domenica 25 dicembre 2011

Omaggio a Giorgio Bocca, incredibile giornalista

Giorgio Bocca
La scomparsa di Giorgio Bocca mi lascia attonito. Ci lascia un testimone pazzesco degli ultimi 70 anni di storia.
Per ricordarlo adeguatamente, ripropongo il post a lui dedicato del 13 gennaio 2011, "Soldi per far soldi per far soldi".

“Soldi, per fare soldi, per fare soldi: se esistono altre prospettive, scusate, non le ho viste” (Il Giorno, 1962). Questo il memorabile incipit del reportage di Giorgio Bocca sul distretto calzaturiero di Vigevano.


Nel suo ultimo libro – Fratelli coltelli (Feltrinelli, 2010) - il grande giornalista ormai novantenne ripesca un suo articolo del 1984 (Vini d’autore) dove leggiamo: “Se pensate che i grandi del vino langarolo lo facciano per i soldi non vi sbagliate di molto, ma c’è anche la sfida contro gli altri, contro i tappi, contro la terra”.

Ecco il tema di oggi. Se si vuole avere successo in un’impresa, l’ultima cosa a cui pensare sono i soldi. Chi lo fa, fallisce nel suo tentativo, che non a caso viene definito impresa per via delle difficoltà da superare.

Umberto Ambrosoli
Nel novembre 2010 ho avuto la fortuna di partecipare al convegno “Responsabilità nell’impresa” (in onore di Vittorio Coda) organizzato dalla fantastica imprenditrice Linda Gilli (Cavaliere del Lavoro, beninteso) di INAZ. I relatori del convegno erano numeri uno come Marco Vitale, Guido Corbetta e Umberto Ambrosoli. Al termine degli interventi, un inaspettato dono di Linda Gilli ha indotto il prof. Coda a intervenire.

Vittorio Coda
In relazione alla perdita di senso e al solo obiettivo di fare soldi, riporto quindi il suo pensiero – tratto da Responsabilità nell’impresa (Piccola Biblioteca Inaz, 2010): “Sono convinto che noi, per vivere felici, abbiamo soprattutto bisogno di senso, di dare senso alla nostra vita...Ciò che conta è essere vivi, animati da una fiamma che ci portiamo dentro, ci appassiona e ci riscalda il cuore, la quale in definitiva è un valore o ideale per cui merita di spendere la propria esistenza. Giorgio Ambrosoli aveva questa fiamma, che ha sempre alimentato e l’ha portato a coltivare la sua professionalità e a impegnarsi con amore ricco di intelligenza.

Il bisogno di senso non riguarda solo la vita di una persona, ma è molto importante anche per la vita di un’impresa. Uno dei casi che avevamo considerato nel nostro corso di strategia alla Bocconi, ricordo, è quello della General Motors, dove a un certo punto, agli inizi degli anni Settanta, era stato nominato come capo azienda un uomo di finanza, il quale aveva teorizzato che General Motors non era nel business di fare automobili, ma in quello di “fare denaro”. Questa missione aberrante, che stravolge il senso del fare impresa – ignorando che la ragione d’essere di qualsiasi azienda consiste nella produzione di beni o servizi per soddisfare bisogni dei suoi clienti – ha progressivamente portato General Motors in una spirale di crisi che ben possiamo definire come “crisi da perdita di senso”.

Quando leggiamo le dichiarazioni dell’amministratore delegato di turno, o meglio di CEO modello “faso tuto mi”, che si riempie la bocca di affermazioni del tipo “Vogliamo creare valore per gli azionisti”, “Vogliamo adottare un piano di stock options per motivare noi stessi”, “Vogliamo diventare più grandi con una bella fusione per crescere”, stiamo molto attenti. Siamo vicini a una disfatta. Basta solo aspettare.

Bocca nel corso della sua vita ha sempre avuto come obiettivo di chiarire al lettore quello che succedeva. Senza infingimenti, senza retorica, con un linguaggio secco e asciutto.
Non ha mai pensato ai soldi come altri giornalisti. Di Bruno Vespa disse: "Non lo considero un giornalista".


Caro Giorgio Bocca, ti sia lieve la terra.

mercoledì 21 dicembre 2011

Pensare che Elsa Fornero possa discutere con la Gelmini sul welfare è come far giocare a calcio Totti con un ottantenne

Il Ministro del Welfare Elsa Fornero
La manovra pensionistica ideata dall'eccellente Ministro/a Elsa  Fornero ha portato scompiglio e incertezza tra le persone.
Reminescenze, nozioni e termini sconosciuti ai più vengono usati per accaparrarsi la ragione e liberarsi del torto. Come sempre, la verità sta nella conoscenza e nella scomposizione dei problemi, per renderli più intelligibili. Le pensioni non fanno eccezione, anzi: la loro importanza all’interno della strategia del nuovo governo le ha portate alla ribalta e rese oggetto del dibattito.

Fare chiarezza sulla differenza tra i due metodi per il calcolo della pensione è di vitale importanza.

Il metodo contributivo, valido per coloro che hanno cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, come suggerisce la parola stessa, consiste nell’erogare la pensione ad un individuo in base a quanto ha versato durante la sua vita lavorativa: in poche parole, più contribuisci, più prendi quando vai in pensione. In esso la somma dei contributi versati e degli interessi maturati sul capitale ogni anno costituisce il montante contributivo, il quale va moltiplicato per il coefficiente di trasformazione (che ovviamente progredisce con l’età: a 57 anni è il 4,419%, a 60 il 4,789% e a 65 e oltre il 5,620%). Sui coefficienti di trasformazione si veda Gronchi su lavoce.info

Il metodo retributivo, invece, valido per tutti gli altri con i criteri della Riforma Dini, prende in considerazione la media delle retribuzioni negli ultimi anni di lavoro, aggiornate sulla base dell' indice d'inflazione: si dà quindi importanza all’ultimo periodo di attività.

La crescita del percorso di carriera è sì decisiva, ma solo per gli ultimi anni di lavoro. Si applica ai lavoratori con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Essa si basa su tre elementi: l’anzianità contributiva, ossia il totale dei contributi che il lavoratore può fare valere al momento del pensionamento, la retribuzione pensionabile, ossia la media delle retribuzioni percepiti negli ultimi anni di attività lavorativa rivalutate sulla base degli indici Istat e l’aliquota di rendimento, pari al 2% annuo della retribuzione: ciò significa che, se la retribuzione non supera tale limite, con 40 anni di anzianità contributiva la pensione è pari all’80%% della retribuzione. In soldoni, se uno ottiene la promozione a dirigente negli ultimi cinque anni di carriera, avrà una pensione per nulla proporzionale a tutto l’arco della sua vita lavorativa.

Per fare una battuta, riprendiamo ciò che disse il finanziere truffaldino Bernard Madoff - vedere post Il caso Madoff e Unicredito - alle autorità di vigilanza. Disse che non si era inventato un bel niente. Investire, si fa per dire, i denari restituendoli ai nuovi investitori si basa sulla stessa logica del sistema retributivo - definito negli States "pay as you go".

Mai come adesso, in un momento in cui la trasparenza e l’urgenza sono primarie, è necessario ragionare e scegliere il giusto, il pulito, l’eguale. Giustizia, pulizia ed eguaglianza che sono richiesti sì dai mercati e dall’Europa, ma sono indispensabili per ridare credibilità e luce a un Paese intero. Come può un giovane, lavoratore o studente che sia, ritenere più equo il metodo retributivo a quello contributivo? E’ la legge più vecchia del mondo: più fai, più raccogli. Più ti impegni, più grandi saranno i tuoi risultati, come nella concorrenza e nella competizione, quella positiva. Il sistema contributivo è insomma meritocratico, termine che dovrebbe essere applicato a molti aspetti del nostro paese.

A tutti coloro che protestano per l’introduzione pro-rata del metodo contributivo a partire dal 1° gennaio 2012, rispondo con una proposta.

Nel cedolino della pensione che presenta il lordo della pensione, le imposte sul reddito e il cedolino netto, vorrei che si aggiungesse un’informazione che l’INPS ha: quanto sarebbe la pensione maturata comprensiva di contributi versati e rivalutazione degli stessi.

Tutti coloro che hanno – in molti casi in modo immeritato perchè non ne hanno alcun bisogno visto il reddito familiare elevato – un sussidio di fatto, potrebbero così evitare di protestare e invece ringraziare lo Stato Sociale.

Perchè nella maggioranza dei casi, chi riceve una pensione calcolata con il metodo retributivo si troverà per esempio un netto di Euro 1.000 quando la pensione meritata, effettiva - risultante dal montante moltiplicato per il coefficiente di traformazione che incorpora le aspettative di vita - dovrebbe essere di 700 Euro. E i 300 Euro di differenza vengono pagati dalla fiscalità generale.
Non voglio togliere alcunchè in modo retroattivo. Ma è utile che le persone abbiano contezza del beneficio che viene pagato dalle generazioni future.

Un altro problema è la chiarezza, in particolare sul futuro: la maggioranza delle persone non sa che ne sarà della pensione, quando inizierà a riceverla e quanto sarà consistente. Non serve chiaramente una sfera di cristallo, ma solo nuove idee. Oppure idee altrui particolarmente brillanti, e non serve guardare lontano. Nell’europeissima Svezia, i cittadini ricevono la cosiddetta busta arancione - leggasi post sulla busta arancione - con la quale vengono informati ogni anno con una stima sulla pensione futura: una persona può decidere se è il caso di investire in fondi pensionistici, se lavorare di più e altro ancora. Serve però un cambio di mentalità: non è un caso infatti che il presidente dell’INPS Antonio Mastropasqua abbia dichiarato che “Se dovessimo dare la simulazione della pensione dei parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale”. Fortunatamente il Ministro Fornero ha annunciato che vuole al più presto informare i cittadini tramite l’INPS con la maggior trasparenza possibile.

Francesco Totti
Chiarezza, praticità e sguardo al lungo termine. E nessuna sfera di cristallo. Le pensioni non sono solo uno strumento di welfare, ma sono anche un indice di progresso, di razionalità e di atteggiamento al futuro: elementi fondamentali per uscire bene da una situazione negativa come quella attuale.

Le parole del ministro Fornero racchiudono appieno questo concetto: “Nel complesso la manovra è equa anche se, è amaro ammetterlo, impone sacrifici alla generazione presente. Ma lo fa per riequilibrare in favore delle generazioni future”. Serve gente che dia spazio all’equilibrio e al futuro, non coniugandoli. Lo hanno capito in molti ora, un commento su tutti quello di Roberto Cotroneo, giornalista, su Twitter: “Una tv dove si può credere che Fornero possa discutere con Gelmini sul welfare è come far giocare a calcio Totti con un ottantenne”. Qualcosa sta cambiando.

Buone vacanze a tutti i lettori. Arrivederci al 2012.

P.S.: ringrazio il mio tesista Fabio Pedroncelli per la fattiva collaborazione

lunedì 19 dicembre 2011

In memoria di Tommaso Padoa-Schioppa, splendido civil servant

Venerdì scorso il Governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco - Conference in memory of Tommaso Padoa-Schioppa - ha così ricordato Tommaso Padoa-Schioppa (per i giornalisti TPS), uno dei padri dell'Euro, banchiere centrale in BI e alla BCE, scomparso il 18 dicembre 2010: "For many of us Tommaso was more than a colleague; he was also a friend and a mentor. You could always count on his advice, his ability to anticipate and find concrete solutions to problems. Conversation with him was always enlightening; you benefited from having your ideas challenged, you sharpened your reasoning, you learned, from his example, how to deliver results. In the year since his untimely death I have often missed his wisdom and acumen, his lucid vision of the road ahead, and I have often found myself trying to guess what his advice would have been at a time when we face so many difficult challenges in Italy, his native country, and Europe, the ideal to which he devoted much of his life".

Un ricordo personale prima di descriverne la figura di splendido civil servant.

Era il 1993, all’ultimo anno di Bocconi, al termine di un convegno in Via Romagnosi all’allora Centro Congressi Cariplo, avvicino sgomitando TPS mentre sta assaggiando il risotto del buffet e chiedo: “Io vorrei fare una tesi sulle nuove disposizioni del Comitato di Basilea, cosa può suggerirmi?”. TPS mi sorrise e disse: “Scriva a Basilea alla Banca dei Regolamenti Internazionali, facendo il mio nome”. E così feci, indeciso se scrivere in tedesco o in inglese. Dopo pochi giorni il portinaio mi citofonò - io allibito abituato al muro di gomma delle istituzioni italiane - per dirmi che era appena arrivato un pacco proritaire da Basilea. Erano i working paper per la revisione di Basilea I di cui si stava discutendo nei consessi internazionali. E così scrissi la mia tesi “Strumenti derivati e autorità di vigilanza: rischi e requisiti patrimoniali”.

Nato a Belluno nel 1940, TPS si laurea alla Bocconi ed entra in Banca d’Italia. Disse: “Appartengo a una generazione nella quale era molto diffuso il richiamo di un impegno pubblico”.

Fece carriera velocemente scalando i gradini della rigida piramide gerarchica di Via Nazionale, entrando nel Direttorio fino a diventare vice-direttore generale.

Dal 1979 al 1983 TPS è Direttore Generale per gli Affari economici e finanziari della Commissione Europea a Bruxelles e inizia il lungo e fertilissimo ruolo svolto nella costruzione europea.

Alla fine degli anni ’80, Ciampi affidò a TPS – suo amico personale - l’incarico di seguire i lavori preparatori del Trattato di Maastricht, in qualità di membro autorevole del Comitato guidato da Jacques Delors.

Lucido elaboratore di pensiero raffinato, fu colui che teorizzò il Quartetto Inconciliabile. All’interno di un’area economica (allora la Comunità Economica Europea), non possono coesistere quattro fenomeni, che erano anche gli obiettivi della CEE:

1) Libertà di circolazione di merci e di servizi;
2) Libertà di movimento dei capitali;
3) Tassi di cambio fissi;
4) Politiche monetarie - dei singoli stati - autonome

A quell'epoca, i vari Paesi della Comunità Economica Europea (ora Unione Europea) mantenevano alcune limitazioni agli scambi e, soprattutto, alla circolazione dei capitali. Queste vennero via via eliminate tramite il programma del Mercato Unico e la liberalizzazione dei movimenti di capitali. Alla fine degli anni '80 i primi due obiettivi erano stati raggiunti; bisognava scegliere tra gli ultimi due. Nel 1982 Padoa-Schioppa propose di eliminare il terzo fine (politiche monetarie indipendenti) e di creare una moneta unica per tutti gli stati appartenenti all'Unione, gestita da un'unica Banca Centrale Europea. TPS: “Se vogliamo insistere nell’avere politiche monetarie autonome, prima o poi salteranno i cambi fissi o si comincerà a ridurre la libertà di movimento di capitali”. Il Rapporto Delors dell'aprile 1989 appoggiò questo punto di vista proponendo un'Unione Monetaria Europea con un'unica moneta. Padoa-Schioppa si occupò allora della creazione della nuova Banca Centrale Europea.

Quando Ciampi venne chiamato alla presidenza del consiglio nel 1993, TPS era il candidato naturale alla successione di Governatore di Banca d’Italia. Gli si contrappose Lamberto Dini e tra i due litiganti vinse Antonio Fazio, le cui telefonate notturne con il banchiere Fiorani (in cui gli comunica l’appoggio pancia a terra per il blocco della scalata degli olandesi di ABN ad Antonveneta) – “Tonino, ti bacio sulla fronte”, disse al Governatore poco dopo la mezzanotte il cattolicissimo Legionario di Cristo Gianpi Fiorani - leggeremo disgustati in seguito.

Verrà chiamato successivamente alla presidenza della Consob e nominato nel 1998 quale membro italiano nel Comitato Esecutivo della neonata Banca Centrale Europea. Rimase fino al 2005 per cedere il posto a Lorenzo Bini Smaghi, che così lo ha ricordato: “Aveva la grande capacità di far lavorare le persone e motivarle. E a questo aggiungeva un talento innato nel destrutturare i problemi; li decomponeva in vari singoli aspetti per risolverli e trovare una risposta al problema da cui era partito. In questo senso più che uno dei padri è stato uno dei “costruttori” della moneta unica. Un idealista ma anche un uomo molto concreto”.

Nel 2006 Prodi lo chiamò come Ministro dell’Economia del suo governo. Fu in tale occasione che uscì pubblicamente con due dichiarazioni che fecero molto discutere:

1. “Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima. E’ un modo civile di contribuire a beni indispensabili”. Fu massacrato ma aveva ragione lui. In un Paese dove evadere è lo sport nazionale – ogni anno leggiamo con nonchalance che i gioiellieri dichiarano in media 13mila euro di imponibile, molto meno di un operaio – dire una cosa del genere è uscire dall’ipocrisia;

2. “Mandiamo i bamboccioni fuori di casa. Incentiviamo a uscire di casa i giovani che restano con i genitori, non si sposano e non diventano autonomi “ (4 ottobre 2007). Tutte le analisi disponibili, dal Censis all’ISTAT a Italia Futura ci illustrano come i giovani restino legati alle famiglie di origine coccolati e viziati. Ma con troppi agi e senza fatica – vedi il post la fatica è bella – non si va da nessuna parte. “Il sacrificio non è mai sterile”, diceva Giuseppe Mazzini.

Solo l’Europa può spingere il mondo sulla via aurea; ma per poterlo fare deve percorrere la propria via aurea sino in fondo. Ciò significa procedere dall’unione economica e monetaria, compiutasi con l’euro, all’unione politica. E unione politica vuol dire un’unica capacità di decisione e di azione in materia di immigrazione, sicurezza, difesa, lotta alla criminalità; un’unica presenza nelle sedi della cooperazione e nei negoziati internazionali in campo commerciale, finanziario, ambientale, scientifico” (TPS, Dodici settembre, Rizzoli, 2002, p. 122). E la zoppìa di cui parla Carlo Azeglio Ciampi, vedi post.

Learn, earn, serve – studiare, guadagnare, servire – sono le tre distinte fasi della vita attiva di una persona completa secondo la saggezza della società americana di un tempo. Crediamo che Tommaso Padoa-Schioppa abbia servito l’Italia con eccezionale talento.

Caro Padoa-Schioppa, se l’Italia si è salvata con l’ingresso nell’euro - eh sì, cari padani - e la politica delle mani legate (copyright Giavazzi, Favero), lo si deve anche a te.

Adesso ci troviamo di fronte a una svolta decisiva. Tornano in mente le parole di TPS: “Italy is like a cyclist who is capable of extraordinary sprints to catch up with the group, but incapable of taking the lead or breaking away. It seems that only the anguish of lagging behind and the nightmare of being excluded enable us to summon up the energy and the will to do our best”.
Dobbiamo pedalare senza aspettare la volata. Nelle emergenze gli italiani danno il meglio. E' nella routine che siamo disastrosi.

Ti sia lieve la terra.

P.S.: per approfondimenti si consiglia:

Mario Pirani, Il futuro dell’economia, Cap XIII, Le virtù salvifiche di Maastricht, Mondadori, 1993
Tommaso Padoa-Schioppa, Europa, forza gentile, Il Mulino, 2001
Tommaso Padoa-Schioppa, Dodici Settembre. Il mondo non è al punto zero, Rizzoli, 2002
Tommaso Padoa Schioppa, La veduta corta, Il Mulino, 2009

mercoledì 14 dicembre 2011

Faust, Guido Carli e il ritorno da Maastricht nel dicembre 1991

Maastricht
Eravamo tornati nella notte da Maastricht. Ricordo il freddo secco, pungente. Per la mattina dopo – era l’11 dicembre 1991 (20 anni fa, dunque, ndr) – avevo convocato un gruppo di cronisti al Ministero del Tesoro. Preparai il testo del Trattato, da portare e commentare. Poi, all’ultimo momento cambiai idea. E presi dalla biblioteca una vecchia copia del Faust di Goethe, parte seconda, sulla quale avevo studiato nel 1936 all’Università di Monaco di Baviera. Portai quel libretto ingiallito nel mio incontro con i giornalisti, destando un’increspatura di stupore.

Entrai nella sala della Maggioranza...posi sul tavolo rotondo il testo del Faust, e spiegai il valore simbolico di quel gesto. Nella seconda parte del Faust, Mefistofele consiglia all’Imperatore di finanziare le proprie guerre contro l’Antimperatore stampando banconote senza preoccuparsi della loro quantità. La Corte è in preda all’euforia per l’invenzione della banconota e per la possibilità di moltiplicare magicamente il potere d’acquisto, con il solo atto della firma dell’Imperatore....Il denaro risveglia la città imperiale “già quasi muffita e mezza morta” come il soffio rivitalizzante del favonio. Il popolo è felice. Consuma. La crescita dell’economia riparte. Il Medioevo finisce. E’ il Rinascimento. L’Imperatore è stordito dalle meraviglie che gli vengono prospettate. Obietta: ma che cosa garantirà il valore di quelle banconote? Faust replica: se mancherà l’oro e l’argento con i quali riscattare i biglietti al portatore, basterà garantirli con il sottosuolo ricco di miniere, di tesori, di gemme. E Mefistofele commenta: “Se manca moneta, basta scavare un po’...
Guido Carli
Quella sussurrata da Mefistofele è la tentazione che tutti i Principi, tutti i potenti della storia hanno avuto: finanziare le proprie guerre, i propri fasti, stampando moneta senza preoccuparsi di garantirne il valore, la stabilità. Finanziandoli con l’inflazione. Il Trattato di Maastricht si propone proprio di allargare all’Europa la Costituzione monetaria della Repubblica Federale di Germania, che proibisce al Principe, vale a dire al governo, di stampare moneta a proprio piacimento. Costringe tutti ad assumere comportamenti non inflazionistici.


Mostrai il libricino e dissi: “Questo volume venne stampato per le scuole tedesche negli anni Trenta, e in esse diffuso e commentato. Questo vi testimonia quanto sia radicata nell’animo dei tedeschi l’ostilità per l’inflazione, dopo Weimar. Questo pilastro si estende oggi anche all’Europa”.


Questa la testimonianza di Guido Carli - Governatore di Banca d'Italia dal 1960 al 1975 e successivamente Ministro del Tesoro - nell’Epilogo di Cinquant’anni di vita italiana (Laterza, 1993). E’ da questo passaggio che deriva il nome di questo blog, Faust e il Governatore.

E dopo aver letto il passaggio su Mefistofele, è più comprensibile l'atteggiamento della Merkel verso i Paesi inadempienti. La Germania ancora oggi ha una paura matta dell'inflazione e del debito eccessivo che porta a monetizzare il debito.

Maastricht è una piccola città sulla Mosa al confine tra l’Olanda, il Belgio e la Germania. A Maastricht si apriva il 9 dicembre 1991 lo storico Consiglio europeo che avrebbe dato vita al nuovo Trattato.

Nella prima giornata furono sciolti gli ultimi nodi sull'Unione economica e monetaria: entro il 1º gennaio 1999 si sarebbe avviata la terza tappa del calendario, con l'introduzione della moneta unica. Più difficile fu superare l'opposizione britannica a questa soluzione e sulle questioni sociali. Venne sancita così la clausola di opting-out attraverso la quale la Gran Bretagna avrebbe potuto rimanere nella futura Unione europea pur senza accogliere le innovazioni che il suo governo avesse rifiutato.

L’11 dicembre i dodici Paesi della Comunità Europea sottoscrissero il Trattato di Maastricht, che perfezionato nel febbraio 1992 e ratificato nel 1993, porterà alla nascita dell’Unione Europea (1° novembre 1993).

Dopo la creazione dell'Istituto monetario europeo (IME), sarebbe nata da esso la Banca centrale europea (BCE) e il Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) che avrebbe coordinato la politica monetaria unica. Venivano distinte due ulteriori tappe: nella prima le moneta nazionali sarebbero continuate a circolare pur se legate irrevocabilmente a tassi fissi con il futuro Euro; nella seconda le monete nazionali sarebbero state sostituite dalla moneta unica. Per passare alla fase finale ciascun Paese avrebbe dovuto rispettare cinque parametri di convergenza (denominati parametri di Maastricht, per l’appunto):

• Rapporto tra deficit pubblico e PIL non superiore al 3%.
• Rapporto tra debito pubblico e PIL non superiore al 60%.
• Tasso d'inflazione non superiore dell'1,5% rispetto a quello dei tre Paesi più virtuosi.
• Tasso d'interesse a lungo termine non superiore al 2% del tasso medio degli stessi tre Paesi.
• Permanenza negli ultimi 2 anni nello SME senza fluttuazioni della moneta nazionale (questo parametro l'Italia l'ha raggiunto grazie al Capolavoro di Carlo Azeglio Ciampi, leggasi post sulla "performance of his life").

Secondo Carli “Nel Trattato confluiscono le idee di Luigi Einaudi, idee contraddistinte dall’obiettivo di consolidare la pace in Europa organizzando il vecchio continente secondo il principio federalista, ossia secondo il principio che ogni Stato membro mantiene la propria identità, ma ammette di restringere la sovranità nazionale nei campi della difesa e della moneta”.

Sempre Carli: “Il Trattato di Maastricht è incompatibile con l’idea stessa della “programmazione economica”. Ad essa si vengono a sostituire la politica dei redditi, la stabilità della moneta, e il principio di pareggio del bilancio. Tangentopoli non è che un’imprevista opera di disinflazione di un’economia drogata, un completamento inconsapevole del trattato di Maastricht”.

Chiudiamo con l’opinione del Governatore Paolo Baffi – delegittimato e costretto a dimettersi nel 1979 a seguito dell’attacco di esponenti corrotti della Democrazia Cristiana e della P2 - il quale in una lettera allo stesso Carli scrisse: “Sarà forse uno scossone violento, quello che scuoterà un giorno il Paese dal suo torpore”.

Lo scossone, caro Baffi - la terra sti sia lieve - è arrivato. Che lungimiranza.

lunedì 12 dicembre 2011

Buon compleanno, Carlo Azeglio Ciampi!

Il 9 dicembre, uno dei più grandi italiani viventi, Carlo Azeglio Ciampi – Governatore della Banca d’Italia dal 1979 al 1993, Presidente del Consiglio e Ministro del Tesoro, Presidente della Repubblica dal 1999 al 2006, nato a Livorno il 9 dicembre 1920 - ha compiuto 91 anni. Gli facciamo gli auguri, ricordando alcune sue riflessioni e punti di vista, ritratti da “Da Livorno al Quirinale” (Il Mulino, 2010).

Non c’è dubbio che la vita scorre e ti offre tante occasioni. L’importante è riuscire a coglierle nel modo giusto e al momento giusto. Non mi sono mai lamentato di quello che mi ha offerto la vita. Posso dire che per inclinazione naturale mi sono sempre sentito pronto a cogliere l’occasione che in un certo momento si offriva”.

Sono convinto che nella vita si debba sempre cercare di utilizzare al meglio il tempo...fai le cose che ritieni di dover fare; dovendole fare, cerchi di farle rapidamente...io ho preso da mia madre: “Non rinviare a domani quello che potresti fare oggi, il tempo è breve”.

Io parto da questa idea: non prendere impegni che sono al di là delle tue forze. Ma se li devi prendere, bando ad ogni incertezza o timidezza, rimboccati le maniche e mettiti a lavorare"."La mia filosofia è questa. Quando si profilano impegni difficili, importanti, se puoi farlo, evitali; ma se non puoi evitarli, affrontali con pienezza di energie, con freddezza, con libertà di mente, con onestà di propositi”.

Molte volte mi chiedo se ci sia oggi una generazione di trentenni che abbia la forza di “ricostruire”, la volontà e l’impegno necessari, come li avemmo noi, provati dalla guerra, anzi con la guerra ancora alle porte di casa. Mi dico anche che se questa generazione non c’è, la colpa è nostra, è dei padri; vuol dire che non siamo capaci di passare la mano al futuro. E’ un pensiero che quasi mi ossessiona; ma non perdo la fiducia”.

Servire la Banca d’Italia vuol dire servire, imparare a servire una grande istituzione. Quindi l’istituzione viene prima della persona. Secondo, ti insegna ad avere valori precisi, ti insegna a non accettare compromessi, ti insegna a tenere fermo il punto di fronte a chiunque prema. Ti insegna a non dipendere da nessuno, da nessun potere politico esterno

Studiare come un forsennato vuol dire scavare problemi, capirli, non mandare meccanicamente a mente nozioni. In questo mi aiutò molto la mia familiarità con il metodo della filologia classica...Bisogna rendersi conto delle origini delle cose, approfondire, scavare, per capire il testo base

Nella vita si studia sempre fino all’ultimo giorno. In forme diverse. La curiosità, il desiderio di capitre, di darsi una spiegazione delle cose, non cessano mai. Il mondo non lo si conosce mai abbastanza. A parte le conoscenze tecniche, è la vita stessa, nei suoi valori, nelle sue manifestazioni, nelle nostre reazioni a esse, che si presenta come un apprendistato continuo. Anche a novant’anni compiuti

Nella discussione si affinano le idee, si migliora il contenuto della soluzione che uno può avere in mente già in partenza, ma poi si deve chiudere. La discussione non è mai fine a se stessa e non è mai senza fine, deve finire, ci sono tempi da rispettare. Questo è, per me, il famoso problema del rapporto fra conoscenza e atto volitivo. Ci vuole il massimo della conoscenza. Ma poi c’è l’esigenza di smettere, di mettere la parola fine a un processo conoscitivo, altrimenti senza fine, e di chiudere con la decisione, con la scelta”.

La fiducia e la speranza mi vengono dai giovani, che pure vivono un presente difficile e nutrono d’incertezza il loro futuro...Frequenti sono le occasioni che ho di incontrare ragazzi, studenti, giovanii impegnati nello studio e nel lavoro...mi conforta osservarne la forza,la determinazione a non lasciarsi andare; il loro saper guardare avanti. Con molta lucidità non coltivano illusioni, ma non cadono nel disincanto o peggio nel cinismo. Affrontano la realtà per quello che è e si adoperano a cambiarla. Questo è per me il punto: il ricambio generazionale. Quando questi giovani chiederanno con vigore, perentoriamente, ai loro padri: “E ora, fatevi da parte”. E’ ciò che fece la mia generazione all’indomani della guerra. Tra mille difficoltà, senza molte certezze circa il nostro futuro, salvo una: “Ora tocca a noi”. Ce la facemmo. Ce la faranno”.

L'anno scorso sul Sole 24 Ore Ciampi ha invitato i lettori a riprendere in mano Leopardi. Lo riporto integralmente: “Sia di auspicio la convinzione del Passeggere leopardiano, “Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura”. E il futuro è speranza”.

Auguri Carlo Azeglio!

P.S.: Per chi non l’avesse ancora fatto, invito caldamente alla lettura del post “Il cambio lira-euro sbagliato? A chi dice una panzana simile raccontate il capolavoro di Carlo Azeglio Ciampi”. E’ lì, il 24 novembre 1996 che “Ciampi gave the performance of his life”.

martedì 6 dicembre 2011

Omaggio a sant'Ambrogio, vescovo di Milano

Domani a Milano si festeggia Sant'Ambrogio, vescovo di Milano.

Io voglio rendere omaggio a sant'Ambrogio. Aurelio Ambrogio, meglio conosciuto come sant'Ambrogio (Treviri, 339 – Milano, 397), vescovo, scrittore e uomo politico, fu una delle personalità più importanti nella Chiesa del IV secolo d.C.

Conosciuto anche come Ambrogio di Milano, assieme a san Carlo Borromeo e san Galdino è patrono della città, della quale fu vescovo dal 374 d. C. fino alla sua morte e nella quale è presente la basilica a lui dedicata che ne conserva le spoglie.

Ambrogio fu anche Maestro di Sant'Agostino. Chissà che belle discussioni tra Maestro e discepolo!

Viviamo tempi difficili.

Ma Ambrogio ci invita a non mollare. Così usava affermare: "Voi pensate: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi".

