lunedì 29 giugno 2015

I fondi sovrani: tendenze future e voglia di contare. Il caso del fondo sovrano dell'Angola

Si è tenuta oggi nella splendida cornice di Palazzo Clerici, sede dell'Istituto di Studi di Politica Internazionale (ISPI), la presentazione del Annual Report 2014 sui fondi sovrani (Sovereign Wealth Found, SWF), organizzata dal Sovereign Investment Lab (Sil) del Centro Paolo Baffi-Carefin dell'Università Bocconi.
Il direttore del Sil Bernardo Bortolotti ha introdotto i lavori sotto gli affreschi del Tiepolo, contestualizzando lo sviluppo dei fondi sovrani: "La crescita impetuosa dei fondi sovrani è uno dei fatti più interessanti della storia recente della finanza globale. Nell'arco di poco più di dieci anni, hanno aumentato il patrimonio gestito più di ogni altra categoria di investiture istituzionale e vantano attivi per un controvalore di circa 5mila miliardi di dollari".

A seguire un intervento ficcante del prof. Aldo Musacchio dell'Harvard Business School, autore di un volume #mustread Reinventing State capitalism. Subito dopo ha preso la parola Thouraya Tikri, chief country economist at the North Africa Department dell'African Development Bank. Tikri ha spiegato che in Africa, nonostante siano più piccoli rispetto ai competitor mondiali - esistano diversi fondi sovrani.
 
In particolare, scorrendo l'annual report, ho notato che il fondo sovrano dell'Angola ha una dotazione di 5 miliardi di dollari. La mente è volata a Nicholas Kristof,  editorialisti di punta del New York Times  che è riuscito a realizzare un servizio dall'Angola - nonostante non sia ben visto dalle autorità - dove descrive la pazzesca polarizzazione di reddito e di ricchezza presente nel Paese africano. A fronte di prezzi da capogiro degli immobili nella capital Luanda, gli ospedali sono privi di medicine, attrezzature basiche per poter curare la popolazione, in gran parte in stato di estrema povertà e denutrizione. Vi invito a guardare il video di Kristof. Parla da solo: The world's deadliest place for kids.

Prima di costituire il fondo sovrano, sarebbe opportuno che il presidente/dittatore Jose Eduardo dos Santos sviluppi una politica sanitaria che riduca la terribile mortalità infantile. In Angola il 69% della popolazione vive sotto la fascia di povertà. Poi, solo poi, investa dove vuole col fondo sovrano. Ma solo dopo.

lunedì 22 giugno 2015

I compiti per le vacanze sono utili e fanno la differenza

Finita la scuola - quali sono le altre categorie a parte gli insegnanti con 3 mesi di vacanza? - , montano le polemiche sui compiti. In nome del diritto al gioco molte famiglie esigono l'assenza di compiti per le vacanze. E molti professori sono d'accordo con questa visione perdente per gli allievi.

Su Repubblica, qualche tempo fa a tutta pagina si titolava "Alleanza tra prof e famiglie nel nome del diritto al gioco". L'attacco racconta la volontà di una madre di non acquistare i libri per le vacanze. Il social su Facebook "Basta compiti" ha raggiungo i 4.500 iscritti. Su change.org c'è una petizione che conta 4.300 firme. Alcuni scrivono che i compiti constringono i genitori a sostituire i docenti. Ma dai! So benissimo per esperienza che ci sono genitori che si sostituiscono ai figli, che si mettono al loro fianco mentre fanno i compiti. Sbagliatissimo. Il bambino deve imparare l'autonomia e i compiti deve farli da solo. Se sbagli si corregge in classe.

Questi genitori non sanno quanti danni fanno ai propri figli.

