lunedì 29 settembre 2014

Renzi sul lavoro segua Lacan e Saint-Exupéry: "Non esistono soluzioni ma forze in cammino"

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha iniziato una battaglia giusta e sacrosanta per modernizzare il diritto del lavoro in Italia, fermo agli anni Settanta. Il maggiore sindacato italiano, la CGIL, guidato da Susanna Camusso, si oppone strenuamente confermando che la CGIL è una forza regressiva che non sa fare passaggi in avanti, se non riconoscere dopo 15/20 anni di avere sbagliato.

In occasione delle celebrazioni del 150° dell'Unità d'Italia, l'allora Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi scrisse: "In un’economia che ristagna, si rafforzano sempre i meccanismi di difesa e di promozione degli interessi particolaristici. Si formano robuste coalizioni distributive, più dotate di poteri di veto che di capacità realizzativa. Il rafforzamento di tali coalizioni rende a sua volta sempre più difficile realizzare misure innovative a favore della crescita".

A chi si riferiva Draghi se non ai sindacati, ai taxisti, alle categorie che vivono di rendita?

Nessuno, nemmeno Renzi, ha le soluzioni in tasca. Ma dopo decenni di palude, di blocco, di immobilismo, è necessario recuperare il fretta il tempo perduto. E allora invitiamo il #PresdelCons a leggersi Jacques Lacan - meravigliosamente reso intelleggibile dallo psicanalista Massimo Recalcati in L'ora di lezione (Einaudi, 2014). Leggiamolo insieme: "Non esiste un sentiero ben definito in grado di condurre il soggetto al sapere, perchè questo sentiero si crea, si traccia solo camminando. Il sentiero si fa solo nel movimento di chi lo percorre perchè non esiste prima di esso" (p. 42).

E' la stessa visione evocata da Antoine de Saint-Exupéry in Volo di notte. In Vol de nuit sono raccontati gli anni eroici dei primi, pericolosi collegamenti aerei internazionali, i primi voli notturni sulle sconfinate regioni dell’America Latina. Ogni pilota, accettando il suo compito, sa di rischiare la vita.

In un passaggio chiave del libro – quando il pilota Fabien rischia l’osso del collo nel mezzo di un uragano che spinge fuori rotta l’aereo – il collaboratore di Riviére, responsabile dell’intera rete aerea, si sente rispondere: “Vede Robineau, nella vita non ci sono soluzioni. Ci sono forze in cammino: bisogna crearle, e le soluzioni vengono dopo”.

Bene, Renzi vada avanti con le sue proposte a favore del cambiamento. Basta conservatorismi (Napolitano, cit.). Elimini questo simbolo ideologico dell'Art. 18 (che peraltro riguarda una minoranza di persone). Le soluzioni vengono dopo aver avviato le forze in cammino.

lunedì 22 settembre 2014

La crisi della scuola italiana. Che fare? Precari ope-legis no grazie!

La scuola italiana perde colpi da tempo. Nelle analisi  internazionali - dal PISA (Programme for International Student Assessment) all'OCSE - si evidenzia la buona performance della scuola d'infanzia e primaria (fiore all'occhiello) per poi vedere una costante discesa a partire della scuola secondaria.
L'ultimo rapporto Ocse - Education at a glance 2014 - mette in luce che:
1) I numeri dei NEET, giovani che non studiano nè lavorano - sono ancora aumentati, così come sono saliti gli abbandoni scolastici, mentre le immatricolazioni scolastiche sono ulteriormente diminuite. Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, scrive che "queste tendenze testimoniano la mancanza di fiducia nel valore dell'istruzione. Occorre dissuadere in ogni modo i giovani che studiare "tanto non serve".
2) La qualità dell'istruzione di base in Italia è notevolmente migliorata nell'ultimo decennio ma il livello di competenze degli italiani rimane modesto nel confront internazionale. "Avanziamo ma gli altri vanno più veloci".
3) Tra il 2000 e il 2011 la spesa pubblica per l'istruzione si è fortemente contratta in Italia. Per la prima volta la spesa annua per studente della scuola d'infnazia e di quella primaria è scesa al di sotto della media europea. Conta certo come si spende ma restringere le risorse complessive non è un buon segno.

