Questa malattia, si capisce, è il disfacimento del credito e della moneta”.
Se sostituiamo moneta con euro, il dado è tratto, sembra un’osservazione di ieri. E invece il passo è tratto da una lettera dell’allora amministratore delegato della Banca Commerciale Italiana, Raffaele Mattioli, banchiere d’altri tempi, a Palmiro Togliatti, segretario e capo indiscusso del Partito Comunista Italiano. La data in calce alla lettera è 28 maggio 1947.
Oggi sembra proprio di soffocare. Sembra che il malato Italia sia entrato in agonia e non riesca ad essere curato. Le soluzioni ci sono, belle che pronte. Ma domina l'immobilismo, la palude. Nel mondo anglosassone si dice Think before you act. In Italia il motto è Think but don't act.
Basta leggere le ultime Considerazioni Finali del Governatore di Banca d’Italia, Mario Draghi.
Rivisitiamole insieme.
1) Le nostre analisi chiamano in causa la struttura produttiva italiana, più frammentata e statica di altre, e politiche pubbliche che non incoraggiano, spesso ostacolano, l’evoluzione di quella struttura.
2) Va affrontato alla radice il problema di efficienza della giustizia civile: la durata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i 1.000 giorni e colloca l’Italia al 157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie stilate dalla Banca Mondiale; l’incertezza che ne deriva è un fattore potente di attrito nel funzionamento dell’economia, oltre che di ingiustizia.
3) Occorre proseguire nella riforma del nostro sistema di istruzione, già in parte avviata, con l’obiettivo di innalzare i livelli di apprendimento, che sono tra i più bassi nel mondo occidentale anche a parità di spesa per studente.
Raffaele Mattioli |
complessiva del Paese.
5) L’Italia è indietro nella dotazione di infrastrutture rispetto agli altri principali paesi europei, pur con una spesa pubblica che dagli anni Ottanta al 2008 è stata maggiore in rapporto al PIL.
6) La diffusione nell’ultimo quindicennio dei contratti di lavoro a tempo determinato e parziale ha contribuito a innalzare il tasso di occupazione, ma al costo di introdurre nel mercato un pronunciato dualismo: da un lato i lavoratori in attività a tempo indeterminato, maggiormente tutelati; dall’altro una vasta sacca di precariato, soprattutto giovanile, con scarse tutele e retribuzioni.
Riequilibrare la flessibilità del mercato del lavoro, oggi quasi tutta concentrata nelle modalità d’ingresso, migliorerebbe le aspirazioni di vita dei giovani; spronerebbe le unità produttive a investire di più nella formazione delle risorse umane, a inserirle nei processi produttivi, a dare loro prospettive di carriera.
Mario Draghi chiude così le sue ultime Considerazioni: “Perché la politica, che sola ha il potere di tradurre le analisi in leggi, non fa propria la frase di Cavour “…le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano”?
Ce lo chiediamo tutti i giorni anche noi.
P.S.: si consiglia la lettura di Profilo di Raffaele Mattioli, Giovanni Malagodi, Nino Aragno Editore, 2010
sfondi una porta aperta
RispondiEliminasaluti,
sandro
parole sante quelle sulla concorrenza!
RispondiEliminaItalia paese stagnante, tutti parlano e nessuno fa. Fabio
Parole Parole,Parole.Cantavano Mina e Alberto Lupo negli anni'70.
RispondiEliminaQuando cominceremo tutti ad agire pensando al Bene Comune?
Lucia