mercoledì 25 maggio 2011

Los Indignados: il futuro non è più quello di una volta

E’ notizia degli ultimi giorni. Migliaia di giovani indignados hanno occupato la Puerta del Sol di Madrid e le piazze di altre città spagnole alla vigilia delle elezioni amministrative e regionali. Hanno sfidato il divieto di manifestare pre-elettorale. “Non siamo antisistema. E’ il sistema che è contro di noi”, urlano in migliaia.

La “generazione perduta” spagnola cerca di ribellarsi a una disoccupazione giovanile superiore al 40% e a un’economia stagnante (quest’anno il Pil della Spagna dovrebbe crescere solo dello 0,8%, largamente insufficiente per ridurre la disoccupazione).

Tutto è iniziato il 15 maggio quando centinaia di giovani – ispirandosi alla rivolta egiziana di Piazza Tahrir – hanno iniziato a manifestare contro la precarietà. Nasce quindi il Movimento 15-M, che chiede una democrazia partecipativa e la fine del bipartitismo, considerato l’origine della casta politica.

Lo scrittore Javier Cercas dà il proprio plauso: “Per la prima volta dalla Guerra Civile in Spagna c’è una generazione che non ha prospettive di migliorare la propria vita...Sono giovani che non hanno alcuna prospettiva di diventare adulti. Hanno studiato, si sono laureati, hanno viaggiato, sono preparati, ma non hanno alcuna chance”.

Il Corriere della Sera ha raccolto alcune testimonianze interessanti. Alberto, 24 anni, tecnico del suono: “Nessuno ti dà un’opportunità. Mi sento oppresso e ingannato”. Claudia, 20 anni. “A vent’anni non abbiamo futuro, abbiamo l’acqua alla gola. Le mie prospettive per i prossimi giorni e anni sono sempre le stesse: dipendere economicamente dai miei genitori”. Un altro indignado ha un cartello in mano che dice: “Siamo stati figli delle comodità ma non saremo padri del conformismo”. Oppure “Offresi schiavo per 700 euro al mese”. “Siamo la generazione più preparata e la meno valorizzata”.

Michele Serra scrive sulla sua amabile Amacamust read del mattino: “Siamo seduti da anni sopra una polveriera sociale e facciamo finta di niente. Ai figli diamo soli (parecchi) ma ci siamo dimenticati quella impagabile liberazione che fu, per ognuno di noi, il primo stipendio: tanto emozionante quanto il primo amore”.

I giovani italiani sono pronti a reagire o sono al calduccio coccolati e ormai assopiti dallo sguardo troppo indulgente e dalla paghetta (o pagona) dei genitori? Io consiglio loro di farsi coraggio leggendo Barack Obama, non uno qualsiasi, il quale qualche giorno fa riferendosi ai Paesi della costa mediorientale ha detto: “Non sappiamo quali ne saranno gli sbocchi, ma sappiamo che questi giovani chiedono futuro e libertà e l’America democratica deve appoggiarli”.

Un altro interessante spunto viene da Luigi Zingales, che dalla pagine del Sole 24 Ore invita i giovani italiani a speak out e stand out quando le cose non vanno per il verso giusto: “Non sorprendentemente, in un ricerca pubblicata di recente, Guido Tabellini trova una correlazione tra valori insegnati e crescita economica. Le regioni d'Europa in cui il principio di obbedienza all'autorità è uno dei primi valori insegnati crescono meno. È giunto il momento che anche in Italia si insegni il diritto-dovere di stand up ai don Rodrigo”.

Basta rassegnarsi al peggio!

Chiudo citando il grande sindacalista Giuseppe di Vittorio, che al termine dei suoi comizi diceva: “La storia è come un treno, anzi un carro che è mezzo affondato nel fango e non ce la fa più ad andare avanti. E’ il treno del progresso, per tutti. Ma adesso ci siamo noi che lo spingiamo, con le nostre lotte. Più lo spingiamo, più il treno va avanti. E alla fine arriva dove noi vogliamo”.

