martedì 31 agosto 2010

Diversificazione o Di-worsification?


Spesso i clienti chiedono informazioni sull’oro, sulle materie prime e pongono domande apparentamente intriganti sull’opportunità di comprare un ETC – Exchange Trade Commodity – al fine di catturare la crescita dei prezzi delle materie prime.
Ma di quale crescita stiamo parlando? Partiamo dalla diffusa percezione – profondamente errata - che l’oro – all’onore delle cronache per il rialzo forsennato degli ultimi anni - sia un “bene rifugio”. Tra il 1980 – massimo del prezzo dell’oro il 31.12.1980 a 589,75 dollari l’oncia - e il 1999 - minimo il 30.9.1999 a 251,95 dollari l’oncia - l’oro fisico ha perso il 57% del proprio valore. Quindi in 20 anni un investimento in oro avrebbe significato perdite nominali ingenti e perdite reali – al netto dell’inflazione - esorbitanti . Vogliamo ancora considerare l’oro un asset da avere in portafoglio?

Come ha sostenuto l’ottimo Tasker sul Financial Times – Why the bulls have got it all wrong with commodities, FT, 10th June 2010 – “Di-worsification is what you do when you invest in mediocre assets for a mediocre reason”. La performance a lungo termine delle commodities è assai deludente. Se il protagonista del romanzo “Seize the day” (“La resa dei conti”) di Saul Bellow, Tommy Wilhelm, avesse mantenuto le posizioni rialziste dal 1956 (nel romanzo viene consigliato erroneamente da un financial advisor e finisce male), ad oggi avrebbe perso il 75% del capitale in termini reali. Evidentemente, non è vero che le commodities sono uno strumento di copertura dall’inflazione.
Ma perchè le materie prime sono un investimento – il trading lasciamolo fare ai traders - da sconsigliare? Perchè sono l’unica asset class – tra azioni, obbligazioni e liquidità – che non regala alcun rendimento regolare frutto di dividendi, cedole o interessi. Tasker sostiene che le commodities non meritano alcun ritorno per il semplice fatto che, come il nome suggerisce, sono risorse indifferenziate che solo attraverso il valore della conoscenza possono aggiungere valore: “As societies become more sophisticated, knowledge generates ever greater returns. Societies in which commodities are highly valued are by definition primitive”.
Gli storici segnalano che il prezzo reale del rame ha segnato il suo massimo 3000 anni fa nel periodo di splendore dell’Egitto. Si può ben dire che il rame è in un bear market da 3000 anni. Attenzione a di-worsificare.

