martedì 7 luglio 2015

La mancanza di senso storico è un grave fattore di debolezza dei millenials

Nella mia esperienza di professore (a contratto) in università ho tratto sempre più elementi che dimostrano la grava mancanza di senso storico delle nuove generazioni. Gli studenti ai miei occhi sono spaesati, ciechi e bendati in un mondo incerto, mai tanto complesso, liquido (Bauman, cit.). Come fare a orientarsi? Studiare la storia. Nessuno lo fa e anche le università riducono i programmi di storia, rendendo l'allievo sempre meno pronto ad affrontare il mondo con la saggezza derivante dalla memoria storica.

In un bell'articolo Massimiliano Panarari sulla Stampa - L'illusione di essere eruditi 2.0 - ha evidenziato che i giovani - facendo leva su google - tendono a sottovalutare l'importanza del sapere. E' caduto il "confine tra quanto si conosce effettivamente e ciò che si ritiene di sapere semplicemente perché lo vediamo sul Web e lo leggiamo in presa diretta sullo schermo di qualcuna delle nostre piattaforme digitali. Una confusione bella e buona (anzi, cattiva e pericolosa), per cui finiremmo sistematicamente per illuderci di saperne tantissimo e di essere, a conti fatti, più intelligenti di quanto siamo davvero".  

Cesare Musatti
Come disse il padre della psicanalisi italiana Cesare Musatti "Sarete quello che avrete dimenticato, ma prima lo dovete sapere". E la fatica di imparare? E il bello della conquista del sapere? Perdute.
Panarari è così limpido che lo citiamo integralmente: "Questo nozionismo internettiano a costo zero cancella di botto la fatica e la pazienza certosina che occorrevano nel passato per accumulare cultura, scienza e dottrina. Tutto il sapere e subito, ennesima manifestazione della forza ma, appunto, anche dei rischi del digital now, la condizione di eterno presente (senza profondità storica) in cui queste formidabili tecnologie hanno immerso le nostre vite. Mentre proprio il tempo costituisce, come hanno insegnato secoli di storia dell’Occidente, l’ingrediente essenziale per fare sedimentare il sapere, sviluppando la «giusta distanza» del filtro e delle facoltà critiche, vero antidoto alla convinzione di conoscere tutto e di essere supercompetenti in ogni campo. «Io so di non sapere», come ci ammoniva Socrate, quando non c’era il Web.

Quante volte ho spiegato a lezione l'importanza della sedimentazione del sapere, che deve macerare, come fossimo dei bovini. Invece spesso lo studente compie dei tour de force prima dell'esame così da passare sì la prova e dopo un mese aver dimenticato tutto. Come Mike Buongiorno che "entra a contatto con le più vertiginose zone dello scibile e ne esce vergine e intatto, confortando le altrui naturali tendenze all'apatia e alla pigrizia mentale"
attraversava i meandri del sapere e ne usciva vergine e puro"
(Umberto Eco, Fenomenologia di Mike Buongiorno, cit.).

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