lunedì 11 novembre 2013

Nel mesto presente, torniamo ai migliori del passato. La storia di Giovanni Enriques, formidabile manager-imprenditore

Il successo di ascolti - qualità così così - della fiction tv su Adriano Olivetti induce a pensare al mesto presente e alla nostalgia per i protagonisti del Novecento.
E' quindi meritevole di segnalazione il volume di Sandro Gerbi - storico di vaglia e mio mentore in Parola di Governatore dedicato al Governatore Baffi - Giovanni Enriques. Dalla Olivetti alla Zanichelli (Hoepli, 2013), dedicato a Giovanni Enriques, manager-imprenditore di grande successo.

Giovanni Enriques (1905-1990) nacque a Bologna in una famiglia borghese, si laureò in ingegneria a Roma. Nel 1930 fu assunto da Camillo e Adriano Olivetti e dopo sei anni ottenne l'incarico di direttore per l'Estero. Durante la Guerra visse a Ivrea, circolando con falsi documenti di "arianizzazione" (era di origine ebraica) e partecipò alla Resistenza come esponente del Partito liberale. Insieme ad altri due dirigenti, salvò l'Olivetti dallo smantellamento, ormai deciso dai tedeschi.
Nominato direttore generale nel dopoguerra, rimase all'Olivetti fino al 1953, quando diede le dimissioni per divergenze manageriali con Adriano. Durante la permanenza di Enriques, la Olivetti divenne la prima fabbrica in Europa nel suo settore, le esportazioni nel 1953 rappresentavano più del 50% del fatturato, i dipendenti passarono da 6.700 del 1947 a ben 11.500.

Così Marco Vitale ricorda Olivetti: “Olivetti Adriano di Camillo. Classifica: Sovversivo”, così sta scritto sulla copertina del dossier che la Pubblica Sicurezza di Aosta apre su Adriano Olivetti nel giugno 1931. Credo che tra le tante definizioni di Adriano Olivetti che mi è capitato di leggere, questa dell’oscuro funzionario della questura di Aosta sia la più centrata. E come può non essere sovversivo un imprenditore che entra nella fabbrica paterna a 23 anni (nel 1924) quando questa produce 4.000 macchine da scrivere all’anno con 400 dipendenti – dunque 10 macchine all’anno per addetto – e che quando muore prematuramente, lascia un gruppo che nel 1958 festeggia il cinquantesimo anniversario con circa 25.000 dipendenti, con cinque stabilimenti in Italia e cinque all’estero, dai quali escono sei macchine al minuto; i cui dipendenti hanno un livello di vita superiore dell’80% a quello dei dipendenti di industrie similari; che si prepara a digerire, sia pure con fatica, l’acquisizione della mitica Underwood americana; che sta già affrontando la nuova sfida dell’elettronica; cha ha saputo imporre al mondo intero uno stile e un design che sono diventati un riferimento per tutti; che ha creato la più ricca e significativa scuola di management della storia italiana?"
Quando si ricordano i successi di Adriano, è opportuno ricordare i suoi primi collaboratori, come Giovanni Enriques.

Uomo di vastissime relazioni, dopo l'Olivetti sarà direttore dell'Ipsoa e consulente dell'Imi nel settore turistico, quando fu un precursore della valorizzazione della Sardegna, in particolare nella baia di Porto Conte (Alghero).

Gli spunti nati dalla lettura sono innumerevoli. Ne cito alcuni.

1. Lo scontro tra il padre di Giovanni, Federigo Enriques (insigne matematico), e Benedetto Croce, il quale accusò il primo di invadenza di campo e incompetenza. Giovanni Enriques spiega bene cosa sottaceva: "Fu un episodio di incontro-scontro di due culture: tra un sistema filosofico che tenda a dare una posizione predominate alla scienza e un altro che assegna a questa un ruolo subordinato quasi assimilando la scienza stessa alla tecnica".
Se a cena un commensale cita Dante e Leopardi, è una persona colta, se cita i capital ratios stabiliti dal Comitato di Basilea presso la Banca dei Regolamenti Internazionali è un tecnico. Credo proprio che il ritardo che l'Italia abbia accumulato negli ultimi 30 anni sia in gran parte dovuto alla mancanza strutturale di cultura scientifica. Sforniamo giuristi e all'Università di Pavia i laureati in matematica si contano sulle dita di una mano.
L'economista Giavazzi ha scritto: "All'università di Bari, su 9 mila iscritti, solo in 50 hanno scelto matematica, 62 chimica e 2 mila giurisprudenza. Al Politecnico di Milano i più si iscrivono al corso di ingegneria gestionale, vogliono tutti diventare manager: progettare il disco di un freno, anche se per le Ferrari, è considerata un'attività passé" .