Anni fa mi sono imbattuto in un libro formidabile, Fuoriclasse (Mondadori, 2009) di Malcolm Gladwell, giornalista divulgativo, ma sarebbe meglio definirlo scienziato pop. In questo volume il lettore veniva portato a conoscenza di un esperimento compiuto negli Stati Uniti. In una scuola, con gli stessi professori, a parità di altre condizioni, ad alcune classi vengono assegnati i compiti per le vacanze, ad altre no. Dopo ogni anno gli alunni delle classi senza compiti rientrano a scuola meno preparati di chi li ha fatti. Dopo 5 anni la differenza cognitiva e di preparazione non deriva dagli insegnanti, dai metodi didattici, ma, guarda caso, dall'avere o meno fatto i compiti.
Misurando i punteggi della capacità di lettura DOPO le vacanze estive, si nota come i bambini più ricchi tornano in settembre con un'abilità di lettura molto più forte, mentre i bambini di famiglie povere subiscono un calo. Così mentre i bambini poveri surclassano i ricchi nell'apprendimento durante l'anno scolastico, d'estate si fanno superare di parecchie lunghezze.
Se ne deduce che nel campo della lettura, i bambini poveri NON imparano nulla quando le scuole sono chiuse.
Gladwell conclude con amarezza: "Di fatto, tutti i vantaggi che gli alunni facoltosi hanno dei confronti degli indigenti derivano dalle differenze di apprendimento dei privilegiati nell'ambito extrascolastico. Ma è evidente. I bambini ricchi in vacanza vengono accompagnati nei musei, iscritti a corsi e campi estivi dove seguono le lezioni. Vengono stimolati in ogni modo. I bambini poveri stanno attaccati davanti alla TV (o al tablet).

I compiti mantengono in  esercizio la mente, aiutano a consolidare i concetti. La mente è un muscolo, se non si esercita, in modo inerziale assopisce.

Ha ragione Pier Luigi Ipata, professore di biologia molecolare all'Università di Pisa che scrive a Repubblica sostenendo che la via di mezzo è quella corretta: "Vi sono adolescenti, più numerosi di quanto di creda che anche se non hanno compiti per le vacanze rubano non più di una o due ore ai giorni delle vacanze per mantenere il cervello in esercizio, imparando una lingua o risolvendo quesiti di matematica. John Dewey diceva che "l'educazione non serve solo a prepararsi alla vita, ma è la vita stessa". Questi giovani lo sanno, lo intuiscono. Non confondiamo loro le idee, convincendoli che fare i compiti durante le vacanze è addirittura dannoso e procura sofferenze. Vi sono invece giovani per i quali la scuola può diventare fonte di preoccupazioni. Per questi le vacanze sono un toccasana". Ma questi ultimi, aggiungo io, sono un'estrema minoranza.
Spesso sono tentato di pensare che il problema della scuola italiana siano i genitori.

venerdì 5 giugno 2015

17 giugno 1982, il banchiere Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, viene trovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra

Il 17 giugno - 33 anni fa, nel 1982 - cade l'anniversario dell'omicidio di Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, trovato impiccato a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri. Se la lenta e farraginosa giustizia italiana non è giunta a trovare i responsabili dell'omicidio, alcuni magistrati hanno cercato la verità nel tempo, avvertendo che è molto diversa dalla verità giudiziaria.

La lettera pubblicata nel volume di Mario Almerighi La borsa di Calvi. Ior, P2 mafia: le lettere e i segreti mai svelati del banchiere di Dio (Chiarelettere, 2015) fa un po' di luce ed è veramente impressionante. Il banchiere Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, caduto in disgrazia, voleva salvarsi la vita e riacquistare il potere  perso attraverso azioni ricattatorie basate sui documenti in essa contenuti. Calvi decise quindi il 5 giugno 1982 (12 giorni prima di essere impiccato) di scrivere direttamente al Papa - Giovanni Paolo II - affinchè intervenga sul cardinal Marcinkus e sullo Ior, la Banca del Vaticano, azionista del Banco Ambrosiano.

