L'Italia è divisa in due: chi legge, e chi non legge. Chi legge è più felice, bien sur, ma ancora più lieto è il lettore forte, colui che legge più di un libro al mese. Per tutti, comunque, ci sentiamo di consigliare un libro per l'estate: "I Cosattini. Una famiglia antifascista di Udine" (Hoepli editore, 2016), scritto da Sandro Gerbi, storico di vaglia. nel Belpaese circolano sedicenti storici, che interpretano molto mentre frequentano poco gli archivi, Gerbi inizia un lavoro partendo dal basso, dalle fonti, senza le quali la storia non si fa. Già in passato Gerbi ci ha dato una lezione scrivendo - con un altro segugio d'archivio, Raffaele Liucci - un interessante biografia su Indro Montanelli (edito sempre da Hoepli), che svela quanto fosse fantasioso (anche nel raccontare) il giornalista di Fucecchio.
Non a caso, dopo i ringraziamenti di rito, Gerbi dedica una pagina intera alle fonti archivistiche.
"I Cosattini? Mai sentiti nominare. Questo il tipico commento di studiosi e amici quando raccontavo loro l'argomento del mio libro", così l'attacco di Gerbi, che ringraziamo per averci fatto conoscere un pezzo di storia italiana.
Il "capostipite", avvocato Cosattini, è stato per tre legislature (tra il 1919 e il 1926) un deputato socialista di spicco e, in seguito, primo sindaco di Udine dopo la Liberazione.
Gerbi ci porta subito dentro la Storia, 30 Maggio 1924: "Giacomo Matteotti ha appena finito il suo vibrante discorso, in cui ha contestato - per i brogli e le violenze squadristiche - la validità dell elezioni politiche del 6 aprile, vinte dai fascisti (...). Cosattini, che di Matteotti era amico e compagno (nel Partito socialista unitario) si congratula con lui per il coraggio e il vigore dimostrato in aula. Al che Matteotti risponde: "Ora preparatevi a fare la mia commemorazione". Un lucido presagio, visto che il 10 giugno sarebbe stato rapito in auto da sicari fascisti sul Lungotevere Arnaldo da Brescia e barbaramente trucidato".
Gerbi ci conduce per mano non solo nella biografia di Giovanni Cosattini, ma anche raccontandoci la storia di una famiglia - antifascista - lungo il corso di due generazioni. Dal micro scopriamo il macro, il "secolo breve", il fascismo, l'ostracismo della "meglio gioventù", la Resistenza
Mi ha colpito la vicenda di Luigi Cosattini (1913-1945), primogenito, una brillante carriera scolastica fino a conseguire l'abilitazione alla "libera docenza" in Diritto Civile" a Padova. Amico di Norberto Bobbio, giocò un ruolo nella Resistenza a Udine nelle file del Partito d'Azione. Deportato a Buchenwald, non fece più ritorno. Il 25 luglio 1943, dopo che il Gran Consiglio del Fascismo ha defenestrato Benito Mussolini, scrive ai genitori: "Chissà cosa ci si prepara: ma certo ora, in un momento, l'Italia è in piedi, è pronta a tutto, è fresca, è giovane. Può guardare serenamente al futuro. E, in sostanza, ha cancellato da sè la sua grande vergogna".
Sono proprio parole di verità quelle di Natalia Ginzburg: "Allora io avevo fede in un avvenire facile e lieto, ricco di desideri appagati, di esperienze e di comuni imprese. Ma era quello il tempo migliore della mia vita e solo adesso che che m'è sfuggito per sempre, solo adesso lo so".
Emma, la figlia minore di Giovanni Cosattini, sposò giovanissima Giovanni Enriques, manager all'Olivetti e imprenditore (la fece rinascere) alla casa editrice Zanichelli. Dopo la nascita di Federico e Lorenzo, Emma si ammalò di febbre tifoidea e morì a soli 25 anni.
Di Giovanni Enriques voglio ricordare un refrain valido quanto mai: "Sono gli uomini che fanno le cose". Diamoci da fare, bando alla pigrizia, andiamo alla Hoepli a comprare un volume che merita di essere letto.
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