domenica 10 febbraio 2019

Omaggio a Guido Roberto Vitale, formidabile banchiere d'affari

Guido Roberto Vitale
Ho avuto il privilegio negli ultimi due anni di frequentare assiduamente il banchiere d'affari Guido Roberto Vitale, scomparso il 5 febbraio, colpito da un infarto. E' stato un dono della vita conoscerlo. Una persona straordinaria, dal punto di vista umano e professionale.
La mia conoscenza di Vitale risale a parecchi anni fa, quando Giancarlo Arduino, collega in Nextam Partners SGR, me lo presentò, memore dei suoi trascorsi in Euromobiliare. E da allora ci siamo visti a ritmo costante. Ogni volta che pubblicavo un volume sul mio amato Paolo Baffi, gli facevo visita e discutevamo a lungo dei problemi del nostro Paese. Era un suo chiodo fisso. Gli uomini si misurano con i successi professionali, siano fama o guadagni, difficile che considerino l'impegno civico una misura del loro valore umano. Per Vitale non era sufficiente. Spesso, quando incontrava qualcuno, gli chiedeva: "Scusi, lei cosa sta facendo per l'Italia. Quello che fa nella vita professionale non basta".
Questo comune sentire per l'interesse collettivo ci ha unito negli anni. Quando mi sono candidato alle elezioni regionali nella lista civica di centro sinistra "Per Ambrosoli presidente", mi ha sostenuto moralmente e incoraggiato a darmi da fare in modo serio, approfondendo i vari dossier, in primis la sanità lombarda, che cuba oltre 18 miliardi di euro l'anno. E' quello che ho fatto. Grazie a questi miei interventi sul web, Repubblica Milano nella persona del caporedattore Roberto Rho mi invitò a collaborare.

Nel novembre 2017 Vitale mi chiamò per invitarmi a colazione, sotto il suo ufficio. Per me era un piacere incontrarlo. Discutere con lui era uno stimolo continuo. Mai banale, sempre con un pensiero laterale che non immaginavi. Ti spronava sempre a dare il meglio di te.
Appena seduti, dopo i primi convenevoli, Guido Roberto mi disse: "Ho una proposta da farle: scrivere il prossimo volume per la Vitale e Co., che regaliamo ai nostri clienti e amici come strenna natalizia". Io, abituato a cimentarmi con le carte d'archivio, chiesi su quale argomento dovessi lavorare e Vitale mi rispose: "Il capitalismo italiano". Io, colpito a sorpresa e basito, esclamai: "Vaste programme, direbbe il generale De Gaulle". Vitale prese quindi a spiegarmi il suo progetto, convintissimo che fossi in grado di fare un bel lavoro (era più convinto lui di me, nelle fasi iniziali).
Tra le tanti doti di Vitale c'era sicuramente quella di scegliere le persone. Aveva un fiuto particolare e lo sguardo lungo. Intravedeva la capacità degli individui, e, una volta individuati, delegava monitorando e consigliando da vicino. Credeva nei giovani, profondamente.
Gli piacevano anche le sfide. Spesso sosteneva che "Volere è potere". Amando le cose difficili, doveva crederci. Una volta gli risposi citando Carlo Azeglio Ciampi, nel cui lessico spiccava l'espressione "atto volitivo", espressione di una ferrea determinazione. La citazione gli piacque.

Un giorno mi raccontò di quando non prese la lode in sede di laurea perché il solito barone torinese si offese dal non essere citato. Vitale da quel giorno comprese dal vivo il potere delle corporazioni. La sua tesi sulle operazioni di mercato aperto della Federal Reserve era qualcosa di esoterico per i "professoroni".
Dal quel novembre 2017 non so più quante volte ci siamo sentiti e visti. Mi chiamava più volte al giorno. Alla mattina presto, specialmente. "Come va?", erano le sue prime gentili parole al telefono. E subito mi chiedeva se avessi letto Francesco Giavazzi sul Corriere o Claudio Cerasa sul Foglio.
Luigi Einaudi
Ogni volta che scrivevo un capitolo, mi invitava a colazione. Arrivava preparatissimo, aveva sempre letto e sottolineato i passaggi più interessanti o che non lo convincevano. Un giorno, dopo che lesse la citazione dell'articolo di Luigi Einaudi sul "Silenzio degli industriali" dopo il delitto Matteotti del 1924, mi chiamò alle 7.40 e mi disse: "Dott. Piccone, questa citazione vale il volume. Si attivi per procurarmi il testo integrale. Adesso chiamo Cerasa così che lo pubblichi sul Foglio. Anche oggi gli industriali devono farsi sentire e reagire alle politiche nefaste del governo giallo verde".
Quanto mi manca il suo "Come va?". E non sono il solo.

Una volta completato il volume, restava da scegliere il titolo. Mentre mi arrovellavo e proponevo titoli su titoli, un giorno Vitale se ne uscì col titolo perfetto: "L'Italia: molti capitali, pochi capitalisti". La titolazione ricorda, ribaltandolo, il "Capitalismo senza capitale" di Napoleone Colajanni. Ma Vitale era convinto giustamente che il problema dell'Italia non fossero i capitali, che ci sono, ma il loro corretto utilizzo da parte di una classe di imprenditori che non è stata in grado di farsi classe dirigente. Come ha scritto Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, "Un Paese senza borghesia è come una macchina da corsa senza driver, rischia di sbandare e finire fuori strada".
Che emozione presentare il volume al Circolo del Giardino davanti a 400 persone! Difficile dimenticare quel parterre de rois composto da Elsa Fornero, Vittorio Colao, Francesco Giavazzi, Fabio Tamburini, Manuela Romeo Pasetti, Alessandro Spada. Con Guido Roberto Vitale a fare gli onori di casa.

