Qual è il mio ideale di Presidente del Consiglio? Ugo La Malfa. formidabile politico italiano. Allora ricordiamolo perchè l'altro ieri - 26 marzo - è ricorso l’anniversario della morte di Ugo La Malfa, che della libertà aveva fatto la sua bandiera. Un’emorragia cerebrale lo colpì , il 24 marzo 1979, proprio il giorno dell’attacco politico-giudiziario alla Banca d’Italia.
Ricordiamolo come merita. La politica di oggi ci delude per la pochezza e l'incompetenza crassa dei suoi protagonisti. Avercene oggi di Ugo La Malfa!
Ugo La Malfa nasce a Palermo il 16 maggio 1903. Si trasferì a Venezia dopo aver completato gli studi secondari, iscrivendosi a Ca' Foscari alla Facoltà di Scienze politiche. Così ricorda: “Avevo pochi soldi e la sera mangiavo fichi secchi. La mia cena era di fichi secchi”(Intervista sul non-governo, a cura di Alberto Ronchey, Laterza, 1977, p. 2).
Così Wikipedia: “Nel 1934 viene assunto da Raffaele Mattioli a Milano, nell'ufficio studi della Banca Commerciale Italiana del quale diviene direttore nel 1938, in sostituzione di Antonello Gerbi, mandato da Mattioli in Perù per sottrarlo alle leggi razziali. In questi anni lavora intensamente, soprattutto con funzioni di raccordo fra i vari gruppi dell'antifascismo, per costituire una rete che confluisce nel Partito d'Azione, di cui egli sarà uno dei fondatori. Il 1 gennaio 1943 La Malfa e l'avvocato Adolfo Tino riescono a pubblicare il primo numero clandestino de Italia Libera; nello stesso anno La Malfa deve lasciare l'Italia per sfuggire ad un arresto della polizia fascista. Trasferitosi a Roma, prende parte alla Resistenza e rappresenta il PdA in seno al CLN, insieme con Emilio Lussu.
Raffaele Mattioli |
Nell'aprile del 1947 La Malfa viene designato a rappresentare l'Italia al Fondo Monetario Internazionale. L'anno seguente è nominato vicepresidente dell'Istituto. Ma non lascia la politica attiva. Nel 1962 è nominato ministro del Bilancio in un governo Fanfani. Nel mese di maggio presenta la Nota aggiuntiva, che fornisce una visione generale dell'economia italiana e degli squilibri da cui è caratterizzata, delineando inoltre gli strumenti e gli obiettivi della programmazione democratica attraverso la politica dei redditi. Deve affrontare l'ostilità dei sindacati e di Confindustria. Nel marzo del 1965 è eletto segretario del Partito Repubblicano Italiano. Si avvede immediatamente delle insufficienze della coalizione di centrosinistra. Nel 1966, La Malfa apre un dibattito con il PCI che coinvolge Pietro Ingrao e Giorgio Amendola, col quale aveva condiviso le prime esperienze antifasciste, comunista, figlio di Giovanni: il leader repubblicano invita la sinistra a lasciare la sua vecchia ortodossia, ponendosi come forza in grado di sviluppare un approccio riformatore, consonante con la complessità di un paese radicato nell'Occidente. Nel quarto governo Rumor (1973), La Malfa assume l'incarico di ministro del Tesoro. Tra il 1976 e il 1979 è il maggiore sostenitore della politica di "solidarietà nazionale" tesa a condurre il PCI nell'area della legittimità. La Malfa ha presente con una lucidità che non ha eguali le difficoltà crescenti del sistema democratico e giudica positivamente la revisione ideologica e politica che Enrico Berlinguer imprime al PCI. Nel 1978 la sua azione risulta determinante nella decisione italiana di aderire al Sistema monetario europeo (SME), nel quale entrammo con una banda larga del 6% grazie alla tenacia nelle trattative dimostrata da Paolo Baffi”. Memorabili fu il serrato contraddittorio con il Governatore della deutsche Bundesbank Emminger.