Giovanni Enriques con il Presidente Gronchi
Giovanni Enriques con l'attività editoriale della Zanichelli si battè intensamente contro l'emarginazione in Italia della cultura scientifica, cui veniva negato ogni valore cognitivo.
Sul sito della Zanichelli si legge: "Zanichelli ha contribuito alla diffusione della conoscenza scientifica pubblicando, fin dal 1864, la traduzione di Sull'origine delle specie per selezione naturale di Charles Darwin, e nel 1921, Sulla teoria speciale e generale della relatività di Albert Einstein. Questo impegno editoriale è continuato fino ad oggi con importanti traduzioni scientifiche di testi fondamentali, di divulgazione e didattici della cultura anglosassone".

2. Il desiderio di Enriques di vivere una vita piena e quindi di svolgere numerose attività extra, che gli hanno consentito poi di essere un ottimo imprenditore.
Enriques nel dopoguerra entrò in contatto con Ernesto Rossi, sottosegretario alla ricostruzione e poi presidente dell'Arar e Mario Pannunzio, fondatore del "Mondo".

Enriques nel periodo gennaio-febbraio del '46 pubblicò tre corrispondenze dalla Gran Bretagna su "Risorgimento liberale", diretto da Pannunzio. Nel primo dei suoi pezzi, Enriques esprime un giudizio che è una sintesi efficace della storia d'Italia: "Penso a quelli laggiù che lottano, a quelli che soffrono, a quelli che cedono, a quelli che non fanno il loro dovere, e ve ne sono in tutti i partiti, e rimango incerto tra due visioni del mio Paese, una rosea e l'altra nera".

Torna in mente il passaggio di Spadolini, in ricordo di Paolo Baffi: "Baffi non era stato scelto a caso dagli autori del complotto del quale egli era rimasto vittima: egli simboleggiava quell'altra Italia che si opponeva in quelle ore drammatiche all'intreccio di trame e cospirazioni contro la Repubblica".
Nel suo ultimo Il gioco grande del potere (Chiarelettere, 2013), Sandra Bonsanti scrive: "Abbiamo avuto Andreotti e Sindona, ma anche Ugo La Malfa e Giorgio Ambrosoli. Abbiamo avuto Carmelo Spagnuolo, Cossiga e Gladio, ma anche Sandro Pertini. Abbiamo avuto Licio Gelli ma anche Occorsio, Tina Anselmi e Norberto Bobbio".

3. La prima esperienza di venture capital in Italia è opera di Enriques che presso l'Istituto Mobiliare italiano (Imi) diventa consigliere delegato dell'Isap, Istituto per lo Sviluppo delle Attività Produttive, dove la direttrice principale era "partecipare a nuove attività produttive in Italia, sempre che si tratti di affair effettivamente esemplari, condotti da uomini capaci su fondati presupposti economici".

Colgo l'occasione per dare un consiglio a mio amico Gerbi e all'editore. Nella prossima edizione sarebbe utile aggiungere qualche dato numerico sulla Zanichelli. Infatti nel volume manca una ricostruzione economico-finanziaria (del numero di volumi editi e pubblicati, per esempio) della Zanichelli, che invece è presente sia per l'Olivetti che per l'Aurora-Zanichelli (AZ). Emergerebbe con nettezza il valore sociale della crescita economica della casa editrice, che grazie alle innovazioni portate avanti da Giovanni Enriques - il centro di calcolo e la logistica, in primis - è diventata la prima casa editrice scolastica italiana.

Chiudo con un bellissimo, tanto vecchio quanto attuale, refrain di Giovanni Enriques: "Sono gli uomini che fanno le cose". E allora ha ragione Giorgio Bocca, che nel necrologio per Enriques scrisse: "Amico premiato dalla vita perchè amava la vita".

Per gli interessati, segnalo che giovedì 14 c.m. alle 18.00 avverrà presso la Libreria Hoepli la presentazione del volume Giovanni Enriques con la presenza, oltre che dell'autore Sandro Gerbi, di Aldo Bassetti e dello storico Giuseppe Berta.

2 commenti:

  1. Ricevo e pubblico:

    Macché mesto presente! É un'epoca fenomenale.
    Alessandro

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  2. Ricevo e pubblico:

    Altro che mesti tempi odierni , mestissimi e schifosi . Oggi non abbiamo né un Adriano Olivetti né un Giovanni Enriques , ma nemmeno un Enrico Mattei o un Gian Lupo Osti o un Raffaele Mattioli , banchiere e umanista .
    Un caro saluto
    Evaldo

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