giovedì 28 aprile 2011

Quando i banchieri facevano gli interessi dei clienti. Siegmund Warburg, un banchiere d’altri tempi (seconda parte)

Siegmund Warburg
Show me trouble and I’ll show you profit

In banca i ritmi di lavoro erano intensissimi, una massima di Warburg era: “Bankers never get ill from over-work, but only either from bad organization or bad business”. Nel 1950 Warburg organizzò separate meeting con 57 persone nello spazio di 2 settimane. Prese l’abitudine di organizzare due business lunch, uno dalle 12.30 alle 13.30 e un altro dalle 13.30 alle 14.30.

Work is more absorbing, more fascinating, more enjoyable than the best of holidays or the best of games”.

Lo stile Warburg era caratterizzato da un perfezionismo esasperato. Un giorno di Natale chiamò un suo collaboratore per segnalargli di aver dimenticato una virgola in un report: “To Warburg this was no mere pedantry. It was a way of enforcing excellence”.

Nel Capitolo “Il ritmo della perfezione”, lo storico Niall Ferguson supera se stesso attingendo dall’archivio Warburg: “Many of my younger colleagues seem to forget that most of the substantial transactions which have been done by us are the result of the cultivation of contacts over very many years…this would be fruitless without human contact with the client in question…In our kind of business the continuity of valuable connections overrides in importance the conclusion of any specific transactions…For me the greatest interest and enjoyment were human relations…It was the human side, in practice the negotiating side, which attracted me to banking”.

Warburg era veramente poco interessato al denaro in sé. Wealth was a by-product of high-class work. Un suo collaboratore disse: “Siegmund wasn’t really interested in making money. He was interested in the firm making money, which is different”. Ma guardiamoci intorno oggi, con banchieri avidi di emolumenti, disinteressati all’interesse generale e focalizzati in modo preminente sul loro compenso e sul bonus (leggersi Zingales, per approfondimenti).

The idea of a private jet was one of the marks of vulgarity. He was wonderfully ascetic. His own problem was to bring an especial integrity to the life of high finance…He did not hunt, shoot or fish. He had no yacht, nor any country estate”.

Se lo compariamo con i banchieri di oggi, Sir Warburg ci sembra un monaco tibetano.

Enrico Cuccia
Come Enrico Cuccia di Mediobanca, Warburg morì non particolarmente ricco. Lo stipendio compreso di bonus attualizzato ad oggi di Sir Warburg era di 540.000 sterline. Solo per portare un esempio attuale, il ceo di Goldman Blankfein nel 2010 si è portato a casa 19 milioni di dollari.

In relazione alle politiche creditizie, Warburg ancora una volta è attualissimo, ahinoi: “We should keep the bank as liquid as possible and resist the temptation to lend money to property developers”. Banchieri italiani, siete in ascolto? Ricucci, Statuto, Coppola, Zunino, li conoscete per caso?

Ah, un’ultima notazione. Come invidio al mio amministratore delegato, la scrivania di Siegmund Warburg era sempre miraculously clear.

Chiudiamo con un ricordo del capo dell’Investment Department di S.G. Warburg Charles Sharp, stretto collaboratore di Warburg, very british, soprattutto nella conclusione.
Mr Warburg himself spent, every day, at least eight hours in meetings, four hours with visitors, three hours at three different lunches, three hours in entertaining colleagues and business friends over dinner, two hours dictating letters, one hour reading letters, four hours in one aeroplane or another, altogether 25 hours on a conservative basis” (p.237).

P.S.: si consiglia vivamente la lettura di Niall Ferguson, High Financier. The lives and time of Siegmund Warburg, Penguin Press, 2010

mercoledì 27 aprile 2011

Quando i banchieri facevano gli interessi dei clienti. Siegmund Warburg, un banchiere d’altri tempi (prima parte)

Il banchiere Siegmund Warburg
In queste vacanze pasquali ci siamo cimentati – tra una partita e l’altra con mio figlio Francesco, che ha una passione smodata per il football - nella lettura di un testo fantastico (leggero, leggero, 421 pagine, escluso le note), scritto dallo storico Niall Ferguson: High Financier. The lives and time of Siegmund Warburg (Penguin Press, 2010).

Siegmund Warburg (1902–1982) ha avuto un ruolo preminente nello sviluppo dell’investment banking. Ha fondato S. G. Warburg & Co. nel 1946, di cui è stato il managing director fino al 1973. Come tutte le investment bank inglesi, anche Warburg è stata acquisita, dalla svizzera Swiss Bank Corporation (oggi UBS) nel 1995.

Francesco scocca il tiro vincente, in una pausa-lettura
Nella prefazione leggiamo: “The world finds itself emerging, tentatively, from an even bigger financial crisis, one which can in large measure be blamed on the conscious abandonment by a new generation of bankers of Siegmund Warburg’s haute banque ideal – financial service based on the primacy of the client relationship rather than speculative transaction. If ever there was a time to learn from a true high financier, this is surely it”.

A seguito di un drammatico colloquio il 9 marzo 1933 con il Ministro degli esteri tedesco Von Neurath, Warburg woke up, took a taxi home and told his wife to pack. Questo il suo commento su Adolf Hitler: “One often heard his voice on the radio. He seemed to me to be a strange mixture of a sadist and a fanatic of the worst kind, a man incorporating narrow-mindedness, a madman, and it was incomprehensible to me that he would have such a following”. Che velocità di azione, che coraggio, che lungimiranza!

Si trasferì a Londra e nel 1939 divenne cittadino britannico. Britain adopted him, and ultimately adopted him. The old country had an admirable inner calm, poise and security: “The people of this country have shown their best fibre perhaps even more than in normal times”. E’ opportuno ricordare che nel settembre 1939 avvenne la famosa Battaglia d’Inghilterra, in cui la RAF riuscì a sconfiggere l’aviazione tedesca.

Il Primo Ministro inglese Winston Churchill disse “Mai così tanti uomini dovettero così tanto a cosi pochi uomini". Nel settembre 1940 la Luftwaffe, su richiesta di Hitler, intensificò i bombardamenti, anche notturni, sulle città inglesi (Coventry, Birmingham, Liverpool, Plymouth, Bristol) specialmente Londra.

Il volgere dell'attenzione verso le città anziché ai campi d'aviazione permise ai caccia inglesi di rafforzarsi e respingere una volta per tutte la Luftwaffe: dal 7 al 15 settembre 1940 i tedeschi persero ben 175 velivoli. A Hitler non rimase che rinviare la tanto attesa operazione Seelöwe, anche se gli attacchi contro Londra e i porti della Manica continuarono fino al 1941 inoltrato. La Battaglia d'Inghilterra fu la prima grande battuta d'arresto per le forze armate tedesche, con la Luftwaffe che perse un totale di 1789 velivoli dei quali 1385 in combattimento.

Il Governatore della Bank of England, Mervyn King, ha dichiarato con saggezza dopo i salvataggi delle banche inglesi: “...per parafrasare un grande leader dei tempi della guerra, mai nel campo dell’intrapresa finanziaria, così poche persone (i banchieri, ndr) hanno dovuto così tanto denaro a così tante persone (i contribuenti, ndr)”.

Siegmund Warburg
La performance di S.G. Warburg negli anni ‘50 è impressive: Nel 1949 il capitale era di 2,75 milioni di sterline, nel 1962 la market cap era di 20 milioni di sterline (1 miliardo di sterline ai valori del 2008).

Ferguson porta numerosi casi concreti a supporto del fatto che S. Warburg was a lifelong proponent of European integration.

Il padre del mercato londinese degli Eurobond – obbligazioni trattate su mercati di nazionalità diversa rispetto all’emittente - è da ricercarsi in S. Warburg, il quale si convinse che un mercato sopranazionale poteva coesistere con limitazioni nazionali sulla libertà di movimento di capitale. La City di Londra ne ebbe un grande beneficio.

Se la Gran Bretagna uscì dall’EFTA – European Free Trade Association - nel 1960 ed entrò nella Comunità Economica Europea nel 1973, una parte del merito va a Warburg, premesso che il veto francese di De Gaulle (che non volle cedere negozialmente alle richieste inglesi di riduzione della spesa della Politica Agricola Europea – PAC) venne meno con la nuova presidenza di Giscard d’Estaing.

Alla fine della seconda Guerra Mondiale Sir Warburg ebbe a dire: “The company should be giving service to British industrial firms…We have made it a rule that the financial risks which we take never represent in any case more than a certain very limited percentage of the capital of the firm. Our chief risk lies in our overhead expenses which have to be relatively heavy considering that the sort of work we are doing depends on the highest possible quality of management”.

Nel 1953 Warburg scrisse una lista semplice semplice degli elementi essenziali per un first class private banking business:

- moral standing
- reputation for efficiency and high quality brain work
- connections
- capital funds
- personnel and organization

Chi non rispettava questi 5 parametri non meritava di essere chiamato banchiere, ma solo gambler, scommettitore o speculator. Il suo verdetto sul mercato di Wall Street nel 1940 fu: “It is a market of gamblers and not investors”, vedasi post su Benjamin Graham e l’Intelligent Investor . In un altro passaggio, Warburg dice: “In other words, we must be aware that we are primarily bankers and only secondarily Stock Exchange traders”.

Lusso bandito, discrezione e senso della misura. Uffici spartani, Warburg himself occupied a modest and rather chilly office. The firm was a monastic order, and all the monks’s cells were equal, including the abbot’s.

Vi aspetto domani per la seconda parte.

giovedì 21 aprile 2011

Maradona, la pigrizia degli italiani e le obbligazioni bancarie

Tutti noi ci ricordiamo quali mirabilie riusciva a compiere Diego Armando Maradona con il pallone - calcio mistero senza fine bello cantava il grandissimo Gianni Brera. Ma Maradona durante la settimana non aveva voglia di allenarsi. Stava a letto e girava per il bassi di Napoli accompagnato da persone poco raccomandabili. Ma la domenica era sempre il numero uno, un fenomeno. Pigro ma fenomenale.

L’italiano medio non è da meno. E' molto pigro. Ama guardare la tv, ma soprattutto chiacchierare. C'è un però. Al contrario di Maradona, nell'ambito della scelta degli investimenti possibili, è una schiappa di quarta categoria. Altro che serie A.
Un esemplare di italiano pigro
Non legge. Nè giornali, nè settimanali – abbiamo la minor diffusione dei paesi avanzati – men che meno libri. Figuriamoci se si mette a leggere prospetti informativi e regolamenti, la cui lettura – meglio dire il dichiarare d’aver letto - è obbligatoria prima dell’acquisto di una obbligazione bancaria.

I prospetti e i fogli informativi sono noiosi. Ma le informazioni ci sono.

Citiamo il caso dell’obbligazione (l’emittente è irrilevante, tutte le emissioni si assomigliano) – Eur/USD callable 28.12.2012 (ISIN XS0332687002). Nel foglio informativo è scritto: “Primo prezzo di emissione 100%. Scomposizione del prezzo di emissione:
- commissioni di collocamento 5%;
- prezzo di emissione al netto della commissione 95%
- prezzo di emissione= 100%

Se viene scritto chiaramente che le commissioni di collocamento sono del 5%, la responsabilità dell’investitore (nel non prendersi cura del suo patrimonio) è rilevante.

Quando si procede all’acquisto di un frigorifero – valore circa 500 euro – una famiglia si informa in modo capillare: va da Mediaworld, Trony, Unieuro, Castoldi, nel negozio sotto casa, chiama la sorella, la madre, la zia, gli amici. E la comparazione è fatta seriamente.

Quando si deve investire una cifra importante – che so 100mila euro - si entra in banca – già scontenti, con l’idea subito dopo di fare cose più interessanti – si firma l’acquisto di quello che offre il nostro “consulente” – sicuramente indipendente! – indipendentemente da cosa ci venga proposto, comprese le firme delle clausole vessatorie e la conferma di aver letto il prospetto informativo, e si esce belli soddisfatti.

Se la moglie del nostro investitore gli chiede a cena: “Quanto rende l’obbligazione che hai comprato oggi?”, la risposta è: “Mah, mi sembra il 3 o 4%”. La verità qual è? Sta nel prospetto. Con commissioni di collocamento pari al 5%, avendo investito 100mila euro, nel momento in cui si schiaccia il pulsante di uscita dalle porte infrangibili, il rendimento negativo – perdita secca – è del 5%. Aveva 100mila. Pochi minuti dopo ha solo 95mila euro. Se solo avesse bisogno di quei 100mila euro l’indomani, incasserebbe solo 95mila euro. Un bell’investimento. Niente da dire! In gergo, si direbbe che l’investitore – inconsapevole – ha un mark-to-market negativo di 5mila euro.

Guido Rossi in un suo attualissimo saggio La scalata del mercato. La borsa e i valori mobiliari (Il Mulino, 1986), scrisse: “Nelle università degli Stati Uniti, un Paese che ci ha preceduto da svariati decenni nel controllo del mercato mobiliare, si insegna che la “securities regulation”, la disciplina dei valori mobiliari, parte dall’elementare principio che “chiunque può vendere uova marce a un milione di dollari l’uno, purché il compratore sia informato che le uova sono marce, che il prezzo è esagerato e che in fondo non si tratta di un buon affare (p.79).

P.S.: per approfondimenti si consiglia il Quaderno Consob di luglio 2010: Le obbligazioni emesse da banche italiane. Le caratteristiche dei titoli e i rendimenti per gli investitori
R. Grasso, N. Linciano, L. Pierantoni, G. Siciliano N. 67 Studi e Ricerche

P.S.(2): si consiglia la lettura di Emanuela Audisio, Il ventre di Maradona (Mondadori, 2006)

lunedì 18 aprile 2011

Federica Pellegrini, gli attacchi d'ansia e il nemico degli investitori: se stessi

Federica Pellegrini, la nostra più grande nuotatrice, con il sorriso da Hello Kitty, tempo fa ha avuto l’ennesimo attacco di ansia prima della partenza della staffetta dei 400 agli Europei in vasca corta. Ce ne dispiace. Ma poi è tornata all’attacco – è così che la vogliamo – e alla domanda “E’ così importante lo psicologo?”, ha risposto: “Almeno per me sì. L’importante è averlo a bordo vasca, non nelle vicinanze, tipo in albergo”.

Se il nemico della Pellegrini è dentro di sé, per gli investitori vale la stessa cosa. Come dice il grandissimo Benjamin Graham – autore dell’imprescindibile “The Intelligent Investorvedi post ad hoc - “The investor’s chief problem – and even his worst enemy – is likely to be himself”.

Allora andiamo a vedere cosa frulla dentro la testa dell’investitore retail.

Spesso e volentieri l’investitore è affetto da overconfidence, cioè da eccesso di fiducia, è sicuro di essere più bravo degli altri e soprattutto in grado di fare meglio degli altri.