La sua carriera politica fu segnata da quattro momenti particolari:
1) 1943, quando La Malfa abbandonò l’Italia per sfuggire all’arresto dopo la pubblicazione clandestina del giornale Italia Libera. Rientrò successivamente prendendo parte alla Resistenza e rappresentando il Partito d’Azione in seno al Comitato di Liberazione Nazionale;
2) Sequestro di Aldo Moro – segretario della Democrazia Cristiana - 1978, quando La Malfa fu uno dei più convinti sostenitori del “partito della fermezza”, ostile ad ogni trattativa con le Brigate Rosse;
3) 1974, quando le banche di Michele Sindona – Banca Privata Finanziaria e Banca Unione, poi oggetto di fusione nella Banca Privata Italiana - crollano, a fronte delle continue proposte di salvataggio (definite da Enrico Cuccia “un papocchio” a danno dei contribuenti) – portate avanti da Giulio Andreotti tramite il fidato Evangelisti (di cui ricordiamo il celebre ritornello a Fra’, che te serve?), l’unico che si oppone con tutte le sue forze è Ugo La Malfa, che da Ministro del Tesoro si rifiuta categoricamente di convocare il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, organo che avrebbe dovuto dare l’ok a un colossale aumento di capitale per 160 miliardi di lire (una somma enorme all’epoca) della Finambro di Sindona.
Così La Malfa (Intervista sul non-governo, p. 87): “Avevo notizia del suo gioco sui cambi e sulla svalutazione della lira, che aveva già determinato forti perdite. Quindi, avuta l’impressione di una certa politica che prevedeva un processo inflazionistico, la fermai come era mio dovere. Credo che se fosse stato accettato l’aumento di capitale della Finambro, molti avrebbero perso parecchi soldi. Su quel punto dovevo essere intransigente”.
4) Luglio 1978, quando La Malfa contribuì in modo determinante all’elezione alla Presidenza della Repubblica di Sandro Pertini.
La Malfa fu sostenitore del liberalismo democratico - sempre schiacciato tra i due blocchi dei cattolici e dei comunisti – della possibile “terza via” che l’Italia non ha mai avuto la lucidità di prendere.
Sappiamo che in Italia domina l’ideologia. Non si discute dei problemi e delle soluzioni, ma solo di chi ha detto che cosa. Allora citiamo La Malfa che era tutto l’opposto, razionale e alla ricerca dei modi per far crescere l’Italia in modo sostenibile. Leggiamo insieme un passo della sua intervista ad Alberto Ronchey: “Del resto, la assoluta trascuratezza degli impegni che si assumono è tipica della sinistra italiana (attualissimo!, ndr) E ne è prova esemplare l’esperienza dell’Enel. La nazionalizzazione fu voluta e fortemente voluta, perchè avrebbe consentito di destinare i profitti privati, e le economie di energia, conseguenti alla gestione unica, alla riduzione del prezzo dell’energia e all’aiuto delle zone sottosviluppate. Nessuna corrente della cosiddetta sinistra si è più preoccupata se la gestione dell’Enel garantisse la soddisfazione degli impegni assunti o se la nazionalizzazione non fosse puramente servita a creare posizioni di privilegio all’interno dell’azienda. Ma questa disinvolta trascuratezza, è una delle ragioni per cui la sinistra non acquista credito, come forza dirigente di una società o di uno Stato”.
Paolo Baffi |
Nell’intervista a Ronchey del 1977 - La Malfa ripercorrendo la sua vita - chiude così: “Rivivo la mia vita come guardando un film. La giovinezza difficile in un’isola deserta. L’evasione verso il Nord, Ca’ Foscari, l’antifascismo e il fascismo a Venezia. L’incontro a Roma con Giovanni Amendola...il trasferimento a Milano e casa Mattioli (mitico presidente della Banca Commerciale Italiana, ndr), L’amicizia e la frequentazione continua di Ferruccio Parri...Uno straordinario viaggio con Mattioli, da Milano attraverso Tornio distrutta dai bombardamenti fino a Dogliani per vedere Einaudi. La costituzione del Partito d’Azione, l’uscita clandestina del primo numero dell’”Italia Libera” a Milano Il Governo Parri e la scissione del Partito d’Azione. La milizia nel Partito repubblicano. l governi De Gasperi e le visite al “Mondo”, il ricordo di Mario Pannunzio, la battaglia per il centro-sinistra e le delusioni. La crisi, i comunisti e il compromesso storico. Alla fine una grande amarezza. Ora osservo che non c’è quell’Italia che avevamo in mente”.
Tornano in mente a distanza di tempo le parole di Carlo Azeglio Ciampi: "Non è il paese che sognavo" (Il Saggiatore, 2010).
Buona Pasqua a tutti i miei lettori.