mercoledì 14 ottobre 2015

L'esempio di Virginio Rognoni, il caso Mantovani e la trappola del populismo

Settimana scorsa ho avuto il privilegio di essere invitato a Pavia al Collegio Ghislieri - uno dei più antichi del mondo, fondato nel 1567 da Papa Pio V - dove è avvenuta la premiazione di due alunni: il prof. Riccardo Puglisi, vincitore del Premio Ghislieri 2015, e il prof. Virginio Rognoni, a cui è stato conferito il Premio Ghislieri alla carriera.

Nella sala gremita in ogni ordine di posti, i due premiati hanno preso la parola e illuminato la platea con le loro lectiones magistrales.
Virginio Rognoni (uno migliori politici democristiani)- più volte ministro (dell'Interno, nei durissimi anni del terrorismo, e della Giustizia), vicepresidente del Csm - ha intitolato il suo intervento "L'esperienza nelle istituzioni come servizio civile".


Virginio Rognoni
Rognoni è partito da lontano, dall'8 settembre 1943, data dell'armistizio con gli americani, per lui il giorno di iscrizione al Collegio Ghislieri, mentre frequentava la facoltà di giurisprudenza all'università statale di Pavia. Verranno poi tempi felici appena finita la Guerra. Rognoni, appassionato crede nella politica al servizio delle istituzioni, non nel potere arrogante della politica, contro la quale bisogna usare l'ironia e lo sberletto (parole sue).

Sul potere arrogante, abbiamo un esempio fresco fresco: Mario Mantovani, arrestato ieri dalla procura di Milano per corruzione aggravata, concussione e turbativa d'asta, plenipotenziario di Forza Italia in Lombardia, imprenditore nella sanità (tramite la moglie), dove voleva fare il bello e il cattivo tempo. Marco Vitale (che ha vinto l'anno scorso il Ghislieri alla carriera) ha spiegato stamane su Repubblica-Milano che "il moltiplicarsi degli episodi di corruzione è la conseguenza di una concezione proprietaria dello Stato (...). Sulla sanità lombarda è stato praticato il saccheggio perchè chi governava si riteneva padrone assoluto".
Siamo proprio agli antipodi della concezione della politica di Virgilio Rognoni., E' per questo che persone come Rognoni vanno ricordate e poste all'attenzione perchè i politici non sono tutti uguali.

Un altro passaggio interessante dell'intervento di Rognoni riferisce della lotta di potere all'interno delle istituzioni durante il terrorismo nero e rosso degli anni Settanta/Ottanta: "Felice è stata la scelta in quei frangenti, di affidarsi alle forze di polizia e carabinieri e non a consulenti esterni". Un velato riferimento alla volontà del ministro dell'Interno Francesco Cossiga di affidarsi ai consulenti del dipartimento di stato americano (vedasi il ruolo di Steve Pieczenik) durante il sequestro di Aldo Moro?
Intensi furono i rapporti tra Rognoni e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, con il quale condivise lo strumento della confisca dei beni per combattere il fenomeno mafioso. Virginio Rognoni con Pio La Torre, poi barbaramente assassinato nel 1982, scrisse materialmente la legge n. 646 del 6 settembre 1982, con la quale si definì il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Rognoni è pacato ma le sue parole sono sferzanti e dense di significato. Cita Aldo Moro: "La politica è fatta di forza ma ci deve essere un fondamento ideale", per poi spiegare come la buona politica deve avere il requisite della verità.
Rognoni, 91 anni portati splendidamente, chiude la sua lectio con un riferimento commovente: "Ancora soffro per le vite spezzate, le vittime di mafia e terrorismo, che fanno parte della memoria del Paese". Applausi sentiti per un galantuono del Novecento, per un politico che ha vissuto pienamente i suoi tempi.


Riccardo Puglisi
E' la volta di Riccardo Puglisi, professore associato di economia politica all'Università di Pavia, collaboratore del Corriere della Sera e dell'Linkiesta, nonchè redattore della voce.info. Vivace, arguto, con un forte senso critico, Riccardo è un abile conversatore. Riesce quindi, a braccio, a farsi ascoltare dalla platea, consapevole che parlare dopo Rognoni è una bella sfida.
Puglisi sceglie di trattare il tema "Euro ed Europa: una terza via tra idealismo e demagogia", un argomento quanto mai attuale con i demagoghi Matteo Salvini e Beppe Grillo che imperversano nel Paese alla ricerca di consenso. Un consenso malato perchè basato sulla fuffa.
Dopo la drammatica estate greca i fautori dell'uscita dell'Italia dall'euro si sono fatti più cauti. Le file dei greci piangenti davanti agli sportelli chiusi delle banche deve far riflettere.
Puglisi sottolinea come ci sia una forte divergenza di opinioni tra la generazione dei padri/nonni e la nostra generazione, che guarda con "occhi più disincantati" al progetto europeo: "In maniera colposa o dolosa, questo disincanto può velocemente trasformarsi nella demagogica ricerca di un capro espiatorio".
"Uno spettro si aggira per l'Europa", dice Puglisi, si vuole addossare all'Europa la colpa di tutti i mali del mondo. Ma cosa sarebbe successo senza Euro e UE? Puglisi si cimenta in quella disciplina tra storia e immaginazione: l'ucronìa, ovvero lo studio del "non tempo", un esercizio controfattuale. Il fine è costituire una sorta di antidote contro il veleno populistico che considera l'Europa e l'Euro un mostro da combattere.
Con colossi come la Cina, l'India, gli Stati Uniti, come si può pensare che la piccola Italia possa giocare un ruolo economico e politico se fosse da sola, nei mari in gran tempesta? Solo i gonzi possono pensarlo: "Vi sono buone ragioni perchè un'Italia e una Grecia che non siano membri dell'Unione Europea - semplicemente perchè essa non esiste - vengano risparmiate da questi flussi migratori? Sotto quale forma di alleanza internazionale alternative Italia e Grecia troverebbero qualche aiuto esterno?". Sono domande alle quali i populisti nostrani non sanno rispondere.

Collegio Ghislieri

La verità è che l'Italia ha basato la propria politica economica sul deficit spending (che ha fatto esplodere il debito pubblico) e le svalutazioni competitive. Terminate queste due opzioni, grazie al Trattato di Maastricht e all'euro, l'Italia deve pensare a come migliorare la propria produttività totale dei fattori tramite l'innovazione e il progresso tecnologico. Lo saprà fare? Ai posteri l'ardua sentenza.

Puglisi chiude tra gli applausi il suo intervento invitando l'Unione Europea a raccontare che cosa sarebbe successo ai suoi cittadini se non fosse mai nata, una sorta di "uchronic telling". Chissà se da Pavia il messaggio è giunto a Bruxelles e Strasburgo.

Ciò che conta è l'esperienza personale. Mentre tornavo verso Milano, dopo la cena nel porticato del Collegio Ghislieri, ho pensato a quanto queste due lezioni di Rognoni e Puglisi siano fonte di pensiero e azione. L'Italia è piena di persone serie e preparate. Mettiamole in condizioni di lavorare per il bene comune.

1 commento: