In tale occasione conobbi Mario Balbo, una persona che ama ascoltare, distinguendosi rispetto a classico cicaleccio italico. Poche settimane fa Mario mi ha fatto avere un bel volume di Luigi Maistrello "Lo scontro" (prefazione di G.A. Stella, Reverdito editore, 2016), che narra la storia di (don) Bruno Scremin ("il prete ribelle", amico e maestro di Mario Balbo), che si è trovato a scontrarsi negli anni Sessanta/Settanta con il vescovo di Vicenza Mario Zinato ("il principe").
Bruno Scremin è nato povero e ha vissuto in povertà per tutta la fanciullezza. Entrato in seminario (1936-40) comprende fin da subito quale sia il valore principe: l'obbedienza: "E' uno degli aspetti di massima ipocrisia che avrei continuato a incontrare durante tutta la mia vicenda. Per loro l'obbedienza non significava solo negare ogni forma di libertà, a cominciare dalla propria libertà; era ben di più: era un atto di sfiducia verso le persone".
Maistrello, prete dal 1979, attualmente cappellano del carcere di Vicenza, raccoglie pazientemente la testimonianza di Don Bruno: "Si arrivava alla negazione di ogni forma di dialettica. La virtù assoluta era l'obbedienza! Un'obbedienza silenziosa, accettata, subita, voluta, senza dubbi, sempre e solo a senso unico...anche il tenere le mani in tasca...era visto come un gesto pericoloso" (vi ricordate il film "Il nastro bianco" di Michael Haneke?).
Lorenzo Milani |
Bruno Scremin prende coscienza che l'obbedienza era usata per altri scopi, per difendere il potere, "un potere che asserviva, si ergeva sui privilegi". Negli anni Cinquanta Vicenza era considerata la "sacrestia d'Italia". In sacrestia veniva deciso tutto, dalle liste elettorali della Democrazia Cristiana alle nomina dei consigli di amministrazione delle banche, dei consorzi, delle azienda pubbliche, delle direzioni sanitarie. Mariano Rumor scalava i vertici della DC nazionale.
Il magnifico romanzo di Goffredo Parise Il prete bello è del 1954. La borghesia vicentina non apprezzò il suo capolavoro. Secondo Scremin i vicentini erano abituati ad avere il "prete di famiglia" devote e silenzioso. Spesso il regno dell'ipocrisia, della falsità, dei sepolcri imbiancati.
Mentre scorrevo le pagine dello "Scontro", mi sembrava di leggere la storia del banchiere Gianni Zonin, che ha costruito negli anni un sistema relazionale così forte (basato sull'obbedienza) da rimandare in lungo la crisi della Banca Popolare di Vicenza, da lui guidata fin dai primi anni Novanta
Me lo immagino Zonin a cena con il vescovo (qui un comunicato della Caritas di Vicenza che celebra un assegno di 50mila euro ricevuto dal vescovo Cesare Nosiglia direttamente dalle mani di Zonin) e qualche magistrato amico della Procura (pronto a evitare di procedere anche in presenza di relazioni ispettive della Banca d'Italia). Un sistema inafferrabile e protetto. Il frutto tardivo della potenza elettorale della Democrazia Cristiana, la "Balena bianca", che in Veneto ha sempre stradominato.
Il vescovo Carlo Zinato (dal 1943 al 1971) usava spostarsi nelle parrocchie della diocesi con una lussuosa Mercedes, dono degli industriali. Ricorda il giudice istruttore Luciano Infelisi, amico dei Caltagirone, che girava con una BMW e radiotelefono, regalatagli dal banchiere Roberto Calvi (secondo la testimonianza al processo della moglie Clara).
Gianni Zonin |
Nel frattempo Zonin - con il fidato parente Samuele Sorato, nominato alla bisogna amministratore delegato - costruiva il sistema delle "operazioni baciate": si finanziava un cliente e in cambio quest'ultimo comprava azioni della Banca. Il tutto senza dedurre l'operazione - illecita - dal patrimonio a fini di Vigilanza della banca. Se si annacqua di proposito il patrimonio dell'istituto di credito, se non si accantona il giusto per i crediti incagliati, se non si svalutano i bad loans (come invitava sempre a fare Luigi Arcuti), se si finanziano operazioni immobiliari senza senso, se non si analizza con serietà il merito di credito, la banca chiude.
Don Bruno Scremin è morto nel 2010, dopo aver curato negli ultimi anni della sua vita i malati terminali di Aids. La sua storia illumina un periodo storico, una logica di potere della Chiesa al servizio di interessi nefasti, che, invece di supportare il territorio - parola abusata -, lo uccidono. Come ha scritto Marco Vitale nel ricordare Ezio Vanoni, "la dottrina sociale della Chiesa è una pratica che la maggior parte della Chiesa ignorerà totalmente, attratta dalle sirene e dalle mode socialistoidi e collettiviste". E dai banchieri incapaci, aggiungo io.
Banca del territorio? Una farsa smascherata.Vi ricordate l'espressione "debitori di riferimento" usata dal banchiere (serissimo) Sergio Siglienti? Ecco, la crisi della BPVI non può essere attribuita solo a Zonin, classico capro espiatorio. Bisogna leggere Goffredo Parise e Luigi Maistrello per capire la vera origine del disastro.
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