L’eccesso di fiducia lo porta a compiere un numero elevato di operazioni. La movimentazione - turnover - del portafoglio è elevata, così diventano rilevanti e crescenti le commissioni di negoziazione. La performance netta finale è quindi fortemente impattata dai costi sostenuti nel trading, il più delle volte senza costrutto.

Dalle ricerche di due studiosi statunitensi, Barber e Odean, sono soprattutto gli uomini a essere affetti da overconfidence, le donne molto meno.

Un altro fattore da prendere in considerazione è la disponibilità dell’online. Il Prof. Enrico Cervellati dell’Università di Bologna, in un paper presentato a Palazzo Mezzanotte, ha messo in luce come DOPO il passaggio all’online, le performance nette dell’investitore-trader peggiorino. Nel senso che senza la disponibilità del web è più complesso fare trading e quindi si fanno meno danni al nostro portafoglio.

Barber e Odean (2002) hanno dimostrato che gli investitori che passano dal trading tradizionale a quello online:

1. performano bene prima di passare al trading online
2. accelerano il trading dopo essere passati online
3. diventano più speculativi dopo essere passati online
4. performano male dopo essere passati online

Ma perchè gli investitori online sono overconfident?

1. Errore di selezione (selection bias)
2. Errore di auto-attribuzione (self-attribution bias)
3. Illusioni della conoscenza (illusion of knowledge)
4. Illusione del controllo (illusion of control)

Guiso e Jappelli (2006) hanno studiato gli effetti dell’informazione e dell’overconfidence basandosi sui dati di un gruppo bancario italiano. I risultati sono i seguenti: gli investitori meglio informati registrano performance inferiori e possiedono portafogli meno diversificati.

Concludo con una citazione del mitico Nassim Nicholas Taleb in The Black Swan. The impact of highly improbable (Random House, 2007, p. 14, all'interno della prefazione titolata Umberto Eco's Antilibrary, da leggere assolutamente!): "I noticed that the very intelligent and informed persons were at no advantage over cabdrivers in their predictions, but there was a crucial dfference. Cabdrivers did not believe that they have understood as much as learned people - really, they were not the experts and they knew it. Nobody knew anything, but elite thinkers thought that they knew more than the rest because they were elite thinkers, and if you're a member of the elite, you automatically know more than the nonelite".

venerdì 15 aprile 2011

In India impazza la lotta contro la corruzione

Anna Hazare
Il mio amico Gianluca – cittadino del mondo – in viaggio in Estremo Oriente, mi scrive: “In questi giorni, in India, Anna (ma e' un signore di 73 anni) Hazare sta facendo lo sciopero della fame contro la corruzione dilagante nel Paese . Il tutto si e' trasformato in un movimento di massa che vede popolazione, intellettuali, figure pubbliche, sportivi, celebrità, chiedere che finalmente si metta in atto il Lokpal Bill, sostenuto tra gli altri da Manmohan Singh, attuale primo ministro indiano".

Ma cos’è il Lokpal Bill?. Sul web leggiamo: “Anna Hazare demanded equal representation from the civil society and the government in drafting the Lokpal bill, that provides for stringent punishment for corruption. With his second of fasting, Anna Hazera decided to continue the hunger strike till the government reaches a conclusion about the enactment of the Jan Lokpal Bill (Citizen's Ombudsman Bill)".

Punti salienti :

1.Appointment of Lokpal Commission, Commissione anti corruzione formata per meta' da politici e per meta' da civili. Sicuramente meglio, per la presenza di quest'ultimi, della nostra commissione/giunta per le autorizzazioni a procedere.

2.Citizens access to information, sul modello Louis Brandeis (Consigliere della Corte Suprema negli anni '30): “La trasparenza è il miglior disinfettante, la luce elettrica il miglior poliziotto”.

3.Plugging loop holes in anti-defection laws, leggi che impediscono di cambiare partito una volta eletti. "In questo modo mentecatti tipo Scilipoti o Villari non potrebbero esistere" (Gianluca docet). Da notare che in India si parla di migliorare leggi sulla defezione gia' esistenti: da noi non esistono proprio.

4.Declaration of assets&audit of party accounts: bilanci obbligatori per i partiti politici!

5.Debarring the corrupt and the criminal from entering the political arena: interdizione dal presentarsi alle elezioni e dai pubblici uffici per coloro con precedenti penali.

6.Speedy trial of erring politicians, così scadenze dei termini, processi brevi ed altre amenita' del genere non esisterebbero.

7.Forfeiture of illegally acquired property, i.e. sequestro di beni accumulati illegalmente.

Conclude Gianluca: “Qui c'e' qualche decina di migliaia di persone impegnate in veglie, marce, raccolta firme etc . Il dibattito e' su TUTTI i giornali ed il governo sta gia' trattando . E noi ?“.

Nel leggere Federico Rampini, San Francisco Milano (Laterza, 2011), mi ha colpito il fatto che in California esiste una legge, definita Recall, che consente ai cittadini di organizzare un referendum per destituire un funzionario pubblico corrotto o incompetente: dallo sceriffo di contea al sindaco, al governatore dello Stato. Gli amministratori quindi non hanno la garanzia di poter finire il loro mandato.

Chiudiamo con una chicca del giudice di Cassazione Piercamillo Davigo - di cui consigliamo la lettura di La Giubba del re. Intervista sulla corruzione, (Laterza, 2004): “Il mio vicino, quello a cui affido mia figlia per accompagnarla a scuola, viene accusato di essere un pedofilo. Finchè non si pronuncia la Corte di Cassazione è innocente. Ma io continuo ad affidargli mia figlia?”....applicato ai politici ”La Costituzione dice “I cittadini a cui sono affidate pubbliche funzioni hanno il dovere di adempiere ad esse con disciplina e onore”. Disciplina e onore è qualcosa di più che rispettare la legge”. (intervista a La Stampa, 16 febbraio 2009).

mercoledì 13 aprile 2011

Omaggio a Federico Caffé, illustre economista

Nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1987 – giusto giusto 24 anni fa – l’economista Federico Caffè uscì di soppiatto da casa sua e mai più nessuno riusci a scoprire dove andò. Io credo sia andato in un convento, in cambio di una totale promessa di riservatezza. Molti hanno rievocato la scomparsa del fisico Ettore Majorana.

Leggiamo insieme un passo di Ermanno Rea in L’ultima lezione. La solitudine di Federico Caffé scomparso e mai più ritrovato, splendida testimonianza della vita austera da studioso di Federico Caffé: “Uscì di casa in punta di piedi per non svegliare il fratello e una fuga priva di testimoni, protetta dalle tenebre, si dissolse nel nulla. Aveva settantatre anni. Era professore fuori ruolo di Politica Economica e finanziaria alla Facoltà di Economia e commercio dell’Università di Roma. Godeva di un grande prestigio intellettuale ed esercitava notevole fascino, soprattutto sugli studenti. Benché, fisicamente, lasciasse molto a desiderare. Piccolo di statura. Anzi piccolissimo”.

Caffé non lasciò alcuna lettera di addio, ma commise tante azioni che, se lette correttamente, equivalgono nell’insieme a un esplicito messaggio. Sul tavolino accanto al letto lasciò: l’orologio, gli occhiali, le chiavi, il passaporto e il libretto degli assegni. Non fu certo un raptus ma una fuga premeditata.