lunedì 30 agosto 2010

Vitale, Rajan e la perdita di senso dell’economia di mercato


L’antropologo e orientalista Fosco Maraini - non si può non rimanere affascinati dalla lettura di “Case, amori, universi”, Mondadori, 2001 - ha attribuito a Marco Vitale l’epiteto di “Sherpa delle idee”, che trovo quanto mai appropriato poiché Vitale ci conduce per mano per capire a sviscerare i problemi così in profondità da smentire il vaticinio di Baricco sulla scomparsa della profondità di pensiero.
Nel suo ultimo libro - “Passaggio al futuro”, EGEA, 2010 - l’economista d’impresa bresciano ci guida e spiega con molta chiarezza perché la crisi finanziaria è una crisi di significato, di senso dell’economia di mercato, che il mondo anglosassone ha spinto verso una separatezza insensata tra lavoro e ricchezza. E‘ necessario riportare il baricentro economico dal capitale al lavoro e scoprire che la vera ricchezza non è fissata dal denaro e dagli interessi di mercato, ma è fondata soprattutto sul lavoro. Le parole di Vitale: “E’ un vero e proprio cambio di paradigma economico quello di cui abbiamo bisogno: al centro il lavoro e non il capital gain…Si è accettato l’imposizione di prelievi (non compensi che evocano uno scambio che non c’è) oltraggiosi, uno star system grottesco”.
Raghu Rajan nel suo recente “Fault lines, Princeton University Press, 2010”, esprime lucidamente come una delle cause della crisi sia la fortissima disuguaglianza nella distribuzione del reddito che si è verificata negli ultimi 20 anni. Per citare un esempio a noi vicino, Marchionne guadagna 435 volte un operaio della Fiat, quando Valletta si fermava a sole 20 volte. La risposta dei governi alla income inequality è stata l’offerta di un palliativo come il credito facile.
Quando penso alla blanda riforma di Obama e alle esitazioni della Banca dei Regolamenti Internazionali - che vorrebbe istituire dei limiti alla leva finanziaria e aumentare i requisiti di capitale, ma sembra si stia facendo sopraffare dalla lobby dei banchieri - ho pensato a una lettera pubblicata in “Lettere di condannati a morte della Resistenza”, Einaudi, 1954, ho trovato una lettera molto interessante e attualissima. L’austriaco Rudolf Steiner scrive a sua figlia Erika: “Non avere nostalgia del passato. Ciò che era non tornerà mai più. Guardare indietro non ha scopo e non fa che paralizzare le tue forze. “Guardare in alto, spingersi in avanti…” fa sempre ciò che ritieni giusto, non ti lasciar persuadere contro la tua profonda convinzione a compiere gli atti che ritieni sbagliati. Fa’ sempre subito ciò che ritieni necessario, senza esitazioni, non rimandare nulla. Ogni esitazione si sconta.”
Aspettiamo il prossimo G20 di Seoul a dicembre per valutare se l’attuale pessimismo verrà smentito. Non ci contiamo.

giovedì 26 agosto 2010

Un Paese troppo lungo


Giorgio Ruffolo - Un Paese troppo lungo, Einaudi, 2009 - è una lettura intensa, suggestiva, documentata, accattivante, sulle differenze mai sopite tra Nord e Sud Italia.
Giorgio Bocca - auguri per i suoi 90 anni - nei suoi libri (in primis "Napoli siamo noi", "L’Italia disunita") ha magistralmente raccontato le radici profonde del male meridionale. Fin dalla famosa intervista al Generale Carlo Alberto dalla Chiesa prefetto di Palermo - nell’agosto 1982, un mese prima di essere barbaramente assassinato con la moglie Emanuela Setti Carraro e un uomo della scorta, Domenico Russo - Bocca ha espresso il suo amore per il Sud attraverso “La denuncia e la sistematica analisi di quanto il male fosse profondo nella vita della gente che non sapeva, non voleva, non poteva ribellarsi“ (Saviano, L’Espresso, n. 34).
Ruffolo spiega come dopo una prima fase di successi infrastrutturali, la Cassa del Mezzogiorno ha favorito patologie di finanziamento dispersive e sterili, che non promuovevano investimenti capaci di attivare processi di sviluppo autonomo. “Le risorse sono diventate la base di potere di una classe politica la cui funzione sociale è la gestione dei flussi finanziari da Nord a Sud. Cafagna (Nord e Sud. Non fare a pezzi l‘unità d‘Italia, Marsilio, 1994) così drammaticamente scrisse : “Non è possibile accettare che il foraggio destinato all’allevamento di cavalli di razza venga versato direttamente, invece, a ratti, zoccole e pantegane che si mangeranno poi i cavalli”.
Il rischio vero è che, abbandonato a se stesso, il Sud venga travolto da un’ondata di criminalità mafiosa, che forte di collegamenti internazionali sempre più intensi, minaccia di tracimare al Nord, come le recenti indagini guidate da Ilda Boccassini sulla forza dell‘Ndrangheta calabrese in territorio lombardo sembrano confermare.
Io penso - parafrasando il libro "Dead Aid" dell’economista Dambisa Moyo - che gli aiuti così come strutturati oggi siano deleteri e dannosi, se non mortali. C’è ancora gente - ahinoi - che rimpiange il pensiero economico di Fanfani che pensava di creare ricchezza scavando e ricoprendo una buca. Se vogliamo un Paese più corto, bisogna dire basta agli aiuti al Sud e consentire ai veri imprenditori - non bisognosi di prebende, anzi - di crescere e distribuire la ricchezza - vera - creata.

