lunedì 25 novembre 2013

Largo alle buone notizie. La startup italiana EOS venduta al colosso USA Clovis Oncology per 480 milioni di dollari


Lo spirito positivo di questo blog mi induce a concentrare la vostra attenzione su un'operazione di venture capital di grande successo, realizzata da Principia SGR.

Il venture capital e il private equity sono poco presenti in Italia. La finanza è vista come "brutta e cattiva" e la cultura dominante le vede come il fumo negli occhi. Ma senza il capitale di ventura, non nascono nuove imprese e si riducono le capacità di crescita di un Paese.
Private equity significa investire in società non quotate. In inglese private significa non quotato, il contrario di public che significa quotato in borsa. Se si legge sul Financial Times "Twitter goes public", vuol dire che Twitter si quota in borsa e si trasforma da società private in società quotata sui mercati azionari, sul NYSE in questo caso.

Il rischio di investire in società non quotate o appena nate - cosiddette start-up - è naturalmente maggiore rispetto a investire in società quotate. E' per questa ragione che sono nati degli investitori specializzati, che studiano, analizzano le prospettive di una società - ad alto potenziale - al fine di accompagnarla nella crescita futura.

Amartya Sen
In un formidabile saggio - Money and value: ethics and economic in finance scritto in occasione della prima Baffi's Lecture in Banca d'Italia nel 1991, - il filosofo ed economista indiano Amartya Sen si chiede: "How is it possible that an activity that is so useful has been viewd as morally so dubious?". E Sen conclude: "Finance plays an important part in the prosperity and well-being of nations".
Il Governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco, in un intervento del 9 aprile 2013 scrive, dopo aver citato Sen: "Finance is crucial for sharing and allocating risk, especially for poorer societies and people. It is crucial for transferring resources over time and removing liquidity costraints. It is very important for fostering innovation and promoting economic growth".

EOS - EOS sta per Ethical Oncology Science - nasce nel 2006 con l'obiettivo di scoprire nuovi farmaci antitumorali. EOS si presenta così: "EOS is a biopharmaceutical company committed to the development of novel medicines for the treatment of cancer.
EOS is a team of serial bio-entrepreneurs and experienced biotechnology professionals with decades of experience in translational medicine and success in drug development in oncology, high credibility with the financial community and significant track record in funding and growing biotech companies".


I primi finanziamenti a EOS arrivano dai soci fondatori e dal Venture capital player francese Sofinnova. Nel 2009 arrivano a sostegno capitali italiani. Investe Principia SGR con il fondo Principia I gestito da Pierluigi Paracchi che richiama anche i fondi per l'innovazione del Ministero per lo Sviluppo Economico (Legge n. 388): in totale parliamo di poco meno di 3 milioni di euro che fino a ieri valevano una partecipazione dell'8,7 per cento.

E' notizia di settimana scorsa che EOS è stata ceduta al colosso farmaceutico statunitense Clovis Oncology per circa 480 milioni di dollari. Una somma enorme rispetto al capitale investito dagli investitori di EOS pari a circa 22 milioni di euro.
La forza di EOS sta nel Lucitanib, un famaco antitumorale al seno che ha superato il primo round di test clinici. Per I tecnici "a unique dual selective phase II FGFR/VEGFR Inhibitor".

L'amministratore delegato di Principia, prof. Roberto Mazzei, ha sottolineato l'importanza degli imprenditori seriali come Silvano Spinelli, ad di EOS, che in passato ha guidato alla crescita e portato alla quotazione di Novuspharma (che poi si è fusa con Cell Therapeutics quotata sul Nasdaq): "Per costruire realtà di successo servono imprenditori seriali, ovvero esperienza e specializzazione. Anche da parte di chi investe".
Verissimo. Ma per poter avere imprenditori seriali, bisogna considerare il fallimento una cosa naturale e non la fine del mondo. E' opportuno, come spesso accade, citare Francesco Giavazzi.

L’economista della Bocconi e del MIT Giavazzi nel suo "Il liberismo è di sinistra" (con Alberto Alesina, Il Saggiatore, 2007) spiega la diversità tra Stati Uniti e Europa: "In Italia il numero dei fallimenti di imprese è tra i più bassi dei Paesi Ocse. Fallire in Italia, è un trauma da evitare. La stessa frase "è un fallito" ha una connotazione colpevole e offensiva. Come se il fallimento di un’attività economica rischiosa, che non ha prodotto profitti sufficienti, significa che chi l’ha intrapresa non sia una persona onesta, ma un truffatore. Il termine "fallito", invece di caratterizzare semplicemente il proprietario di un’azienda che non è sopravvissuta alla concorrenza, diventa un macigno che un imprenditore si porta sulle spalle per il resto della vita".

