martedì 12 giugno 2012

Baroni e professori, come reagire al disastro dell’università italiana: speak out, stand up

L’altro giorno una mia attenta studentessa mi scrive una mail che parte così: “Buon giorno, scusi se la disturbo nuovamente, ma la contatto per chiederle un parere...”. Ma quale disturbo - sbotto tra me e me in treno col blackberry in mano - e subito dopo le rispondo d’impeto, così: “Lei e gli altri studenti in generale dovete mettervi in testa - dalle sue parole vedo che non è ancora chiaro - che non disturba affatto. E’ lo studente che non approfondisce (studiare=scavare, copyright C.A. Ciampi), non si appassiona, che disturba il professore".

Siamo nella stessa situazione del magistrato che si dà da fare. Gli romperanno sempre le palle. Al pm nullafacente nessuno intenterà mai procedimenti davanti al CSM per incompatibilità ambientale. Solo tardivamente è stato messo a riposo il giudice di Gela che ha impiegato 8 anni per redigere le motivazioni della sentenza (intanto i mafiosi erano fuori per decorrenza dei termini).

Lo studente deve pretendere, esigere, confrontarsi con i prof, altrimenti si iscrive al Cepu o alla pessime università telematiche italiote.

Invece cosa succede. Siccome l'università costa poco, lo studente non pretende perchè "tanto con quello che pago, cosa vuoi pretendere?".

E’ un modello completamente sbagliato. Uno studente dovrebbe votare con i piedi, ossia cambiare università se quella vicino a casa è piena di professori senza senso, non motivati, distanti anni luce da una didattica di qualità.

Lo studente dovrebbe seguire le indicazioni di Luigi Zingales: “Speak out, stand up (tratto da Strauss-Kahn e il primato dei più deboli, Il Sole 24 Ore), Le regioni d'Europa in cui il principio di obbedienza all'autorità è uno dei primi valori insegnati crescono meno

Bisogna farsi sentire, scrivere lettere ai Dipartimenti, ai giornali sui malfunzionamenti, sui prof. che non sanno fare il loro mestiere (e sarebbero "unfit" anche per le scuole superiori).
Bisogna far sentire il fiato sul collo alle istituzioni pubbliche, come mi ha insegnato Valerio Onida, Presidente di Città Costituzione

Invece vedo troppa timidezza. Se un prof. insegna male, non viene ai ricevimenti, non è disponibile, non risponde alle mail, lo si deve segnalare. Troppo spirito reverenziale. Troppo timore.

Riprendiamo Franco Modigliani, economista di vaglia nonchè Premio Nobel. Nel suo libro Avventure di un economista (Laterza, 1999) racconta episodi emblematici:
“Arrivato negli States mi fu subito evidente come il sistema universitario fosse più umano ed efficiente rispetto alla insopportabile impersonalità delle università italiane: pochi baroni che insegnavano a masse di studenti sconosciuti, attorniati da piccole folle di petulanti e servili assistenti. Il cameratismo e l’amicizia che spesso nascono tra professori e studenti è una delle caratteristiche dell’insegnamento superiore degli Stati Uniti e una delle ragioni del suo indubbio successo”.

“Nel 1955 tornai in Italia come lettore. La mia impressione negativa fu fortissima. Avevo scordato quanto profonde fossero le differenze fra il sistema di educazione universitario negli Stati Uniti e in Italia. Il sistema italiano era una struttura a tre caste, in cui i pochi, e per la maggior parte anziani professori, occupavano la casta superiore, immediatamente inferiore a Dio, mentre un gruppo consistente di speranzosi e servili assistenti rappresentava la seconda casta, lo strato intermedio, e gli studenti, dei quali nessuno si occupava, costituiscono la base della piramide”. Ci chiediamo se sia cambiato qualcosa dal 1955 ad oggi.

“Il Rettore dell’Università di Roma mi definì, mentre ero già full professor, un “giovine promettente”.

Modigliani racconta anche un altro episodio. In occasione di un convegno di economisti a Washington, il professor Corrado Gini – famosissimo statistico, inventore dell’indice di Gini sulla concentrazione del reddito e della ricchezza – tirò fuori l’orologio dal taschino e chiese a Modigliani: “Senta, ieri mi si è rotto l’orologio, me lo potrebbe far accomodare, per cortesia, e poi me lo fa recapitare in albergo?”. Modigliani rispose che la richiesta avrebbe dovuto farla al garzone della portineria dell’albergo. “Così si saggiava di che pasta eri fatto. Quanto eri in grado di subire pur di accattivarti la benevolenza del capo. Questa è una delle origini profonde della crisi italiana. Perchè una classe dirigente che è stata selezionata in base alla sua capacità di subire umiliazioni, di non avere amor proprio, è quella che non è in grado di guidare l’Italia”.

