venerdì 1 dicembre 2017

L'Argentina dei desaparesidos, una storia che va raccontata

E' di qualche giorno fa la notizia della condanna in Argentina di numerosi responsabili della sparizione di intere comunità di persone. Il maxiprocesso per la morte dei desaparecidos e per tutti i crimini commessi durante gli anni della dittatura in Argentina si è chiuso a Buenos Aires dopo cinque anni di udienze con 48 condanne. E 29 dei 54 imputati sconteranno l'ergastolo.
Tra i condannati vi è anche Alfredo Astiz, oggi 67enne, noto come l'angelo della morte. Era un agente sotto copertura del regime che in quegli anni si infiltrò in gruppi di attivisti, compresa l'associazione delle Madri di Plaza de Mayo, che chiedevano la verità sui loro figli scomparsi.

Sono 789 le vittime prese in considerazione dal processo, che è il terzo più grande mai tenuto per i casi di rapimenti, torture e omicidi consumati all'interno dell'Esma (Escuela de Mecanica de la Armada), la scuola tecnica della marina a Buenos Aires, dove, negli anni del regime - tra il 1976 e il 1983 - passarono oltre 5.000 prigionieri politici e la maggior parte di loro fu ucciso dalle violenze o scomparve nei voli della morte.

Jorge Rafael Videla, dittatore argentino
Quando anni fa presi in mano "Il volo" di Horacio Verbinsky, rimasi di sasso. Interruppi la lettura più volte. Il racconto delle torture e dei voli della morte mi angosciava.
Per non parlare di "Garage Olimpo" di Marco Bechis.
"Si renderà conto che abbiamo fatto cose peggiori dei nazisti." Con queste agghiaccianti parole si apre la confessione del capitano della Marina militare argentina Adolfo Scilingo al giornalista Horacio Verbitsky. Dopo quasi vent'anni di silenzio, sopraffatto dall'angoscia insostenibile del ricordo, Scilingo si decide a raccontare come, nel 1976, iniziò il più terrificante genocidio della storia dell'Argentina che portò alla sparizione di trentamila persone, tristemente ricordati nel mondo come i desaparecidos.

Per due anni, ogni mercoledì, dalla base militare della Scuola di meccanica della Marina, aerei carichi di oppositori del regime si levavano in volo diretti verso l'oceano; migliaia di persone, prima torturate e poi narcotizzate, venivano lanciate in mare ancora vive. Un durissimo atto d'accusa contro chi partecipò al terrorismo di stato in un paese dove, a tutt'oggi i responsabili di questa strage sono ancora in libertà.

Mi ha colpito la storia - raccontata da Repubblica - di Pablo Verna, avvocato argentino di 44 anni, che ha inziato a 12 anni a dubitare del padre, al servizio della dittatura militare di Jorge R. Videla: "Si diceva che avesse partecipato al sequestro dei dissidenti politici, alle torture, perfino ai voli della morte. Ma erano accuse vaghe. Restavano nell'ombra. Erano un mistero. Dopo la caduta di Videla chiesi a mia madre, avevo bisogno di sapere. Lei lo ammise. Mi disse che quell'uomo docile, militare di carriera, aveva fatto cose terribili".
Allora il figlio mette alle strette il padre, che confessa e gli consegna un file audio. con la sua confessione. In quanto medico, Julio Alejandro Verna, ammette di essere stato nello squadrone di Campo de Majo, la caserma dell'esercito trasformata in un centro clandestino.
Come medico, sedava i prigionieri, li paralizzava, prima che venissero imbarcati sui voli della morte sul Rio della Plata.
Pablo si presenta alla segretaeria dei Diritti umani del governo e consegna il file audio. Il dossier viene trasmesso alla magistratura. Ma il giudice Alicia Vence non apre alcun procedimento poichè la legge argentina impedisce le testimonianze di accusa dei parenti stretti.
Pablo allora coinvolge altri carnefici che formano il collettino "Historias desobedientes" e chiedono l'abolizione di alcuni articoli di legge. L'inviato di Repubblica Daniele Mastrogiacomo scrive: "Vogliono tutti testimoniare. Figli contro padri: l'ultimo dramma di una tragedia infinita".
 

3 commenti:

  1. Sull’Espresso Taty Almeida, una delle donne di Playa de Mayo, racconta a Michela Muggia come la svolta avvenne con la presidenza Kirchner, che tratto' la vicenda dei desaparesidos come una questione di Stato ribaltando le nefande immunità regalate dal suo predecessore Menem.
    "La Chiesa cattolica in Argentina ha avuto parroci e suore perseguitati dal regime, alcuni anche desaparesidos, ma anche molti membri della gerarchia che hanno appoggiato la dittatura militare e sono stati complici nell'individuare i dissidenti e perseguitati. Nessuno ha chiesto perdono".
    A diradare le ombre, non hanno aiutato ne' Giovanni Paolo II ne' Benedetto XVI che in molteplici occasioni si sono sempre rifiutati di incontrare le Madri dei desaparecidos. Per la prima volta lo ha fatto Papa Bergoglio, che ha incontrato Taty Almeida lo scorso 4 dicembre. Sono lontani i tempi del nunzio apostolico Pio Laghi che giocava a tennis a Buenos Aires con generale Masera, lugubre responsabile di torture.