Il Prof. Valentino disse: “Per tutta la vita Caffé ha fatto il pendolare tra la propria casa e l’Università senza mai concedersi passeggiate o gite, senza mai indulgere a curiosità turistiche di alcun genere”....La sua casa era l’Università. Arrivava al mattino alle otto e mezza e ne usciva dopo dodici ore filate (dopo aver spento le luci personalmente, che tempi!). A chi lo punzecchiava per il suo attaccamento al lavoro rispondeva: “Lo faccio per difendere il mio reddito reale. Se invece di starmene qui a studiare e a lavorare me ne andassi in giro a bighellonare chissà quanti soldi spenderei. Il lavoro per me è una forma di risparmio”.

La sua vita privata era l’economia, erano i suoi studenti. Li indicava dicendo: “Eccoli là i libri che non ho scritto”.

C’è un passaggio nel libro di Rea suggestivo e toccante. Quando Caffé fece gli esami di maturità – ragioneria – il commissario d’esame chiese “In quale città hai deciso di frequentare l’università?”. E Caffé rispose: “Non credo che andrò all’Università. Ho bisogno di lavorare”. Al che il commissario convocò alla stazione di Pescara i genitori di Caffé (di modeste origini), ai quali disse: “Caschi il mondo ma il suo ragazzo deve continuare a studiare”. La madre allora mise in vendita un piccolo lotto di terreno e Caffé partì per Roma.

In Banca d’Italia era stimatissimo. “C’era praticamente nato in Banca d’Italia. Vi aveva incontrato Luigi Einaudi e Donato Menichella, che aveva inciso sulla sua “formazione professionale” e gli aveva fornito “indimenticabili lezioni di umanità, di scrupolo, di rigore morale”. Vi aveva incontrato Guido Carli e Paolo Baffi, di cui era diventato amico affettuoso....Erano fatti della stessa pasta, Baffi e Caffé. Uomini integerrimi. Studiosi senza altri interessi che quelli per la propria scienza”.

Pierluigi Ciocca di Banca d’Italia ricorda: “La figura del consulente è sempre stata molto importante in Banca d’Italia. Svolgeva una funzione di riscontro critico oltre che di proposta, d’impostazione e di ricerca. In questo ruolo Caffè era ascoltatissimo”.

Il fratello Alfonso racconta il poche parole la parabola discendente di Federico: “Un uomo deluso e incompreso. E questo lo spinge ad abbandonare il campo di combattimento. Suicidio fisico oppure suicidio civile in un convento? La domanda è legittima. Ma è anche abbastanza superflua”.

Io credo che nell’Università avesse investito tutto sè stesso. Perduta la cattedra e il rapporto con gli studenti, trovò la vita insignificante: “Tutto incomincia da lì, dal giorno dell’ultima lezione”. Forse in questo Caffè ha compiuto un errore di valutazione: nella vita è necessario compensare, non ci si può dedicare interamente ad una sola passione, per quanto importante sia. Bisogna dedicare tempo anche a sé stessi, agli affetti, alla famiglia – vedi post su Dan Peterson: egli si era dedicato per tutta una vita all’Università e, persa quella, non gli restò più nulla per cui vivere.

Così lo ricorda Guido Rey, former President dell’ISTAT: “Egli ha fornito una «concezione della scienza economica come un'opera costante e successiva per cui l'edificio della scienza stessa risulta come una serie di piani che si aggiungono a quelli precedenti in modo da costruire un tutto solido ed armonico...Ai giovani F. Caffè ha dedicato tutta intera la sua vita e a loro volta i giovani lo amavano per la lucidità espositiva, la veemenza nella condanna delle ingiustizie, la profonda dottrina, la vasta cultura e la prosa preziosa e al tempo stesso essenziale. Ai giovani delle ultime generazioni ha saputo trasmettere il suo sdegno all'«idea che un'intera generazione di giovani debba considerare di essere nata in anni sbagliati e debba subire come fatto ineluttabile il suo stato di precarietà occupazionale..... Continuo era il suo richiamo all'idea che «l'Università statale non può rinunciare, senza screditarsi, a realizzare quella "eguaglianza delle posizioni di partenza" che è precetto tipico di ogni rispettabile concezione "liberale"». Ne parlava Caffè negli anni Settanta, ma è triste constatare che ancora oggi non si è realizzata, nel concreto, quell’eguaglianza delle posizioni di partenza: sono rari i casi di giovani talenti che, arrivando da modeste origini, riescono ad accedere alla migliore istruzione, ancora considerata elitaria.

Al decisore di politica economica Caffè raccomandava l'attenzione alla gente comune che produce e risparmia, ai giovani senza lavoro, alla solidarietà verso i più deboli e condannava «l'indifferenza verso i trabocchetti, le insidie ed i tripli giochi di personaggi in posizione di autorità che inviavano al Paese chiari ed insinuanti inviti ad arricchirsi». Vagamente attuale?

Questa è una testimonianza dello stesso Caffè: “Un professore non è un conferenziere, non parla occasionalmente a degli sconosciuti che con tutta probabilità non rivedrà più. Un professore dialoga con gli studenti dei quali conosce spesso tutto o quasi tutto: problemi e speranze, capacità e lacune, ansie e incertezze. Li assiste nei loro bisogni. Li segue lungo una strada che può finire il giorno dell'esame ma che può anche andare avanti fino a quello della laurea e oltre”.

Ecco, quando insegno e faccio domande agli studenti, li stimolo in tutti i modi, cerco di accendere in loro il fuocherello di cui parlò Seneca. Cerco di seguire l’ottimo esempio di Caffè - maieuta di eccezionale levatura - Ezio Tarantelli, Mario Draghi, Pierluigi Ciocca, e tanti altri.

Risulto, credo, un professore diverso dal solito, perché mi interesso agli studenti, non mi accontento di dar loro un semplice voto all’esame, ma cerco di capire attraverso il dialogo quali sono i loro obiettivi e le loro aspirazioni. Tento di approfondire la conoscenza, capire quali sono i punti di partenza, i loro bisogni e le loro necessità. Questo perché ritengo che il compito di un Maestro sia quello di continuare ad alzare l’asticella dei suoi studenti migliori, di spingerli al massimo, ma per farlo deve capire a che altezza riescono già a saltare. Parlando con loro cerco di capire se reagiscono agli stimoli, cosa stanno imparando, se c’è materia grigia su cui poter lavorare. E cerco sempre di proporre ai miei migliori studenti obiettivi adeguati: per sviluppare i loro talenti non possono restare a Bergamo tutta la vita, devono ampliare i loro orizzonti. Solo che mi rendo conto che, se nessuno dice loro che meriterebbero qualcosa di più, anche gli studenti più promettenti rimarrebbero intrappolati, quando le migliori università del mondo stanno aspettando proprio loro.

Ed è davvero gratificante vedere qualche sparuto studente che ti ascolta, prova ad affrontare una sfida molto più grande della laurea triennale a Bergamo e ne esce vincitore: queste sono soddisfazioni.

lunedì 11 aprile 2011

Generazioni perdute: il sapere conta poco, contano le amicizie e l'onnipresente famiglia

Oggi sulla prima pagina del Corriere della Sera abbiamo letto il fondo Generazioni perdute di Ernesto Galli della Loggia. Ne riportiamo un passaggio: "Tutta la classe dirigente italiana è organizzata in un sistema di compatte oligarchie di anziani che per conservare e accrescere i propri privilegi sono decisi a sbarrare l'ingresso a chiunque. A cominciare dal capitalismo industriale-finanziario il quale, almeno in teoria, dovrebbe essere il settore più dinamico e innovativo della società, ma dove invece i Consigli d'amministrazione assomigliano quasi sempre a un club esclusivo di maschi anziani. Anche il sistema politico e i partiti non scherzano. I leader più importanti non solo stanno in politica da almeno tre o quattro decenni, ma in media è da almeno 20-25 anni che occupano posizioni di vertice.

