sabato 6 marzo 2021
Omaggio a Carlo Tognoli, sindaco riformista
La mia maestra delle elementari Costanza Balsamo, bravissima nel contemperare dolcezza e severità, ogni volta che la classe rumoreggiava, usava esclamare:
"Fate silenzio, che vi sente pure Carlo Tognoli a Palazzo Marino". Così, venivamo a sapere chi fosse il sindaco e quali funzioni svolgesse.
Proprio ieri è morto Carlo Tognoli, sindaco di Milano dal 1976 al 1986. Socialista, quando il centro sinistra guidava Milano.
Affabile, spesso in giro per le strade di Milano a conversare con tutti, preparato, sapeva come affrontare i tanti temi aperti in una grande città.
In sintesi, direi un grande riformista.
In Italia siamo pieni zeppi di rivoluzionari, che sulla carta vogliono cambiare tutto, ma di fatto non cambiano nulla. Anzi, sono i più grandi conservatori.
Fausto Bertinotti, sedicente rivoluzionario, vive in una bella casa borghese, ha un emolumento altissimo pur non avendo mai lavorato (se non da sindacalista e presidente della Camera dei Deputati dal 2006 al 2008).
Io scherzando, ma fino a un certo punto, dico che ha la tessera nr. 1 di Forza Italia: il berlusconismo, che tanti danni ha fatto a questo Paese, si fonda sull'esistenza di soggetti ancora amanti del comunismo.
Basta brandire il vessillo rosso, che l'italiano si sposta a destra. Chiunque ci sia.
Per Carlo Tognoli valgono le considerazioni dell'economista Federico Caffè, sulla "Solitudine del riformista" (Bollati Boringhieri, cit.).
Tutti i riformisti sono soli, hanno contro i conservatori che preferiscono lo status quo.
E hanno contro i finti rivoluzionari, che nel Paese del "Tengo famiglia", non vogliono cambiare niente. Urlano e basta. Vedasi l'ultima esperienza tragica del grillismo.
Caffè si prodigava per un riformismo rigoroso (amava alla stesso tempo Einaudi e Andreatta), che condannava “lo sfruttamento politico degli emarginati;
la pressione dei furbi rispetto ai veri bisognosi nell'avvalersi delle varie prestazioni assistenziali, le ripercussioni dannose a carico del bilancio dello Stato
dell’inclinazione lassista a voler dare tutto a tutti”.
Tognoli era un vero riformista. Non era mai superficiale, ascoltava, spiegava il suo punto di vista, gli piaceva discutere. Oggi il dialogo è diventato un monologo, nessuno è capace di mettersi in discussione e cambiare idea.
Recentemente il filosofo Umberto Galimberti, intervistato da Paolo Iacci (Sotto il senso dell'ignoranza, Egea, 2021) ha scritto:
"La parola dialogo, come tutte le parole greche che cominciano per "dia", indica la massima distanza tra due punti. Nella circonferenza abbiamo il diametro, nel dia-logo si possono confrontare due posizioni di pensiero anche diametralmente opposte tra loro
Si fronteggiano per capirsi, non per elidersi. Per questo ci vuole "tolleranza" che non significa tollerare la posizione dell'altro restando convinti che la nostra è quella giusta, ma ipotizzare che la posizione dell'altro possa possedere un grado di verità superiore al nostro, e quindi disporsi, nel confronto con l'altro a lasciarsi modificare dall'altro".
Eletto sindaco a soli 38 anni, dopo la gestione Aniasi (grande capo partigiano, 1921-2005), affrontò con prudenza e senza mai scomporsi gli anni terribili del terrorismo.
Come ha detto a Repubblica Paolo Pillitteri (che gli successe come sindaco), Carlo non si lasciava mai travolgere dalla commozione, se la teneva per sé. Inoltre girava in biciletta per Milano quando le Brigate rosse ammazzavano i magistrati Galli e Alessandrini. un segnale di fiducia verso i cittadini che avevano paura ad uscire di casa.
Tognoli fu il primo sindaco a chiudere al traffico il centro storico, un preveggente.
Quando decise la chiusura di Corso Vittorio Emanuele, i commercianti, che oggi plaudono, si incazzarono assai. Al contempo si costruivano le linee del metrò.
Gli slogan erano: "La linea due avanza, poi "La linea tre avanza".
Tognoli, alla fine, condusse Milano alla transizione verso il terziario avanzato. Dal terrorismo alla "Milano da bere", è tanta roba. Socialista convinto quando il PSI era guidato da Craxi.
Il legame ideale col socialismo non si è mai dissolto. Non è un caso che abbia chiamato i figli Filippo e Anna, in memoria di Turati e Kuliscioff.
L'ottimo Giangiacomo Schiavi oggi sul Corriere della Sera lo ricorda così: "Era la memoria di una Milano da amare, il sindaco dei milanesi. Stimato, rimpianto. Mai dimenticato.
Se entrava in un bar gli sorridevano: "Buongiorno sindaco".
Tognoli fu anche Ministro delle Aree Urbane e parlamentare europeo ai tempi (eroici) di Altiero Spinelli.
Poco tempo fa Repubblica ha pubblicato un volume (Bocca, 35 anni con noi) con i migliori articoli di Giorgio Bocca,
tra i quali ne spicca uno del 23 febbraio 1983. Il titolo parla da sé: "Milano ricca e coraggiosa salpa per nuove avventure". E subito dopo Bocca lo definisce sindaco elettronico, perchè capace di rispondere in tempo reale alle sue domande consultando i terminali di Palazzo Marino.
In quel pezzo Bocca citava un altro grande milanese, Piero Bassetti, stringheriano, presente nelle prime file al concerto alla Scala di Toscanini l'11 maggio 1946: "Viviamo in una città dal metabolismo intenso, divorante".
Proprio così la pensava anche Tognoli, che nel bel mezzo del Covid, il 14 luglio 2020, intervenne al Teatro Franco Parenti per dire a gran voce che il destino di Milano è quello di rialzarsi sempre, dalle distruzioneo alle bombe".
Ti sia lieve la terra, caro Carlo Tognoli.
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