Nelle scuola il diritto degli studenti a ricevere una buona istruzione deve contare di più. La scuola è sempre stata incentrata sui diritti dei docenti (l'80% della spesa è assorbita dagli insegnanti, i quali, con la bassa natalità , stanno diventando troppi in relazione agli alunni) quando il focus dovrebbe essere lo studente, la sua capacità cognitiva, di apprendere, le sue competenze di literacy, nella comprensione dei testi e nella logica.
Nella scuola italiana sono i docenti - che si oppongono a qualsiasi valutazione - ad essere dominanti, che fanno il bello (quando si è fortunati) e il cattivo tempo. Nella scuola pubblica si trovano docenti eccellenti e docenti improbabili. E tutti guadagnano la stessa somma! Se il reddito è diverso, è solo per ragioni anagrafiche poichè l'unico parametro per vedere uno stipendio più alto è l'anzianità.

Concordo con la lettrice Gloria Roti che sul Corriere della Sera del 11 settembre scrive: "Tutti i giorni si legge che gli insegnanti percepiscono uno stipendio basso in rapporto al ruolo che svolgono. Non viene detto, però, che le ore di insegnamento sono 18 settimanali più qualche ora per le riunioni scolastiche. E' pur vero che hanno compiti da correggere (solo le insegnanti di italiano e matematica, aggiungo: docente di educazione fisica corregge i compiti?, ndr) e i programmi da preparare (non tutti lo fanno), ma queste attività vengono svolte nelle abitazioni con la possibilità comunque, di accudire I figli e dare un'occhiata alla "pentola che bolle sul fuoco". Poi le vacanze natalizie, pasquali e altro. Ci sono persone, laureate, che escono di casa alle 8 del mattino e rientrano la sera tardi con uno stipendio anche inferiore a quello degli insegnanti. Basta lamentarsi: sono privilegiati rispetto ad altri lavoratori".
Un alto dirigente di Intesa Sanpaolo mi ha confermato di recente che il salario d'ingresso di un laureato in economia è di 1.200 euro al mese. E da giugno a settembre tarella di brutto.

Tutti coloro che si occupano di scuola, dovrebbero leggere il rapporto della Fondazione Agnelli - che dice: "Senza valutazione, oggi è impossibile fare diagnosi precise dei punti di forza e di debolezza del sistema scolastico delle singole scuole. Senza valutazione si corre il rischio di un ulteriore crollo di fiducia nella scuola pubblica, con le famiglie più avvertite che la abbandonano".

Se pensiamo al boicottaggio di molti docenti delle prove INVALSI, necessarie e certamente da migliorare, ma non certo da ostacolare, non è un bel quadro.

Non è certo confortante leggere che il Governo intende assumere ope legis 150mila precari- che quindi non hanno mai superato il concorso - senza alcuna condizione. Come scrive Michele Pellizzari sulla Voce.info  "l’assunzione  dei 150mila precari pone una questione enorme di qualità degli insegnanti.  Purtroppo, gli errori del passato hanno creato una situazione nella quale il diritto di molti a essere assunti in modo stabile nella scuola presumibilmente contrasta col diritto degli studenti ad avere docenti capaci. Non è colpa dei precari, ovviamente.
Tuttavia, guardando i numeri e la composizione delle graduatorie non si può non sospettare che alcuni degli iscritti non siano esattamente gli insegnanti più preparati. Per esempio, i 916 iscritti nelle graduatorie per la classe di concorso steno-dattilografia, oltre a essere abilitati per una materia ormai non più nei programmi, avranno probabilmente vinto il concorso diversi anni fa, magari qualche decennio fa. Nel frattempo cosa hanno fatto? Ammesso che al momento dell’iscrizione in graduatoria fossero ottimi insegnanti, oggi lo sono ancora? Mi si perdoni la franchezza, ma sarei sinceramente preoccupato se i miei figli dovessero averli come insegnanti (di che materia non si sa) nell’anno scolastico 2015-2016".

lunedì 15 settembre 2014

Ma quale tirannia dello spread! La sovranità si perde quando si fanno debiti

Sabato il premier Matteo Renzi, in visita allo stabilimento Ilva di Taranto, è intervenuto sostenendo che "l'Unione Europea è senza futuro se è solo spread".
Abbiamo ribadito più volte in queste pagine digitali che lo spread è un nostro alleato. E' l'unico strumento che consente di legare le mani ai politici, i quali (spesso nel mondo, ma soprattutto in Italia) pensano al consenso e non al futuro dei giovani, sulle spalle dei quali sta il risanamento futuro.

