Borsellino tutte le domeniche andava a trovare - in Via D'Amelio - la madre. Cosa Nostra mise sotto controllo il telefono di casa Borsellino così da sapere con certezza quando il magistrato si sarebbe recato in Via D'Amelio.
Sul sedile posteriore della macchina di Borsellino è stata trovata intatta la sua borsa di pelle. Dentro però non si è trovata l'agenda rossa, da cui non si separava mai.
Io mi ricordo ancora i funerali di Paolo Borsellino. Non fu un funerale, ma una rivolta. Migliaia di carabinieri cercarono di tenere lontano la gente dalla chiesa. Ma non ce la fecero. La rabbia della gente era così forte che si passò agli spintoni, agli insulti verso la classe politica romana che scende a Palermo solo per i funerali.
Borsellino – dopo l’assassinio del suo amico e collega Giovanni Falcone (vedi post Omaggio a Falcone) il 23 maggio 1992 – era considerato a Palermo “Un morto che cammina”. Ma fino alla fine restò coerente con il suo motto: “Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.
In tempi come gli attuali in cui per essere considerati colpevoli, la politica ci propina in continuazione la necessità della condanna definitiva, ricordiamo il pensiero di Borsellino:
“L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati”.
Via D'Amelio dopo lo scoppio dell'autobomba |
In virtù di una promozione di merito quale Procuratore della Repubblica di Marsala – caso raro al Consiglio Superiore della Magistratura, che fonda le sue valutazioni sull’anzianità – Paolo Borsellino fu attaccato dalle colonne del Corriere della Sera da Leonardo Sciascia.
Lo scrittore siciliano si scagliò contro questa nomina invitando il lettore a prendere atto che "nulla vale più, in Sicilia, per far carriera nella magistratura, del prender parte a processi di stampo mafioso".
Borsellino fu definito da Leonardo Sciascia "professionista dell'antimafia". Borsellino commentò solo dopo la morte di Falcone: "Tutto incominciò con quell’articolo sui professionisti dell'antimafia". Bella carriera, dico io, ha fatto il povero Borsellino!
Tutti i banditi, i ribaldi, i ladri, i mafiosi hanno utilizzato per anni l'articolo di Sciascia - come scrittore giù il cappello, come giornalista, stendiamo un velo pietoso - come alibi alle loro malefatte.
All’inizio di luglio 1992, in un’intervista a Lamberto Sposini, Borsellino disse: “Guardi, io ricordo ciò che mi disse Ninnì Cassarà (poliziotto eccezionale ammazzato dalla mafia nel 1985, insieme al suo fido uomo della scorta Roberto Antiochia, la cui madre, Saveria, andrà per anni nelle scuole a testimoniare la storia di suo figlio, ndr) - allorché ci stavamo recando assieme sul luogo dove era stato ucciso il dottor Montana alla fine del luglio del 1985. Mi disse: "Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano".
Non è stato bello stamane leggere l'intervista a Marcello Del'Utri che ha dichiarato a Repubblica: "Invece di definire eroe Borsellino, chiamo eroe Mangano (uomo di Cosa Nostra, definito "stalliere", residente per anni ad Arcore, ndr). Mangano è il mio eroe, ha pagato per non aver ceduto al ricatto di accusare me e Berlusconi".
La verità in Italia si raggiunge con molta fatica, e dopo molti anni.
Oggi alle 16.58, a vent'anni esatti dalla strage di Via d'Amelio, al Palazzo di Giustizia di Milano verrà osservato un minuto di silenzio per ricordare Paolo Borsellino. Facciamolo anche noi.
Caro Paolo Borsellino, ti sia lieve la terra.
Riveo e volentieri pubblico:
RispondiElimina"È ristoratore leggere questi pensieri di uomini che hanno fatto della loro vita un esempio di grande sacrificio senza contropartita.....persone straordinarie e vive nel tempo. Dell’Utri sarà inghiottito dalla storia e con lui molti altri".
Giulia