Nel dicembre 2013 Transparency International - l'organizzazione non governativa che si propone di combattere la corruzione - ha pubblicato il rapporto sulla corruzione nel mondo, che sinteticamente illustra il grado di corruzione dei singoli Paesi. L'indice costruito da TI è stato chiamato Corruption perceptions index.
Tra i Paesi più virtuosi che si collocano nelle prime posizioni della classifica troviamo i Paesi del Nord Europa (Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia) e la Nuova Zelanda. L'Italia risulta soltanto al 69° posto, dietro Ghana, Arabia Saudita e Giordania. Nel 1995 eravano al 33esimo posto.
Chi legge come me i report di Transparency e legge con attenzione la stampa quotidiana da anni e anni, non può certo dirsi sorpreso per gli ultimi arresti avvenuti settimana scorsa. Che in Lombardia si rubi a man salva nel mondo della sanità (vorremmo vedere le immagini in aula del processo per associazione a delinquere ai fini di corruzione contro il Celeste Formigoni, ma Roby ha detto di essere "puro come l'acqua di fonte" ma di non volere le telecamere, bontà sua) e delle infrastrutture regionali è cosa nota. Solo i gonzi o le anime belle possono far finta di sorprendersi.
Gian Antonio Stella sul Corriere di venerdì scorso scrive "Come prima, più di prima": "Il solito copione. Recitato per i Mondiali di nuoto, le Universiadi, la World Cup di calico, l'Anno Santo...Anni perduti nei preliminari, discussioni infinite sui progetti, liti e ripicche sulla gestione e poi, di copo, l'allarme: oddio, non ce la faremo mai! Ed ecco l'affannosa accelerazione, le deroghe, le scorciatoie per aggirare lacci e lacciuoli, le commesse strapagate, i costosissimi cantieri notturni non stop".
Piero Bassetti fa notare, con giustezza, che la moltiplicazione normativa per contrastare la corruzione ci ha portato dentro una spirale del tutto inefficace.
Fa sorridere vedere che le persone coinvolte sono le stesse di 20 anni fa, ai tempi di Tangentopoli. Gian Stefano Frigerio era il segretario della Dc lombarda negli anni '80 e Primo Greganti il collettore delle tangenti rosse. Un altro politico imputato è Luigi Grillo, ex deputato Dc e strenuo difensore dell'indifendibile governatore Fazio, amicissimo di Gianpy Fiorani, ai tempi dei "furbetti del quartierino", sui cui abbiamo scritto anni fa.
Sembra che il tempo non passi in Italia, che tutto si ripeta. Non è vero che a volte ritornano. E' che non se ne sono mai andati. Esattamente come l'onorevole Scajola, forse tornando in galera (nel 1983 fu emesso un ordine di cattura da parte del giudice Davigo) a sua insaputa.
Che dire, a parte il disgusto, l'amarezza? Valgono le affermazioni nette del magistrato Roberto Scarpinato in Il ritorno del Principe (con Saverio Lodato, Chiarelettere, 2008): "L'abolizione della selezione per meriti sostituita da quella per cooptazione collusiva e per fedeltà sta creando una società di sudditi, cortigiani e giullari (anticipava già #BeppeGrillo?, ndr), riportando indietro l'orologio della storia e precludendo ai poveri qualsiasi possibilità di riscatto sociale. Il merito infatti è l'unica carta che i poveri hanno per riscattarsi".
Tra i Paesi più virtuosi che si collocano nelle prime posizioni della classifica troviamo i Paesi del Nord Europa (Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia) e la Nuova Zelanda. L'Italia risulta soltanto al 69° posto, dietro Ghana, Arabia Saudita e Giordania. Nel 1995 eravano al 33esimo posto.
Chi legge come me i report di Transparency e legge con attenzione la stampa quotidiana da anni e anni, non può certo dirsi sorpreso per gli ultimi arresti avvenuti settimana scorsa. Che in Lombardia si rubi a man salva nel mondo della sanità (vorremmo vedere le immagini in aula del processo per associazione a delinquere ai fini di corruzione contro il Celeste Formigoni, ma Roby ha detto di essere "puro come l'acqua di fonte" ma di non volere le telecamere, bontà sua) e delle infrastrutture regionali è cosa nota. Solo i gonzi o le anime belle possono far finta di sorprendersi.
Gian Antonio Stella sul Corriere di venerdì scorso scrive "Come prima, più di prima": "Il solito copione. Recitato per i Mondiali di nuoto, le Universiadi, la World Cup di calico, l'Anno Santo...Anni perduti nei preliminari, discussioni infinite sui progetti, liti e ripicche sulla gestione e poi, di copo, l'allarme: oddio, non ce la faremo mai! Ed ecco l'affannosa accelerazione, le deroghe, le scorciatoie per aggirare lacci e lacciuoli, le commesse strapagate, i costosissimi cantieri notturni non stop".
Piero Bassetti fa notare, con giustezza, che la moltiplicazione normativa per contrastare la corruzione ci ha portato dentro una spirale del tutto inefficace.
Fa sorridere vedere che le persone coinvolte sono le stesse di 20 anni fa, ai tempi di Tangentopoli. Gian Stefano Frigerio era il segretario della Dc lombarda negli anni '80 e Primo Greganti il collettore delle tangenti rosse. Un altro politico imputato è Luigi Grillo, ex deputato Dc e strenuo difensore dell'indifendibile governatore Fazio, amicissimo di Gianpy Fiorani, ai tempi dei "furbetti del quartierino", sui cui abbiamo scritto anni fa.