Eccone qui uno stralcio significativo:
"Santità, ho pensato molto, molto in questi giorni e ho capito che c'è una sola speranza per cercare di salvare la spaventosa situazione che mi vede coinvolto con lo Ior in una serie di tragiche vicende che vanno sempre più deteriorandosi e che finirebbero per travolgerci irreversibilmente.
Ho pensato molto, Santità, e ho concluso che Lei è l'ultima speranza. Da molti mesi ormai, mi vado dibattendo a destra e a manca, alla disperata ricerca di trovare chi responsabilmente possa rendersi conto della gravità di quanto accaduto e di quanto più gravemente accadrà se non intervengono efficacy e tempestivi provvedimenti essenziali per respingere gli attacchi concentrici che hanno come principale bersaglio la Chiesa e, conseguentemente, la mia persona e il gruppo a me facente capo.
La politica dello struzzo, l'assurda negligenza, l'ostinata intransigenza e non pochi altri atteggiamenti di alcuni responsabili del Vaticano mi danno la certezza che Sua Santità sia poco o male informata di tutto quanto ha per lunghi anni caratterizzato i rapporti intercorsi tra me, il mio gruppo e il Vaticano.
Santità, sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonchè delle colpe commessi dagli attuali e precedenti rappresentanti dello Ior, comprese le malefatte di Sindona, di cui ancora ne subisco le conseguenze (Calvi fu ricattato da Sindona, ndr); sono stato io che, su preciso incarico di Suoi autorevole rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti paesi e associazioni politico-religiose dell'Est e dell'Ovest; sono stato io che, di concerto con le autorità vaticane, ho coordinato in tutto il Centro-Sud America la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l'espandersi di ideologie filomarkiste; e sono stato io, infine, che oggi vengo tradito e abbandonato proprio da queste stesse autorità a cui ho rivolto sempre il Massimo rispetto e obbedienza". 

Insomma, Calvi fa una chiamata di correità nei confronti dello Ior, azionista invasive che ha volute che Calvi aiutasse la politica del Papa contro il comunismo, sia in Europa che in Centro America. Le distrazioni di fondi dal Banco saranno scoperte dai liquidatori in svariati miliardi di lire.

Non ho mai creduto alla tesi del suicidio di Calvi, anche sulla base delle considerazioni del pubblico ministero Luca Tescaroli che ha evidenziato nei processi:
1) Calvi era debilitato fisicamente, un uomo in tali condizioni non poteva compiere acrobazie per impiccarsi sotto un ponte; il pm scrisse: “Sulla base degli esperimenti giudiziari espletati è “da escludersi che in seguito al percorso descritto non rimangano indelebili tracce di ruggine nelle mani, nelle scarpe e nei vestiti...che non potevano non venire a contatto – e ripetutamente – con i supporti metallici ossidati mediante uno strusciamento che avrebbe dovuto lasciare ben evidenti ed indelebili segni di ruggine e altre sostanze imbrattanti...”

2) Calvi era solito portare un copridita al dito indice della mano destra che “era solito sanguinare” a un semplice sfregamento su parete ruvida, ma in sede di esame autopico nulla è stato rilevato in proposito. Il Tribunale civile di Milano ha osservato che “le fasi di attraversamento dell’impalcatura e delle ipotizzate manovre di scivolamento a scopo suicidario dalla sbarre avrebbero provocato lesioni e abrasioni quantomeno all’indice della mano desra di Calvi che era stato leso a causa di un incidente domestico avvenuto nel 1969 con conseguente intervento di chirurgia plastica d’urgenza consistente nel chiudere, con tessuto cutaneo prelevato da altra parte del corpo, la ferita”.

