giovedì 2 agosto 2018

Un libro per l'estate: "Marchionne lo straniero" di Paolo Bricco


La morte improvvisa di Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles (FCA) il 25 luglio scorso ha colpito moltissimo gli italiani, che hanno visto la scomparsa del manager-imprenditore (Dopo la «distruzione creativa» schumpeteriana compiuta in Fiat, ha senso definirlo imprenditore) come un'ingiustizia nei confronti di una persona che non ha avuto tempo di "godersi la vita".
Niente di più sbagliato. Marchionne amava il suo lavoro, non lo mollava mai, solo un week-end negli ultimi 3 anni, era la sua vita, il suo riscatto.
Un profilo notevole, frutto di un lavoro di tre anni (altro che instant book!), ce lo porge il giornalista e storico Paolo Bricco nel volume "Marchionne lo straniero" (Rizzoli, 2018), già autore di un volume pregevole: "L'Olivetti dell'Ingegnere" (il Mulino, 2014). Sono passati al microscopio i quattordici anni di Marchionne in Fiat, i nove in Chrysler: "Anni di confronto costante e duro, vitale e feroce con la morte e con la vita. Essere o non essere".
Si parte dalla negoziazione con General Motors nel 2004 per arrivare alla trattativa diretta con Barack Obama per salvare Chrysler per arrivare alla quotazioni di Ferrari. Oggi FCA capitalizza 10 volte tanto dall'arrivo di Marchionne, nato a Chieti, figlio di un carabiniere (Concezio) e di un'esule istriana (Maria Zuccon).
Io che ho sempre tifato per Marchionne, non ho potuto che apprezzare. Credo anche che gli italiani non abbiamo capito quanto sia stato rivoluzionario Marchionne (vedi Fabiano Schiavardi su lavoce.info, che lo definisce "l'incompreso"). E' corretto definirlo "marziano" (Sandro Trento, cit.) o "straniero".
Ho trovato decisive le parole scritte su Marchionne dal direttore di Repubblica Mario Calabresi: «Marchionne aveva fame, quella voglia di rivalsa e di affermazione che nasce dalla fatica e dall’emigrazione», per anni - una volta trasferitosi in Canada - non aveva il coraggio di parlare in inglese con le ragazze. Questo fatto ha creato le condizioni per la successiva rivincita. E che rivalsa!

Così chiude Bricco il suo pregevole volume:

Enzo Ferrari
"La caduta e l'ascesa. La vita e la morte. Chissà che cosa avrebbe pensato di tutto questo - non fra la via Emilia e il West, ma fra l'Italia e il Midwest - un altro grande giocatore assimilabile in qualche odo a Marchionne. Quell'Enzo Ferrari che così Enzo Biagi descriveva nella sua biografia pubblicata da Rizzoli nel 1980:"Mi sembra uno di quei personaggi del West, avventurosi, forti prepotenti, drammatici, che allevavano bestiame, costruivano ferrovie, scoprivano il petrolio, e portavano in sé, fino all'epilogo, visioni di conquiste e struggenti passioni". E' in fondo il ritratto di Sergio Marchionne, l'uomo che ha cambiato l'industria internazionale dell'auto e che, da poco più di niente, ha fondato e costruito Fca.
Fino all'epilogo della morte. Triste, solitario y final". Più volte Marchionne ha dichiarato di sentirsi solo nelle scelte decisive: "La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La collective guilt, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo“.

Così chiude Bricco, con una citazione del bellissimo romanzo di Osvaldo Soriano

Cari lettori, trovate il tempo di comprare (si trova anche in edicola con il Corriere della Sera) il volume su Marchionne, una storia affascinante che merita di essere conosciuta.
Buona estate e arrivederci a settembre.

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