giovedì 21 giugno 2012

La fantastica storia - fuori dall'Italia - di Stefano Pessina, formidabile imprenditore

Nella mia consueta preghiera laica del mattino (Hegel, cit.), ieri, ho preso in mano il miglior quotidiano del mondo, il Financial Times, che in prima pagina titolava: "Walgreens pays $6,5bn for Boots stake".

Per chi ha vissuto a Londra come me, Boots è nota per la sua eccezionale capillarità e l'alto livello di servizio. Stiamo parlando della distribuzione di prodotti farmaceutici, cosmetici, sanitari, in gergo drugstore.
Walgreens, the US's biggest drugstore by sales, ha acquisito il 45% di Alliance Boots per circa 6,5 miliardi di dollari. E chi controlla Alliance Boots? Stefano Pessina, insieme alla compagna di vita e di affari Ornella Barra.

Stefano Pessina, dopo aver fondato Alliance Santè nel 1977, ha capito che in Italia non avrebbe potuto crescere e allora ha scelto saggiamente la via dell'espansione internazionale, prima con la fusione Alliance-Unichem, e successivamente con l'acquisizione di Boots. E poi ancora il delisting, in partnership con il private equity KKR, la più grande operazione - 12 miliardi di $ - di buyout del 2007.

Nel 2007, ai massimi del mercato, il deal con KKR era fondato su un Enterprise Value (EV=debito+equity, ndr) di £12,2bn. "The first stage of this Walgreens deal suggests an EV of £17bn" (Lex Column, FT, June 20). Le vendite negli ultimi 5 anni sono salite del 60% e l'EBITDA del 60%. Chapeau.

Ma Stefano Pessina non si vuole fermare, ha il chill in the belly. Infatti ha dichiarato: "We will have so much money that we'll have to buy something and expand rapidly". Un fenomeno, vuole andare in Cina e in Oriente, con la forza del marchio americano Walgreens.

Ugo Fantozzi
Ma perchè in Italia non esiste Boots? Perchè siamo nel Medioevo distributivo, in mano a corporazioni, perchè per avere una licenza bisogna pregare in giapponese (sui ceci, come Fantozzi) 

Il mio amico Roger Abravanel, nel suo Regole. Perchè tutti gli italiani devono sviluppare quelle giuste e rispettarle per rilanciare il Paese (con Luca, D'Agnese, Rizzoli, 2010) scrive: "In Italia la distribuzione moderna è stata osteggiata per anni dalla difficoltà di ottenere licenze di apertura per formati moderni e innovativi, oltre a una spaventosa rigidità sul costo e sulla flessibilità del lavoro e sugli orari di apertura.
La regolazione per le licenze è la più rigida d'Europa...I nemici di una maggiore liberalizzazione sono stati tanti e formidabili. In prima linea la Confcommercio, che per anni ha rappresentato le lobby dei piccoli negozi e si è sempre opposta alla liberalizzazione".

Abravanel definisce le farmacie le "riserve indiane" della distribuzione italiana: "La distribuzione farmaceutica (grossisti più farmacie) è incredibilmente efficiente perchè la regolazione protegge le singole farmacie e scoraggia le catene...E' una situazione assurda, in una società che si dovrebbe preoccupare di chi sta male e non dei farmacisti".

Cosa ha detto Pessina sull'Italia?: "L'Italia non è la mia priorità perchè cambiare l'attuale costoso sistema di distribuzione è praticamente impossibile".

Se facciamo scappare all'estero le migliori teste del Paese, non lamentiamoci poi dello sviluppo anemico (siamo ottimisti) della nostra economica. Le nostre piaghe bibliche le conosciamo benissimo, ma non vogliamo affontarle. L'italiano rinvia, rimanda. In questo è bravissimo.

Il Corriere della Sera oggi dedica a Ornella Barra una lunga intervista. Mi hanno colpito due affermazioni:
1. L'azienda è vita;
2. I rapporti nascono sul fare

Mi è tornato in mente - ancora una volta - Carlo Azeglio Ciampi, che in Da Livorno al Quirinale (Il Mulino, 2010, p. 120) dice: "Io non ho mai fatto parte di correnti. Io lavoravo".

4 commenti:

  1. Ricevo e volentieri pubblico:

    "Un mio personalissimo parere, che conferma le parole di Abravanel: vengono protette le singole farmacie, come vengono protette le PMI e tutti i piccoli esercizi perchè sono realtà storiche nonchè attuali dell'indentità industriale e commerciale del Belpaese.

    Quindi abbandondando la "rosticceria Motta" piuttosto che la "farmacia Rossi" per lasciare spazio a catene, che siano esse multinazionali o non, causerebbe l'abbandono dell'identità tricolore.

    Questo perchè, sempre a mio avviso (conoscendo l'animale strano che è il popolo italiano), vedendo che dopo anni e anni di attività un negozietto regge ancora, chiunque affermerebbe "eh nonostante tutto va ancora bene!! ma perchè cambiare? se è ancora qui questo negozio vuol dire che va ancora bene!!".

    Peccato che magari quel "negozio che si regge ancora in piedi" è ancora lì solo perchè il proprietario magari avrà ottenuto un prestito da qualche Prestitò o simili, scavandosi quasi con certezza ulteriormente la fossa.

    Non a caso un concetto che affianca l'italiano medio (e forse non solo lui) dalla notte dei tempi è l'idea del "poco ma buono".

    Fabio Vitelli

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  2. Ottimo post, peraltro conosco bene il team di KKR che ha fatto l'operazione e che continua a seguire Boots. Ai tempi fu un grande deal!
    Bene anche il gancio per parlare della distribuzione italica ferma all'età della pietra, con enormi danni per il consumatore da tutti i punti di vista: costi, reperibilità, praticità, etc...

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  3. Alessandro Balsotti22 giu 2012, 22:53:00

    la società Essere e Benessere, che dice di voler utilizzare un modello non lontano da quello di Boots, ha acquisito molti dei circa 130 punti vendita Blockbuster (in liquidazione) italiani e lista riconvertendo... vediamo se sarà una novità positiva, uno ce l'ho sotto casa....

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  4. Capisco!!! e le tasse chi le paga in Italia?? Non certo le multinazionale che hanno sede a Londra e i proprietari delle multinazionali che hanno la residenza a Montecarlo.
    Per coerenza
    , invece di fare i soloti spocchiosi, sulle caste Italiane pagate le tasse in Italia, o meglio pagate le tasse Italiane e poi ne riparliamo.

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