lunedì 9 giugno 2014

Cricche e tangenti: la storia dell'austerità è una favola

Come ci ha insegnato Nanni Moretti in Palombella Rossa - "chi parla male, pensa male e vive male" - l'uso delle parole è decisivo. Per cui ritengo opportuno analizzare con attenzione la parola austerità, che la stampa nazionale ha ormai tradotto in austerity, perchè fa tendenza.

In passato ho scritto chiaramente da che parte sto, dalla parte di Angela Merkel e quindi #austerity tutta la vita.

Nella sua ultima relazione da Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi scrive: "Il semestre di presidenza italiana deve essere l'occasione per ridurre gli eccessi di una austerità applicata in modo asimmetrico". Non sono dello stesso avviso. Quale austerità?

Franco Tatò
Io sono d'accordo, invece, che con Franco Tatò, manager di lungo corso, che in un'intervista all'Espresso - Basta, lascio questa Italia malata - scrive: "La storia dell'austerità è una favola. Si è creata artificialmente una dicotomia crescita-austerità. Cos'è l'austerità se non rigore, tenere i conti in ordine, applicare la buona amministrazione, tagliare i costi, non fare spese inutili? Forse sperperando si cresce? Non credo. Allora perchè crescere se non c'è profitto?".

Crescita economica ed equilibrio del bilancio pubblico sono da perseguire congiuntamente. Nella lectio magistralis tenuta a Pavia nel marzo scorso il Governatore Ignazio Visco ha scritto con saggezza: "La politica monetaria unica è in grado di garantire la stabilità solo se i fondamentali economici e l’architettura istituzionale dell’area sono con essa coerenti...
Ignazio Visco
La fragilità delle finanze pubbliche di alcuni paesi è il risultato di politiche di bilancio a lungo imprudenti, di una colpevole sottovalutazione delle conseguenze di ampie, protratte perdite di competitività. La politica di bilancio deve garantire la sostenibilità del debito, il pieno accesso al mercato. Le regole concordate in sede europea sono il mezzo, non il fine.

Per il nostro paese il vero vincolo di bilancio è dato dalla necessità di garantire la sostenibilità del debito pubblico e di mantenere il pieno accesso al mercato finanziario. Ho sottolineato più volte come il ricorso annuo del Tesoro ai mercati sia dell'ordine di 400 miliardi. In un contesto ancora carico di tensioni, basta poco a incrinare la fiducia degli investitori. È successo tra l'estate del 2011 e la primavera del 2012, quando la quota di titoli pubblici italiani in mani estere scese drasticamente...

I ritardi nell’attuazione di riforme strutturali in diversi paesi sono all’origine dell’accumulo degli
squilibri macroeconomici che hanno alimentato la crisi attuale".

Concetto ribadito anche nelle ultime Considerazioni finali, dove si legge: "Crescita economica ed equilibrio del bilancio pubblico non possono che essere perseguiti congiuntamente".

Non diamo sempre la colpa alla Merkel. Guardiamo in casa nostra ai disastri che abbiamo compiuto.

Tatò prosegue la sua analisi: "La pesantissima crisi economica suscita grande apprensione. Ma io sono più preoccupato dai comportamenti della classe dirigente. In situazioni di crisi bisogna lavorare in manierà più che concentrata. Eppure invece di impegnarci puntanto sulle competenze, cercando persone capaci e serie si continua a credere che le aziende possano andare da sole e che la bravura dei manager conti meno del potere di lobby, parentele, nepotismi, cricche. E' un criterio profondamente sbagliato che il Paese non può permettersi più".

I recenti arresti sul colossale magna-magna sul Mose di Venezia sono l'ennesima conferma che cricche e becero capitalismo di relazione sono insostenibili se vogliamo sopravvivere in un mondo supercompetitivo.

4 commenti:

  1. Ricevo e pubblico:

    Bravo…. Che poi non è tanto quanto si spende (oggi spendere meno diventa difficile e porterebbe una ulteriore contrazione nel breve) ma come si spende.
    Se crei investimenti, ricerca ed infrastrutture invece di burocrazia, assistenzialismo, ecc… vedi come riparte il paese…

    Poi ovviamente riduzione ma obiettivo di medio, non di breve.

    AAP

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  2. Noto con piacere che il presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca, nella sua relazione odierna all'assemblea generale 2014, è sulla stessa lunghezza d'onda: "Si può attribuire la divergenza italiana all'eccessiva austerità tedesca? Credo piuttosto a noi stessi. Abbiamo sperperato le centinaia di miliardi risparmiati con i bassi tassi nei primi anni dell'euro, per far correre la spesa corrente e rinviare le riforme necessarie per convivere nella stessa aarea monetaria".

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  3. Ricevo e pubblico:

    Caro Beniamino,

    tutto giusto quello che scrivi; c’è solo da sperare che Renzi realizzi quello che si è proposto di fare, pur essendo cosciente che coloro che cercheranno di ostacolarlo si annidano dentro al suo stesso partito.

    Con un cordiale saluto.

    Mario Balbo

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  4. Ricevo e pubblico:

    Ti ringrazio per questa tua email, perché non avevo letto l'intervento di Visco a Pavia e ritengo il seguente passaggio: "La fragilità delle finanze pubbliche di alcuni paesi è il risultato di politiche di bilancio a lungo imprudenti, di una colpevole sottovalutazione delle conseguenze di ampie, protratte perdite di competitività. La politica di bilancio deve garantire la sostenibilità del debito, il pieno accesso al mercato. Le regole concordate in sede europea sono il mezzo, non il fine. Per il nostro paese il vero vincolo di bilancio è dato dalla necessità di garantire la sostenibilità del debito pubblico e di mantenere il pieno accesso al mercato finanziario", ottimamente riportato nel tuo blog, di fondamentale importanza. Sono persuaso che in assenza di un'incisiva e intelligente azione volta a rimodulare il bilancio pubblico italiano sia difficile uscire dalle secche nelle quali siamo caduti.

    A presto.

    Federico

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