Due volte la settimana prendo il treno da Milano a Bergamo dove insegno all'Università Economia e Tecnica degli Scambi Internazionali. Il treno - sporco da far paura - ci impiega lo stesso tempo di inizio secolo. Ho quindi tempo per preparare le lezioni - all'andata - e per leggere - gran diletto - al ritorno.
Recentemente mi sono appassionato a Gianrico Carofiglio e al suo notevole La manomissione delle parole (Rizzoli, 2010).
Riporto un passo significativo: "Le nostre parole sono spesso prive di significato. Ciò accade perchè le abbiamo consumate, estenuate, svuotate con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole. Le abbiamo rese bozzoli vuoti. Per raccontare, dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza, colore, suono, odore. E per fare questo dobbiamo farle a pezzi e poi ricostruirle. Nei nostri seminari chiamiamo "manomissione" questa operazione di rottura e ricostruzione. La parola manomissione ha due significati: nel primo è sinomino di alterazione, violazione, danneggiamento. Nel secondo, essa è sinonimo di liberazione, riscatto, emancipazione. La manimissione delle parole include entrambi questi significati".
Allora cimentiamoci nello scoprire nuove manomissioni. Ci viene in aiuto il Presidente della Corte Costituzionale Ugo De Siervo, che di recente ha scritto: “Secondo me è improprio usare il termine federalismo per tutto ciò che sta accadendo in Italia perchè lo stato federale è una cosa più seria, più grande e più complicata dell’autonomismo. Con il termine federalismo si spaccia ciò che è autonomismo degli enti locali. E questo è un abuso linguistico antipatico – ogni abuso linguistico è indice di una scorretta rappresentazione della realtà - perchè la lingua è un fattore di unificazione”. E ancora: “Il cosiddetto federalismo municipale è solo un neologismo vuoto di contenuti, è solo il nomen dato alla legge di autonomia finanziaria, non c’entra niente con il federalismo e presuppone uno stato diverso. Il federalismo è un processo di unificazione progressiva di stati che erano sovrani verso un unico stato gestore. Che cosa c’entra questo con l’autonomia finanziaria dei comuni, decisa dal Parlamento nazionale?”
E ancora. Marco Vitale, in occasione della presentazione a Napoli del saggio di Luca Meldolesi – Federalismo democratico. Per un dialogo tra uguali (Rubbettino Editore, 2010) – ha scritto con la consueta lucidità: “Al di là delle differenti forme di federalismo, esiste un elemento comune che tutte le lega e caratterizza: la volontà di stare insieme o di mettersi insieme nonostante le diversità. Se non c’è questa volontà non c’è federalismo. Parlare di federalismo mentre si pensa alla separazione o secessione e per esse si lavora, è semplicemente una truffa...A Cattaneo farebbe orrore questo nostro miserabile dibattito sul federalismo, condotto esclusivamente in chiave economica, anzi in chiave contabile-fiscale.
Il federalismo democratico è una concezione politico-istituzionale che non va confusa con l’ingannevole concetto di federalismo fiscale. E anche quest’ultima definizione è falsa se gli enti locali – come è in Italia – non hanno entrate proprie significative o quando le voci di spesa – in primis la spesa sanitaria – sono governate dal centro. Il prof. Giarda, non a caso, ha tenuto una lezione anni fa all’Università Cattolica dal titolo “la favola del federalismo fiscale”, dove ricordava che il massimo grado di federalismo fiscale è stato da noi raggiunto sotto il regime fascista, con il Testo Unico della finanza locale del 1931, che ha posto le entrate fiscali locali – imposta di famiglia, le imposte di consumo, le sovraimposte sui redditi fondiari e sul reddito generale - su una solida base di autonomia.
Non possiamo che condividere le osservazioni del costituzionalista Michele Ainis: “Abbiamo bisogno di recuperare il valore delle regole non scritte, giacché altrimenti quelle scritte vanno in necrosi. Abbiamo bisogno di ripristinare un clima di rispetto. Altrimenti la nuova Italia federale somiglierà all’Italia feudale, diventerà un’arena di poteri l’uno contro l’altro armati”.
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