martedì 24 settembre 2013

Altro che giudice ragazzino! Rosario Livatino magistrato coi fiocchi

Il 21 settembre 1990 il giovane magistrato Rosario Livatino, 38 anni, sostituto procuratore presso il Tribunale di Agrigento, viene ammazzato dalla mafia. Il 21 settembre di 23 anni fa, mentre percorre senza scorta la SS 640 Agrigento-Caltanissetta a bordo della sua Ford Fiesta rossa, sicari mafiosi speronano l'auto, lo inseguono mentre cerca di scappare, per poi finirlo spietatamente.

Grazie a un testimone - Pietro Nava, milanese di Sesto San Giovanni, costretto a vivere blindato in una località segreta - gli esecutori del delitto furono condannati. 

E' opportuno ricordare quanto disse il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga - esempio massimo della gerontocrazia italiana - riguardo a Livatino: "Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perchè ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga". 

Dopo questa sbalorditiva affermazione, il giudice Livatino verrà ricordato come il giudice ragazzino, titolo del pregevole libro di Nando Dalla Chiesa.

I dati OCSE presentati sono incontrovertibili. In Italia, un giovane che non abbia un genitore almeno diplomato ha il 10% delle possibilità di laurearsi, contro il 35% della Francia e oltre il 40% della Gran Bretagna. Circa il 70% dei ragazzi che hanno i migliori risultati provengono da famiglie agiate. In Italia il 44% degli architetti è figlio di architetti, il 42% dei laureati in giurisprudenza è figlio di laureati in giurisprudenza. 

Lo scrittore Gianni Biondillo spassosamente racconta: “Proprio quell’estate del 1984 lessi un’intervista a Vittorio Gregotti su un quotidiano nazionale. Il giornalista chiese un consiglio da dare ai giovani che si accingevano ad iscriversi ad architettura. Gregotti rispose, lapidario: “Consiglio loro di scegliersi genitori ricchi”.

Sebastiano Vassalli , nel suo romanzo “Marco e Mattio”, ambientato nel Veneto nel 1775, scrive: “Suo padre, Marco Lovat, era lo scarpèr cioè il calzolaio di Casal, e il destino del figlio primogenito era quello di fare lo scarpèr, anche se avrebbe preferito continuare a studiare per diventare dottore: la vita, a Zoldo, non permetteva quel genere di cambiamenti e chi nasceva oste doveva fare l’oste, chi nasceva scarpèr doveva fare lo scarpèr; altre alternative non c’erano!”. Ogni tanto sembra che in questo Paese siamo rimasti a fine ‘700.

Antonio Schizzerotto - professore focalizzato sullo studio delle disparità inter/intragenerazionali - sottolinea come le persone nate tra la prima metà degli Anni 60 e la fine degli Anni '70 costituiscono le prime due generazioni di italiani che non sono riuscite, come invece era sempre accaduto nel corso del Novecento, a migliorare le proprie aspettative di vita rispetto a quelle dei rispettivi genitori.

Chiudo con la visione del giudice espressa dal mite Rosario Livatino - tratta dalla relazione "Il ruolo del giudice nella società che cambia" (7.4.1984):
« Il Giudice deve offrire di sé stesso l’immagine di una persona seria, equilibrata, responsabile; l’immagine di un uomo capace di condannare ma anche di capire; solo così egli potrà essere accettato dalla società: questo e solo questo è il Giudice di ogni tempo. Se egli rimarrà sempre libero ed indipendente si mostrerà degno della sua funzione, se si manterrà integro ed imparziale non tradirà mai il suo mandato ». 

P.S.: si consiglia la lettura di:
- Il giudice ragazzino, Nando Dalla Chiesa, Einaudi, 1992
L'avventura di un uomo tranquillo, Pietro Calderoni, Rizzoli, 1995
- "Vite ineguali", Antonio Schizzerotto, Il Mulino, 2002
- www.livatino.it

2 commenti:

  1. Mi piace enormemente la figura di Rosario Livatino, ma anche di Pietro Nava.
    Penso sia in corso anche un processo di Venerabilità su di lui, non so se promosso dalla sua diocesi o altro.
    Mi informerò meglio e ti scriverò in proposito.
    Lucia

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  2. Ricevo e volentieri pubblico:

    Bel pezzo prof!
    Le confesso che ogni tanto mi sento profondamente schifato della mia nazione e dei suoi cittadini,
    ma è da personaggi coerenti, fiduciosi, coraggiosi e, mi passi il termine, con le palle di ferro come Rosario Livatino che si accende una piccola luce di speranza nel mio profondo.
    Ecco, se la parte migliore dell’ Italia è questa, beh allora c’è da esserne fieri.
    Peccato che queste persone siano fuori da Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi.
    Peccato che ad Arcore non ci sia un Rosario Livatino.

    Saluti.

    Matteo Felici


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