La muraglia invalicabile dietro la quale prospera la gerontocrazia italiana ha un nome preciso: l'ostracismo alla competizione e al merito. In Italia il sapere e il saper fare contano pochissimo. Moltissimo invece contano le amicizie, il tessuto di relazioni, l'onnipresente famiglia, e soprattutto l'assicurazione implicita di non dar fastidio, di aspettare il proprio turno, di rispettare gli equilibri consolidati: vale a dire ciò che fanno o decidono i vecchi".

La Fondazione Italia Futura ha lanciato un progetto - L’Italia è un paese bloccato: muoviamoci - diretto a mobilitare le energie verso un sistema basato sul merito e non sulle condizioni di partenza. I dati OCSE presentati sono incontrovertibili. In Italia, un giovane che non abbia un genitore almeno diplomato ha il 10% delle possibilità di laurearsi, contro il 35% della Francia e oltre il 40% della Gran Bretagna. Circa il 70% dei ragazzi che hanno i migliori risultati provengono da famiglie agiate. In Italia il 44% degli architetti è figlio di architetti, il 42% dei laureati in giurisprudenza è figlio di laureati in giurisprudenza. Biondillo spassosamente racconta: “proprio quell’estate del 1984 lessi un’intervista a Vittorio Gregotti su un quotidiano nazionale. Il giornalista chiese un consiglio da dare ai giovani che si accingevano ad iscriversi ad architettura. Gregotti rispose, lapidario: “Consiglio loro di scegliersi genitori ricchi”.

Mi ha colpito molto l’affermazione recente di Roberto Saviano: “Le organizzazioni criminali hanno un grande vantaggio rispetto all’economia legale italiana: sono meritocratiche. Un merito identificato nella severità di azione, nella spietatezza, nel saper gestire gli imprenditori, comprare la politica e saper ammazzare”.


Sebastiano Vassalli, nel suo romanzo Marco e Mattio, ambientato nel Veneto nel 1775, scrive: “Suo padre, Marco Lovat, era lo scarpèr cioè il calzolaio di Casal, e il destino del figlio primogenito era quello di fare lo scarpèr, anche se avrebbe preferito continuare a studiare per diventare dottore: la vita, a Zoldo, non permetteva quel genere di cambiamenti e chi nasceva oste doveva fare l’oste, chi nasceva scarpèr doveva fare lo scarpèr; altre alternative non c’erano!”. Ogni tanto sembra che in questo Paese siamo rimasti a fine ‘700.

Chiudo consigliando di vedere o rivedere lo splendido film (1993) di Marco Tullio Giordana, La meglio gioventù, di cui vi segnaliamo un passaggio utile ai nostri discorsi di oggi.

Si tratta della fine di un esame di medicina. Il dialogo tra il “barone universitario” e Luigi Lo Cascio è memorabile . Cliccate qui per il link a youtube, veramente, fermatevi un attimo, andate a vederlo, ne vale la pena. Ecco la trascrizione.

Prof.: “Lei promette bene, le dicevo, voglio darle un consiglio. Lei ha delle ambizioni? Allora lasci l’Italia finchè è in tempo. Cosa vuol fare? Il chirurgo? Qualsiasi cosa decida, vada a Londra, Parigi, in America se ne ha la possibilità, ma vada via, lasci questo Paese, finchè è in tempo. L’Italia è un paese bello e inutile, destinato a morire. Qui rimane tutto immobile, in mano ai dinosauri. Dia retta, vada via”.
Studente (Lo Cascio): “Ma lei Prof. perchè non va via”?
Prof.: “Perchè io sono uno dei dinosauri da distruggere”.

venerdì 8 aprile 2011

Elogio del silenzio

Ho appena finito di leggere Elogio del silenzio (Feltrinelli, 2011) dell’Ambasciatore Boris Biancheri. Biancheri è Presidente dell’ISPI , Istituto per gli Studi di Politica Internazionale fondato da Alberto Pirelli, quando gli imprenditori investivano nella ricerca e nelle istituzioni. Oggi investono nelle squadre di calcio.
Biancheri ha fatto carriera diplomatica: è stato Ambasciatore a Londra, Tokyo e Washington.

Non tutti sanno che Ugo Stille - Direttore del Corriere della Sera dal 1987 al 1992 – fino alla Seconda Guerra Mondiale si chiamava Mikhail Kamenetzky. Poi per sfidare i tedeschi, decise di chiamarsi Stille, silenzio, quiete, a cui i tedeschi volevano ridurlo.

Ugo Stille
 Wikipedia: “...Nei primi anni '40 la famiglia Kamenetzky dovette emigrare di nuovo per sfuggire alla leggi razziali fasciste promulgate nel 1938. Il 4 settembre 1941 i Kamenetzky si imbarcarono perciò per gli Stati Uniti, grazie ad un visto ottenuto tramite l'intercessione di Giovanni Battista Montini, il futuro Papa Paolo VI, e si stabilirono a New York”.

Il protagonista di Elogio del silenzio è Felix, un brillante bambino che non parla fino a 4 anni, e poi si scopre che ha la capacità di memorizzare qualsiasi fatto e numerarlo per ricordarlo alla perfezione. “Aveva messo insieme più di cinquemila ricordi, ognuno con un numero progressivo che pronunciava sommessamente quando voleva rievocarlo”.

Felix viveva due vite allo stesso tempo. Una reale dove accadevano poche cose, regolari e ripetitive...L’altra vita di Felix era costituita dall’organizzazione della memoria, che invece lo appassionava. Allo stesso modo in cui la medesima frase, detta da una persona qualsiasi, si perde tra le mille banalità quotidiane senza che nessuno vi faccia attenzione ma si carica di significato e di mistero se è pronunciata da un attore su un palcoscenico. La mente di Felix era dedita infatti a una continua rappresentazione teatrale a ritroso”.

A lezione ho citato questo passo di Biancheri: “Più importante che ricordare le cose, infatti, è capire perchè le cose accadono o perchè sono accadute le cose che si ricordano....servono due cose: la memoria del passato e la consapevolezza del presente”.

In questi tempi urlati - come chiude Biancheri nel suo splendido libro - abbiamo bisogno di quiete, silenzio, spazio mentale per la riflessione: “La notte era chiara e Felix si sentì giunto a casa. Solo alcune domande su cui si era interrogato preparando il suo discorso – Cosa è la libertà Cosa è la verità? – gli vagavano ancora nella mente, come se attendessero risposta. Ma proprio in quel momento il vento cessò, il leggero mormorio dell’onda si tacque e su tutto scese il silenzio”.

mercoledì 6 aprile 2011

Il Madoff dei Parioli: l’avidità è una brutta bestia

Tototruffa '62, Totò vende la Fontana di Trevi
Abbiamo letto nei giorni scorsi della recente truffa finanziaria ai vip della Capitale. Il Corriere della Sera titola: “Caccia ai soldi dei vip truffati. Ora i pm indagano alle Bahamas”. “Truffe ai vip, la pista della ‘ndrangheta”.
Coinvolti 1.200 risparmiatori per una truffa stimata di 170 milioni di euro. I promotori della Egp (Européanne de Gèstion Privée) - apparentemente abusivi in quanto in Italia per gestire e compiere solecitazione al pubblico risparmio è necessario essere intermediari autorizzati (banche, SIM o SGR) - corrispondevano ai loro clienti profitti irrituali, fuori mercato.