Sta in noi.

lunedì 5 dicembre 2011

Onore a Paolo Baffi, Governatore di Banca d'Italia, a 100 anni dalla nascita

Sabato mattina mi sono recato in compagnia di Umberto Ambrosoli - figlio dell'Avv. Giorgio Ambrosoli, a cui ho dedicato un post, cliccare qui - a Broni PV, dove 100 anni fa - il 5 agosto 1911 nacque Paolo Baffi, il Governatore della Vigilanza, Governatore di Banca d'Italia dal 1975 al 1979. Baffi successe a Guido Carli e lasciò poi il testimone a Carlo Azeglio Ciampi.

Cogliamo quindi l’occasione per ricordare una persona modello, un meraviglioso civil servant.

Proveniente da una famiglia con pochi mezzi economici - il padre Giovanni emigrò in Argentina, “donde rientrò qualche tempo dopo per difetto di fortuna” - la madre vedova all’età di 22 anni allevò il figlio Paolo fino alla laurea (1932) lavorando come sarta.

Allievo di Giorgio Mortara all’Università Bocconi, nel 1936 entra in Banca d’Italia.

Nel dopoguerra Baffi contribuì a disegnare la “linea Einaudi” di riequilibrio monetario. Fu l’anima intellettuale ma anche l’organizzatore e la guida del Servizio Studi.

Dal 1960 al 1975, quando le crescenti difficoltà dell’economia chiamarono la politica monetaria a compiti nuovi, Baffi operò per adeguare gli strumenti e la struttura interna della Banca, per elevare il livello professionale del personale.

Nel 1975, nominato Governatore, all’inizio di quello che avrebbe ricordato come “il mio quinquennio di fuoco”, si dispiegarono gli effetti recessivi dei rincaro dei prezzi petroliferi: per la prima volta dal dopoguerra il reddito nazionale diminuì. Baffi era preoccupato che la restrizione monetaria provocasse effetti rovinosi sull’economia.

Il cuore della sua analisi è enunciato nelle sue prime Considerazioni finali nel 1976 scrisse: “Dall’inosservanza, nella politica di bilancio e in quella retributiva, di regole compatibili con la stabilità monetaria, derivano due conseguenze. La prima, che la capacità del sistema creditizio di operare come meccanismo di allocazione delle risorse è menomata; la seconda, che l’autorità è indotta a tentare di ristabilire quella compatibilità mediante interventi di carattere amministrativo”.

Baffi contribuì a guidare l’economia verso il riequilibrio dei conti con l’estero e il ripristino del merito di credito. Ciampi ricorda: “Nei consessi internazionali, il Suo prestigio aiutò a ristabilire un clima di fiducia; accrebbe la disposizione della comunità internazionale a sostenere lo sforzo dell’Italia verso condizioni economiche e finanziarie più ordinate”. Il contenimento dell’inflazione e il riequilibrio dei conti con l’estero permisero di non mancare, nel 1978-79, l’appuntamento con il Sistema Monetario Europeo - in cui entrammo con la banda larga del 6%. Storiche furono le negoziazioni di Baffi con il Governatore della Bundesbank Emminger.


Giorgio Ambrosoli
 Il 1979 è un anno terribile. Il 29 gennaio a Milano viene assassinato dai terroristi di Prima Linea il giudice Emilio Alessandrini. Il 20 marzo Michele Sindona - si legga il post Sindona, affarista corrotto - viene incriminato dalla magistratura americana per la bancarotta della Franklin National Bank. Sempre il 20 marzo viene assassinato a Roma Mino Pecorelli, direttore dell’Agenzia “OP”, specialista in scandali, depistaggi, in combutta con i servizi segreti. Il 24 marzo Ugo La Malfa - che si rifiutò di convocare il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio al fine di bloccare l’aumento di capitale di Finambro di Sindona - viene colpito da un ictus. Morirà due giorni dopo.

Il 24 marzo si presentano in Banca d’Italia i carabinieri e arrestano Mario Sarcinelli, responsabile della Vigilanza e sequestrano il passaporto a Baffi (non lo arrestano solo per limiti di età). A Baffi fu impedito di andare a Basilea ai consueti consessi mensili dei banchieri centrali europei presso la Banca dei Regolamenti Internazionali, dove rappresentava l’Italia con indiscusso prestigio. Vengono accusati di interessi privati in atti d’ufficio e di favoreggiamento personale.

La verità - si saprà anni dopo - è che la P2 - su pressione della Democrazia Cristiana e dei soggetti economici vicini agli esponenti democristiani (Sindona, Caltagirone, Calvi, Italcasse) organizzò una manovra d’attacco alla Banca d’Italia servendosi di due suoi iscritti: l’inqualificabile giudice istruttore Infelisi e il pubblico ministero Alibrandi, che si permise di trattare in modo violento e ostile Baffi durante l‘interrogatorio (Alibrandi allevò “meravigliosamente” il figlio - eversore di destra e membro dei NAR verrà ucciso anni dopo in uno scontro a fuoco con la polizia).

Le principali colpe di Baffi e Sarcinelli?

1) aver fatto sciogliere il cda dell’Italcasse, cioè del più importante istituto di credito dominato dal potere DC;
2) aver ordinato un’ispezione presso il Banco Ambrosiano guidato da Roberto Calvi;
3) l’opposizione ferrea ai piani di salvataggio delle banche di Sindona.

Naturalmente Baffi e Sarcinelli vennero scagionati anni dopo per l’assoluta insussistenza delle accuse.

Per approfondimenti sull'attacco a Banca d'Italia, consiglio:
- 24 marzo 1979, L'attacco punitivo a BI, prima parte
- 24 marzo 1979, L'attacco punitivo a BI, seconda parte

I migliori economisti italiani - Caffè, Andreatta, Spaventa, Steve, Savona, Monti, Tarantelli, Reviglio e altri - il 2 aprile 1979 firmano una dichiarazione a favore di Baffi e Sarcinelli e contro l’ignobile attacco.

Umberto Ambrosoli
Come ha sostenuto Umberto Ambrosoli sabato a Broni, avrebbero potuto comodamente stare zitti, invece con un gesto inusuale hanno esercitato la loro responsabilità andando a testimoniare in Tribunale a favore di Baffi e Sarcinelli. Il pm Alibrandi dovette interrompere l'audizione delle testimonianze perchè si accorse che la concordanza contribuiva pesantemente a indebolire l'accusa.

L’ineffabile Andreotti scrive nel suo diario: “Per reagire contro l’arresto di Sarcinelli e l’avviso a Baffi un gruppo di professori firma una dichiarazione-manifesto. Temo che non giovi a trovare una rapida via d’uscita”.

Marco Vitale commenta: “Ho sempre sostenuto che la nomina di Paolo Baffi a Governatore della Banca d’Italia è stata l’unica riforma di struttura degli anni settanta. Non è dunque un caso che Baffi e Sarcinelli siano trattati come malfattori. Così come non è un caso che tutta l’Italia seria ha subito compreso il significato politico dell’episodio e dice a Baffi e Sarcinelli: resistete….In realtà questa Banca d’Italia seria dava fastidio e meritava una lezione”.

Ma Baffi, dolente figura di uomo di Stato ancorato ai principi della corretta amministrazione, non rimarginò mai più quella sua ferita. Nelle Considerazioni finali del 1979 Baffi scrisse: “Ai detrattori della Banca, auguro che nel morso della coscienza trovino riscatto dal male che hanno compiuto alimentando una campagna di stampa intessuta di argomenti falsi o tendenziosi e mossa da qualche oscuro disegno”.

Ma nelle memorie - Cronache brevi - consegnate a Massimo Riva e pubblicate su Panorama l’11 febbraio 1990 - che ho conservato con cura e pubblicato al link http://www.unibg.it/dati/persone/2806/3147-Memorie_Paolo_Baffi_IParte.pdf ; http://www.unibg.it/dati/persone/2806/3146-Memorie_Paolo_Baffi_IIParte.pdf  - Baffi commentò: “Queste parole piuttosto pacate non danno certo misura dell’amarezza e dello sdegno che io provavo in quei giorni: ma se vi avessi dato sfogo, forse mi sarei procurato nuove incriminazioni”.