Sembra che il tempo non passi in Italia, che tutto si ripeta. Non è vero che a volte ritornano. E' che non se ne sono mai andati. Esattamente come l'onorevole Scajola, forse tornando in galera (nel 1983 fu emesso un ordine di cattura da parte del giudice Davigo) a sua insaputa.
Che dire, a parte il disgusto, l'amarezza? Valgono le affermazioni nette del magistrato Roberto Scarpinato in Il ritorno del Principe (con Saverio Lodato, Chiarelettere, 2008): "L'abolizione della selezione per meriti sostituita da quella per cooptazione collusiva e per fedeltà sta creando una società di sudditi, cortigiani e giullari (anticipava già #BeppeGrillo?, ndr), riportando indietro l'orologio della storia e precludendo ai poveri qualsiasi possibilità di riscatto sociale. Il merito infatti è l'unica carta che i poveri hanno per riscattarsi".
Analis perfetta. Ma la soluzione qual è? Io penso possa essere solo quella di ricostruire valori. Non si ruba perché no. Perché ne va del proprio onore, della propria dignità. Difficile e lungo. Soprattutto gli agenti educativi non sono controllabili per decreto, ma magari un po' di retorica alla "libro cuore" potrebbe servire.
RispondiEliminaAlessandro Cassinis
Ricevo e pubblico:
RispondiEliminaUn mondo costruito sul valore del soldo e ontologicamente corrotto. La fola del capitalismo sano e legale è una scemenza peggio di quelle che un di furono definite utopie. DS
Ciao a tutti i lettori di questo sempre dettagliato e preciso blog. Sono uno studente italiano che ha deciso di fare un master in Danimarca, stato che risiede al primo posto secondo l'indice di anticorruzione mondiale sovra citato. Da un anno qua, capisco il perchè. In Danimarca, l'istruzione è posta al primo posto, il desiderio di fare e creare un qualcosa che vada a vantaggio non solo del singolo, ma della società come intero. Il senso di fiducia che pervade i rapporti si riversa nelle situazioni. E l' Italia? Non voglio parlare male del più bel paese al mondo, ma non vorrei che rimanga un bell' affresco da osservare in qualche galleria con un sentimento nostalgico e malinconico. Credo che la soluzione sia ancora lontana, ma ritengo che la cura debba partire dal sistema educativo, cambiare la cultura è un processo generazionale, ma se riuscissimo a creare non solo menti, ma senso civico e opportunità meritocratiche, bhè allora credo che qualcosa si possa davvero muovere. Gandhi citava: "Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo" e allora perchè aspettare sempre qualcuno o qualcosa?
RispondiEliminaFederico
Ricevo e pubblico:
RispondiEliminaBell'articolo.
Aumenta la speramza, spero nei magistrati: a forza di fare pulizia prima o poi avranno bisogno di un incensurato,no?
Ciao guido
Due regole: fuori i politici dalle istituzioni e fuori i genitori dalle scuole, fatto questo saremmo già un "pezzo avanti........."
RispondiEliminaSegnalo un meraviglioso pezzo di Marco Vitale su Arcipelago Milano, nostro riferimento sempiterno che spiega cosa fare nel breve e nel medio termine http://www.arcipelagomilano.org/archives/32203
RispondiEliminaNon si può che essere d'accordo con quest'articolo. Ma su questo tema - pur essendo io ottimista di natura - sono molto pessimista. La corruzione, nel nostro Paese, è diffusa in tutti gli strati sociali, in tutte le professioni e in tutte le istituzioni, e nemmeno la magistratura ne è esente, ovviamente. Purtroppo, contro una diffusione della corruzione di tale entità, così radicata nel nostro tessuto sociale e che è diventata addirittura "sistema"... credo non ci sia nulla da fare... Gianni
RispondiEliminaRicevo pubblico:
RispondiEliminaAggiungo soltanto che (indubbiamente) la corruzione ha specificità che vanno prese in considerazione e combattute come tali; ma che da tempo, osservando tale fenomeno da Mezzogiorno, con i miei amici e collaboratori, ho considerato la corruzione parte di una patologia più ampia -
quella a cui è stato affibbiato il nome eufemistico di assistenzialismo: un comportamento che dal clientelismo e dal corporativismo sfuma infine nell’illegalità, nella corruzione, nel crimine. A questa malattia dalle cento teste, abbiamo dichiarato guerra un quarto di secolo fa: in quattro gatti. E non ci siano mai stancati di combatterla per tutto questo tempo.
La novità è che oggi abbiamo a palazzo chigi un giovane presidente contornato da numerose/i giovani che sembrano finalmente ben intenzionati. Parla, il presidente, di uscire dalla palude, intendendo (probabilmente) che desidera sortire da quei comportamenti conniventi e da quell’andazzo corrente in cui quelle belle infermità prosperano a meraviglia.
Ma uscire dalla palude è un’impresa. Innanzitutto perché, se ci poniamo come obiettivo tale fuoriuscita, ammettiamo implicitamente che ne siamo dentro fino al collo (anche se siamo riusciti a mettere il naso fuori). Inoltre, perché per uscirne e scrollarsi ben bene la melma di dosso abbiamo bisogno di un grande sforzo progressivo, protratto, erculeo. Infine, perché dobbiamo mettere in conto che la palude reagirà, cercherà di riprenderci e di attaccarci una pietra al collo...
Insomma cari amici è (e sarà) una battaglia decisiva - scrive giustamente Marco Vitale. Anche noi veterani non possiamo limitarci a registrare che finalmente la società politica ha cominciato a rendersi conto del problema: dobbiamo prepararci a combattere ancora.
Luca Meldolesi
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