Gli inquirenti sospettano un classico «Schema Ponzi» , anche per la durata del raggiro. La «catena degli investimenti» andava avanti, secondo alcuni, almeno da 15 anni: ai clienti venivano garantiti ritorni compresi fra il 5 e il 19% sugli investimenti effettuati e per alcuni mesi le promesse erano effettivamente rispettate. Ma dopo alcuni mesi di pagamenti regolari, i clienti non hanno ricevuto più gli interessi e il crack ha inghiottito anche il loro capitale.

Interessanti - come nel caso del Pio Albergo Trivulzio - sono le interviste ai protagonisti coinvolti.

La Repubblica del 3 aprile intervista Gianfranco Lande, definito il "Madoff dei Parioli" – in sciopero della fame nel carcere di Regina Coeli, accusato di associazione a deliquere di carattere transnazionale finalizzata ai reati di abusivismo finanziario, al compimento di reati di truffa e appropriazione indebita e riciclaggio - “colui che insieme a 4 complici, prometteva guadagni facili per investimenti all’estero di fatto inesistenti”.

Per inciso, Bernard Madoff - finanziere truffaldino americano - si è dichiarato colpevole di tutti gli 11 capi d'accusa a lui ascritti ed è stato condannato a 150 anni di carcere. Rispetto agli altri hedge funds Madoff non vantava profitti del 20-30% ma si attestava su un più ragionevole rendimento del 10% annuo che però rimaneva costante a prescindere dall'andamento del mercato. La truffa consisteva nel fatto che Madoff versava l'ammontare degli interessi pagandoli con il capitale dei nuovi clienti. Il sistema è saltato nel momento in cui i rimborsi richiesti superarono i nuovi investimenti.

Sentiamo il "Madoff de' noantri", Gianfranco Lande: “Mica erano degli sprovveduti i miei clienti. E’ tutta gente di target elevato che aveva dei soldi da investire e sapeva bene a cosa andava incontro. Assolutamente cosciente e consapevole dell’alto rischio che correva, a fronte della prospettiva di un cospicuo rendimento”.

Osservazioni:

1. “Gente di target elevato”. Ma come parli, direbbe Nanni Moretti. Chi parla male pensa male e vive male;
2. “Sapeva bene a cosa andava incontro”. Se lo sapeva non gli avrebbe affidato il denaro.
3. “Consapevole dell’alto rischio a fronte del cospicuo rendimento”. A certi livelli è importante distinguere tra ritorno sul capitale dal ritorno del capitale – ben più importante!

4. Lande prosegue: “La società Iem ha portato i suoi clienti in EGP per scudare (effettuare lo scudo fiscale per capitali rimpatriati dall’estero, ndr). E’ allora che accade l’impensabile: moltissimi, dopo aver fatto rientrare il denaro, hanno iniziato improvvisamente a disinvestire i fondi in loro possesso. E questa imprevista richiesta di liquidità, in un momento di crisi economico-finanziaria globale, ci ha dato il colpo di grazia”. Ma io dico: cosa c’entra la crisi finanziaria con la legittima richiesta di disinvestimento dei clienti. Se si investe in modo adeguato su prodotti liquidi (azioni e obbligazioni di qualità), proprio la robustezza dei mercati finanziari consente di liquidare beni mobiliari anche in situazioni di forte ribasso dei prezzi. Al massimo si vende in perdita, ma si vende. Dove è il problema?

Gordon Gekko
Nel fantastico film Wall Street, Gordon Gekko (Michael Douglas) insegna al suo allievo che “Greed is good”. Vale la pena di dire che l’avidità non è assolutamente good, anzi è nefasta, una gran brutta bestia.

Come dice uno dei truffati, l'attore David Riondino, “Sono stato ingannato come Pinocchio”.
Siamo circondati dal “Gatto e la volpe”. Cerchiamo di valutare con attenzione i nostri interlocutori, di non farci accecare da rendimenti non sostenibili, molto lontano da quella che offre il mercato. Se un titolo governativo, un BTP offre il 2,5%, come si fa a garantire rendimenti superiori senza rischi?
L’avidità acceca.

Allora riprendiamo in mano Collodi: “Il Gatto e la Volpe si avvicinarono a Pinocchio in modo convincente ed elegante per fargli sembrare delle vere persone e per far incuriosire Pinocchio. Il burattino quando guardò quelle "persone" si incuriosì anche lui. Allora la Volpe iniziò il proprio discorso dicendo che se andava al campo dei miracoli i suoi 5 zecchini diventavano improvvisamente 100 1000 o anche 2000. Pinocchio doveva solo piantare gli zecchini e sarebbe successa la magia. Infine dal modo di parlare e dal modo di convincere, l'astuzia della Volpe vinse sulla volontà di Pinocchio”.

Riflettere, pensare, informarsi, elaborare le informazioni. Semplice, no?

lunedì 4 aprile 2011

I furbetti del quartierino e l'ex Governatore Antonio Fazio: una storia poco edificante

Antonio Fazio e Giampiero Fiorani
Ai tempi di Carli, Baffi, Ciampi, la Banca d’Italia è stata l’istituzione italiana più rispettata nel mondo. Antonio Fazio - Governatore di BI dal 1993 al 2005 - è riuscito in pochi mesi a distruggere una credibilità secolare, che Mario Draghi sta con successo ristabilendo.

Ci ha colpito quindi una lettera di qualche settimana fa – 10 marzo 2011 – al Corriere della Sera di Angelo De Mattia – strettissimo collaboratore di Fazio in Banca d’Italia. De Mattia replica a un articolo del vicedirettore del Corriere Massimo Mucchetti sostenendo con vigore il governatorato di Antonio Fazio che “abbattè drasticamente l’inflazione e le relative aspettative”.

Noi vorremmo mettere nella giusta prospettiva le pur corrette indicazioni di De Mattia. Infatti non condividiamo assolutamente la chiusura della lettera, dove leggiamo: “Speriamo che si possa arrivare, sia pure lentamente, a riconoscere i meriti, sulla base di un’analisi rigorosa, che non ceda agli “idola fori" (idoli della piazza vociante, ndr).

Un po’ di storia.

Antonio Fazio, ex Governatore BI
Fazio ha cercato di imporre le sue strategie di consolidamento. Così, sia per preservare equilibri costruiti in decenni, sia per riaffermare la propria centralità, la Banca d’Italia ha frenato diverse operazioni di aggregazione che avrebbero potuto creare già alla fine del 1999 intermediari di calibro europeo.

Nella primavera 1999 in modo contemporaneo vengono lanciate due OPS da parte di:

1) Unicredito (risultato della fusione tra il Credito Romagnolo e il Credito Italiano, e successivamente della Cassa di Risparmio di Torino e Cassa di Risparmio di Verona) nei confronti della Banca Commerciale Italiana (la mitica Comit di Raffaele Mattioli);

2) SanPaolo-IMI nei confronti di Banca di Roma (risultato della fusione tra Banco di Roma, Banco di Santo Spirito e Cassa di risparmio di Roma).

Antonio Fazio non boccia formalmente le OPS, ma le fa cadere per mancanza di autorizzazione. L'informativa preventiva per le operazioni che comportano l'acquisizione del controllo di una banca andava fatta alla Banca d'Italia (successivamente il Governatore Draghi abolì la necessità di informativa preventiva e dell’autorizzazione) almeno sette giorni prima della convocazione del consiglio d'amministrazione al quale si intende sottoporre l' operazione. Le regole di vigilanza erano state fissate dal governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, davanti al CICR, Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio. Fazio ribadì la necessità che ogni banca che vuole assumere il controllo di un'altra debba sempre informare via Nazionale prima di portare l'operazione in cda e di renderla nota al mercato.