Tommaso Padoa-Schioppa aggiunse: “Proprio quell’urto - che veniva da un uomo schivo, all’antica, profondamente rispettoso dell’autorità dello Stato e del primato della politica - è il servizio che Baffi ha reso all’Italia”.

Ma non vogliamo ridurre la figura di Baffi a questo episodio. Siamo d’accordo con Ciampi: “La dignità di cui Paolo Baffi diede esempio ne ha innalzato la figura; ma farebbe torto all’elevatezza delle Sue doti, alla vastità e molteplicità della sua opera, chi incentrasse su quella dolorosa vicenda la Sua memoria”.

Ecco l’autorevole giudizio di tre Governatori della Banca d‘Italia - tratte dai miei amati ritagli.

Mario Draghi
Mario Draghi: “Per oltre mezzo secolo la vita della Banca d’Italia è stata segnata dall’opera e dal pensiero di Paolo Baffi. Da quando entrò giovanissimo in Banca d’Italia sino agli ultimi anni come Governatore onorario, con il suo esempio contribuì a plasmare questa istituzione con la serietà e il rigore”.

Carlo Azeglio Ciampi: “La sua sola presenza scoraggiava ogni superficialità; innalzava la soglia della valutazione morale e professionale degli uomini; contribuiva a dare un senso sicuro al mandato e alle azioni di chi è chiamato a responsabilità pubbliche…La sua opera fu decisiva, sin dal Suo ingresso nel nostro Istituto, nell’affermare un metodo di lavoro: quello che nel rigore dell’analisi e nell’indipendenza del giudizio vede innanzitutto un dovere, uno dei modi attraverso i quali si estrinseca la funzione della Banca, al servizio della collettività”.

Luigi Einaudi: “Di Paolo Baffi dirò solo che la stima che di lui hanno gli studiosi di cose economiche è siffatta che reputarono l’anno scorso degno di essere eletto, lui estraneo alla carriera universitaria, socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei”.

Quando nella vita siamo indecisi, non sappiamo cosa fare, bisogna guardare in alto nel cielo degli onesti alla ricerca di esempi positivi. E' opportuno rifarsi ai Sepolcri di Ugo Foscolo: "A egregie cose il forte animo accendono l'urne de'forti".

Nel cielo degli onesti e dei competenti è presente di diritto Paolo Baffi, Governatore integerrimo, nato a Broni (PV) il 5 agosto 1911 e morto a Roma il 4 agosto 1989.

mercoledì 30 novembre 2011

Scialla, Anchise, Seneca e il Governatore di Banca d’Italia

Sabato sono andato al cinema a vedere Scialla! (Stai sereno), con la regia di Francesco Bruni. Andate a vederlo anche voi. Risate assicurate. E tante riflessioni.

Scialla! racconta la storia di un ragazzo, Luca, che riscopre – oltre a se stesso - il valore della fatica, dello studio, dell’approfondimento. La madre, in partenza per l’Africa, affida Luca al padre Bruno – un fantastico Fabrizio Bentivoglio – inconsapevole di esserlo.

Bruno è un professore che si è dato alla scrittura di racconti e alle ripetizioni private. Una vita senza particolari ambizioni. La presenza di Luca in casa lo costringe a rivedere le sue priorità e lo induce a fare da vero padre, stabilendo delle regole, difficili da rispettare anche per lui.

Secondo me, il passaggio più significativo del film è quando Bruno fa scattare in Luca la passione dello studio, raccontandogli la storia di Anchise , il padre di Enea, portato in spalle, dopo la caduta di Troia, mentre la città era in fiamme. “Luca, devi capire cosa vuol dire pietas, concetto pre-cristiano....”

Fabrizio Bentivoglio
E’ in quel momento che si accende il fuoco dentro Luca ed inizia una nuova vita, per tutti e due, padre e figlio.

La settimana scorsa sono andato in un Istituto Professionale – dove i ragazzi hanno pochissima voglia di studiare - a insegnare Educazione Finanziaria, all’interno di un progetto di Banca d’Italia volto a diffondere la cultura finanziaria fin dalle Scuole Superiori.

Nel corso della lezione ho citato uno dei miei riferimenti, Carlo Azeglio Ciampi – di cui abbiamo parlato qualche giorno fa onm un post sul cambio lira-euro - invitandoli a scavare, approfondire, ad andare in profondità, non accontentarsi di surfare su google: "Studiare come un forsennato vuol dire scavare i problemi, capirli, non mandare meccanicamente a mente nozioni.
Noi professori dobbiamo spiegare ai giovani la bellezza e la durezza della realtà, dello studio, del lavoro, della vita: il discrimine tra la vacanza e il lavoro, tra la ricreazione e l'impegno, tra "stare al mondo e vivere" (Seneca).

Ebbene, al termine della lezione, mi si è avvicinata una ragazza di origine filippina e mi ha aperto il cuore, chiedendomi qual’era il titolo esatto del libro di Carlo Azeglio Ciampi. Se non fosse tutto sottolineato e pieno di appunti, “Da Livorno al Quirinale” (Il Mulino, 2010) glielo avrei regalato con gioia.

Ignazio Visco Governatore di Banca d'Italia
Il Governatore di Banca d’Italia settimana scorsa ha chiuso così il suo Intervento – Investire in conoscenza: giovani e cittadini, formazione e lavoro : “Sarebbe riduttivo pensare che l’investimento in conoscenza sia importante solo perché accresce il nostro tasso di crescita economica. Esso può contribuire in modo profondo all’innalzamento del senso civico e del capitale sociale: valori in sé, indipendentemente dai loro effetti positivi sulla crescita economica. In questo, l’investimento in conoscenza è un importante fattore di coesione sociale e di benessere dei cittadini”.

Il ruolo della scuola e dell’istruzione è centrale. Scialla! ci mostra come un professore, scopertosi padre tardivamente, riesce a far scattare quella molla che solo i grandi Maestri riescono ad attivare.

Il maestro potremmo definirlo così: una persona singola, e pertanto un volto ben definito, che in un momento della nostra vita è entrato per sempre nelle nostre radici e si è trasformato in un valore che chiede di continuare a vivere” (cit. G. Piantoni)

P.S.: sui Maestri vi invito a rileggere il mio post “I maestri esistono ancora?”

giovedì 24 novembre 2011

Il cambio lira-euro sbagliato? A chi dice una panzana simile, raccontate il capolavoro di Carlo Azeglio Ciampi, 24 novembre 1996

Solo poche settimane fa - sembrano mesi, tanto è cambiato il panorama politico - l'ex presidente del consiglio è tornato a polemizzare sul cambio lira/euro, sostenendo che è stato un grave errore scegliere una parità sfavorevole per l'Italia.

Allora per colmare questa ignoranza crassa dei fatti storici, cogliamo l'occasione oggi 24 novembre per ricordare ai più cosa successe il 24 novembre 1996, 15 anni fa, giorno in cui si stabilì di fatto il cambio lira/euro: 1936,27 lire per avere un euro.

Il 24 novembre 1996 la delegazione italiana guidata dal Ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi – presenti Mario Draghi (allora direttore generale del Ministero del Tesoro, ndr) per il Tesoro ed Antonio Fazio e Pierluigi Ciocca per Banca d’Italia - vola a Bruxelles dove si terrà l’Ecofin, la riunione dei Ministri economici europei. Ordine del giorno: il rientro della lira nel Sistema Monetario Europeo.

Il giorno precedente la direzione generale del Tesoro emana questo comunicato: “Il Governo italiano ha chiesto l’avvio delle procedure per il rientro della lira negli accordi di cambio previsti dal Sistema Monetario Europeo (SME). La procedura avrà inizio domani con la riunione del Comitato Monetario convocato per le 15.00”.

L’Italia uscì dallo SME nell’autunno 1992, e per rispettare i parametri di Maastricht e far parte dei Paesi dell’Unione Economica e Monetaria partecipanti alla nascita dell’Euro, era necessario e vitale rientrare nell’Exchange Rate Mechanism.