lunedì 23 agosto 2010

Alberto Pirelli e l'entusiasmo nell'apprendere


Michele Ainis su “La Stampa” ha ben descritto i tempi che stiamo vivendo: “Ci sono dentro il poliziotto e il giudice, l’imprenditore e il generale, il direttore della Asl come il prefetto, il banchiere e i professori.. Tutti affaccendati in faccende deplorevoli ma ben retribuite.”
Che fare? Gettarsi nel Naviglio, farsi prendere dallo sconforto, mettere la consueta fetta di salame - con annesso messaggio “Magnatevi pure questa” - nell’urna alle prossime elezioni, ormai vicine? Io una risposta ce l’ho. Me l’ha suggerita Alberto Pirelli - Vita di Alberto Pirelli (1882-1971), di Nicola Tranfaglia, Einaudi, 2010 - in una lettera al figlio Giovanni: “Il mondo va accettato com’è, naturalmente non con una pigra indifferenza ed una rassegnato adattamento a tutto quello che va male, ma anzi con la volontà di dedicare le modeste nostre forze al suo progresso materiale e morale e con la convinzione che tale progresso trova alimento proprio da quei contrasti, e che la risultante di questi contrasti è un succedersi di armonie e disarmonie contingenti, di punte in su e punte in giù, ma segna una linea mediana ascendente”.
Tranfaglia nel riassumere le qualità centrali di Alberto Pirelli indica “la grande capacità, la duttilità e l’entusiasmo nell’apprendere”. Mario Draghi, in un suo intervento diretto ad indicare la via da seguire, scrive “Capacità di fare, desiderio di sapere”.
A tutti coloro che si lamentano ogni giorno, dico. Ma avete compiuto oggi interamente il vostro dovere? Vi siete impegnati per migliorare l’esistente? E agli studenti dico: perché non avete approfondito, perché non siete andati in verticale, perché siete pigri, perché leggete così poco, perché siete così insensibili agli stimoli? Dove è finito il vostro entusiasmo nell’apprendere?

venerdì 6 agosto 2010

Kahneman e la felicità


Lunedì ero a Cassino - dove si combattè per mesi nel 1944 tra le forze alleate e i tedeschi - dove, in qualità di Presidente di una Società di sviluppo progetti ad energia rinnovabile, eravamo convocati dal notaio del luogo - fine giurista - per la definizione finale dell'operazione.
Nella ricerca del compratore - progetto fotovoltaico - un ruolo rilevante è stato giocato da un mediatore che, se tutto si completerà come da accordi, prenderà la sua parte.
Ai nostri fini, per valutare empiricamente come lo psicologo israeliano, nonché premio Nobel per l'economia nel 2002, Daniel Kahneman avesse veramente ragione, è necessario dire che i nostri partner locali sono usciti dalla estenuante trattativa - finita in notturna - scontenti, poichè il mediatore ne è uscito con un beneficio superiore a loro.
Kahneman fece un esperimento che diede un sorprendente risultato: è più contento un individuo che guadagna 40.000$ l'anno con il vicino di casa a quota 30.000$, piuttosto che guadagnare 50.000$ con il vicino che prende 60.000$.
Allora, dopo le numerose firme del closing ho pensato a Kahneman e alla finanza comportamentale. Mentre il notaio diceva "Le chiacchiere stanno a zero", io sorridevo e pensavo a Thaler, Piattelli Palmarini, Legrenzi, Tversky. Allora dissi: "Ha ragione il notaio, talk is cheap".

giovedì 5 agosto 2010

Ustica, Piazza Fontana, la strage di Bologna, le verità “indicibili”