In relazione al rapporto con gli studenti, Modigliani ricorda: “Negli Stati Uniti professori e studenti hanno sempre ragionato insieme, mangiato insieme, vissuto negli stessi luoghi. Ricordo il silenzio assoluto degli studenti mentre facevo lezione a Roma. A un certo punto mi spazientii e dissi loro: “Ma insomma, non avete proprio niente da criticare delle cose che sto dicendo?”.

Spesso dico ai miei studenti: “Fate domande, cercate di capire veramente le cose. Io non ho delle verità rivelate, pongo delle domande, ma non ho delle risposte certe; l’economia non è una scienza esatta”.

Federico Caffè
Il Maestro di Mario Draghi, l’economista Federico Caffè – vedasi post Omaggio a Federico Caffé, era solito dire: “Un professore non è un conferenziere, non parla occasionalmente a degli sconosciuti che con tutta probabilità non rivedrà più. Un professore dialoga con gli studenti dei quali conosce spesso tutto o quasi tutto: problemi e speranze, capacità e lacune, ansie e incertezze. Li assiste nei loro bisogni. Li segue lungo una strada che può finire il giorno dell'esame ma che può anche andare avanti fino a quello della laurea e oltre”.

Cari studenti, guardate La Meglio Gioventù (1993) di Marco Tullio Giordana e fatevi due risate – amare.

Segnalo il passaggio utile. Si tratta della fine di un esame di medicina. Il dialogo tra il “barone universitario” e Luigi Lo Cascio è memorabile . Cliccate qui per il link a youtube, veramente, fermatevi un attimo, andate a vederlo, ne vale la pena. Ecco la trascrizione.

Prof.: “Lei promette bene, le dicevo, voglio darle un consiglio. Lei ha delle ambizioni? Allora lasci l’Italia finchè è in tempo. Cosa vuol fare? Il chirurgo? Qualsiasi cosa decida, vada a Londra, Parigi, in America se ne ha la possibilità, ma vada via, lasci questo Paese, finchè è in tempo. L’Italia è un paese bello e inutile, destinato a morire. Qui rimane tutto immobile, in mano ai dinosauri. Dia retta, vada via”.

Studente (Lo Cascio): “Ma lei Prof. perchè non va via”?

Prof.: “Perchè io sono uno dei dinosauri da distruggere”.

5 commenti:

  1. Ricevo e volentieri pubblico:

    Bellissimo!! un passaggio di Giordana che è uno dei miei capisaldi!! bravo ben ..tutto vero..ma non sono sicura che esista davvero "libertà" nel gestire la relazione studente/professore finchè non esisteranno chiare regole di "estromissione" dei fannulloni dal sistema..io denuncio ma poi mi aspetto che sia "lui" ad andarsene, ad essere licenziato, a essere spinto a "fare altro"non io costretto a cambiare università o far uscire l'esame dal mio piano di studi per potermi laureare...
    io credo che di studenti coraggiosi ce ne siano tanti...è il "sistema delle non-regole" che li frustra, che li opprime...e allora i migliori veri non hanno altra alternativa che ..andarsene..
    CAMBINO LE REGOLE e vedrei quanti saranno in grado di "pretendere diritti"..
    PS ad es. Ritengo umiliante il dibattito attuale sull'estensione delle leggi del lavoro all'impiego pubblico...a molti pare "scontato"..in Italia diventa "un problema di grande complessità"..vabbè..che ci voglia una "rivoluzione"...speriamo ..incruenta...ciao Claudia

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    1. Gianni Ravelli12 giu 2012, 12:19:00

      Che dire? Conosciamo tutti la situazione dell'università italiana... un ente autoreferenziale, che si regge unicamente per continuare a reggersi o che esiste unicamente per avere il diritto di continuare ad esistere. Ma è la stessa logica di moltissime istituzioni italiane. Vogliamo parlare, ad esempio, degli enti lirici? Purtroppo sono convinto che, se anche gli studenti protestassero,niente cambierebbe. Perché? Semplicemente perché non se ne terrebbe conto. Eppure, all'interno delle nostre università, esistono persone di valore, che lavorano e si impegnano. Soluzione? Radicale. Credo che andrebbe abolita la burla colossale dei concorsi. Molto più onesto l'incarico diretto, che le università dovrebbero adottare, valutando i docenti in base a parametri fissi e non contestabili né interpretabili: ricerche e studi fatti, pubblicazioni, tesi di laurea effettivamente seguite, numero di studenti iscritti ai propri corsi etc. etc. etc. Naturalmente, l'operato dei docenti dovrebbe essere ricontrollato periodicamente, diciamo ogni due anni. E chi non ha fatto nulla... via! Si cambi! A favore di qualcun altro che dimostri di aver lavorato e di lavorare meglio. Questa sarebbe l'unica soluzione, secondo me. Un sogno? Effettivamente... forse ho scambiato l'Italia per l'Inghilterra o per la Francia...