Il punto chiave del rientro nello SME era il tasso di cambio ritenuto corretto dagli altri partner europei. Nella riunione di sabato mattina a Palazzo Chigi, il Presidente del Consiglio Prodi e Ciampi appresero dal Governatore della Banca d’Italia Fazio che la video-consultazione del venerdì aveva prospettato la posizione tedesco-olandese, che sostenevano che il cambio giusto per la lira sarebbe stato 925 per un marco. Prodi e Ciampi dissero che non se ne parlava neppure. Gli industriali italiani fantasticavano tassi di cambio ben superiori a quota 1.000, tipo 1.030/1.040. Il Governo sapeva che l’unica speranza era aggrapparsi alla cifra tonda: quota 1.000.

Per ottenere la parità di 1.000 lire per un DM, si decise di dare a Draghi e Ciocca il mandato di chiedere 1.010, con la facoltà di scendere a 1.000. Il tasso di cambio sui mercati in quei giorni viaggiava intorno a 985 lire per marco.

Draghi e Ciocca non trovarono l’accordo ma riuscirono ad abbattere il muro delle 950 lire, trovando qualche difficoltà a trattare su quota 970.

La tensione era visibile. Il momento era importante. Si giocava il futuro dell’Italia. Cosi Paolo Peluffo in Carlo Azeglio Ciampi, l’uomo e il Presidente (Rizzoli, 2007): “Ciampi volle partire per tempo, in mattinata. Si viaggiava ancora sul vecchio DC9 che aveva un grande salottino aperto e comodo per la conversazione. Ma di conversazione, quel giorno, ve ne fu davvero poca. Si guardava tabelle, dati sulla bilancia dei pagamenti, in silenzio, scambiandosi mezze frasi, sottovoce”.

Alle 15.00 in punto a Bruxelles inizia l’Ecofin. Dopo i primi convenevoli, Wim Duisemberg – poi primo presidente della BCE - per conto dell’Istituto Monetario Europeo dà la parola a Ciampi, che improvvisa l’arringa meglio riuscita della sua carriera istituzionale, parlando a braccio sulla base di una scaletta.

Questi i punti salienti del discorso di Ciampi:

1. "Sono qui davanti a Voi con emozione, ma anche con orgoglio, per proporre il reingresso dell’Italia nell’accordo di cambio. Personalmente ho vissuto tutta l’esperienza del Sistema Monetario Europeo, dalla sua creazione nel 1979 all’uscita dell’Italia...Le vicende dell’estate-autunno del 1992 furono estremamente gravi per lo SME (l'Italia svalutò del 7% la lira il 15 settembre 1992, ma non bastò; il 16 settembre 1992 la lira uscì provvisoriamente dallo SME; il 22 settembre 1992 viene prorogata sine die la sospensione per la lira degli obblighi di intervento, ndr). Ritengo che in quell’occasione pagammo tutti, ma credo che l’Italia pagò in particolar modo. Questi quattro anni in cui abbiamo continuato a partecipare allo SME, ma non al suo aspetto centrale – ovvero l’accordo di cambio – sono stati per il mio Paese anni che io chiamo di “sofferto esilio”.

2. Il 1992: il dramma del 1992 ha costituito il turning point per il risanamento dell’economia. Da allora il mio Paese ha fatto importanti progressi verso la stabilità, attraverso il concorso della politica monetaria, dei redditi, del bilancio pubblico. La politica monetaria, che alla fine degli anni Ottanta agli inizi degli anni Novanta aveva fatto dell’accordo di cambio elemento di disciplina, che costringesse a comportamenti degli operatori italiani verso la stabilità, ha continuato a essere non meno rigorosa, pur non avendo più il vincolo della disciplina del cambio, attraverso una gestione diretta e severa della moneta e del credito.

3. L’Italia che negli anni Settanta e per gran parte degli anni Ottanta aveva visto più volte avvitare la sua economia nella spirale perversa “aumento dei costi salariali/prezzi”, ha abolito ogni indicizzazione e ha adottato una severa politica dei reddito. Congiuntamente è stata iniziata una politica di riequilibrio del bilancio dello Stato.

4. Veniamo ora alla proposta dell’Italia di una parità centrale tra 1.000 e circa 1.010 per marco. E’ sempre stata la prassi di impostare la discussione partendo dai valori di mercato. Come è stato ricordato e come è nella tabella di fronte a voi, il tasso di mercato della lira rispetto al marco, nella media degli ultimi sei mesi, è di poco superiore a 1.000. Questo è appunto il tasso al quale l’Italia fa riferimento.

5. Vi invito a considerare un altro aspetto: che per contribuire alla politica di disinflazione, la Banca d’Italia ha adottato una politica monetaria che ha mantenuto e mantiene elevati i tassi a breve. Se esaminate la curva dei tassi di interesse in Italia, essa disegna una “V”, con il tasso più basso del titolo a tre anni e agli estremi dei titoli a tre mesi e di quelli a dieci anni, che hanno di fatto lo stesso livello. Non sono in grado di calcolare quanto questa situazione dei tassi d’interesse sul mercato monetario abbia influenzato e influenzi il livello del tasso di cambio. Quel che sembra indubbio è che il tasso di cambio ha subito e subisce due influenze di segno opposto: 1) è sostenuto da un tasso di interesse elevato; 2) è frenato dagli acquisti di valuta estera fatti dalla Banca d’Italia.

6. E’ interesse dell’Italia di avere una parità che sia equa, sostenibile e duratura. Credo che una parità di 1.000 lire per marco sia una cifra appropriata.

7. Con questo animo, con questi sentimenti, con il desiderio di ritornare pienamente a far parte di questa Comunità Europea, che vede nell’accordo di cambio uno dei punti essenziali della politica di convergenza che l’Europa ha seguito in questi anni, Vi prego caldamente di tener conto di queste mie considerazioni e di accogliere integralmente la proposta che l’Italia ha fatto, e cioè non solo di vedere di buon grado il rientro dell’Italia, ma di approvare anche il valore proposto per la parità della lira”.

Peluffo racconta: “Seguì un lungo silenzio. Nessuno osò parlare. Investiti da quel fiume di argomentazioni appassionate. Il sottosegretario irlandese chiese se qualcuno volesse prendere la parola. Tutti tacquero. La seduta fu sospesa”.

Dopo estenuanti trattative durate più di otto ore – compresa la minaccia di Ciampi di tornare a Roma senza accordo e lasciar fluttuare liberamente la lira - si trovò l’accordo in tarda serata (giusto in tempo per comunicare l’accordo prima dell’apertura dei mercati australiani: mezzanotte di Bruxelles equivale alle 9.00 a Sidney) a quota 990 contro marco.

Questa parità di 990, non modificabile secondo il Trattato di Maastricht, sarà la parità base per il calcolo del cambio lira/euro a fine 1998, prima della nascita dell'euro, il 1° gennaio 1999.

Sempre Peluffo: “Il ritorno a tarda sera fu euforico. Ci si rendeva conto di aver ottenuto un successo strepitoso. Ciampi si attendeva un trionfo anche sulla stampa”. Ma grande fu la delusione perche i giornali presentarono il risultato come una vittoria a metà, perchè gli industriali speravano in qualcosa di meglio" (a una parità di 1.100 lire, le esportazioni italiane sarebbero state agevolate, con lo svantaggio di importare inflazione, ndr). Non si capì che grazie all’accordo, saremmo poi entrati nell’euro fin dalla sua introduzione. E vi pare poco?

Il Financial Times, però, il 26 novembre 1996 fece tornare il sorriso a Carlo Azeglio Ciampi. Lionel Barber – The quest for Emu: Italy home but not dry – descrisse Ciampi come un lottatore ("His craftiness is legendary") senza pari in Europa, l’unico in grado di vincere la resistenza del duro dei duri, Hans Tietmeyer, Presidente della Bundesbank. Barber – tra l’altro - cita un diplomatico italiano: “Ciampi gave the performance of his life. Se qualcuno (diverso da CA Ciampi, ndr) avesse provato la stessa operazione lo avrebbero buttato giù dalla finestra”.

Peluffo ci racconta che quell’articolo fu una delle soddisfazioni più intense di quegli anni in prima linea. Io l’articolo di Barber – pescato nel mio archivio, qui a fianco - lo porto sempre a lezione. Per ricordare agli studenti il capolavoro di Carlo Azeglio Ciampi.

martedì 22 novembre 2011

I Maestri esistono ancora?