Anche nel corso dell'estate si sono levate voci sulla tirannia dello spread, sulla perdita di sovranità del nostro Paese. Sono panzane. Belle e buone.
La sovranità, senza alcun dubbio, spetta al popolo, il quale elegge i propri rappresentanti che lo governano.
Purtroppo, quando la politica abdica al proprio dovere e cessa di governare nel rispetto degli impegni presi, i mercati reclamano una logica, una direzione, una controparte credibile.

Quando i mercati non trovano un interlocutore credibile, inaspriscono le condizioni economico-finanziarie vendendo i titoli - e innalzando quindi lo spread - dei Paesi inadempienti.
Più che dittatura dello spread, questa è abdicazione della politica. Il fatto che i mercati chiedano risposte precise a domande ovvie, non ci autorizza a parlare di tirannia dei mercati o di dittatura dello spread.
Come ha scritto Antonio Polito sul Corriere della Sera, È esattamente questo il perimetro della nostra sovranità. Essa infatti ci conserva la libertà di decidere su tasse, spese, pensioni, mercato del lavoro. Ma è limitata da due colonne d’Ercole oltre le quali non possiamo più andare: da un lato ci sono i Trattati, da noi liberamente firmati, che ci dicono di quanto possiamo indebitarci ogni anno; dall’altro ci sono i mercati, che ci dicono quanto costa indebitarci ogni anno.
Dunque la nostra sovranità non è limitata da Bruxelles, ma dal nostro debito. Anzi, per essere più precisi, dal credito che ci danno i risparmiatori di tutto il mondo e chi ne gestisce i capitali. Siccome il nostro debito è immane, la nostra sovranità è già molto limitata. Ogni volta che ci servono soldi, ne perdiamo un pezzo. Meno ne chiediamo e più liberi siamo. Ma se non ricominciamo a produrre ricchezza, ne dovremo chiedere sempre di più".
E' troppo facile accusare di tirannia i mercati quando non si vogliono rispettare le regole e affrontare i cambiamenti più complessi, ossia fare le riforme strutturali del mercato del lavoro, della pubblica amministrazione. della giustizia.
Troppo facile accusare gli investitori internazionali di dittatura dello spread quando la politica non è in grado di assumersi le proprie responsabilità e affrontare le riforme indispensabili per dare competitività e crescita al paese.
 

martedì 9 settembre 2014

Il bel volto dell'Italia di Gregorio Paltrinieri: l'importanza della "positive attitude". Vogliamo paragonarlo a Balotelli?

Mi è piaciuto moltissimo vedere quest'estate in tv i nuotatori azzurri agli Europei di Berlino. A parte la Divina Federica Pellegrini, che tempo fa paragonai a Hello Kitty, che non sorride mai, colgo l'occasione per segnalare le belle parole di Gregorio Paltrinieri - oro negli 800 e 1500 stile libero -, che da Carpi, a 16 anni, si è trasferito a Ostia - 428 km di solitudine scrive Alessandra Retico su Repubblica -, mollando mamma e le sue lasagne: "E' stata dura, ma io voglio viaggiare, conoscere, cavarmela da solo, imparare. Nuoto per questo, non per essere una star".

Paltrinieri è l'essenza della "positive attitude", della predisposizione positiva a godere della vita, nella fatica e nel piacere che ne consegue.

Vogliamo paragonarlo a Mario Balotelli, numero 1 dell'indolenza, sempre imbronciato e insoddisfatto? L'unico calciatore che quando arriva fa scontenti tutti e quando se ne va, si festeggia.
Per inciso, complimenti al procuratore Mino Raiola, unico nel suo genere, che è riuscito a far aumentare lo stipendio a Balotelli dopo la disastrosa avventura ai mondiali brasiliani.

Voglio consigliarvi la lettura di Jeffrey Gitomer, maestro assoluto dell'atteggiamento positivo, tipico degli Stati Uniti. Nelle sue mail settimanali dà sempre suggerimenti operativi che si sostanziano nel non demordere mai, nel fare il proprio lavoro con il giusto atteggiamento.

Lascio la parola a Gitomer, un formidabile motivatore:
"Attitude has power. Personal power. And the best part is: YOU CONTROL IT. You determine the way you think about, develop, and deliver your attitude.

In my Little Gold Book of YES! Attitude I explain the simple difference between "positive" and "YES!" When something great happens to you, you don't scream "POSITIVE!" When something great happens to you, you scream, "YES!"
 One of the definitions of a positive attitude is: The way you dedicate yourself to the way you think. And you are in complete control of it.