Rosario Priore, archivio vivente della storia giudiziaria italiana, cerca di dare delle risposte non giudiziarie, a questioni irrisolte che rendono la nostra democrazia zoppa. Senza trasparenza e verità non si forma una memoria condivisa nazionale. Le conseguenze? Chi non la pensa come noi è un nemico.
Priore sottolinea un punto chiave, la geopolitica. L’Italia è una nazione piccola, “la nostra politica è più condizionata da eventi esterni che da ideologie ed eventi nostrani”. Allora iniziamo a capire perché questo blog economico- finanziario si sofferma sulla politica. Perché chi non si interessa di politica internazionale perde il filo e il contesto di riferimento. Si priva dei collegamenti che ci sono tra politica internazionale, commercio, relazioni di business. Priore, dall‘alto dei processi che ha seguito, guida il lettore e ricostruisce uno scenario internazionale inedito per spiegare il terrorismo e la strategia della tensione in Italia.
“Ci sono verità che non ho potuto dire. Perché, pur intuendole e a volte intravedendole o addirittura vedendole chiaramente, non potevano essere provate sul piano giudiziario. Erano verità “indicibili” e, scritte in una sentenza, avrebbero potuto produrre effetti destabilizzanti sugli equilibri interni e internazionali”.
Morale? Come dice Umberto Eco, tutti noi facciamo politica. Con le nostre azioni, con i nostri pensieri, con i nostri comportamenti.

mercoledì 4 agosto 2010

Rana, tortellini ed errori: "Io regno, mio figlio governa"


Giovanni e Gianluca Rana

Diversi anni fa ho avuto l’opportunità di pranzare insieme a Giovanni Rana, il re del tortellino, fondatore della splendida azienda che porta il suo nome.

Mentre gustavamo l’ottimo pranzo di fronte all’Arena di Verona chiesi: “Come ha impostato il rapporto con suo figlio Gianluca?”.
Rana risposte soavemente: “Io regno, mio figlio governa”, e sorrise. “Io gli ho consentito di sbagliare. Fondamentale è stato farlo sbagliare, senza intervenire prima”. Era il 2003. E’ come fosse oggi, tanto il ricordo è vivo e significative siano le parole di Rana.

Sbagliare, errare, commettere degli errori. E’ necessario per tutti. Importante è trovare delle persone, dei capi, dei mentori che ci aiutino a gestore l’errore, a capire come migliorare, nel conforto e nella consapevolezza che solo con tenacia e con errori si raggiungono gli obbiettivi desiderati.

Giovanni Rana

Ieri Sandro Veronesi su Repubblica (“Niente panico. Basta provare ad ascoltarli”) scriveva con saggezza : “Pretendere che i ragazzi non sbaglino è alquanto infantile”.

Dead aid


L'economista Dambisa Moyo con il suo "La carità che uccide-Dead aid" spiega in modo semplice ma efficace perchè il persistere degli aiuti in Africa - 300 milardi di $ negli ultimi 40 anni - abbia tolto energia al continente più povero del mondo. L'accountability - necessaria in ogni contesto - non esiste. Non esistono controlli e il merito è una variabile aleatoria. L'afflusso di aiuti è considerato un'entrata permanente, non c'è incentivo a cercare altri strumenti di finanziamento a lungo termine. Un funzionario della Banca Mondiale così sintetizza: "Quando la Banca Mondiale crede di finanziare una centrale elettrica, in realtà sta finanziando un bordello".
Alesina evidenzia come gli aiuti tendono ad aumentare la corruzione. Il solo Mobutu - presidente dell'ex Zaire, oggi Congo - ha accumulato una ricchezze personale nelle banche svizzere superiore ai 5 miliardi di dollari.
Rodrik e Ferguson sottolineano che per crescere in modo sostenibile sono necessarie istituzioni capaci di garantire diritti di proprietà certi, mediare i conflitti, far osservare le leggi e mantenere l'ordine, affiancando incentivi economici a costi e benefici sociali.
Nonostante gli ingenti aiuti non abbiamo cambiato la situazione economica africana - in alcuni casi l'hanno peggiorata - l'Occidente continua ad erogare. Perchè? Risponde efficacemente il presidente del Ruanda: " Molti di questi aiuti sono stati spesi per creare e sostenere regimi clientelari, con scarso riguardo per lo sviluppo del continente".
Gli aiuti creano dipendenza e assuefazione. Bisogna preparare un piano a lungo termine per gradualmente portarli a termine.
Viva Moyo e abbasso Bono Vox e Live Aid. La carità uccide.