Il 25 gennaio 1996 all’Università Bocconi il prof. Gianfranco Piantoni tenne una lezione dal titolo: “Esistono ancora i Maestri?”. Il positioning paper – che potete trovare a questo link - ha un attacco fulminante: “Non esiste comunità senza maestri e discepoli. E’ un rapporto che si prolunga nel tempo, al di là del distacco. Quando riaffiorano i volti delle persone che sono state nostri maestri, ritornano alla memoria tanti ricordi che credevamo sepolti e dimenticati. Invece, da sempre, i loro valori continuano ad alimentarci, spesso in maniera inconscia. Siamo stati gli ultimi ad aver incontrato dei grandi maestri? Salvaguardano soltanto la memoria o sono destinati a incidere in profondità in ogni generazione? In altri termini: esistono ancora i maestri?”

Oggi 22 novembre compie gli anni (auguri!) la mia insegnante di lettere, Luciana Audagna, e voglio ringraziarla con le parole del Prof. Piantoni, che faccio completamente mie: “Il maestro potremmo definirlo così: una persona singola, e pertanto un volto ben definito, che in un momento della nostra vita è entrato per sempre nelle nostre radici e si è trasformato in un valore che chiede di continuare a vivere”.

La Prof.ssa Audagna – continuo a darle del Lei, ovviamente – mi ha trasmesso nel 1985 l’entusiasmo nell’apprendere, il desiderio di sapere, la fortissima curiosità. Le sue doti maieutiche hanno decisamente contribuito a trasformare un lettore della Gazzetta dello Sport – che mio padre non considerava un quotidiano – in un lettore onnivoro e oggi addirittura in un prof. universitario.

Nell’imprescindibile The World is flat, Thomas L. Friedman scrive con saggezza: “Quando penso ai miei professori preferiti, non ricordo con precisione cosa mi insegnavano, ma ricordo perfettamente l'eccitazione che provavo a impararlo”. E ancora: “Ciò che mi è rimasto non sono le nozioni che mi hanno trasmesso, ma l'entusiasmo per l'apprendimento che sapevano ispirare. Per imparare ad imparare bisogna amare l'apprendimento, perché quest'ultmo si fonda in gran parte sulla capacità di trovare in se stessi la motivazione a istruirsi”.

Una mia studentessa - outlier - mi ha scritto un commento interessante: “Parlando degli esempi positivi che ho avuto la fortuna di incontrare , una frase che trovo perfettamente azzeccata è quella sui maestri di vita: "regalano il piacere di pensare e di esistere"; leggendola quasi mi emoziono per quanto mi riconosco in essa.
Un bravo maestro è capace di darti continuamente nuovi stimoli, non ti lascia il tempo di riposare dopo avere raggiunto una meta, perché è già pronto a proporti una nuova sfida (che sia un esame da preparare, un libro da leggere o, perché no, una tesi che può sembrare più grande di te); e lo può fare perchè un bravo maestro conosce i propri alunni, riesce a intuirne i limiti ma soprattutto le capacità inespresse, e le fa fiorire. Ha la pazienza di ascoltare e, se necessario, correggere le persone che "ha preso sotto la propria ala", ma senza imporre in alcun modo il proprio pensiero: all'allievo lascia sempre la possibilità di seguirlo o di fare le proprie scelte”.

Il maestro ha il gusto della parola. E’ dotato di un “vocabolario decisivo”. Ricordo ancora la mia prof. esclamare: “kalòs kai agatòs” , il bello e il bene greco; “due cuori e una capanna ma nella capanna ci sono i granchi grossi così”; gli episodi del Drive-in declinati nella realtà; “A egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti”; “l’uomo ha un piede nelle caverne”; “quanto siete ignoranti, non sapete neanche chi è Jan Palach

Anch’io, pur non considerandomi un maestro, ho un mio “vocabolario decisivo”, che i miei studenti mi hanno ricordato qualche giorno fa via mail:

- la speculazione brutta e cattiva; conoscere per deliberare; andate in profondità; Ciampi gave the performance of his life; il mondo è piatto; è cambiato il baricentro economico del mondo; testa pelata Pascal Lamy; stay hungry, stay foolish; il tempo di è fatto breve; stand up speak out; se non hai grinta a 20 anni quando ce l’hai?; Carlo Azeglio.

Frequentando l’università, sentendo l’opinione degli studenti, credo che pochi prof. si rendano conto che fissare intere lezioni nella muta immobilità di lucidi preconfezionati è una falsificazione e un tradimento. Io ho imparato dal Prof. Claudio Dematté che, al termine delle lezioni, buttava via i lucidi. Ogni lezione fa storia a sè. Il futuro ha più fantasia di noi.

Cara Professoressa Audagna, il maestro apre nuovi mondi, al gusto della scoperta, al valore della diversità e all’arte del discernimento. Lei ci è riuscita. Grazie ancora.

lunedì 21 novembre 2011

Omaggio a John Fitzgerald Kennedy, assassinato il 22 novembre 1963

JFK appena colpito dai proiettili
John Fitzgerald Kennedy, comunemente chiamato John Kennedy o solo JFK, venne assassinato a Dallas, in Texas, 48 anni fa, alle 12.30 del 22 novembre 1963.

Il quarantaseienne presidente degli Stati Uniti sta percorrendo su una macchina scoperta una piazza della città, accompagnato dalla moglie Jacqueline e dal governatore del Texas John Connolly, quando dal quinto piano di un edificio e da una collinetta sulla destra del corteo (memorabile il filmato di Zapruder) partono alcuni colpi di fucile. Gravemente feriti, Kennedy e il governatore sono immediatamente trasferiti al Parkland Memorial Hospital, dove il presidente muore, trenta minuti dopo senza riprendere conoscenza.

Immediatamente dopo gli spari, la polizia arresta il presunto responsabile: Lee Harvey Oswald – che poi verrà ammazzato solo due giorni dopo da Jack Rubinstein detto Jack Ruby - il quale ha fatto parte in passato del corpo dei marines. Nel frattempo sull’aereo che lo riporta a Washington il vicepresidente Lyndon B. Johnson presta giuramento come 36° presidente degli Stati Uniti: sono passati appena 99 minuti dalla morte di JFK.

Candidato del Partito Democratico, vinse le elezioni presidenziali del 1960 e succedette al Presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower. Assunse la carica il 20 gennaio 1961 e la mantenne fino al suo assassinio.

Kennedy, di origine irlandese, è stato il primo Presidente degli Stati Uniti di religione cattolica. Fu anche il primo presidente statunitense ad essere nato nel XX secolo ed il più giovane a morire ricoprendo la carica.

La sua breve presidenza, in epoca di guerra fredda, fu segnata da alcuni eventi molto rilevanti: lo sbarco nella Baia dei Porci, la Crisi dei missili di Cuba, la costruzione del Muro di Berlino, la conquista dello spazio, gli antefatti della Guerra del Vietnam e l'affermarsi del movimento per i diritti civili degli afroamericani.

Desidero ricordare John Fitzgerald Kennedy con le sue parole più belle, enunciate nel discorso di insediamento alla Casa Bianca il 10 gennaio 1961: “My fellows Americans, ask not what the country can do for you, ask what you can do for your country. My fellows citizens of the world, ask not what America will do for you, ask what together we can do for the freedom of men”.

Ask not. Due sole parole che sono ancora oggi evocative. Smettiamola di lamentarci. Chiediamoci invece che cosa possiamo fare noi per il nostro paese. Solo così potrà tornare un po’ di entusiasmo e di ottimismo. Ne avremmo bisogno.
Ripensiamo alle parole di Giorgio Ambrosoli - commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, assassinato dal killer J. Arico assoldato dal finanziere mafioso Michele Sindona - del 25 febbraio 1975 (ben 4 anni prima di essere ammazzato) alla moglie Annalori: “...Qualunque cosa succeda (titolo del bellissimo libro del figlio Umberto), comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [... ] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa. Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell'altro.. Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi”.


In sole otto righe la declinazione della parola dovere è ripetuta quattro volte. Pensiamoci. Basta lamenti. Rimbocchiamoci le maniche e diamoci da fare. In modo serio e onestamente.