Sono assolutamente convinto che la crisi economico e finanziaria – che ha colpito l’Occidente (Asia, what crisis?) nell’estate 2007 e da cui il mondo sta faticosamente uscendo – prima ancora che da errori di gestione della finanza internazionale e dei suoi controllori, origini da una crisi di omologazione del pensiero.
E’ noto da tempo agli psicologi sociali (vedasi esperimento di Solomon Asch sulla lunghezza dei bastoncini) che gli individui deisderano essere considerati favorevolmente dagli altri. Essere stimati e approvati dagli altri produce un’immagine gratificante di sé. Se percepiscono che, in un dato ambiente sociale, le opinioni vanno in una certa direzione, orientano le proprie posizioni nel senso dominante per suscitare l’approvazione dei pari. Si astengono dall’esprimere punti di vista dissidenti o critici.
In un recente librettino, scorrevole e stimolante – Ho studiato economia e me ne pento, Florince Noiville (Bollati Boringhieri, 2010) – l’autrice scrive: “Un’altra spiegazione? La difficoltà di pensare fuori dagli schemi. Come se questa strana civiltà del lucro avesse finito per esaurire la fonte della nostra fantasia e immaginazione. Non capita spesso che veniamo incoraggiati a pensare controcorrente. Di nuovo, forse, in fondo, la prerogativa di una grande école è solo la riproduzione di elementi conformi e identici a se stessi...
Come è possibile che una formazione di altissimo livello arrivi a impedirci di essere padroni del nostro destino? Perchè mai studi così esclusivi portano a un mondo di “gregari dorati”, una realtà di pecoroni pluridiplomati, che, al seguito di anonimi pastori, non hanno difficoltà a lanciarsi tutti insieme nel baratro delle crisi più profonde?
E perchè continuiamo a credere che queste greggi siano il simbolo stesso dello spirito imprenditoriale, del coraggio e del successo?”
Queste le lucide argomentazioni di Alberto Meomartini, presidente di Assolombarda – l’associazione delle imprese di Milano e provincia – alla Assemblea di Assolombarda del 14 giugno scorso: “Un pensiero omologato, apparentemente stabile, è il principale ostacolo alla stabilità. “Gli idoli del pensiero alla moda”, come li chiamò con crudezza Solženicyn davanti agli studenti di Harvard più di trent’anni fa.
Tra questi idoli, certamente, una diffusa convinzione della visione a breve delle attività, in particolare finanziarie: e, per dirla con la sinteticità esemplare del latino (e di Virgilio!), “auri sacra fames”, la esecranda ingordigia di ricchezza, anche se disgiunta dal merito e dalla verifica del contributo alla crescita della società, che è cosa ben diversa dalla ricerca di un profitto stabile nel tempo.
Meglio, molto meglio, ascoltare e far proprio l’invito di Steve Jobs agli studenti americani: “Stay hungry, stay foolish!” Traduco liberamente: non saziatevi del tutto, e sviluppate un pensiero fuori dal coro!”.
Meomartini si riferisce al discorso di Jobs all’Università di Stanford http://news.stanford.edu/news/2005/june15/jobs-061505.html da cui prendiamo un passaggio che ci piace in particolar modo: “Remembering that you are going to die is the best way I know to avoid the trap of thinking you have something to lose. You are already naked. There is no reason not to follow your heart”.
Cerchiamo di pensare con la nostra testa. Evitiamo di fare i pecoroni, di essere soggetti all’”effetto gregge”, limitiamo gli effetti su di noi dello storytelling, vedi post Storytelling e mille e una notte.
Sappiamo che una storia plausibile e ben raccontata ci fa ritenere “obiettivamente” probabili eventi cui non avremmo dato nemmeno un filo di probabilità pochi minuti prima.
Chiudo con il grande Indro Montanelli: “In questo Paese, per chi esce dal branco e fa la stecca al coro, la vita è dura. Saranno ghettizzati e silenziati. I cosiddetti mezzi di comunicazione di massa, radio e televisione, ma anche il grosso della stampa – e lo si vede digià – ignoreranno la loro voce spegnendone qualunque eco. Nella subdola arte del fuori giuoco (parliamo per esperienza, non per sentito dire), il conformismo italiano è maestro”.
Il sempre saggio Marco Vitale ha scritto: “Siamo ancora in tempo per riprendere una via corretta, ma i tempi si sono maledettamente ristretti. Questo ci dice la crisi mondiale: non c’è più tempo da dilapidare. La crisi, nel mezzo della quale ci troviamo è durissima e rischiosa, ma di essa non dobbiamo avere paura. Perché essa null’altro è che un vigoroso richiamo della storia verso la riscoperta della ragione, della responsabilità individuale e collettiva, della morale, della solidarietà, del coraggio.
Come scrisse Albert Einstein:
“La crisi è la migliore benedizione che può arrivare a persone e Paesi, perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dalle difficoltà come il giorno nasce dalla notte oscura.
È dalla crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato.
Chi attribuisce alla crisi i propri insuccessi e disagi, inibisce il proprio talento e ha più rispetto dei problemi che delle soluzioni.
La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. La convenienza delle persone e dei Paesi è di trovare soluzioni e vie d’uscita.
Senza crisi non ci sono sfide e senza sfida la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti.
È dalla crisi che affiora il meglio di ciascuno, poiché senza crisi ogni vento è una carezza".
La penso come Samuel Goldwyn – produttore cinematografico statunitense : “Io non voglio uomini accondiscendenti vicino a me. Voglio qualcuno che mi dica la verità anche se questo gli costerà il posto”.
Riflettiamo prima di agire. Non dobbiamo aver paura della nostra libertà di pensiero.
Ciao, scusa ma da dove è tratta la citazione di montanelli?
RispondiEliminaRicevo e pubblico:
RispondiEliminaPrendendo spunto dal fatto che “Mettersi in proprio è un incubo”, mi permetto di fare una considerazione tra la differenza che trovo nelle “nuove generazioni” in due aree mature quali US e Europa Occidentali.
“Cosa fa un ragazzo “nostrano” che vuole entrare nel mondo del lavoro?”
Invia il proprio CV alle società della zona, cerca di contattare studi di ricerca del personale o risponde alle inserzioni sui giornali. Se dopo qualche tempo non riceve risposta riprende il giro di chiamate per ricontattare i potenziali “datori di lavoro”.
Negli US il ragazzo “smart” che non riceve risposta non richiama, ma inizia a pensare come sviluppare il “proprio” business senza il timore dell’insuccesso, ma mettendosi alla prova, grazie sicuramente ad una società, ad un ambiente ed ad una mentalità che alimenta e finanzia l’iniziativa personale e che non “macchia in modo indelebile” un eventuale insuccesso.
Un caro saluto
P.