Thinking positive is a self-discipline. A daily self-discipline. You control it. You make it happen. Or not. Taking positive actions is dependent on positive thought. If you don't THINK positive, you will not BE positive, and you will not DO positive"

Chiudo con qualche tweet esemplificativo di Gitomer. Seguitelo su twitter, ne vale la pena.



mercoledì 3 settembre 2014

La Grecia sta risalendo la china e fa meglio di noi


Quest'estate sono stato in Grecia, a Creta per due settimane. Splendide. Bel tempo e sole a palla tutti i giorni, mare meraviglioso, spiagge pulite e non affollate, ottimo cibo, frutta a volontà (fichi e uva favolose), taverne sempre pittoresche e pronte a cucinare pesce fresco sulla piastra.

Il giorno di Ferragosto - festa nazionale anche in Grecia - mi fermo a far benzina e trovo il benzinaio greco pronto a farmi il pieno. Gli chiedo come mai sta lavorando il 15 agosto. E lui mi risponde sorridendo: "Do you know Troika?".
Con il termine troika (dal russo тройка, trojka, terzina) ci si riferisce all'organismo di controllo informale costituito da rappresentanti della Commissione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale.
A seguito della crisi economica del 2008-2014, la troika si è occupata dei piani di salvataggio dei paesi all'interno della zona euro il cui debito pubblico è in crisi, per scongiurare il rischio di insolvenza sovrana, fornendo assistenza finanziaria in cambio dell'istituzione di politiche di austerità.
In particolare la Troika ha negoziato con la Grecia un percorso di riduzione della spesa pubblica corrente, che l'Italia dovrebbe prendere a modello.

Negli ultimi quattro anni la Grecia ha ridotto la spesa pubblica primaria – ossia al netto degli interessi sul debito – di circa il 33%, e per complessivi 29 miliardi di euro. Nello stesso periodo la spesa primaria - al netto degli interessi sul debito, quindi - in Italia è salita di 12,5 miliardi arrivando a 664 miliardi di euro annui.

Così si è espresso Kyriakos Mitsotakis, il ministro greco per la Riforma della pubblica amministrazione: “Meritocrazia è la nostra parola d’ordine per una pubblica amministrazione in passato vittima di clientelismo, di eccessi burocratici-legislativi in una giungla di 4000 norme che strangolano lo spirito imprenditoriale e soprattutto i giovani”. Magari un giorno anche in Italia avremo Ministri che non solo parlano, ma agiscono bene.
A Creta ogni volta che chiedevo nelle taverne o nei bed & breakfast come andavano le cose, mi rispondevano "very, very good". E ne ho avuto conferma leggendo i quotidiani internazionali. La pagina sulla Grecia dell'International New York Times - Kathimerini - del 14 agosto titolava "Recession appears to be abating", e sotto altre notizie positive come "Greece rising as luxury destination" o l'intervista al capo di HSBC Greece che dice: "HSBC poised for fully active role in the country's recovery".
 
Quest'anno ho trovato i greci più gentili che nel passato, più organizzati. L'enforcement della crisi ha sortito i suoi effetti. I greci ce la stanno mettendo tutta. E risalgono la china, facendo leva sul turismo.
 
Io credo che in Italia ci sia bisogno di gesti simbolici, eclatanti, che facciano capire agli italiani tutti che la pacchia è finita, che dobbiamo rimboccarci le maniche, TUTTI. Non è più sostenibile leggere notizie come quella che il sindaco di Locri in Calabria - Giovanni Calabrese per la cronaca - sia stato costretto a scrivere a Dio per liberarsi dall'assenteismo dei dipendenti comunali (presenti 20-25 su 125 effettivi).
 
Come la Grecia è riuscita a ridurre pesantemente i dipendenti della televisione pubblica Ert, così la Rai dovrebbe fare altrettanto. Una analisi recente di Riccardo Gallo sull'Espresso evidenzia come il costo del lavoro medio di un dipendente Rai è di 93mila euro, quasi il doppio di quello delle medie e grandi società italiane. Siccome il servizio pubblico nel 2013 è costato 346 milioni più degli introiti da abbonamento (1.737 milioni), ne deriva che il numero dei dipendenti in esubero per riquilibrare il servizio pubblico è di 3.733 dipendenti. Chiosa Gallo: "Ecco, in Rai uno su tre è obiettivamente di troppo".
Prendiamo esempio dalla Grecia, facciamo qualcosa che rimanga impresso nella mente degli italiani, che non hanno ancora capito di essere come la rana a fuoco lento in una pentola.