martedì 3 agosto 2010

Cara Naomi, leggi Brandeis



E' di oggi la notizia che Naomi Campbell, nota modella di colore, abbia chiesto speciali condizioni per la sua audizione presso la Corte Penale Internazionale dell'Aja che giudica i crimini internazionali contro l'umanità. Naomi invoca la privacy - cosa già sentita - per un regalo, diamanti di peso, ricevuti una notte dal dittatore liberiano Charles Taylor. I cronisti parlano di blood diamond, visto che Taylor è noto per essersi impossessato delle risorse del Paese pro domo sua e per finanziare i ribelli sanguinari ribelli del Sierra Leone's Revolutionary United Front (RUF), alimentando la brutale guerra civile che ha sconvolto il Paese africano  dal 1991 al 2000.

Cara Naomi, il grande giurista americano Louis Brandeis ripeteva ad ogni piè sospinto: "La trasparenza è il miglior disinfettante, la luce elettrica il miglior poliziotto". Quando dedicherai qualche minuto del tuo prezioso tempo - tra una telefonata al tuo ex Briatore e lazzi e frizzi - a leggerlo?

lunedì 2 agosto 2010

2 agosto 1980 - La strage di Bologna

Oggi è opportuno che alle 10.25 ognuno di noi si astragga dai suoi affari e si raccolga a pensare a 85 persone inermi, colpite in modo barbaro dal terrorismo di destra e successivamente dai depistaggi dei nostri servizi di sicurezza.
Faccio completamente mie le parole di Mario Calabresi (La stampa, 31.7.2010):
I morti delle stragi italiane sono vittime quattro volte e per questo è difficile per i loro parenti e per tutta la società farsi una ragione di questa tragedia collettiva. Sono vittime della bomba: hanno perso la vita e non c’era nessun motivo perché ciò accadesse, non avevano scelto di fare lavori pericolosi, di esporsi al rischio in nome di una causa, di un’ideale o per difendere le Istituzioni, non avevano nemici ma la sola colpa di trovarsi casualmente nel posto sbagliato. I morti di Bologna avevano la colpa di partire per le vacanze. Sono vittime dell’oblio: ricordiamo alcuni nomi dei caduti negli Anni di Piombo ma non quelli di chi ha perso la vita nelle stragi. Troppi nomi negli elenchi, così il Paese a malapena ricorda il numero degli uccisi. Sono vittime dell’ingiustizia: anche dove sono arrivate le sentenze e le condanne non è stato completamente ricostruito il perché della strategia stragista, mancano ancora tasselli a raccontare ragioni e connivenze. Sono infine vittime di una violenza continua, che è quella compiuta da chi non smette di inquinare la memoria tentando di riscrivere ogni anno la storia. Tutto questo non ci permette davvero di fare i conti con il dolore e con la rabbia mentre le foto sbiadiscono e la memoria rischia di fare la stessa fine. Avevo dieci anni quando scoppiò la bomba alla stazione e oggi provo ancora la stessa sensazione di quella sera in cui, nascosto dietro il divano per non farmi vedere da mia madre che mi aveva già mandato a letto, ascoltavo il telegiornale: incredulità. Una perdita di equilibrio verso qualcosa che non poteva essere immaginato e compreso per la sua gratuità e la sua bestialità.
P.S: Loriano Macchiavelli, La Strage, Rizzoli; Riccardo Bocca, Tutta un'altra strage, BUR Rizzoli