Innovazione di processo, di prodotto, di organizzazione, di sistema.

Come può non essere sovversivo un uomo che afferma: “E’ vero, non siamo immortali: ma a me pare sempre di avere davanti un tempo infinito. Forse perchè non penso mai al passato, perchè non c’è passato in me?”. Sempre in avanti.

Mentre oggi abbiamo tanti esempi di imprenditori-profittatori, Adriano Olivetti è stato un grandissimo imprenditore-creatore o imprenditore-innovatore (secondo la definizione di George Gilder in Spirito dell’Impresa, Longanesi, 1984): “Essi tendono a sovvertire statiche costituite, anzichè a stabilre equilibri. Sono gli eroi della vita economica”.

Olivetti è stato senza dubbio uno dei più profondi teorici italiani sui temi dell’organizzazione di impresa. Sentiamo lo storico delle imprese Giulio Sapelli, che così scrive: “Il passaggio definitivo a una moderna teoria della direzione fu realizzato soltanto dal modello culturale elaborato da Adriano Olivetti, imprenditore e organizzatore d’eccezione” (Economia, tecnologia, direzione d’impresa in Italia, Einaudi, 1994).

Giulio Sapelli
Le società sono fatte di uomini, oltre che di capitali. Olivetti compiva lui stesso i coloqui di selezione, come ricorda Ottorino Beltrami. “Se in altre aziende il lavoratore si confonde in una massa indifferenziata, in Olivetti egli era una persona con una vita lavorativa ben individuata” (Uomini e lavoro alla Olivetti, a cura di Francesco Novara, Renato Rozzi e Roberto Garruccio, 2005)

Dopo la morte di Adriano Olivetti, l’amministratore delegato della FIAT Vittorio Valletta disse (memorabile, ahinoi!): “L’Olivetti è un’azienda sana, ma ha un cancro da estirpare, l’elettronica”. Così l’Italia perse un altro treno.

Ma quanti treni ha perso l'Italia? E siamo ancora qua. Come il calabrone che non dovrebbe volare.

Sabato scorso a Chiara Beria D'argentine sulla Stampa - "Il docente che insegna cultura" - il Professore della Bocconi Severino Salvemini ha detto: "Le imprese dovrebbero riscoprire la lezione di Adriano Olivetti. Territorio e' la parola chiave. Gli Zegna o Brunello Cucinelli investono in opere d'arte e teatro non per mecenatismo o per fare sponsorizzazioni ma perchè hanno capito che il futuro è nelle mani del territorio illuminato, capace di rinnovare il proprio patrimonio di conoscenze"
Grazie Adriano Olivetti, siamo convinti che coltivare la memoria serva ad alimentare la fiducia nel futuro, di cui abbiamo un gran bisogno.
 
P.S.: si consiglia la lettura di Luciano Gallino, La scomparsa dell'Italia industriale, Einaudi, 2003

1 commento:

  1. L'incipit dell'articolo è uno spunto di riflessione importante, che a mio avviso è la causa principale della diffusa mentalità provinciale degli italiani: scarsa capacità di innovazione (fortunatamente ci sono felici eccezioni), che nell'ambito scolastico si traduce in impostazione e modo di insegnare datati e vetusti. Il mio augurio è che attraverso la lettura e l'approfondimento delle biografie dei grandi personaggi sopracitati, qualcuno ne rimanga colpito ed illuminato, così come Olivetti, che trasformò la sua Ivrea "nell’Atene degli anni Cinquanta".

    Davide Rossi

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