lunedì 23 agosto 2010

Alberto Pirelli e l'entusiasmo nell'apprendere


Michele Ainis su “La Stampa” ha ben descritto i tempi che stiamo vivendo: “Ci sono dentro il poliziotto e il giudice, l’imprenditore e il generale, il direttore della Asl come il prefetto, il banchiere e i professori.. Tutti affaccendati in faccende deplorevoli ma ben retribuite.”
Che fare? Gettarsi nel Naviglio, farsi prendere dallo sconforto, mettere la consueta fetta di salame - con annesso messaggio “Magnatevi pure questa” - nell’urna alle prossime elezioni, ormai vicine? Io una risposta ce l’ho. Me l’ha suggerita Alberto Pirelli - Vita di Alberto Pirelli (1882-1971), di Nicola Tranfaglia, Einaudi, 2010 - in una lettera al figlio Giovanni: “Il mondo va accettato com’è, naturalmente non con una pigra indifferenza ed una rassegnato adattamento a tutto quello che va male, ma anzi con la volontà di dedicare le modeste nostre forze al suo progresso materiale e morale e con la convinzione che tale progresso trova alimento proprio da quei contrasti, e che la risultante di questi contrasti è un succedersi di armonie e disarmonie contingenti, di punte in su e punte in giù, ma segna una linea mediana ascendente”.
Tranfaglia nel riassumere le qualità centrali di Alberto Pirelli indica “la grande capacità, la duttilità e l’entusiasmo nell’apprendere”. Mario Draghi, in un suo intervento diretto ad indicare la via da seguire, scrive “Capacità di fare, desiderio di sapere”.
A tutti coloro che si lamentano ogni giorno, dico. Ma avete compiuto oggi interamente il vostro dovere? Vi siete impegnati per migliorare l’esistente? E agli studenti dico: perché non avete approfondito, perché non siete andati in verticale, perché siete pigri, perché leggete così poco, perché siete così insensibili agli stimoli? Dove è finito il vostro entusiasmo nell’apprendere?

3 commenti:

  1. Rispondo con una piccola "provocazione"', (che non vuole assolutamente
    essere una giustificazione).

    visto che lei si rivolge agli studenti, io mi rivolgo agli adulti e ai
    professori. Dov'è finita la loro voglia di insegnare? Certo, in
    apparenza sembra che i giovani non abbiano voglia di imparare, ma se
    solo avessero voglia di andare a fondo scoprirebbero un universo di
    giovani menti sperdute nell'infinità di informazioni che hanno a
    disposizione ogni giorno. Purtroppo sono rari i maestri che hanno la
    voglia ed il tempo di andare a fondo, in questo mondo che corre così
    veloce.. Certo, chi volesse provarci si troverà a scontrarsi con dei
    veri e propri muri (ragazzi svogliati desiderosi di restare nella
    beata ignoranza). Ma sono convinta che non ci sia soddisfazione più
    grande di vedere i propri migliori studenti maturare grazie al proprio
    paziente lavoro.

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  2. La cultura dell'alibi è entrata ahinoi a far parte dell'immaginario collettivo dei giovani. Leopoldo Pirelli diceva: "O si è primi o non si parte nemmeno".
    Una SOLA difesa esiste contro la futura mediocrità lavorativa: lo studio "matto e disperatissimo".
    E gli ultimi dati del Censis che quantificano in circa un milione dipersone tra i 19 e 29 anni che non fanno una beata fava conferma il mio giudizio.

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  3. Parlando per l'esperienza che sto attualmente vivendo, credo che non soltanto gli studenti, ma gli stessi professori abbiamo bisogno di stimoli, di mettersi in gioco continuamente e di guardare agli eventi che accadono ogni giorno con un occhio critico.
    Non si tratta di élite e di persone che abbiano scelto un percorso di vita ben preciso: si tratta di persone con "un po' di cervello" che, nonostante un po' di pigrizia, decidono di non fermarsi e di mettere alla prova le proprie idee e le proprie conoscenze e che sappiano che "non c'è limite al miglioramento".
    Stimoli, curiosità, non più "lettura" ma "confronto", avere la capacità e talvolta anche il coraggio di non fermarsi all'apparenza ma mettersi in gioco: forse è questo ciò che manca al "nuovo studente" o al "nuovo professore" o, meglio ancora, al "nuovo individuo".

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