Giavazzi e Alesina raccontano un aneddoto emblematico (p. 78): "La figlia di un nostro collega stava per sposarsi, ma all’ultimo decise di rompere il fidanzamento. All’inevitabile domanda sulle motivazioni di una scelta tanto drastica rispose che, tra l’altro, il fidanzato non "era mai fallito". Il povero ex fidanzato era probabilmente un ragazzo che preferiva un posto fisso e non aveva partecipato all’effervescente nascita di nuove iniziative legate a internet, molte delle quali, appunto, sono fallite. La figlia del nostro collega avrebbe serie difficoltà a trovare un "fallito" da sposare in Italia".

Figuriamoci in Italia dove se fallisci sei marchiato a vita.

Lunga vita ad EOS e complimenti a Principia che ottiene un IRR - Internal Rate of  Return - da sogno.

lunedì 11 novembre 2013

Nel mesto presente, torniamo ai migliori del passato. La storia di Giovanni Enriques, formidabile manager-imprenditore

Il successo di ascolti - qualità così così - della fiction tv su Adriano Olivetti induce a pensare al mesto presente e alla nostalgia per i protagonisti del Novecento.
E' quindi meritevole di segnalazione il volume di Sandro Gerbi - storico di vaglia e mio mentore in Parola di Governatore dedicato al Governatore Baffi - Giovanni Enriques. Dalla Olivetti alla Zanichelli (Hoepli, 2013), dedicato a Giovanni Enriques, manager-imprenditore di grande successo.

Giovanni Enriques (1905-1990) nacque a Bologna in una famiglia borghese, si laureò in ingegneria a Roma. Nel 1930 fu assunto da Camillo e Adriano Olivetti e dopo sei anni ottenne l'incarico di direttore per l'Estero. Durante la Guerra visse a Ivrea, circolando con falsi documenti di "arianizzazione" (era di origine ebraica) e partecipò alla Resistenza come esponente del Partito liberale. Insieme ad altri due dirigenti, salvò l'Olivetti dallo smantellamento, ormai deciso dai tedeschi.
Nominato direttore generale nel dopoguerra, rimase all'Olivetti fino al 1953, quando diede le dimissioni per divergenze manageriali con Adriano. Durante la permanenza di Enriques, la Olivetti divenne la prima fabbrica in Europa nel suo settore, le esportazioni nel 1953 rappresentavano più del 50% del fatturato, i dipendenti passarono da 6.700 del 1947 a ben 11.500.

Così Marco Vitale ricorda Olivetti: “Olivetti Adriano di Camillo. Classifica: Sovversivo”, così sta scritto sulla copertina del dossier che la Pubblica Sicurezza di Aosta apre su Adriano Olivetti nel giugno 1931. Credo che tra le tante definizioni di Adriano Olivetti che mi è capitato di leggere, questa dell’oscuro funzionario della questura di Aosta sia la più centrata. E come può non essere sovversivo un imprenditore che entra nella fabbrica paterna a 23 anni (nel 1924) quando questa produce 4.000 macchine da scrivere all’anno con 400 dipendenti – dunque 10 macchine all’anno per addetto – e che quando muore prematuramente, lascia un gruppo che nel 1958 festeggia il cinquantesimo anniversario con circa 25.000 dipendenti, con cinque stabilimenti in Italia e cinque all’estero, dai quali escono sei macchine al minuto; i cui dipendenti hanno un livello di vita superiore dell’80% a quello dei dipendenti di industrie similari; che si prepara a digerire, sia pure con fatica, l’acquisizione della mitica Underwood americana; che sta già affrontando la nuova sfida dell’elettronica; cha ha saputo imporre al mondo intero uno stile e un design che sono diventati un riferimento per tutti; che ha creato la più ricca e significativa scuola di management della storia italiana?"
Quando si ricordano i successi di Adriano, è opportuno ricordare i suoi primi collaboratori, come Giovanni Enriques.

Uomo di vastissime relazioni, dopo l'Olivetti sarà direttore dell'Ipsoa e consulente dell'Imi nel settore turistico, quando fu un precursore della valorizzazione della Sardegna, in particolare nella baia di Porto Conte (Alghero).

Gli spunti nati dalla lettura sono innumerevoli. Ne cito alcuni.