5 commenti:

  1. Tutto vero e serio il tema. Va affrontato in modo sistemico.

    Non per semplificare, ma perchè se avessi 25 anni vorrei incontrare una persone che mi dicesse quanto segue: in fondo a tutti i ragionamenti e prima di tutti questi, a mio parere uno conta più di tutti.
    Nel mondo ci sono 4,5 miliardi di persone (in Asia, America Latina e Africa) che si devono arricchire e diventare 6 miliardi in tutto sommato pochi anni; nel dopoguerra un mondo povero e occidentale iniziò, da 500 milioni circa, a svilupparsi e diventare 1 miliardo circa. Nella storia dell'umanità pertanto non sono mai esistite opportunità come oggi.
    Solo che stanno là, non qua. Però sono cambiati anche gli strumenti per comunicare e muoversi (lingue, aerei, viaggi, internet, voip).
    I più giovani suggerisco investano in una bella e solida valigia e nello studio delle culture emergenti. Si armino di curiosità e facciano tanto sport perchè avranno bisogno anche di forza, come quella di chi costruì il benessere di cui anche loro godono.

    Saluti

    Paolo

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  2. Quoto Anonimo: per i prossimi 20 anni pensare di riuscire a costruirsi un futuro in Italia è velleitario. La gerontocrazia sostenuta dal voto di pensionati e dipendenti pubblici è inamovibile e bloccata, non c'è alcuna possibilità realistica che cambi in tempi brevi (per "tempi brevi" intendo i ritmi italiani: 10-15 anni).
    Chi ha voglia di fare, prepari la valigia e si sposti altrove, dove il treno corre e non è un carro che affonda nel fango. E non si guardi indietro.
    L'Italia sarà buona per venirci a fare le vacanze, diventerà un posto low cost per chi guadagnerà bene.

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  3. Sono parzialmente d' accordo con voi..credo che l' Italia abbia bisogno, oggi più che mai, di persone che alzino la testa e sfidino le caste, ovvero tutte quelle persone di potere che perseguendo esclusivamente i loro interessi sono il male del nostro paese (non solo i politici). Non è scappando all' estero che si risolvono le cose, credo che noi giovani abbiamo un compito importantissimo nel futuro della nostra nazione, primo fra tutti combattere quel capitalismo relazionale che non fa decollare la nostra economia, che ostacola la vera concorrenza, unica via per far crescere l' Italia. Auspico quindi che le valigie si lascino in cantina e, a partire da noi giovani, si segua l' esempio di Ambrosoli, Baffi, Sarcinelli, veri servitori dello stato e perseguitori del bene comune.
    AC

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  4. @Anonimo: combattere le caste è come andare contro i mulini a vento. Fatica e tempo sprecati, soprattutto in un mondo aperto pieno di opportunità.
    Ci vuole una bella scossa schumpeteriana per cambiare qualcosa. La tragedia Greca dovrebbe essere un buon proxy di quello che ci aspetta.

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  5. A chi ha scritto "Auspico quindi che le valigie si lascino in cantina e, a partire da noi giovani, si segua l' esempio di Ambrosoli, Baffi, Sarcinelli, veri servitori dello stato e perseguitori del bene comune.
    AC
    27/mag/2011 11:00:00"

    vorrei precisare: anch'io penso che si debba ANCHE fare quel che suggerisci. Ma non si può fare a meno di prendere ANCHE le valigie. Penso che si debba partire dai numeri. Se io fossi l'1 su 4 dei giovani spagnoli senza lavoro (40%!) credo non potrei ignorare la possibilità, la convenienza, di andare almeno per un bel periodo all'estero.
    L'ho fatto nei ricchi anni '90 quando avevo 30 anni, figuriamoci se non lo farei ora.
    E tornando dopo un po' di anni si fornisce un miglior aiuto al paese, arricchiti di prospettive più virtuose in alcuni campi del vivere e del sapere (perchè in altri noi italiani siamo già meglio).

    Forza mondo!

    Paolo

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