lunedì 23 marzo 2020

Omaggio a Gianni Mura, maestro di giornalismo

Nel mezzo di questa maledetta pandemia da Coronavirus, ci ha lasciati Gianni Mura, 74 anni, un giornalista che ho amato tanto quanto il suo maestro Gianni Brera.
Le sue rubriche su Repubblica, i suoi racconti sul calcio e sul ciclismo mi hanno accompagnato fin da ragazzo. Infatti, dopo alcune esitazioni, sono andato alla ricerca nel mio archivio cartaceo della cartelletta di carta con scritto #GianniMura.
L'ho aperta, e mi è aperto un mondo (e il bocchettone delle lacrime).

20 ottobre 1991, Sette giorni di cattivi pensieri, la sua rubrica del sabato su Repubblica: "Un briciolo di speranza viene dalla lettura dell'Europeo. Pasquale Bruno, difensore del Torino (ve lo ricordate? Un macellaio spaccagambe, ndr), a una domanda sul dopo-calcio, risponde: "Tante idee mi frullano in testa: allestire una palestra, dedicarmi alle assicurazioni. Oppure fare il giornalista a tempo pieno. Collaboro con la Gazzetta del Piemonte, il quotidiano di Borsano, presidente del Torino e presto prenderò la tessera di pubblicista. Un giorno darò anch'io i voti ai giocatori. E ai tipi tosti come me non rifilerò il solito quattro o cinque ma un bel dieci". Bravo Bruno: 3. 
E Mura, che dedicava la giornata del venerdì alle chicche sui giornali, prosegue: "Fra le altre cose, Bruno ci tiene a chiarire la sua fama di picchiatore: "Io non posso rinunciare alla mia cattiveria. Non posso scendere in campo senza la mia grinta, il mio modo di intendere il calcio, uno sport per uomini veri e non per signorine". Questa non è nuova, chiosa Mura, per poi segnalare che Bruno ha provato grande soddisfazione nel vedersi nella classifica di Cuore (il giornale satirico diretto da Michele Serra) sulle cose per cui vale la pena vivere: "Pasquale Bruno in nazionale" ha 185 voti, più di Paolo Conte.

Il 4 novembre 1990 Mura attacca il pezzo citando Giorgio Bocca: "E noi coglioni, i paguri bernardi, continuiamo a prenderli sul serio, a intervistarli, questi zombi". Ho aperto con la chiusa di un pezzo di Giorgio Bocca (8) su Gava (0,5), che da solo valeva tutto il Venerdì. Bocca si occupa di cose importanti per la vita, o per la sopravvivenza dell'Italia. Roba più seria dell'erba di San Siro o della moviola. Mi sembra però che la sua frase finale vada bene per svariati settori, e mi sembra che il linguaggio si stia esasperando (e non erano ancora comparsi i leoni da tastiera, ndr), incupendo, come intriso dal dubbio che ormai sia tutto inutile".

Pesco ancora dal mio archivio un esilerante "Sette giorni di cattivi pensieri", datato genericamente "1989", dal titolo "Vietato ai minori".
Uno spasso. cito testualmente:

"Il contenuto di questo pezzo può turbare la sensibilità di qualcuno. Se ne consiglia la visione ai soli lettori adulti. Si parte da due brevi notizie uscite su "Gazzetta" e "Corriere" di lunedì. Il succo è questo: c'è una signora milanese di Arona (sembra l'inizio di un limerick) che va a Roma a vedere il Milan. E alloggia nell'albergo del Milan. Con le ci sono le figlie (27 e 19 anni). In minigonna. Nella hall. L'occhio di Arrigo Sacchi (allora allenatore del Milan, per chi non lo sapesse, ndr) registra allarmato. "Possono turbare i giocatori". Ne parla con Adriano Galliani: faccia qualcosa, inviti queste donne a non frequentare i luoghi. In un albergo sopra via Veneto, si presume ci siano dozzine di donne e anche qualche minigonna. Invece di rispondere "vada a parlarci lei, mister", Galliani prova a delegare il supertifoso parmigiano Pietro Bernazzoli detto Gheddafi, ma alla fine l'ingrato compito lo prende Silvano Ramaccioni. Per quanto possa essere diplomatico, resta un discorsetto d'ostracismo. La signora piange (sbagliato), s'offende (giusto)...Affascinanti queste piccole storie. Se il Milan è turbato da una minigonna, è meglio che il prossimo ritiro lo faccia in mezzo ai chador. E se Arrigo Sacchi (voto 1) fa questo genere di pubblicità ai tecnici dell'ultima ondata, viva Oronzo Pugliese".

Gianni Brera e Gianni Mura
Chiudo con due battute sul ciclismo. Un giorno Mura chiese a Marco Pantani: "Perchè vai così forte in salita? E Pantadattilo, soprannominato così proprio da lui, rispose: "Per abbreviare la mia agonia". Che fa il paio con "saranno poco romantiche le gambe, ma nel ciclismo contano".
Che formidabili racconti ci hai regalato, caro Gianni, dal Tour de France!

Caro Gianni Mura, come chiudevi i tuoi obituary, ti sia lieve la terra. Non ti dimenticherò.

5 commenti:

  1. Grande Beniamino, come al solito

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  2. Ricevo e pubblico:

    Caro Beniamino,

    mi ha fatto piacere che anche tu consideri Gianni Mura un maestro di giornalismo, è stato per me un grande dolore la sua prematura scomparsa, l’avevo sentito appena una settimana prima.
    Forse non ti avevo detto che nel 2013 avevo scritto il libro con e su Gianni Mura nel quale Gianni, per la prima volta, racconta le sue passioni sportive e non, i tanti incontri fatti, i suoi maestri di vita.
    Il titolo, voluto da Gianni, è “Tanti amori”, edito da Feltrinelli, proprio a significare una vita ricca di passioni, Tour in testa.
    Sarebbe bello se tu potessi segnalare il libro ai lettori del tuo blog, tra cui sicuramente non pochi estimatori di Mura, non tanto perché l’abbia scritto ma perché lì dentro si ritrovano il suo pensiero
    e il suo sentire.

    Ti allego il mio ricordo di Gianni e la copertina del libro.
    Grazie, un caro saluto
    Marco Manzoni

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  3. Ricevo e pubblico:

    Caro Beniamino,

    leggere i tuoi blog in questo catastrofico momento è fonte di serenità e di sorriso.

    Gianni Mura: “un grande”.

    Ciao. Mario Balbo

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  4. Leggo un bellissimo pezzo di Emanuela Audisio, amica e collega di Gianna Mura a Repubblica. A un certo punto cita una descrizione di Mura, superba: "Cruyff, per chi non l'abbia visto, era un incrocio tra Nureyev e Beep Beep, Pantani senza bicicletta era come l'albatro di Baudelaire". Gioco, partita, incontro.

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  5. Loved reading thiis thank you

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