1. Lo scontro tra il padre di Giovanni, Federigo Enriques (insigne matematico), e Benedetto Croce, il quale accusò il primo di invadenza di campo e incompetenza. Giovanni Enriques spiega bene cosa sottaceva: "Fu un episodio di incontro-scontro di due culture: tra un sistema filosofico che tenda a dare una posizione predominate alla scienza e un altro che assegna a questa un ruolo subordinato quasi assimilando la scienza stessa alla tecnica".
Se a cena un commensale cita Dante e Leopardi, è una persona colta, se cita i capital ratios stabiliti dal Comitato di Basilea presso la Banca dei Regolamenti Internazionali è un tecnico. Credo proprio che il ritardo che l'Italia abbia accumulato negli ultimi 30 anni sia in gran parte dovuto alla mancanza strutturale di cultura scientifica. Sforniamo giuristi e all'Università di Pavia i laureati in matematica si contano sulle dita di una mano.
L'economista Giavazzi ha scritto: "All'università di Bari, su 9 mila iscritti, solo in 50 hanno scelto matematica, 62 chimica e 2 mila giurisprudenza. Al Politecnico di Milano i più si iscrivono al corso di ingegneria gestionale, vogliono tutti diventare manager: progettare il disco di un freno, anche se per le Ferrari, è considerata un'attività passé" .

Giovanni Enriques con il Presidente Gronchi
Giovanni Enriques con l'attività editoriale della Zanichelli si battè intensamente contro l'emarginazione in Italia della cultura scientifica, cui veniva negato ogni valore cognitivo.
Sul sito della Zanichelli si legge: "Zanichelli ha contribuito alla diffusione della conoscenza scientifica pubblicando, fin dal 1864, la traduzione di Sull'origine delle specie per selezione naturale di Charles Darwin, e nel 1921, Sulla teoria speciale e generale della relatività di Albert Einstein. Questo impegno editoriale è continuato fino ad oggi con importanti traduzioni scientifiche di testi fondamentali, di divulgazione e didattici della cultura anglosassone".

2. Il desiderio di Enriques di vivere una vita piena e quindi di svolgere numerose attività extra, che gli hanno consentito poi di essere un ottimo imprenditore.
Enriques nel dopoguerra entrò in contatto con Ernesto Rossi, sottosegretario alla ricostruzione e poi presidente dell'Arar e Mario Pannunzio, fondatore del "Mondo".

Enriques nel periodo gennaio-febbraio del '46 pubblicò tre corrispondenze dalla Gran Bretagna su "Risorgimento liberale", diretto da Pannunzio. Nel primo dei suoi pezzi, Enriques esprime un giudizio che è una sintesi efficace della storia d'Italia: "Penso a quelli laggiù che lottano, a quelli che soffrono, a quelli che cedono, a quelli che non fanno il loro dovere, e ve ne sono in tutti i partiti, e rimango incerto tra due visioni del mio Paese, una rosea e l'altra nera".

Torna in mente il passaggio di Spadolini, in ricordo di Paolo Baffi: "Baffi non era stato scelto a caso dagli autori del complotto del quale egli era rimasto vittima: egli simboleggiava quell'altra Italia che si opponeva in quelle ore drammatiche all'intreccio di trame e cospirazioni contro la Repubblica".
Nel suo ultimo Il gioco grande del potere (Chiarelettere, 2013), Sandra Bonsanti scrive: "Abbiamo avuto Andreotti e Sindona, ma anche Ugo La Malfa e Giorgio Ambrosoli. Abbiamo avuto Carmelo Spagnuolo, Cossiga e Gladio, ma anche Sandro Pertini. Abbiamo avuto Licio Gelli ma anche Occorsio, Tina Anselmi e Norberto Bobbio".

3. La prima esperienza di venture capital in Italia è opera di Enriques che presso l'Istituto Mobiliare italiano (Imi) diventa consigliere delegato dell'Isap, Istituto per lo Sviluppo delle Attività Produttive, dove la direttrice principale era "partecipare a nuove attività produttive in Italia, sempre che si tratti di affair effettivamente esemplari, condotti da uomini capaci su fondati presupposti economici".

Colgo l'occasione per dare un consiglio a mio amico Gerbi e all'editore. Nella prossima edizione sarebbe utile aggiungere qualche dato numerico sulla Zanichelli. Infatti nel volume manca una ricostruzione economico-finanziaria (del numero di volumi editi e pubblicati, per esempio) della Zanichelli, che invece è presente sia per l'Olivetti che per l'Aurora-Zanichelli (AZ). Emergerebbe con nettezza il valore sociale della crescita economica della casa editrice, che grazie alle innovazioni portate avanti da Giovanni Enriques - il centro di calcolo e la logistica, in primis - è diventata la prima casa editrice scolastica italiana.

Chiudo con un bellissimo, tanto vecchio quanto attuale, refrain di Giovanni Enriques: "Sono gli uomini che fanno le cose". E allora ha ragione Giorgio Bocca, che nel necrologio per Enriques scrisse: "Amico premiato dalla vita perchè amava la vita".