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  2. Interessante la questione,che hai portato alla nostra attenzione, se ne parla troppo poco.
    Ambigua come al solito la posizione delle gerarchie ecclesiastiche della Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
    Potrei scrivere per delle ore su codesto CRIMINE. Mi fermo qui.
    Lucia

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  3. Oggi su Repubblica Marco Patucchi ricorda il desaparesido Miguel Benancio Sanchez, portato via da casa sua nel 1978 e mai più ritrovato. Un'altra vittima della dittatura di Videla.
    ______

    Sono quaranta anni tondi tondi. E oggi Miguel ne avrebbe sessantacinque, probabilmente un anziano signore, un ex atleta che ancora si diverte a correre e a parlare di sport nelle piste e nei parchi di Buenos Aires. Ma è rimasta solo un'ipotesi di vita, per lui si è aperta un'altra "sliding door".
    Quell'8 gennaio del 1978 nella sua casa di Villa Espana, sobborgo della capitale argentina, il pastore tedesco Adam si aggirava per le stanze senza abbaiare. Solo qualche guaito sommesso, come un pianto rassegnato. Anche la mamma di Miguel piangeva a tratti, in angosciosa attesa dell'altra figlia, Elvira, che fin dalla prima mattina era andata in città per cercare notizie su Miguel.

    Perché il giovane Miguel Benancio Sanchez nel pieno della notte era stato prelevato da un manipolo di uomini armati e capelli dal taglio militaresco: modi bruschi e poche parole, avevano rovistato nei cassetti e nelle borse, lo avevano caricato su una Ford Falcon e se l'erano portato via, inabissandosi nel buio. Un'oscurità dalla quale Miguel non riemergerà mai più. Desaparecido: il marchio di fabbrica che ha sfregiato per sempre la storia dell'Argentina. Scomparso negli anni drammatici della dittatura militare di Jorge Rafael Videla. Repressione, rapimenti, torture, la farsa dei Mondiali di Calcio, le madri di Plaza de Mayo; poi il ritorno della democrazia, i processi, i retroscena di una crudeltà inaudita.
    Escuela de Mecanica de la Armada (la famigerata Esma), il Club Atletico, El Banco, El Vesubio, Olimpo: sono le bandierina nella toponomastica della violenza, i gironi infernali del regime che hanno inghiottito migliaia di uomini e donne tra il 1976 e il 1982. "Ci portavano con un autobus i sovversivi nudi e bendati - si è vantato nel 2012, durante il processo del processo Esma, un pilota dei voli della morte che decollavano ogni settimana dall'aeroporto nei pressi dello stadio del River Plate - li addormentavamo con un'iniezione di pentothal e poi li buttavamo dal cielo nel Rio de la Plata. Mentre cadevano dall'aereo sembravano delle formichine. Erano terroristi di sinistra, non meritavano altro". Forse anche Miguel era una di quelle formichine gettate nel vuoto, o chissà in quale altro baratro ha finito i suoi giorni. Molto probabilmente il suo martirio è passato per le celle del carcere segreto El Vesubio, perchè un prigioniero sopravvissuto a quella "macelleria" ha raccontato di aver sentito parlare, nei giorni di inizio 1978, della presenza di un podista.

    Perché Miguel, oltre a lavorare in banca, ad allenarsi e a guardare con passione e preoccupazione alla situazione politica dell'Argentina (iscritto alla gioventù peronista, ma senza tempo per la militanza), era un poeta. Proprio alla vigilia della corsa di San Silvestro, un quotidiano brasiliano aveva pubblicato una sua poesia. Eccola, leggiamola tutti per ricordare Miguel e per celebrare la libertà e la democrazia:

    "Per te, atleta.
    Per te che sai di freddo,
    di calore,
    di trionfi e di sconfitte,
    che no, non lo sono.
    Per te che hai il corpo sano,
    l'anima larga e il cuore grande.
    Per te che hai molti amici,
    molti aneliti,
    l'allegria adulta,
    il sorriso dei bambini.
    Per te che non sai né di gelo né di sole,
    né di pioggia né di rancori.
    Per te, atleta,
    che traversasti paesini e città,
    unendo Stati nel tuo andare.
    Per te, atleta, che disprezzi la guerra e sogni la pace".

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