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  2. Lo storico Sandro Gerbi mi segnala un articolo sull'Università italiana di Francesco Alberoni del 2001. Attualissimo:

    "Ecco che cosa ti aspetta se vuoi insegnare all' università La carriera universitaria, che dovrebbe allevare individui liberi e creativi, in Italia produce dipendenza, incertezza e servilismo. Nel sistema economico chi non si trova bene in una impresa se ne cerca un' altra, ed ogni impresa sceglie la persona più adatta ai suoi scopi. Nell' università no. Perché anche se, formalmente, ci sono moltissimi atenei, è come se ce ne fosse uno solo. Tutti i programmi sono centralizzati e, per ogni materia, tutti i professori vengono scelti da un unico gruppo di potere nazionale. Il laureato, di solito, incomincia la carriera universitaria con un Assegno di Ricerca. Decide una Commissione Giudicatrice. In realtà è il professore che presenta il suo candidato, e i suoi colleghi lo promuovono in quanto lui promette di promuovere uno dei loro. Così il giovane incomincia a lavorare con quel «maestro» da cui dipenderà, d' ora in avanti, tutto il suo futuro. Dopo un tirocinio di alcuni anni, gli dicono di prepararsi al Concorso Statale per diventare Ricercatore. Qui la commissione è eletta da tutti i professori italiani della materia con un meccanismo elettorale complicatissimo. Che, però, è governato da un ristretto gruppo di potere politicamente orientato, e decide in anticipo chi dovrà essere promosso e chi no. Perciò al nostro giovane andrà bene solo se il suo maestro è inserito nella cordata giusta. Mettiamo che riesca. Ora è diventato Ricercatore. Ha circa 35 anni, uno stipendio da fame e deve aspettare tre anni per la conferma. Tre anni sulle spine. Ma è la regola: deve sempre sentirsi sotto giudizio, chinare la testa, fare il bravo. Dopo qualche anno, se ha fatto le ricerche gradite ai superiori, lo autorizzeranno a partecipare al Concorso di Professore Associato. Anche questa Commissione Giudicatrice Nazionale viene eletta dallo stesso Gruppo di Potere che ha scelto quella del concorso precedente. Ed ha già stabilito, in anticipo, chi vincerà e chi no. Supponiamo che lo facciano vincere. E' sui 45 anni e deve fare altri tre anni per avere la conferma. Quindi pazienza e prudenza. Passa altro tempo e, al nostro amico, resta solo l' ultima tappa, quella di Professore Ordinario, la più difficile. Ora deve assolutamente essere nella cordata giusta, aver dato le giuste garanzie politiche, non avere nemici ed essere stato inserito con molto anticipo nell' elenco di coloro che saranno promossi. Se si è comportato proprio per bene può farcela, entro i 55 anni. Più i soliti tre anni per la conferma. Così, verso i sessant' anni, sarà finalmente libero di creare e di scrivere quello che pensa, prima di andare in pensione a 65. Signor ministro, mi creda, oggi chi fa carriera universitaria in Italia è come un cane tenuto al guinzaglio per tutta la vita. Una condizione umiliante. Ma non sono gli uomini ad essere malvagi, sono sbagliate le regole, le istituzioni. L' autonomia non esiste, la concorrenza non esiste, le elezioni del Cun e delle commissioni dei concorsi nazionali sono manovrate. Negli Stati Uniti i professori li scelgono le Università in base alle loro esigenze. Perciò un bravo ricercatore può fare una carriera folgorante. Quando Watson e Crick hanno scoperto l' elica del Dna e hanno preso il premio Nobel, Crick era giovanissimo e nemmeno dottore. Da noi no. Per questo c' è la fuga dei cervelli, le personalità più creative lasciano l' università, e i professori di valore sono amareggiati e senza fiducia".

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  3. http://www.unibg.it/dati/corsi/87015/50463-Email.pdf

    dicevamo?

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    1. nessuno studente ha mai pensato di scrivere come devono spiegare? (evitare di leggere dal libro, che penso sappiamo farlo anche da soli...)
      per non parlare degli esami non verbalizzati!

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