Per gli interessati, segnalo che giovedì 14 c.m. alle 18.00 avverrà presso la Libreria Hoepli la presentazione del volume Giovanni Enriques con la presenza, oltre che dell'autore Sandro Gerbi, di Aldo Bassetti e dello storico Giuseppe Berta.

lunedì 4 novembre 2013

Mentre le PMI italiane sono in trincea, una storia positiva di successo e innovazione: Gruppo Rold


Le piccole e medie imprese italiane (PMI) dopo 5 anni di crisi strutturale e congiunturale sono ancora in trincea. L'accesso al credito è sempre più problematico, i consumi domestici sono in calo, i margini sono in riduzione, la competizione sempre efferata via globalizzazione dei mercati.

Che fare? Nelle sue ultime Considerazioni Finali, il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha scritto: "Le imprese sono chiamate a uno sforzo eccezionale per garantire il successo della trasformazione, investendo risorse proprie, aprendosi alle opportunità di crescita, adeguando la struttura societaria e i modelli organizzativi, puntando sull’innovazione, sulla capacità di essere presenti sui mercati più dinamici. 
Hanno mostrato di saperlo fare in altri momenti della nostra storia. Alcune lo stanno facendo. Troppo poche hanno però accettato fino in fondo questa sfida; a volte si preferisce, illusoriamente, invocare come soluzione il sostegno pubblico".

Tra le imprese che hanno accettato la sfida della concorrenza e dell'innovazione, c'è il Gruppo Rold, fondato cinquant'anni fa da Onofrio Rocchitelli, imprenditore entusiasta della vita e della sua impresa - che ha deciso di allargare il suo mercato di riferimento - componentistica per gli elettrodomestici - investendo nell'innovazione.
Rold ha creato Rold Research, una rete di piccole e medie imprese per fare ricerca Roldresearch è una delle prime nuove avventure di business in Italia in cui una rete di PMI ha deciso di mettere in comune investimento conoscenze tecniche per la ricerca, con la "R" maiuscola, in un settore di solito associato a imprese di grandi dimensioni.

Roldresearch è stata fondata nel 2010 da tre storiche aziende milanesi - oltre a Gruppo Rold ne fanno pate anche Gruppo Componenti e Fluid-o-Tech - insieme alla Fondazione Politecnico di Milano, un'università di fama mondiale per il suo lavoro nel settore dello sviluppo tecnologico e polo di ricerca.

Come sostiene la Banca d'Italia, la capacità di innovare i prodotti e i processi, di esportare sui mercati emergenti, di internazionalizzare l’attività, demarca il confine tra le imprese che continuano a espandere il fatturato e il valore aggiunto e quelle che, invece, faticano a rimanere sul mercato. La crisi ha accentuato questo divario, reso stridente l’inadeguatezza di una parte del nostro sistema produttivo.

Per andare sul concreto, l’obiettivo di Rold Research “fare rete” nei settori dell’Elettrotecnica, Elettronica e dei Nuovi Materiali, con significative estensioni all’efficienza energetica, al Design di prodotto, ai sistemi di comunicazione wireless e di intelligence, fino ad esplorare nuovi ambiti quali Health & Life Science.
La ricerca ha dato i primi frutti: Roldresearch ha recentemente lanciato MOOON, un innovativo sistema integrato che rivoluziona il mondo della distribuzione automatica personalizzando l'erogazione di un particolare prodotto in funzione dello stato fisico ed emotive di una persona (rilevato attraverso semplici dispositive personali come braccialetti, smartwatch...e una mobile app).

Parallelamente Gruppo Rold guida innovazione e ricerche interne che, nel 2012, hanno portato alla nascita di Rold Lighting, una business unit che amplia la capacità d’offerta consentendo all'azienda di presentarsi sul mercato dell’illuminotecnica con una nuova divisione e un nuovo catalogo di lampade a LED. Le nuove lampade sono progettate ed assemblate interamente in Italia in uno stabilimento all’avanguardia appositamente rinnovato ed attrezzato per questo tipo di produzione.

Nella Relazione annuale 2012, la Banca d'Italia per la prima volta dedica un ampio spazio al tema dell'innovazione, che - fattore cruciale per la crescita economica - in Italia è meno intensa che nei principali paesi avanzati. A questo ritardo contribuiscono più fattori:
- la specializzazioni in produzioni tradizionali;
- la piccola dimensione aziendale;
- una gestione largamente fondata su un management di derivazione familiare.

Il Gruppo Rold è un'impresa media - 35 milioni di fatturato - gestita da management familiare, ma ha deciso di investire - durante la crisi, oh yes - nell'innovazione. E' la dimostrazione che l'Italia ce la può fare. Abbiamo solo bisogno di ottimi esempi da imitare, così da non crogiolarci nel pessimismo.