Giulio Andreotti e Licio Gelli |
L’Italcasse aveva la funzione di investire la liquidità in eccesso raccolta dal sistema della Casse di risparmio sparse sul territorio.
Arcaini fu costretto a dimettersi nel 1977, dopo vent’anni di direzione, perchè coinvolto nello “scandalo Italcasse”, accusato di peculato e di interesse privato per una serie di fondi neri e di mutui concessi a imprenditori amici e a partiti di governo, in particolare alla Democrazia Cristiana e alla corrente politica di Andreotti.
Aldo Moro rapito dalle BR |
La copertina di “Op” diretto dal giornalista Mino Pecorelli del 14 ottobre 1977 titolava: “Presidente Andreotti a lei questi assegni chi glieli ha dati?”, pubblicando all’interno l’elenco completo di una serie di assegni incassati, secondo Pecorelli, da Andreotti, in cambio di finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto che l’Italcasse aveva elargito, tra gli altri, al gruppo chimico Sir di Nino Rovelli, ai fratelli Caltagirone e alla società Nuova Flaminia facendo capo a Domenico Balducci, organico alla banda della Magliana e al mafioso Pippo Calò.
L'omicidio di Mino Perorelli, direttore di Op |
Proprio Moro nei manoscritti autografi - scritti durante la prigionia - rivelò come la nomina a direttore generale dell’Italcasse del successore di Arcaini fosse un evento inquietante perchè la scelta sarebbe stata delegata da Andreotti al sodale Gaetano Caltagirone, cosicché questi avrebbe potuto sistemare agevolemente la propria posizione debitoria, scegliendo un nuovo direttore dell’Italcasse a lui favorevole.
Giulio Andreotti |
Così Aldo Moro: “E lo sconcio dell’Italcasse? E le banche lasciate per anni senza guida qualificata, con la possibilità di esposizioni indebite, delle quali non si sa quando ritorneranno e anzi se ritorneranno. E’ un intreccio intollerabile nel quale si deve operare con la scure”.
E’ da tenere a mente che quattro giorni dopo l’assassinio di Mino Pecorelli, il 24 marzo 1979 avvenne l’attacco clamoroso alla Banca d’Italia che si concretizzò con l’arresto di Mario Sarcinelli, responsabile del Servizio Vigilanza, e l'incriminazione e il ritiro del passaporto al Governatore Paolo Baffi
Abbiamo rievocato in passato questo ignobile attacco. Ma visto che la memoria è labile, vi invitiamo a rileggere i due post che raccontano come il “coacervo politico-affaristico-giudiziario” preparò l’attacco punitivo:
Attacco punitivo 1a parte
Attacco punitivo 2a parte
Come ho scritto, una delle cause della messa in stato d’accusa dei massimi vertici di Banca d’Italia è stata aver fatto sciogliere il cda dell’Italcasse, cioè del più importante istituto di credito dominato dal potere democristiano.
L’economista d'impresa - nostro sempiterno riferimento - Marco Vitale scrive: “Quando nel 1975 Carli lascia la Banca d’Italia, ed alla sua guida subentra Baffi, la linea della Banca d’Italia cambia. Recupera la sua volontà di guida del potere bancario, sia sul fronte della gestione della moneta, che sul fronte della Vigilanza sulle aziende di credito e sulla corretta amministrazione delle stesse. In un certo senso, ritornando a fare severamente il proprio mestiere, la Banca d’Italia di Baffi e Sarcinelli accetta il rischio di essere considerata, per usare la terminologia di Carli, “sovversiva” ed è per questo che va punita....Il nuovo corso della Banca d’Italia dava fastidio”.
Se il sistema bancario non è più governato dai partiti, lo si deve anche a Paolo Baffi e Mario Sarcinelli, grandissimi civil servant.
P.S.: si raccomanda la lettura di Giancarlo De Cataldo, Romanzo Criminale, Einaudi, 2002