Movente dell'omicidio Calvi? Secondo l'accusa Calvi si sarebbe impossessato di una parte del Tesoro di Cosa Nostra, promettendo di investirlo e farlo fruttare, ma alla fine, travolto dai debiti, non sarebbe più stato in grado di restituirlo.
A questo punto, è opportuno citare la testimonianza dell'allora governatore della Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi, che sottolinea l'operato di Beniamino Andreatta, allora ministro del Tesoro, che proprio per la sua ostina determinazione a far pagare allo IOR il dovuto pagò un costo alto a livello politico: "Lo spessore morale di Andreatta consentì di trovare soluzioni di ”pulizia” netta. Con il suo alto senso delle istituzioni non cercò di minimizzare l’accaduto o di occultare responsabilità e comportamenti scorretti, sul piano giuridico e su quello deontologico. Intervenendo alla Camera per riferire sull’accaduto definì la vicenda dell’Ambrosiano come “la più grave deviazione . . . rispetto alle regole della professione bancaria verificatasi . . . in un grande paese industriale negli ultimi quarant’anni”.

La linea di severità che si scelse di seguire permise anche di ridurre l’entità delle perdite, recuperando ingenti fondi, in Italia e soprattutto, all’estero. Con determinazione, concretezza e massima trasparenza Andreatta assunse le decisioni necessarie alla soluzione del caso; decisioni non facili per le implicazioni riguardanti Stati esteri e i loro sistemi bancari.




Roberto Calvi
La crisi dell’Ambrosiano precipitò il 12 giugno del 1982 con la fuga di Calvi. Si decise l’immediato commissariamento del Banco. Durante il commissariamento Tesoro e Banca d’Italia convennero nel cercare la formazione di un pool di banche disponibili a fornire liquidità al Banco Ambrosiano, sì da evitare la chiusura anche solo temporanea degli sportelli. Lo stesso pool di banche si dichiarò disponibile a subentrare al Banco Ambrosiano qualora dagli accertamenti dei commissari ne fosse emerso il dissesto patrimoniale. Tutto ciò fu definito il 9 luglio nel corso di una lunga riunione svoltasi in Banca d’Italia e che si tenne alla presenza del Ministro Andreatta. Il contenuto della riunione fu reso pubblico da un comunicato stampa stilato dalle stesse banche partecipanti.

I commissari accertarono che l’attività del Banco in Italia era prevalentemente sana; il “marcio” si annidava nelle consociate estere. L’acclaramento delle modalità operative di Calvi mise in luce che egli aveva sfruttato l’insufficiente grado di coordinamento tra le Autorità di vigilanza dei diversi Paesi e in tal modo aveva eluso i controlli.

Con Andreatta si convenne che nelle sedi internazionali occorreva fare riferimento con fermezza a quanto stabilito dall’accordo di Basilea circa l’azione della Vigilanza; essa, infatti, non aveva responsabilità per l’attività svolta all’estero da una banca nazionale attraverso società giuridicamente distinte dalla casa madre e non soggette alla Vigilanza del paese della stessa casa madre.

La soluzione della crisi fu attuata in tempi strettissimi, grazie all’intensa collaborazione tra il Tesoro e la Banca d’Italia.

Il 4 agosto, mercoledì, i commissari straordinari, terminato il loro compito, chiesero la liquidazione del Banco Ambrosiano; il venerdì successivo il CICR approvò la proposta di liquidazione. Il fine settimana fu utilizzato per dar luogo alla costituzione del Nuovo Banco, alla nomina degli amministratori (presidente venne nominato l'avv. Giovanni Bazoli) e dei Sindaci, al subentro del nuovo Banco nell’attività del cessato Banco Ambrosiano. Il lunedì, 9 agosto, tutti gli sportelli del Nuovo Banco operarono regolarmente".

Lezioni per il banking di oggi? Sicuramente. Chi distrae fondi dalla banca al fine di vantaggi personali o per ingraziarsi entità terze, prima o poi fa una brutta fine. La cosa migliore che si può aspettare è finire in galera, come il già presidente di Banca Carige Giovanni Berneschi, che intestava conti a personaggi di fantasia come Filadelfo Arcidiacono.