Salvatore Bragantini
Bragantini -ex commissario Consob - si domanda allora quale è la motivazione del comportamento della nostra banca centrale davanti alle due OPA: “L’errore di chi ha lanciato l’OPA è di aver dato retta alle leggi e ai regolamenti della Consob, e non alle nobili consuetudini delle alzate di sopracciglia o alle strizzate d’occhio (nods and winks, secondo gli inglesi) come forma di approvazione, o disapprovazione, da parte della Banca Centrale”. Inutile fu l’intervento di Mario Monti, allora Commissario Europeo preposto alla concorrenza, che rimarcò che gli interventi delle banche centrali in tema debbono essere noti a priori, ragionevoli, non discriminanti e applicati in modo coerente nel tempo.

Con ritardo, le forze di mercato - una volta che Mario Draghi ha sostituito il compromesso Antonio Fazio alla guida della Banca d’Italia - hanno portato alla creazione in Italia di intermediari creditizi di stazza europea. L’autorevolezza di Mario Draghi è così forte in ambito internazionale – in assoluto la personalità più credibile che abbia oggi l’Italia nel mondo – che è stato nominato chairman del Financial Stability Board.
Guido Rossi
Guido Rossi: “Non resta più nulla di quella sacralità della Banca d’Italia che per decenni era stata rispettata nel mondo intero. Fazio l’ha distrutta con il suo esercizio opaco della vigilanza come strumento di potere. Questa non è una storia che comincia con le scalate bancarie del 2005. Non dimentichiamo che gli scandali Cirio e Parmalat erano stati scandali soprattutto di carattere finanziario...Il concetto di italianità è una versione di protezionismo straccione, che si riduce alla spartizione degli sportelli. Perchè non ha esercitato i suoi poteri di controllo quando occorreva davvero? Si ripete la storia di Sindona e di Calvi...Fazio ha distrutto l’istituzione arroccandosi di una gestione meschina della vigilanza, perchè era l’unico strumento di rivincita che gli restava dopo aver perso il potere sul cambio e sulla moneta, che è finito alla Banca centrale europea" (Capitalismo opaco, a cura di Federico Rampini, Laterza, 2005).


Giampiero Fiorani
I fatti. Siamo nel 2005. L’11 maggio 2005 la Consob denuncia un patto occulto tra gli scalatori italiani della Banca Antonveneta, banca voluta sia dalla Banca Popolare di Lodi guidata da Giampiero Fiorani che agli olandesi di Abn-Amro. L'immobiliarista Ricucci in una intercettazione definì con notevole sagacia il gruppo di scalatori occulti "I furbetto del quartierino".
Dai documenti risulta che la Popolare di Lodi possiede in proprio il 30% dell’Antonveneta ma grazie ad amici nell’ombra è arrivata a controllare il 40%. Secondo la Consob, Fiorani ha eluso la legge sull’OPA, che impone di lanciare un’OPA al superamento di quota 30%. A Lodi arrivano gli ispettori della Banca d’Italia e scoprono cose inenarrabili. La relazione degli ispettori arriva sul tavolo di Claudio Clemente – capo del Servizio Vigilanza sugli Istituti di Credito di Banca d’Italia – e di Giovanni Castaldi – capo del Servizio Normativa di Vigilanza. Questa relazione – fortemente negativa – induce Clemente e Castaldi a dare un parere motivato negativo “immodificabile”. A questo punto interviene il Governatore Fazio che – per la prima volta nella storia della Banca – scavalca le strutture tecniche e nomina tre esperti esterni, tra i quali brilla l’avvocato Gambino, avvocato del banchiere mafioso Michele Sindona mandante dell’omicidio di Giorgio Ambrosoli .
In poche ore i legulei ad hoc di Fazio rispondono che il piano di Fiorani per il rientro nei parametri di vigilanza è validissimo e quindi forniscono a Fazio il parere voluto. Al Governatore spetta la scelta tra il giudizio dei dirigenti della Banca d’Italia o l’ex avvocato di Sindona. Chi sceglie Fazio? Il parere di Gambino, Ferro Luzzi e Merusi. La moglie di Fazio, la signora Rosati, conversando al telefono con Fiorani, definì il gruppo guidato da Clemente “i mascalzoni della Vigilanza”. Quindi in casa Fazio i mascalzoni sono i massimi dirigenti della Banca d'Italia e invece "i meglio" sono i "furbetti del quartierino". Per la cronaca i pm milanesi hanno chiesto per l'imputato Antonio Fazio - a febbraio 2011 - una condanna di 3 anni e una multa di 100.000 Euro per concorso in aggiottaggio.

Da Il Sole 24 Ore (del 20.12.2005, Mara Monti): ”Chi firmò il via libera all'Opa? Nella procedura normale sarebbe toccato a Frasca. « Non lo so » , dice Fiorani. « Non lo sa? » risponde Fusco. E Fiorani: « No » . « Davvero? allora glielo dico io: Angelo De Mattia » . Dunque, è il capo della segretaria della Banca d'Italia ad avere controfirmato l'autorizzazione all'Opa: sulla lettera nessuna sigla della vigilanza oppure del direttorio, perchè non c'era nessuno all'interno della Banca d'Italia d'accordo con quella operazione. E De Mattia probabilmente non si rendeva conto di quello che aveva firmato. Quel De Mattia di cui Fiorani, nelle intercettazioni telefoniche, dice: « Mi sono dovuto ricredere, è intervenuto molto bene, molto fattivamente » .

E' passata da 12 minuti la mezzanotte dell'11 luglio 2005, Fazio telefona a Fiorani (amministratore delegatodella Banca Popolare di Lodi, diventata Banca Popolare Italiana-BPI) il via libera all'Opa:
Fazio: «Ti ho svegliato?».
Fiorani: «No, no, guarda sono qui a Milano ancora a parlare con i miei collaboratori».
Fazio: «Va beh, ho appena messo la firma, eh».
Fiorani: «Ah Tonino... io sono commosso, con la pelle d'oca, io ti ringrazio, io ti ringrazio... Guarda, ti darei un bacio in questo momento, sulla fronte ma non posso farlo... So quanto hai sofferto, prenderei l'aereo e verrei da te in questo momento se potessi».
Fazio: «Va anche detto a Gigi, che adesso avvertiamo, di non parlarne, per un po' di giorni deve stare lontano da qua».
Fiorani: «Esatto, ci siamo capiti, bravissimo... perché poi, ogni volta, era un messaggio per... Io non volevo che il nostro rapporto personale fosse tale da influenzarti in qualunque cosa, il rapporto era tuo, solo tuo... e di questo il Paese oltre a Gianpiero ti saranno per sempre grati, veramente».

Come fa Fiorani a entrare in continuazione in Banca d'Italia per incontrare Fazio senza dar troppo nell'occhio? In incognito, facendosi passare per un dipendente. Alle 18.43 del 5 luglio lo documenta un rapporto degli inquirenti. «Fiorani entra in Banca d'Italia senza presentarsi in portineria» . Prima, però, «chiama una dipendente perché avvisi il portiere, al quale poi passa materialmente il proprio cellulare, e lo mette in contatto con la sua interlocutrice» . E sul cellulare, intercettato, si sente la donna rassicurare il portiere: «Pronto... Il collega può entrare, lo stiamo aspettando» .
Un vigilato che viene fatto passare dal retro dal Vigilante, che con lui poi concorda come rimettere a posto i requisiti di Vigilanza. Non si era mai visto prima.
Del resto, qualche accortezza l'aveva suggerita lo stesso Governatore al banchiere della Bpi.
Fazio: «Allora, se tu vieni da me verso le 15, le 15.30, stiamo insieme un'ora, un'ora e mezzo... diciamo... perché voglio verificare un insieme di cose» .
Fiorani: «Sì, sì, va bene».
Fazio: «Allora... l'unica cosa... passa come al solito... dal dietro... dietro di là» . «Va bene, sennò sono problemi».