Vi voglio raccontare un episodio che rappresenta bene l'acume e capacità di Vitale di andare dentro le cose, e il testo. Nell'ultima parte del volume ho analizzato i fattori di arretratezza storica del Belpaese, tra i quali c'è l'assenza di una classe dirigente adeguata. Ho ritenuto utile e necessario citare Tommaso Padoa-Schioppa, che nel gennaio 2007 sul Corriere della Sera scrisse: "Si ritornerà alla crescita solo se all'ansia della rincorsa, che ci ha sospinto per anni, subentrerà, quale spirito animatore, una ambizione nazionale. Desiderio di eccellere come Paese, fiducia nelle sue forze, sguardo lungo" (Via le rendite, o l'Italia torna povera, 7 gennaio 2007).
Guido Roberto Vitale in uno dei tanti pranzi insieme (quanto mi mancheranno!), mi disse: "Caro Piccone, non ci siamo, il termine "desiderio" non va bene. E' troppo vago, aleatorio. Se gli americani avessero avuto il desiderio, e basta, di andare sulla luna, non ci sarebbero andati. Hanno invece lavorato per realizzare l'obiettivo prefissato. Hanno avuto il commitment, la responsabilità di portare avanti il progetto. Il desiderio non è sufficiente. Bisogna impegnarsi a fondo, trovare le risorse, le persone, preparare budget, andare avanti con determinazione. Altrimenti i desideri rimangono solo desideri. E nulla più". Non potevo che essere d'accordo, e quindi, cambiai la citazione e il virgolettato, così da inserire il tema del commitment . Una lezione di 20 minuti, che non dimenticherò mai.
Più volte Vitale mi ha invitato a cercare la verità e dire con franchezza le cose come stavano. Quando trovavo qualcosa di interessante da un punto di vista storico negli archivi, ed ero titubante se pubblicarlo o meno, Vitale mi sferzava e non aveva esitazioni. Poche settimane fa è stato lui a convincermi a pubblicare il post su queste colonne sul giurista Sabino Cassese, dotato di un formidabile Zeitgeist (spirito del tempo), che lo portò a stare dalla parte di Giulio Andreotti nel terribile biennio 1978-9 ed attaccare la Banca d'Italia guidata allora da due integerrimi servitori dello Stato quali Paolo Baffi e Mario Sarcinelli. La pagina di Cassese sull'Espresso, a detta di un economista da me contattato, è da considerarsi "terrificante". Fino a che Baffi si vedeva attaccato da Michele Sindona, Roberto Calvi, o i fratelli Caltagirone finanziati dall'Italcasse era nelle cose, ma il fuoco amico di Cassese non era prevedibile.
Ricordo ancora Guido Roberto al telefono: "Dott. Piccone, non abbia esitazioni, pubblichi. La memoria di questo Paese è labile, bisogna rafforzarla". Una volta pubblicato, la sua reazione su Whatsapp (che conservo con commozione) fu la seguente: "Si farà qualche nemico in più, ma è il prezzo che si paga per essere liberi e intellettualmente onesti. Complimenti vivissimi, grv".
Come ha scritto Roger Abravanel sul Corriere della Sera, "Un uomo giusto che se credeva in una idea, la portava avanti con coraggio anche a costo di rischi personali".

Siccome Vitale amava profondamente il proprio Paese, si è sempre impegnato in modo olistico, a favore della cultura e del sapere (e della bellezza). Non poteva quindi che impegnarsi - "sempre propositivo e dinamico" - come consigliere e vicepresidente del FAI, Fondo Ambiente Italiano. Proprio nelle scorse settimane, Vitale mi ha fatto incontrare il presidente Andrea Carandini, il vicepresidente esecutivo Marco Magnifico e il direttore generale Angelo Maramai. Persone capaci che si spendono per la cura dei tanti "luoghi del cuore" che abbiamo in Italia.

Come spesso avviene quando i nostri punti di riferimento se ne vanno, ci guardiamo intorno alla ricerca dei sostituti. Oggi facciamo fatica a vederne. E il vuoto che ci lascia Vitale è ancora più grande.
Mi ha fatto molto piacere ricevere telefonate e attestazioni di stima da parte di amici e colleghi di Vitale, il quale negli ultimi mesi continuava a parlare bene di me e del volume appena pubblicato. "Lo hai reso felice. Era gioioso come un bambino, te ne sarò eternamente grata", mi ha detto la figlia Roberta. Ho pianto le mie lacrime, come è naturale, e mi impegnerò fin d'ora nel parlare in giro per l'Italia di lui e dei temi che gli stavano a cuore.
Colgo quindi l'occasione per dirvi che all'inizio di marzo il volume "L'Italia: molti capitali, pochi capitalisti" uscirà in una nuova edizione del Sole24Ore (Vitale, da signore quale è, mi ha ceduto gratuitamente i diritti d'autore affinché si potesse generare un dibattito pubblico dopo la pubblicazione del libro), sempre con la prefazione di Francesco Giavazzi, formidabile discussant. Si potrà comprare anche in edicola dal 5 marzo in abbinamento al quotidiano. Proprio nell'ultima telefonata, lunedì sera 4 febbraio alle 21.40, mi invitava a mandargli la bozza della nuova copertina del volume, perché voleva dire la sua. Mi disse: "Ne parliamo domani, quando torno a casa. E discutiamo di nuovi progetti". Non ce n'è stato il tempo, ahinoi.

Ci siamo sempre dati del lei. Il "tu" non gli piaceva.
Allora, caro Guido Roberto Vitale, mi mancherà moltissimo, la terra le sia lieve.

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