Abbiamo ricordato qualche giorno fa il Governatore Paolo Baffi , massimo tutore dell’indipendenza e dell’imparzialità del vigilante. Ma vogliamo solo pensare a un paragone con Fazio? Suvvia.

Chi scese in campo allora per difendere l’indifendibile Antonio Fazio? L’Osservatore Romano, l’organo di stampa del Vaticano. Ma cosa c’entra la Chiesa con i problemi delle banche italiane? Dopo ciò che è accaduto con lo IOR e il Banco Ambrosiano, il Vaticano dovrebbe osservare un rigoroso silenzio. Ma tutto è permesso al Vaticano. Anche far seppellire il capo della Banda della Magliana – Enrico de Pedis - a Sant’Apollinare, di fianco ai Papi.

Dottor De Mattia, ma far entrare un banchiere vigilato dalla porta di servizio per trattare con lui il “taroccamento” dei requisiti patrimoniali e confutare i pareri dei massimi dirigenti della Banca d’Italia è ammissibile per un Governatore di Banca d’Italia?

Stiamo cedendo agli idoli della piazza, agli "idola fori”?
Noi la pensiamo come Joseph Pulitzer - giornalista ed editore, da cui il Premio Pulitzer: "Un'opinione pubblica ben informata è la nostra Corte Suprema".

venerdì 1 aprile 2011

La battaglia di Roger Abravanel per un’Italia più meritocratica

Roger Abravanel - consulente alla McKinsey per 34 anni – ha deciso qualche anno fa di give back, di restituire alla società – concetto tipicamente anglosassone – ciò che ha ricevuto nella sua vita professionale. Gira l’Italia, parla con ministri (quando non lo paccano all’ultimo minuto, vedi alla voce Brunetta), magistrati, insegnanti, studenti, con un obiettivo ben chiaro: diffondere il valore della meritocrazia in Italia.

Qualcuno gli dice che è un pazzo, “Che beneficio ne hai? Ma chi te lo fa fare?”, ma Roger imperterrito continua la sua meritevole battaglia.

Nel 2008 è uscito il suo saggio Meritocrazia. Quattro proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto (Garzanti, 2008). Qualche sera fa ho avuto la fortuna di ascoltarlo a uno speech tenuto all’APE –  storica associazione milanese, di cui sono socio.

Roger Abravanel dimostra che la società italiana non è nè giusta nè meritocratica. L’Italia è probabilmente la società più diseguale e ingiusta del mondo occidentale. Mentre gli Stati Uniti sono caratterizzati da alta disuguaglianza sociale e alta mobilità sociale, in Italia scopriamo tristemente che siamo un caso unico: la nostra è l’unica società con alta disuguaglianza e bassa mobilità.

Roger Abravanel
Abravanel ha mostrato una slide con riassunto il pensiero di James Conant, il presidente di Harvard University tra il 1933 e il 1953, primo concreto artefice della meritocrazia in chiave moderna: “Dovremmo essere in grado di portare ogni giovane talento da ogni parte del Paese a laurearsi a Harvard, che si tratti di un figlio di ricchi o che non abbia un penny, che abiti a Boston o a San Francisco”.

L’immobilità della società italiana rende la sua disuguaglianza profondamente ingiusta e contribuisce al clima di sfiducia che attanaglia il paese. Beppe Severgnini riassume efficamente: “L’Italia è bella, ma immobile. Sembra di vivere sempre lo stesso giorno, come Bill Murray in Ricomincio da capo (Groundhog Day)”.

Vediamo cosa scrive la Banca d’Italia nel Supplemento al Bollettino Statistico (n. 67, 20 dicembre 2010, La ricchezza degli Italiani): “Alla fine del 2009 la ricchezza netta per famiglia era stimabile in circa 350 mila euro.
La distribuzione della ricchezza è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione: molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza; all’opposto, poche famiglie dispongono di una ricchezza elevata. Le informazioni sulla distribuzione della ricchezza desunte dall’indagine campionaria della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane indicano che alla fine del 2008 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 10 per cento della ricchezza totale, mentre il 10 per cento più ricco deteneva quasi il 45 per cento della ricchezza complessiva".

In uno studio di febbraio 2010 la Banca d’Italia evidenziava la bassa mobilità sociale: “Oltre al grado di disuguaglianza della distribuzione della ricchezza è interessante descrivere anche il livello di mobilità, ossia la frequenza con cui le famiglie si spostano fra le varie classi di ricchezza nel corso del tempo. Tale fenomeno può essere valutato confrontando la posizione relativa di un campione di famiglie intervistate più volte nel corso del tempo. Sia nel 1993-2000 sia nel 2000-2008 comunque, la maggior parte delle famiglie tende a rimanere nella stessa classe di ricchezza iniziale o a muoversi in classi adiacenti”.

Luigi Einaudi
Luigi Einaudi – Governatore della Banca d’Italia dal 1945 al 1948, Presidente della Repubblica Italiana nel settennato 1948-1955- fu un convinto sostenitore dell’uguaglianza nelle condizioni di partenza: “Su taluna maniera di porre rimedio alla diseguaglianza nei punti di partenza vi ha una sostanziale concordia tra liberali e socialisti ed è per quel che riguarda l’apprestamento di mezzi di studio, di tirocinio e di educazione aperta a tutti...Ad uguale sentenza si giunge rispetto a quei provvedimenti intesi ad instaurare parità di punti di partenza tra uomo e uomo...” (Discorso elementare sulle somiglianze e le dissomiglianze tra liberalismo e socialismo, in Prediche Inutili, Torino, 1974, pp. 211 sg. ).

Boeri e Galasso sostengono che l’Italia sia, fra tutti i paesi sviluppati, il Paese che più sta agendo contro l’interesse dei giovani. “Si assiste alla più massiccia redistribuzione di risorse dalla generazione dei figli a quella dei genitori di cui si abbia traccia in epoca recente. In poco più di dieci anni abbiamo raddoppiato il nostro debito pubblico e promesso pensioni molto generose, nonostante il calo della fertilità e l'allungamento della vita: su ogni giovane italiano oggi gravano 80.000 euro di debito pubblico e 250.000 euro di debito pensionistico. Lo abbiamo fatto non tanto per costruire infrastrutture, migliorare la qualità dell'istruzione o dei servizi, ma per pagare pensioni di invalidità, creare posti pubblici spesso inefficienti, concedere baby pensioni e pensioni di anzianità, cedere alle pressioni di rappresentanze di interessi specifici e di breve respiro”.

Gherardo Colombo
Torna in mente una battuta del giudice Gherardo Colombo, mite protagonista di Mani Pulite: “Per me è importante stimolare la riflessione nei giovani. Qualche anno fa si discuteva sull’opportunità di mandare l’esercito a Napoli. Un sacerdote mi disse che avrebbe voluto un plotone di insegnanti. Sono di quell’idea”.
Roger la pensa allo stesso modo - purchè gli insegnanti siano bravi e si facciamo valutare. Spero proprio possa trovare una data per venire a lezione con me all’Università di Bergamo. Gli studenti apprezzerebbero sicuramente. Roger è un grande speaker.